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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Camorra, allarme attentati: la Procura di Napoli ha chiesto la Protezione per Colangelo e altri tre magistrati

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“Non posso dire se siano emerse altre minacce. Posso dire che la procura ha avanzato quattro richieste di misure di protezione sulle quali si pronunceranno gli organi competenti”. Lo ha detto, rispondendo ai giornalisti il procuratore aggiunto e coordinatore della Dda di Napoli Giuseppe Borrelli, al termine dell’assemblea dei pm partenopei sulla questione sicurezza. Negli ultimi giorni erano emersi due casi di minacce, oltre il progetto dell’attentato al procuratore Colangelo. Il procuratore aggiunto Nunzio Fragliasso ha affermato che ”la procura non defletterà un attimo dall’azione incisiva di contrasto alla criminalità”. Alla domanda se vi siano altri pm che hanno subito minacce, Fragliasso ha risposto: ”Assolutamente sì: c’è una generalizzata esposizione al rischio di tutti i magistrati della procura”.”E’ stata espressa solidarietà al procuratore Colangelo vittima di un vile tentativo da parte delle organizzazioni criminali di colpirlo nella sua personale attività di organizzatore e nella sua posizione di simbolo dell’attività della procura della Repubblica”, ha spiegato ancora il procuratore aggiunto e coordinatore della Dda Giuseppe Borrelli – ”I magistrati della procura di Napoli – ha aggiunto – continueranno a fare il loro dovere nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Nel solo mese di maggio sono state eseguite 260 ordinanze di custodia cautelare, dalla Dda di Napoli, sono stati colpiti tutti i clan camorristici operanti in città, nel Casertano e nel Nolano. Tutto questo nelle condizioni consolidate da molto tempo di notoria carenza di mezzi e di risorse, di personale amministrativo”. ”Quanto alle autovetture, che servono anche a trasportare i magistrati nei tribunali dove si svolgono le udienze – vi rendete conto non possono andarvi in motorino – posso dire che abbiamo un parco auto con 8 vetture non circolanti su un totale di 21 vetture. Solo di recente vi è stata l’assegnazione, che abbiamo visto con piacere, di cinque nuove vetture blindate. Prendiamo atto di questa rinnovata attenzione verso le esigenze del distretto di Napoli”. ”I sostituti – ha spiegato Borrelli – si sono rammaricati del fatto di aver dovuto operare negli ultimi tempi nelle condizioni in cui si sono trovati ad operare. Fermo restando che l’impegno dei magistrati è da considerarsi separato dalle questioni concernenti anche la sicurezza dei magistrati stessi, tuttavia i magistrati auspicano di poter svolgere la loro attività in condizioni di sicurezza. Ci sono state evidentemente, inutile nasconderselo,in passato delle criticità, queste criticità sembrano in via di superamento, ma non ancora superate. I magistrati hanno auspicato nel corso dell’assemblea un cambiamento nella sensibilità alle esigenze della sicurezza’

Solidarietà al procuratore Giovanni Colangelo e ai colleghi minacciati dalla criminalità, un invito a valutare i rischi che corrono i magistrati coinvolti ”in situazioni di potenziale pericolo”, e l’auspicio che le autorità di governo si facciano carico ”della situazione segnalata, superando un approccio burocratico al tema della sicurezza dei magistrati e, nel contempo, impegnandosi per stanziare nell’immediato i necessari fondi”. E’ quanto si esprime in un documento – inviato ai ministri dell’Interno e della Giustizia e al Csm – redatto dai magistrati della procura di Napoli al termine dell’assemblea sul tema della sicurezza convocata in seguito alla scoperta del piano per attentare alla vita del procuratore e alle notizie su minacce indirizzate dalla camorra ad alcuni pm che si occupano di criminalità organizzata. ”I magistrati della Procura della Repubblica di Napoli, nel ribadire compatti piena solidarietà al Procuratore Colangelo ed agli altri colleghi ancor più recentemente destinatari di notizie riguardanti progetti di attentati ai loro danni, intendono rappresentare alle Autorità in indirizzo – si legge nel documento – il problema della sicurezza e delle forme di tutela dei magistrati di questo Ufficio, già oggetto di ripetute segnalazioni ai competenti organi provinciali in tema di sicurezza pubblica, fin qui rimaste inevase”. ”Infatti, a seguito delle allarmanti notizie prima citate, nonché a causa dell’incremento degli omicidi e gravi delitti attribuibili negli ultimi mesi alle numerose associazioni camorristiche operanti nel distretto – scrivono i magistrati della procura -, emerge con chiarezza la sovraesposizione dell’intera Procura di Napoli impegnata a fronteggiare numerose e temibili organizzazioni criminali. Occorre, a nostro avviso, ribadire il principio che, per garantire un’efficace prevenzione dei rischi gravanti sui magistrati impegnati in indagini di criminalità organizzata, è necessario e urgente un effettivo monitoraggio dell’esposizione a rischio di coloro che, addetti alla trattazione di procedimenti di criminalità mafiosa o di grave allarme sociale, si trovano coinvolti in situazioni di potenziale pericolo oggettivamente deducibili da elementi informativi concreti, nonché dalla oggettiva sovraesposizione derivante dal costante impegno nei confronti delle organizzazioni criminali più temibili, impegno attestato dai significativi esiti dei processi nel distretto e dalle scomposte reazioni registrate in ambito criminale”. ”Non è, infatti possibile né appare conforme alla ratio della normativa vigente – affermano i pm – disporre interventi di tutela solo dopo la scoperta di progetti di attentati, in stadio più o meno avanzato, poiché tale impostazione appare legata a scoperte spesso casuali e perciò è da ritenersi inefficace. Né tantomeno è condivisibile l’adozione di forme di tutela ‘provvisorie’, cioè legate alla mera celebrazione di un determinato processo, proprio per la strategia di lungo periodo della gran parte delle organizzazioni di tipo mafioso. D’altra parte, l’impostazione qui condivisa di massima prevenzione dei rischi pare già trovare accoglimento nei sistemi di tutela dei colleghi della DNA e di altre DDA. Si auspica che le Autorità in indirizzo sapranno in concreto farsi carico della situazione segnalata, superando un approccio burocratico al tema della sicurezza dei magistrati e, nel contempo, impegnandosi per stanziare nell’immediato i necessari fondi”. 


