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Bacoli, donati gli organi di Luigi, il 19enne rivivrà in altri corpi

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Bacoli. La famiglia ha deciso di far rivivere Luigi in latri corpi. E’ stato dato infatti l’ok per la donazione degli organi di Luigi della Ragione il 19enne di Bacoli morto ieri per le conseguenze del grave incidente stradale che si è verificato nella notte tra domenica e lunedì  in via Lido Miliscola sul trivio di Capo Miseno.
Il suo cuore ha cessato di battere nel pomeriggio di ieri nell’ospedale Santa Maria delle Grazie, dove era ricoverato nel reparto di Rianimazione e terapia intensiva. La famiglia seppur colta dalla disperazione, ha acconsentito alla donazione degli organi. Intanto continuano le indagini per stabilire l’esatto dinamica dell’incidente che ha causato la morte di Luigi. Miracolosamente i due amici che erano in auto con lui sono rimasti illesi.
La notizia della sua morte ha destato molto scalpore a Bacoli e nella zona flegrea. La sua bacheca facebook è stata invasa di ricordi e foto di amici e amiche.
Commovente il messaggio di Emilio corredato da nove foto insieme a Luigi: “Amico mio, hai lascito un vuoto dentro di me incolmabile, eri un ragazzo come pochi, solare, gentile, sempre col sorriso sulle labbra ma sopratutto sempre disponibile per tutti.
Purtroppo questa vita ingiusta, ti ha portato via troppo presto, senza salutarci, senza avvisare..Eri una di quelle persone su cui potevi sempre contare, contare per davvero… Non ti dimenticherò mai, eri e sarai sempre nel mio cuore… e questo non sarà un addio, ma un arrivederci perché un giorno ci rincontreremo tutti e continueremo a fare ciò che ci faceva più divertire, ritorneremo a bere e ballare!
Arrivederci DIERRE 💙
Ti voglio bene !

 

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Bimbe scambiate in culla ad Avellino: due le inchieste. Il primario racconta cosa è accaduto

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Avellino. “E’ stato solo un errore umano nessuno scambio di posizionamento del braccialetto”: il primario del nido della clinica Malzoni racconta in tv  quanto avvenuto nella clinica di Avellino per lo scambio delle bimbe nate il 9 ottobre scorso e allattate da madre diverse per due giorni.
Il caso è al vaglio della Procura di Avellino e la struttura sanitaria ha aperto un’inchiesta interna individuando le quattro operatrici che hanno commesso l’errore scambiando le tutine delle neonate senza accorgersi che il numero del braccialetto non corrispondeva a quello delle mamme.
“Maria Teresa è provata da quanto è accaduto” ha detto l’avvocato Andrea De Vinco, ex sindaco di Atripalda e zio della donna che si è accorta dello scambio della figlia.
Una commissione interna sta verificando se ci sarà una sospensione delle quattro operatrici che sono state coinvolte nello scambio. “Le due bambine sono nate a distanza di una mezz’ora l’una dall’altra, con numero identificativo progressivo. Uno il 2155 e l’altro il 2156 – ha riferito il primario in tv -.
Dopo 48 ore una delle due mamme si è accorta della non corrispondenza del suo numero di braccialetto con la bimba, per cui ci ha chiamato. Sono salito in stanza è ho riscontato la discrepanza per cui sono andato anche dall’altra mamma che aveva l’altra per verificate quanto successo.
Per cui c’è stato uno scambio di cullette. L’operatrice che creato questa situazione si è subito autodenunciata. Io ho chiesto scusa ma ci sono stati momenti di tensione con i parenti. Uno delle coppie ha chiamato le forze dell’ordine: sono arrivati quattro poliziotti che voglio ringraziare per la professionalità che hanno verbalizzato il tutto e placato anche un po’ gli animi con uno dei papà delle bimbe.
Dopo 120 mila nuovi nati non era mai successo e questo fa capire quali possono essere attenti i controlli”. La Casa di Cura privata si è difesa: “l’identificazione è stata corretta, ma sbagliata la consegna”.
Il presidente del Covasi (Comitato valutazione sinistri) Vittorio Fineschi ha inviato una comunicazione con l’analisi dell’episodio: “Pur trattandosi di un evento di corretta identificazione madre-neonato è accidentalmente seguita una consegna neonato-madre connotata da erronea lettura del codice identificativo da parte del professionista sanitario. Le degenti sono state dimesse il 12 ottobre con le figlie legittime.
Le procedure di identificazione e la prassi operativa sono state pienamente applicate e rispettate, ribadendo come si sia trattato di mero errore umano prontamente identificato e corretto”.

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Camorra, fine pena mai per il boss Michele Cuccaro: fece uccidere un ragazzino di 14 anni

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Fine pena mai per il boss di Barra, Michele Cuccaro. E’ stato condannato dai giudici della IV sezione della Corte d’assise lo ha riconosciuto mandante dell’omicidio di Giovanni Gargiulo,un ragazzino di 14 anni massacrato a San Giovanni, nel parcheggio di un supermercato il 18 febbraio del 1998.
Il ragazzino era fratello di Costantino, affiliato dei Formicola, che aveva iniziato a collaborare ed era ritenuto un componente (col ruolo di basista) del commando che uccise Salvatore Cuccaro, fratello di Michele.
Era febbraio 1998, ed era in atto la faida tra i Cuccaro di Barra, alleati all’epoca con gli Aprea, e i Formicola di San Giovanni a Teduccio. E il fratello della giovane vittima al processo ha testimoniato sostenendo: “Quando seppi che avevano ucciso mio fratello, un ragazzino che non c’entrava niente, mi sono convinto che collaborare era cosa buona.
Non volevo più stare con quella gente. Alcuni giorni prima di essere ucciso  mio padre mi raccontò che Giovanni fu avvicinato da alcune persone nel cortile di casa, e gli fecero capire che gli avrebbero fatto del male”.
La IV sezione della Corte d’assise ha riconosciuto Michele Cuccaro come mandante dell’omicidio, accogliendo la richiesta del pm Antonella Fratello. Tra gli elementi di prova, un vecchissimo verbale di dichiarazioni rese dallo stesso Cuccaro nel breve periodo in cui a sua volta aveva deciso di collaborare con la giustizia; verbale che l’imputato ha cercato in tutti i modi di delegittimare.
Cuccaro però non aveva rivelato agli alleati Aprea l’età della vittima predestinata: lo seppero dal TG e si affrettarono a richiamare a casa i propri bambini perché temevano ritorsioni.

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Napoli, fermate nella notte le spacciatrici del rione Luzzatti

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Questa notte , gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato Ponticelli hanno arrestato Anna Orefice , 33enne napoletana e Stefania Iavarone  di 43 anni, entrambe gravate da pregiudizi di polizia, responsabili del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
I servizi tesi alla repressione dei reati in genere ed in particolare contro il dilagante fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente, reato che crea grande allarme sociale, sono predisposti dalla Polizia di Stato con continuità e tenacia.Una intensa attività info‑investigativa, condotta dai poliziotti del Commissariato Ponticelli è culminata con l’arresto delle due donne.
Nella serata di ieri, a seguito di un breve servizio di appostamento nel rione Luzzatti, i poliziotti hanno posto l’attenzione sulle due donne che abitano l’una difronte all’altra.
La Iavarone non era in casa ma è rientrata di li a poco ed è stata bloccata da alcuni agenti, mentre gli altri sono andati nell’abitazione della Orefice.In un borsello che aveva in mano la Iavarone i poliziotti hanno trovato una scatolina portagioie con all’interno 17 involucri di cellophane trasparenti contenenti sostanza in polvere di colore bianco, un bilancino di precisione, di piccole dimensioni e 150 euro, divisi in tre banconote da 50 euro.
La contestuale perquisizione in casa della Orefice consentiva di recuperare, in una intercapedine della scala posta tra la cucina e la camera da letto, 15 involucri di cellophane trasparenti contenenti sostanza in polvere di colore bianco.
La sostanza sequestrata e posta a disposizione dell’Autorità Giudiziaria, sottoposta al narco test prima e successivamente agli esami della Polizia Scientifica, risultava essere cocaina per un perso di 7,40 grammi in possesso della Iavarone e circa 7 grammi nella disponibilità della Orefice.
Anche la somma di danaro, ritenuta provento di attività illecita ed il bilancino di precisione trovati nel borsello della Iavarone sono stati sequestrati.Entrambe sono state arrestate ed associate alle camere di sicurezza della questura in attesa del giudizio con rito per direttissima da tenersi nella mattinata odierna.