San Giovanni a Teduccio: 11enne travolto da uno scooter pirata. E’ in fin di vita

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E’ in fin di vita un ragazzino di 11 anni,D.S. di san Giovanni a Teduccio che in serata è stato investito da uno scooter mentre attraversava la strada su corso san Giovanni.  Il ragazzo è stato portato all’ospedale Loreto Mare. Le sue condizioni sono  gravi sia per la presenza di numerose fratture, sia per lesioni agli organi interni e un trauma cranico. Sulla ricostruzione dell’accaduto stanno indagando gli uomini dell’unità operativa infortunistica stradale della polizia municipale guidata da Ciro Colimoro e, secondo un’iniziale ipotesi ancora da accertare, sembrerebbe che il bambino sia stato travolto da un ciclomotore che non si è fermato dopo averlo travolto. Sul posto anche i carabinieri. Ora sti sta cercando di visionare i filmati di telecamere pubbliche e private presenti in zona sia  per ricostruire la dinamica sia per risalire alla moto e all’eventuale numero di targa utile ad identificare il pirata della strada.

I Sibillo uccisero Ciro Esposito e Lambiase per un debito di droga con la Sanità. Le intercettazioni tra Frenna e Improta

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Non sarebbero stati i Vastarella ad uccidere Ciro Esposito, figlio del ras Pietro (assassinato a sua volta dieci mesi dopo alla Sanità) e Gianmarco Lambiase (i due agguati sono avvenuti il 7 gennaio e il primo marzo del 2015) ma bensì i Sibillo perché gli Esposito avevano tolto delle piazze dello spaccio ai Sibillo. E’ quanto emerge dall’ordinanza “Car Wah” che l’altro giorno ha portato in carcere 2o esponenti del cartello criminale che controlla la zona dai Decumani e Forcella ovvero i Sibillo-Giuliano-Amirante-Brunetti. Nelle oltre 380 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Dario Gallo vi sono contenute numerosissime intercettazioni che danno uno spaccato completo sulle attività della cosca. E in alcune di essere si parla degli attentati e dei morti. Come fanno Gennaro Improta (legato ai Sibillo) e Francesco Frenna (trafficante di droga del quartiere Sanità), entrambi arrestati nel blitz. I  Sibillo avevano un debito di 27 mila euro di fornitura di droga con Frenna che non hanno mai saldato tanto che poi lo stesso Frenna ne parla con Gennaro Improta.

FRENNA: ..Mi devono dei soldi.

GENNARO …Ma potrebbero rispondere che hanno pagato con la persona che hanno ammazzato nel quartiere Sanità (Ciro Esposito, ndr). Lo hanno fatto nell’interesse del Frenna e della sua famiglia. Francesco, sai come se ne escono domani mattina? Che il morto lo hanno fatto per via vostra nella Sanità..

GENNARO ..Mio figlio cento cento … inc … ieri sera sono sceso ieri sera .. deve morire mio figlio… inc… io poi ti ho chiamato… per dire scendi… hai capito francè… ti stavo dicendo… deve morire mio figlio… cento cento

FRENNA …Allora Marittiello Morgese… è una cosa con noi?.

GENNARO …Noi già… era… una cosa! Ci hanno chiesto il piacere (intendendo hanno chiesto il piacere a lui, ndr)… Cento cento… dice che tengono da fare una conferma… inc… ma che ti dicevo le stronzate a te?

FERNNA …Ma a Giulio lo hai visto.
GENNARO… Per la via… Lui mi ha dato la conferma… questo è… le lo disse… certo è bel guaio

FRENNA Che?.

GENNARO …Ha trovato un bel guaio… Mo stanno passando pure a confronto… hanno sparato a Ciccione (De Tommaso Ciro, scrive la Procura, ndr)… Praticamente sopra Forcella

FRENNA …E però hai visto il telegiornale che ha detto? I killer partono da Forcella.

Stando a quanto emerso, alla base del risentimento dei Frenna verso gli Esposito ci sarebbero le minacce del ras Pietro detto “Pierino”. “Voleva la tangente” , confidò Francesco Frenna a Gennaro Improta

GENNARO: è Francè .. io li vedo tutti quanti a posto .. .perchè Francè .. con i morti che tengo a terra io non posso sparare in mezzo Forcella caro fratello … tu sai io che.faccio … mi metto in punta ai vicolo …

 FRENNA: il telegiornale ha detto … questo fatto tra Sanità e …

GENNARO: si presume che il morto di Ciro Esposito è …. di Giammarco Lambiase (entrambi assassinati,ndr) … guerra tra … la nuova faida per Forcella; Francè sai che dico io … allora io la vedo così .. .li vogliono fàre più arrestare, perche sai che faccio io … dato che tengo il sangue a terra …. io mi metto sopra al ponte no? … metto la macchina sopra al ponte, deve passare qualcuno di qua ? e me lo … (batte le mani) … Francè o no ? Cioccolata (da identificarsi in MANNA Andrea, ndr) se ne andato te l’ho detto? se ne andato dai/a Sanità … è andato sopra dai/a nonna la zia la suocera .. non so chi è ; –

FRENNA: nella Sanità sta … Gennà ma .. uno lo sai per che non ci parla ? perche manco cani … –

GENNARO: no perche poi dice per colpa tua …

FRENNA: come gia il fàtto là … che poi fratè … questo tuo fratello non ha … bello e buono si è … scese il pomeriggio non parlò … dissi io o’ cugì ma che c’è qualcosa? disse vicino a me … Francè … è entrato il 2015 … va a finire che se vado in galera mi pento di non averlo fatto … mi chiese il piacere ..