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Sorpreso e filmato mentre raccoglie la marjiuana dal giardino di casa: arrestato. IL VIDEO

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“Coltivavo e producevo per uso personale”, si e’ giustificato: ma i carabinieri hanno sequestrato ben sette chili di cannabis e Camillo Fusco, 60 anni, gia’ noto alle forze dell’ordine per altri due reati dello stesso tipo. Particolarita’ dell’operazione, condotta dai militari della stazione di Ottaviano , il fatto che l’uomo sia stato filmato in flagrante.
I carabinieri entrano in casa, attraversano velocemente l’abitazione e si dirigono nel vigneto, dove c’e’ il 60enne intento a scegliere le parti piu’ ricche di principio attivo che stacca dalle piante per metterle in una scatola.
Non si accorge che i carabinieri gli stanno alle spalle e continua; nello stesso momento gli squilla il telefonino.
E’ la moglie che vuole avvisarlo ma ormai non serve a nulla. I carabinieri si qualificano e lo dichiarano in arresto.

 

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Minaccia di morte la ex di 16 anni: arrestato 19enne di Torre del Greco

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Minaccia di morte la ex fidanzata 16enne in strada, e, quando si accorge che stanno arrivando i carabinieri, si disfà del coltello che portava con sé.
Il ragazzo, un 19enne incensurato, è stato arrestato dai carabinieri dell’aliquota radiomobile di Torre del Greco. Interpellata dai Carabinieri, la ex ha raccontato di aver dovuto subire in passato botte e minacce dal 19enne, a casa del quale, nel corso di una perquisizione domiciliare, sono stati sequestrati 5 coltelli e una mazza da baseball.

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Camorra, ‘scontati’ 70 anni di carcere alla Paranza dei Bimbi. TUTTE LE NUOVE RICHIESTE

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In attesa che Roberto Saviano presenti a Napoli il suo nuovo romanzo “Bacio feroce” ispirato sempre ai giovani della Paranza dei Bimbi di Forcella e dintorni ieri nell’aula della Corte di Appello di Napoli è andato in scena il processo di secondo grado contro i baby boss che avevano insanguinato le strade del centro di Napoli tre anni anni fa.
Il procuratore generale ha ritenuto che le condanne di primo grado (oltre 4 secoli e mezzo di carcere per gli oltre quaranta imputati) siano state troppe severe perché molti di questi avrebbero commesso i reati quando da poco avevano superato i 18 anni anni.
E per questo che ha chiesto lo sconto di pena per tutti applicata a cascata dai due anni per quelli che sono stati condannati a 20 anni di carcere. Un anno e mezzo di sconto per coloro che hanno invece incassato pene dai 18 agli undici anni di carcere. Solo un anno di sconto per gli altri. In primo grado le condanne erano arrivate a 451 anni di carcere.
In secondo grado sono 380 anni di carcere e sei mesi. Dei 55 imputati in primo grado 43 furono condannati e dodici assolti. Le pene più pesanti a Manuel Brunetti, Salvatore Cedola, Giovanni Cerbone, Vincenzo Costagliola, Giuseppe Guliano e Luigi Vicorito, tutti condannati a 20 anni di carcere.
Sedici per il boss Lino Sibillo.  Sono sei i collaboratori di giustizia, a cui si è aggiunto da qualche mese il boss Vincenzo Amirante  padre di salvatore,  che hanno ricostruito tutti i passaggi delle estorsioni e dei fatti di sangue che portarono all’arresto di 61 tra capi e gregari della quattro famiglie malavitose nel corso dell’operazione “Forcella Liberata” due anni fa.
Tra le gole profonde della camorra ci sono Salvatore Russomagno, Giorgio Sorrentino, Antonio Della Corte, Antonietta Pacifico e Francesco Mazzarella, figlio di Gennaro e fratello di Alfonso. Lui ha dichiarato di essersi pentito per evitare di essere ammazzato.
L’inchiesta culminò nel maxi blitz del 9 giugno 2015 a Forcella, San Giovanni a Teduccio, Vasto e Mercato. La polizia eseguì 58 ordinanze di custodia cautelare su 64 emesse dall’ufficio Gip del Tribunale di Napoli, infliggendo un colpo durissimo all’asse Amirante-Brunetti-Giuliano-Sibillo, ai Rinaldi e ai Mazzarella-Del Prete- Baldassarre.
Le indagini partite dal tentato omicidio di Emanuele Catino, il 1 marzo 2013, e hanno permesso di accertare l’alleanza tra i nuovi Giuliano di Forcella, i Sibillo dei Decumani, gli Amirante della Maddalena e i Brunetti del Vasto-Arenaccia con i Rinaldi del rione Villa a San Giovanni a Teduccio.
Un cartello che in nome dell’odio verso i Mazzarella aveva stabilito un accordo preciso: il supporto militare degli uomini del boss Ciro Rinaldi “Mauè” in cambio di una quota sui proventi delle estorsioni e la fornitura per le piazze di spaccio del centro antico e sul mercato del falso alla Maddalena.