 GENNARO: è me lo hai detto… –

FRENNA: fratè ma …. no ma a parte che io pure con loro devo chiarire .. parecchie cose .. fì’atè io  parecchie cose ah … non mi avete fatto mai un piacere … possa morire mia figlia … ma che me ne importa … …

FRENNA: sono finiti quelli là … no?

 GENNARO: chi … chi è finito .. –

FRENNA: no ma questi vanno in galera…

GENNARO: ma questo si sapeva … inc..

 FRENNA: no però … veramente vanno in galera …

GENNARO: è Francè ma perché credevi che non andassero’?

FRENNA: vabbuo dico piu in là .. .pero ..

GENNARO: io sono convinto che questi (anno un altro morto … è perchè mo si capisce … come è la questione si è capito …

.FRENNA: ma hanno sparato in tutti i magazzini?

GENNARO: è . .piu di trenta botte .. .pure la televisione lo ha detto …

FRENNA: oggi pure lo ha detto?

GENNARO: ha detto guerra aperta Sanità, Sibillo Giuliano … inc .. senza fare niente..

FRENNA: chi?

GENNARO: Giuliano … prendono venti anni di carcere senza fare niente … no sono compagni però è una latrina …

FRENNA: è l’associazione …

gennaro improta
Gennaro Improta
frenna fracesco
Francesco Frenna

(Nella foto di copertina il luogo dell’omicidio di Ciro Esposito)

Sequestrati beni per 5 mln a ex assessore vicino al clan dei Casalesi

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Sei appartamenti, due terreni con piscine, otto autovetture e una moto, quote di undici società e conti correnti, per un valore complessivo stimato in oltre cinque milioni di euro. Sono i beni sequestrati dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Caserta a Luigi Cassandra, politico di riferimento del clan dei casalesi – fazione Zagaria, al proprio nucleo familiare e a suoi vari prestanome. Il provvedimento è stato emesso dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Seconda Sezione Penale, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli.

Cassandra era già stato arrestato il 25 ottobre 2011 dai finanzieri per concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e intestazione fittizia di beni, al termine delle indagini sulla realizzazione del complesso turistico e sportivo “Night and Day” di Trentola Ducenta. L’opera era stata fortemente voluta da Michele Zagaria, destinatario della stessa misura cautelare notificata nel carcere di Novara dalle Fiamme Gialle, perché ritenuto socio occulto di Cassandra grazie al denaro proveniente dall’attività criminosa.

Cassandra, all’epoca dei fatti consigliere comunale di Trentola Ducenta, grazie alla forza intimidatrice del clan dei Casalesi e sfruttando la sua posizione di assessore ai Lavori Pubblici, era riuscito a ottenere le autorizzazioni necessarie alla costruzione del complesso turistico nonostante il terreno fosse ancora destinato a uso agricolo.

Il “colletto bianco” del clan, avvalendosi della moglie, delle proprie sorelle, del cognato e di alcuni prestanome, aveva nel tempo costituito e impiegato numerose società per la realizzazione del complesso sportivo, attribuendone, volta per volta, un formale possesso ai vari prestanome in modo da ostacolare la riconducibilità dello stesso immobile all’effettivo titolare, Michele Zagaria.

Dagli accertamenti patrimoniali condotti dalla Guardia di Finanza, è emersa una netta sproporzione tra i redditi dichiarati e la capacità economica del Cassandra e delle persone fisiche e/o giuridiche, a vario titolo, a lui collegate, rispetto alle risorse materialmente impiegate per la realizzazione del complesso turistico, dimostrando, di conseguenza, che i fondi utilizzati per la costruzione del complesso immobiliare non potevano che provenire dalle attività delittuose del clan.

Un affare economico, quello del Night and Day, che ha avuto la funzione di vera e propria “lavatrice” delle liquidità provenienti dall’organizzazione criminale, attraverso la continua realizzazione di opere come campi da calcio e piste di pattinaggio, nonché, come dichiarato dai collaboratori di giustizia, di base logistica per lo svolgimento di summit di camorra ovvero punto di partenza per appostamenti finalizzati a missioni omicidiarie.

Pagani: il pentito Greco incastra il clan Petrosino

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“Taurania Revenge”: il pentito Vincenzo Greco accusa Antonio e Michele D’Auria Petrosino e i Fezza. Il collaboratore di giustizia di Sant’Egidio ha confermato le accuse nei confronti degli esponenti della cosca paganese, finiti a processo per associazione per delinquere e traffico di stupefacenti, nel processo denominato “Taurania Revenge”. Ieri mattina, è comparso in videoconferenza per testimoniare contro i vertici della cosca coinvolti nel processo istruito dalla direzione distrettuale antimafia di Salerno e dal pm Vincenzo Montemurro. Vincenzo Greco ha ribadito quanto già raccontato nei suoi verbali: «Avevo rapporti con i fratelli D’Auria Petrosino, Antonio e Michele, con i quali ci eravamo divisi il territorio – ha detto – loro comandavano e Pagani e io a Sant’Egidio. Si rifornivano di droga da me perché io ero un grossista. A volte fornivo droga anche direttamente ai Fezza». Dopo l’esame del pm Montemurro, Greco è stato sottoposto al controesame dei difensori dei 21 imputati. Il processo “Taurania Revenge” si basa molto sulle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia a proposito dell’esistenza di un’organizzazione criminale, operante a Pagani, e facente capo ai figli di Gioacchino “spara-spara” e ai rampolli di Tommaso Fezza. Nel corso della prossima udienza sul banco dei testimoni vi sarà anche il pentito Alfonso Greco, figlio di Vincenzo, legato da vincoli di amicizia e “comparaggio” con i fratelli D’Auria Petrosino. Ieri si è riproposto in aula il caso “Baselice”, il collaboratore di giustizia paganese – uscito dal programma di protezione – è irreperibile e i giudici hanno disposto la notifica per la convocazione come testimone nel processo presso l’ultimo domicilio noto al servizio centrale di protezione, quello di Bologna. Gerardo Baselice è introvabile da alcuni mesi. In molti pensano che sia molto difficile che l’uomo possa farsi avanti presto.

Napoli: arrestati i “Bonnie e Cliyde” della rapina al gioielliere di Saviano

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carabinieri

Nei giorni scorsi i Carabinieri della Compagnia di Nola, al termine di indagini coordinate da questa Procura, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Nola a carico di Pacifico Alessandro classe 93, Cipollaro Antonietta classe 70 e al fermo d’indiziato di delitto nei confronti di Gala Ciretta classe 90, tutti di Napoli, ritenuti responsabili di un efferato tentativo di rapina a mano armata. Il 7 aprile scorso, infatti i tre hanno cercato di rapinare un gioielliere di Saviano, colpo non andato a buon fine grazie alla pronta reazione della vittima che si era opposta ai malviventi esplodendo alcuni colpi di pistola con l’arma legalmente detenuta. Le misure cautelari sono scattate al termine degli accertamenti investigativi condotti dal Nucleo Operativo e Radiomobile di Nola e dalla Stazione Carabinieri di Saviano. In particolare, i responsabili del crimine sono stati identificati mediante la comparazione delle impronte digitali rinvenute sulla scena del delitto, nonche’ attraverso il raffronto delle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza della gioielleria. E’ stato cosi’ possibile ricostruire che Pacifico e la Gala si erano introdotti nella gioielleria fingendosi normali clienti, dopodiche’, il malvivente aggrediva il titolare percuotendolo piu’ volte al capo con il calcio di una pistola fortuitamente inceppatasi durante la rocambolesca azione delittuosa. La vittima cosi’ una volta liberato e recuperata la propria arma, aveva esploso alcuni colpi ferendo la Gala ad una gamba. I due malfattori erano riusciti comunque a fuggire assieme ad altri complici, tra cui la Cipollaro, che attendevano all’ esterno. Tuttora in corso le indagini volte alla identificazione degli altri complici che hanno partecipato al delitto.

Trasferito al Santobono l’11enne investito ieri sera a San Giovanni. E’ caccia al pirata delle strada

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E’  stato trasportato al Santobono, è ancora grave ma non più in pericolo di vita il ragazzino di 11 anni, D.S. di San Giovanni a Teduccio che ieri è stato investito da uno scooter mentre attraversava la strada su corso San Giovanni. Il piccolo era arrivato in gravi condizioni all’ospedale Loreto Mare con  numerose fratture e un trauma cranico. I medici dopo averlo stabilizzato hanno deciso insieme con la famiglia il ricovero presso l’ospedale specializzato dei Colli Aminei. Intanto i vigili urbani sono alla ricerca del pirata della strada che ha investito il piccolo con il suo scooter e poi è scappato. Dalle telecamere in zona potrebbero arrivare importanti novità nelle prossime ore.

Afragola, coppia ferita a colpi di pistola in auto. E’ giallo

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Un uomo e una donna, Pietro C., di 55 anni, e Silvana R., di 50, entrambi già noti alle forze dell’ordine, sono stati feriti la scorsa notte mentre si trovavano su un’auto in provincia di Napoli. Alla polizia hanno riferito che, sull’Asse mediano, strada a scorrimento veloce nel comune di Afragola, sono stati avvicinati da un’altra auto con a bordo due uomini dalla quale sono partiti colpi di pistola. L’uomo è stato ferito all’addome ed al braccio. Portato all’ospedale Cardarelli, non risulta in pericolo di vita. La donna, lievemente colpita alla pancia e a un braccio, è stata dimessa. Gli uomini della Scientifica – secondo quanto riferiscono fonti della Questura di Napoli – non hanno trovato alcun bossolo sul posto. Sono in corso le indagini da parte degli uomini del commissariato di Polizia di Afragola.


Peschereccio “Rosinella”: recuperata una seconda salma

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Il cacciamine “Gaeta” della Marina Militare ha individuato e recuperatro una seconda salma nell’ambito delle attivita’ di investigazione subacquea sul motopesca “Rosinella” di Ercolano iniziate ieri su richiesta della Procura di Cassino. Il corpo e’ stato issato a bordo con il mezzo subacqueo “Pegaso” Remoted operated vehicle (ROV) e quindi traslato sulla motovedetta CP 308 della Capitaneria di Porto per il trasferimento in porto a Gaeta. Al momento, il cadavere non e’ stato identificata. Il cacciamine “Gaeta” continua le operazioni in zona.

Rapinano a Napoli un Tir di pesce surgelato per 200mila euro. Bloccati a Sarno i 4 banditi: sono di San Giuseppe, Torre Annunziata e Somma Vesuviana

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Avevano rapinato un Tir di pesce congelato per un valore di 200 mila euro di una ditta di Napoli e dopo aver sequestrato l’autista rilasciato poi a Terzigno avevano trasportato la merce a Sarno. Ma li sono stati bloccati dalla polizia stradale e dai vigili urbani di Angri distaccati presso la sezione Pg della Procura di Nocera Inferiore. In manette sono fini in quattro. Si tratta di Ferdinando Milone 64 anni di San Giuseppe Vesuviano, Gennaro Immobile , 43 anni di Torre Annunziata, Giovanni Tufano,52 anni e  Gennaro Tufano di 54 anni entrambi di Somma Vesuviana. So accusati di rapina aggravata e sequestro di persona. La banda aveva rapinato il Tir  lungo la superstrada che da via Argine a Napoli porta ai comuni Vesuviani. Il mezzo era scomparso dai sistemi di controllo satellitare della società per qualche ora per poi ritornare visibile nei pressi di Sarno. Avvertita la centrale operativa della polizia stradale è scattata la trappola nei confronti dei quattro che avevano lasciato il mezzo in un terreno nel comune di Sarno dove stavano cercando di caricare la refurtiva. Hanno anche cercato di fuggire ma sono stati tutti bloccati. La polizia ha sequestrato i mezzi utilizzati per compiere la rapina e un trolley contenente una apparecchiatura elettronica tipo “jammer” per manomettere il Tir.

 

(nella foto vicino al tir rubato uno dei quattro banditi subito dopo l’arresto)

 

Il pentito Pacciarelli e la faida interna ai “Girati”: i mancati omicidi di “Barbetella” ed Esposito “‘o porsche”

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Il pentito Mario Pacciarelli della “Vinella-Grassi” ha svelato agli investigatori il clima di violenza che i fratelli Accurso avevano  preparato all’interno del clan dei “Girati” subito dopo il duplice omicidio dei fratelli Matuozzo. Una caccia sistematica a quelli che erano stati individuati come i possibili “nemici interni” che non risparmiava nessuno. Non risparmiò l’amico fraterno Carlo Matuozzo e non doveva risparmiare neanche l’assassino del fratello Antonio. Dopo aver eliminato i fratelli Matuozzo nella stessa giornata e in circostanze diverse, gli Accurso decisero di uccidere Ciro Castiello detto “Barbetella”, che era stato uno dei killer di Antonio Matuozzo nella ricostruzione degli inquirenti. Ma l’affiliato che non si tagliava mai la barba scappò e solo un anno dopo fu rintracciato a Cuneo: per sua fortuna non dai killer della “Vinella”, bensì dai carabinieri. Ecco alcuni passaggi di un interrogatorio reso da Mario Pacciarelli, che ha illustrato ai pm antimafia quel periodo convulso in seno al clan dei Girati. “…Gli Accurso avevano mandato Ciro “Barbetella” a compiere gli omicidi di Carlo Cipolletta e Antonio Matuozzo. Temevano che potesse pentirsi e quando sparì, mi chiesero di rintracciarlo offrendo al padre 20mila euro per portarci da lui e ucciderlo. Ma è un mio amico e non volli farlo. Venne Antonio Accurso detto “’o puorco”. Si portò il fratello Umberto nella sala affianco per parlare riservatamente; vidi che a Ciro “Barbetella” questa cosa non piaceva. Poi Umberto mi chiamò nella stanza e disse: vai a chiamare “’o Cafone”, che è il figlio di “Gnoccetto”, affiliato al clan Leonar- di. Andai al punto Snai di Leonardi e mi portai il “Cafone”, che parlò riservatamente con Umberto Accurso. Andatosene il “Cafone”, Umberto parlò riservatamente con Gaetano Angrisano che poi si spostò con lo scooter SH e dietro a me c’era proprio Ciro “Barbetella” che stava con la faccia bianca: era impressionato da tutti questi movimenti. Umberto Accurso, a differenza delle altre volte, non si fece accompagnare da me, ma chiese che lo seguisse Ciro con uno scooter nero. An-che a me questo movimento puzzava. Più tardi, in tarda serata, gli affiliati al clan della “Vinella” si incontrarono di nuovo nel Rione Berlingieri ed ecco la sorpresa: Ciro Castiello era scomparso” Ma c’è anche un altro mancato agguato da registrare in quel periodo. Come quando il ras Vincenzo Esposito “’o Porsche” doveva morire per ordine degli Amato-Pagano in quanto parente del pentito Biagio Esposito. Ma gli uomini della “Vinella”, bravissimi nelle strategie camorristiche, finsero di ubbidire e non lo fecero. Nel frattempo il bersaglio designato, tra l’altro suocero del ras Fabio Magnetti, si allontanò da Napoli per alcuni giorni. Ecco il racconto di Pacciarelli: “…Rosario Guarino espose quanto era stato detto dagli Amato-Pagano, alla mia presenza, di Antonio Mennetta detto “Er Nino”, Fabio Magnetti “o’ Mocill”, Ciro Barretta detto “Cicciotto”, Alessandro Grazioso. Guarino disse a Fabio Magnetti: Fabio, Mariano Riccio ci ha mandato l’imbasciata tramite “Giacumino ’a femmenella, Baiano e Raffaele Teatro. Ci ordinano di ammazzare tuo suocero (Vincenzo Esposito, ndr) perché è parente di Biagio Esposito. Fabio Magnetti e Antonio Mennetta insorsero: questi non hanno capito niente, ci vogliono far ammazzare il suocero di Fabio. Allora Mennetta disse a Magnetti di spostare il suocero dalla sua casa di San Pietro a Patierno. Così fu: Vincenzo Esposito andò fuori Napoli, in Calabria, in una casa di sua proprietà”.

(nella foto ciro castiello “barbetella”)

Sequestro beni della Finanza a Casavatore, Casoria, Giugliano, Qualiano e nel Casertano

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finanza

I reparti della guardia di finanza di Napoli e Aversa hanno dato esecuzione a sei decreti di sequestro preventivo emessi dal Gip del tribunale di Napoli nei confronti degli amministratori di società con sede nelle province di Napoli e Caserta che, nel periodo compreso tra 2010 e 2015, hanno evaso l’Iva per circa 4 milioni di euro. Lo rende noto la procura del tribunale di Napoli Nord.  Le sei società coinvolte sono un istituto di vigilanza privata di Qualiano, una società di recupero e trattamento rifiuti industriali di Giugliano in Campania, una società di Carinaro che commercializza all’ingrosso computer e software, un’impresa edile di Villa Literno, una società di Casoria operante nel settore del ‘verde’e una società di produzione e distribuzione di profumi con sede a Casavatore. I reati contestati sono di omesso versamento dell’Iva e indebita compensazione.

Omicidio Fortuna, confermate le accuse a Caputo. Pisani: “Ci sono altri colpevoli, un’altra bambina copre la propria madre”

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Dopo la seconda giornata è terminato al Tribunale di Napoli Nord l’incidente probatorio per il caso della piccola Fortuna Loffredo, molestata sessualmente e uccisa nel parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. “E’ stata confermata l’ipotesi accusatoria, ora c’è un prova che consente di iniziare il processo. A noi non basta un colpevole, Caputo è uno degli attori di questa vicenda criminale sui minori – ha spiegato a Angelo Pisani, avvocato della famiglia Loffredo – Abbiamo il dovere umano di accertare tutta la verità e di capire chi sono i responsabili per i reati commessi, dalle violenza sessuali al favoreggiamento. Bisogna capire come è maturato l’omicidio di Fortuna e cosa sia successo, dobbiamo capire la dinamica della morte del piccolo Antonio Giglio – ha aggiunto – . Questi bambini meritano verità, non si può chiudere con l’arresto del solo Caputo, alcuni forse sono ancora in giro”. Durante la giornata Domenica Guardato, la madre di Fortuna, ha fatto capire che secondo lei una delle bambine sentite potrebbe aver coperto la propria madre. “Il racconto della migliore amica di Fortuna per alcuni aspetti non risulta ancora completo. Se, infatti, resta la convinzione che Raimondo Caputo sia colpevole, dall’altro alcune dichiarazioni della piccola ci impegnano ad accertare tutta la verità e a trovare tutti gli altri responsabili di questo orrore che non ha un solo colpevole. E’ obbligatorio capire il movente, ricostruire la scena del delitto e tutti gli attori coinvolti. Insomma vogliamo capire cosa è successo in quei tremendi 15 minuti. Di sicuro, nessuno deve farla franca”. 

Spari contro la caserma dei carabinieri a Secondigliano: individuati i 4 componenti del commando

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Spari contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano: c’è una novità investigativa interessante. Dalle immagini delle telecamere i militari avrebbero riconosciuto dei partecipanti al raid, che secondo l’ipotesi accusatoria sarebbe stato ordinato dal boss della “Vinella”, Umberto Accurso arrestato dieci giorni fa a Qualiano. Una maniera per vendicarsi della decisione del tribunale per i minorenni, poi sospesa in attesa di un giudizio definitivo, di togliere i figli piccoli alla madre per proteggerli da eventuali vendette di camorra visto che il Antonio detto “’o puorco”, è collaboratore di giustizia da un anno e mezzo. Il raid sarebbe stato compiuto grazie a un patto di ferro tra i “Girati” e il gruppo dei Ferone di Casavatore. E dalle immagini si vedrebbero infatti due moto con in sella due della “Vinella” e altrettanti dei Ferone.Ma già dalla notte  tra il 23 e il 24 aprile scorso le immagini delle telecamere di video sorveglianza che hanno ripreso la scena con i 27 proiettili esplosi da due kalashnikov che hanno centrato la palazzina e due autovetture private di militari sono al setaccio degli esperti detectives dell’arma. Ogni frame è stato ingrandito e studiato nei minimi particolari. Tutti i dettagli degli abbigliamenti dei quattro e delle moto sono stati utili agli investigatori per risalire alla loro identità. E ora che sembrano avere un volto e un nome la parola passa alla Procura a cui è stato inviato un dettagliato fascicolo investigativo con allegato tutto il lavoro svolto, i filmati, le foto estrapolate, le tecniche di comparazione. Lo Stato non può sbagliare. Tutto deve essere perfetto per far emettere ai magistrati  eventuali ordinanze di custodia cautelare. Lo schiaffo dato quella notte alle istituzioni dalle nuove leve della camorra non può passare impunito.

Omicidio Fortuna: la compagna di Caputo ha tentato il suicidio in carcere

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Ha tentato di suicidarsi nel carcere di Pozzuoli, Marianna Fabozzi la compagna di Raimondo Caputo, accusato di aver molestato sessualmente e ucciso nel parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. Lo riferisce Angelo Pisani, avvocato della famiglia Loffredo, che ha spiegato come la donna, detenuta per aver coperto gli abusi del compagno su alcuni bambini, è ora in isolamento. “Su questo tentativo ci sono tre ipotesi: una presa di consapevolezza del dolore subito dalle piccole: ha compreso che siamo sulle sue tracce per accertare la verità oppure potrebbe voler tentare di confondere la situazione giocando la carta dell’incapacità di intendere o volere”, ha aggiunto. Oggi la compagna di Caputo ha preso parte all’incidente probatorio al tribunale di Napoli nord, ad Aversa, nel corso del quale le sue tre figlie hanno testimoniato sull’omicidio di Fortuna. Nel corso delle deposizioni sono venute fuori divergenze sul ruolo della donna: l’ipotesi della famiglia Loffredo è che anche lei sia coinvolta. “Dietro questo tentativo di suicidio ci possono essere tre cause – spiega Pisani- o è un gesto di autolesionismo, a seguito delle denunce delle figlie; o ha capito che stiamo arrivando alla verità e ha paura che il compagno ceda. C’è poi la terza causa – conclude – vuole confondere ancora più le acque e giocarsi la carta dell’incapacità di intendere e di volere. In tutti i casi abbiamo il dovere di andare avanti e di non fermarci a Caputo e alla sua compagna”.


NapolI: si è costituito il pirata della strada che ha investito l’11enne a San Giovanni. Positivo al “drug test”

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Si è costituito oggi il pirata della strada che ieri sera al corso San Giovanni a Teduccio ha investito con la sua moto il piccolo Dario S. di 11 anni ricucendolo in fin di vita. Il motociclista che ha 21 anni è risultato positivo agli esami tossicologici. Il giovane era accompagnato dal suo legale. Intanto il bambino è ancora, in pericolo di vita, nel reparto terapia intensiva dell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli. Sull’episodio stanno ancora indagando i vigili urbani.

Melito, i carabinieri sventano un agguato da parte degli scissionisti: fermati in 3 armati. Era la risposta al ferimento di Caiazza?

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I carabinieri hanno sventato un possibile agguato a Melito da parte di un commando di affiliati agli scissionisti degli Amato-Pagano. I tre sono stati bloccati in una Lancia Ypsilon in via Cicerone nei pressi del parco X e addosso a uno dei tre è stata trovata una pistola semiautomatica calibro 9 con matricola abrasa sulla cui canna era stata apportata modifica per l’applicazione di silenziatore. Si tratta di Leopoldo Marino, 33 anni, Raffaele Iacopo, 22 anni, e Fabio Lanzetti, 32 anni, tutti di Scampia e ritenuti contigui al clan Notturno-Abete-Abbinante”. I tre che sono stati fermati dai carabinieri della compagnia di Giugliano probabilmente stavano per compiere un’azione delittuosa e non si esclude che avrebbe dovuto essere una risposta all’agguato avvenuto stanotte lungo l’asse mediano nel comune di Afragola. Nella sparatoria sono rimasti feriti  Pietro Caiazza, 55 anni e sua moglie Silvana (50 anni). I due risultano residenti nel rione Salicelle ad Afragola, a pochissimi passi dal luogo dove si è consumato l’agguato. Caiazza però è ritenuto dagli inquirenti vicino agli Amato-Pagano, in ragione anche delle parentele pesanti con uomini degli Scissionisti. la coppia stava rincasando quando la Mercedes guidata da Caiazza è stata avvicainata da una moto dalla quale sono partiti una decina di colpi di pistola che lo hanno ferito all’addome e al braccio. Al braccio ed alla pancia è stata invece colpita la moglie che dopo essere stata medicata in ospedale è stata successivamente dimessa. Al Cardarelli è invece tuttora ricoverato Caiazza che non è però in pericolo di vita.

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Usura: perquisizioni a Nocera a casa del ras Macario Mariniello e dei suoi complici

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 Usura e intimidazioni camorristiche: perquisizioni dei Ros a Nocera Inferiore. Nel mirino della Dda finiscono Macario Mariniello, Vincenzo Del Grande e Maurizio e Gaetano Pellegrino. Il sostituto procuratore Vincenzo Senatore ha disposto le perquisizioni presso le abitazioni dei quattro principali indagati e di due presunte vittime del gruppo criminale. A gestire i prestiti a strozzo sarebbe il noto pregiudicato, ex esponente della Nco, Macario Mariniello con un altro personaggio noto proprio per i suoi precedenti per usura, Vincenzo Del Grande. I carabinieri del Ros del Comando provinciale hanno sequestrato documenti, danaro contante e titoli che verranno vagliati dalla Procura che ipotizza nei confronti dei quattro principali indagati l’accusa di usura aggravata dall’intimidazione mafiosa. Protagonisti del giro di usura Macario Mariniello, ex esponente della Nco di Raffaele Cutolo, poi indicato nei rapporti della Dia fino al 2012 come esponente di un omonimo clan operante a Nocera Inferiore, insieme a Pignataro, e Vincenzo Del Grande – noto usuraio nocerino – già coinvolto in numerosi processi per prestiti a strozzo. Mariniello, gestore fino a qualche tempo fa di un ristorante in via Federico Ricco a Nocera Inferiore, dopo aver scontato i guai con la giustizia, pare sia ritornato nel giro della criminalità – almeno questa è l’ipotesi dell’accusa – investendo nell’affare usura e utilizzando la sua ‘fama’ criminale per intimidire le vittime e costringerle a pagare interessi da strozzo.  

(nella foto il ras Macario Mariniello)

Omicidi Veneruso e Porro: i boss Aprea e Cuccaro “evitano” l’ergastolo

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Hanno “scampato” l’ergastolo grazie alla confessione che avevano fatto in aula degli omicidi commessi. Ieri la Corte di Assise d’Appello di Napoli ha condannato Andrea Andolfi, Ciro e Pasquale Aprea e Luigi Cuccaro, a venti anni di carcere mentre Antonio Acanfora è stato condannato a 30 anni. Riduzione di pena per quelli che sono considerati i mandanti ed esecutori materiali di un duplice omicidio: Ciro Veneruso, assassinato 26 luglio 1996, e Ciro Porro, il 19 agosto 1996. Quest’ultimo era un istruttore di karate  e non aveva alcun legame con la camorra, ma fu ucciso in un agguato organizzato dal clan Aprea per fare un favore agli Alberto.L’uomo avrebbe pronunciato una frase offensiva durante i funerali di Michele Alberto: parole per le quali il ras Giacomo, volle vendicare l’onore della famiglia di Barra.A uccidere lo sportivo, secondo la ricostruzione del pentito Massimo Alberto, sarebbero stati Pasquale Aprea e Gaetano Cervone. Lo stesso pentito ha invece spiegato che l’omicidio di Veneruso fu fatto dagli Alberto: “..Cervone tenne a ringraziare mio fratello Giacomo per l’uccisione di Ciro Veneruso, il quale parlava male degli Aprea. Mio fratello Giacomo ci tenne a puntualizzare che quell’omicidio non era un favore fatto a loro, ma una soddisfazione che si era voluto togliere personalmente, per punire il Veneruso di quello sfrontato atteggiamento avutoqualche mese prima nel corso dellariunione “abbascia a’ villa”. Era anche un modo da parte di mio fratello Giacomo per rappresentare agli Aprea che lui li affronti li faceva pagare”.

Ciro Aprea Pasquale Aprea Luigi Cuccaro Andrea Andolfi

Scafati: fissato il processo per il boss Franchino Matrone e i suoi affiliati

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franchino matrone

E’ stata fissata per il 18 giugno prossimo l’udienza preliminare nel corso della quale si deciderà sulle richieste di rinvio a giudizio per i 27 indagati del clan Matrone di Scafati accusati di estorsioni, usura e droga. Sotto accusa il vertice del clan capeggiato da Franchino Matrone ‘a belva, affiancato dal figlio Antonio detto Michele, con accanto Vincenzo Nappo ’o nonno, Vincenzo Arcamone, Ferdinando Cirillo, Vincenzo Starita, Vincenzo Staffetta, Nicola Percuoco e Raffaele Vitiello. Questi i fedelissimi che avrebbero retto l’organizzazione criminale estesa nei territori di Scafati e San Marzano, finalizzata alla gestione del mercato dei videopoker, in contrapposizione ai clan Ridosso e Sorrentino. Inoltre, ognuno con ruoli diversi, avrebbero agevolato la fuga e la latitanza di Franchino Matrone che fu arrestato quattro anni fa sulle montagne di Acerno nel Salernitano. I proventi della attività illecite venivano reinvestite in imprese, apparentemente pulite, e quindi la cosca si serviva di Angelo Amitrano, per il settore della vendita di autovetture e Vincenzo Arcamone per gli investimenti di tipo finanziario. Tra le accuse figurano episodi di usura, per migliaia di euro, i cui proventi andavano ai familiari di Matrone che in questo modo garantivano il sostentamento per la latitanza del boss. Gli episodi contestati dalla Procura antimafia ai 27 indagati, vanno dal 2001 al 2012, epoca in cui è stato arrestato ad Acerno, il capo. Al figlio Michele la Dda contesta anche di aver falsificato i documenti utilizzati dal padre. La patente di guida e una tessera sanitaria di un tal Vincenzo Ferrara, vennero riprodotte per essere utilizzate da Franchino Matrone. Tra gli indagati anche i due uomini che ne coprirono la latitanza spendendo il suo nome. Tra gli episodi contestati anche alcune estorsioni ad imprenditori edili e per imprenditori edili. In un’occasione gli esponenti del clan avrebbero proceduto al recupero di un’ingente somma di danaro per conto del costruttore Luigi Giugliano, che voleva, da un macellaio i soldi per la realizzazione di una costruzione abusiva. Per questo episodio è finito nei guai anche il cugino dell’imprenditore edile, allora maresciallo dei vigili, Ferdinando Raiola. L’avviso di conclusione delle indagini è stato inviato a Raffaele Alfano, 62 anni; Angelo Amitrano, 51 anni; Vincenzo Arcamone, 75 anni; Maio Cerbone, 59 anni; Ferdinando Cirillo, 56 anni, di Pompei; Luca Coppola, 58 anni; Giuseppe D’Aniello, 67 anni; Anna D’Isidoro, moglie di Franchino Matrone, 59 anni; Generoso Di Lauro, 57 anni; Luigi Giugliano, di Boscoreale; Biagio Iaquinandi, 59 anni di S. Marzano; Alfonso Matrone, 50 anni, di Boscoreale; Francesco Matrone, 69 anni; Pasquale Matrone, 45 anni; Vincenzo Muollo, 70 anni; Vincenzo Nappo, 68 anni; Domenico Pagano, 55 anni, di Boscoreale; Pietro Palomba, 46 anni ; Nicola Percuoco, 60 anni, di Boscoreale; Ferdinando Raiola, 64 anni; Francesco Paolo Spagnuolo, 59 anni; Vincenzo Staffetta, 52 anni; Vincenzo Starita, 52 anni; Saverio Tammaro, 55 anni; Raffaele Vitiello, 55 anni. (r. f.)

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