LE NUOVE RICHIESTE CONDANNE 

AMBRA BENIAMINO  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
AMIRANTE SALVATORE  7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
ATID YASSIR   5 ANNI  (in primo grado 6 ANNI)
BALDASSARRE ANTONIO 9 ANNI (in primo grado 10 ANNI)
BALDASSARRE ASSUNTA  2 ANNI E 4 MESI (in primo grado3 ANNI E 4 MESI)
BRUNETTI CIRO  10 ANNI E 6 MESI  (in primo grado 12 ANNI)
BRUNETTI MANUEL 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
BRUNETTI SALVATORE  1 ANNO (in primo grado 2 ANNI)
CASABURI SALVATORE   5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CATINO CIRO  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CATINO EMANUELE  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CATINO PASQUALE  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CECERE ALESSANDRO  6 ANNI (in primo grado 7 ANNI)
CEDOLA GIULIANO 5 ANNI (in primo grado  6 ANNI)
CEDOLA SALVATORE 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
CERBONE GIOVANNI 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
CINQUE ROSARIO 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
CIOFFI VITTORIO 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
COSTAGLIOLA VINCENZO 18 ANNI (in primo grado  20 ANNI)
D’ALPINO GIOVANNI   7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
DE MARTINO ANNA 3 ANNI (in primo grado 4 ANNI)
DE MARTINO CARLA (in primo grado ASSOLTA)
DE MARTINO PASQUALE  (in primo grado ASSOLTO)
DE ROSA CARMELA  5 ANNI E 4 MESI (in primo grado 6 ANNI E 4 MESI)
DEL PRETE SALVATORE 16 ANNI E 6 MESI (in primo grado 18 ANNI)
ESPOSITO ANTONIO (CL. 1979)  6 ANNI (in primo grado 7 ANNI)
ESPOSITO ANTONIO (CL. 1995) (in primo grado ASSOLTO)
GIAQUINTO DOMENICO  (in primo grado ASSOLTO)
GIULIANO ANTONIETTA  (in primo grado ASSOLTA)
GIULIANO ANTONIO    14 ANNI E 6 MESI (in primo grado 16 ANNI)
GIULIANO CIRO (in primo grado ASSOLTO)
GIULIANO CRISTIANO 7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
GIULIANO DANIELE   5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
GIULIANO GIUSEPPE  18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)
GIULIANO GUGLIELMO (CL. 1991)  14 ANNI E 6 MESI (in primo grado 16 ANNI)
GIULIANO GUGLIELMO (CL. 1994) 9 ANNI E 6 MESI (in primo grado 11 ANNI)
GIULIANO LUIGI (CL. 1958) (in primo grado ASSOLTO)
GIULIANO LUIGI JR (CL. 1995)  12 ANNI E 6 MESI (in primo grado 14 ANNI)
GIULIANO MANUEL 12 ANNI E 6 MESI  (in primo grado 14 ANNI)
IOIA LUCIA 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
LEANZA LUIGI  (in primo grado ASSOLTO)
MADDALUNO RAFFAELE 7 ANNI (in primo grado 8 ANNI)
MARINO SALVATORE 12 ANNI E 6 MESI (in primo grado 14 ANNI)
MASSARI ENRICO 10 ANNI E 6 MESI (in primo grado 12 ANNI)
MIRRA CRISTIAN (in primo grado ASSOLTO)
MONACELLA CIRO (in primo grado ASSOLTO)
MORRA CESARE (in primo grado ASSOLTO)
NARDO NUNZIO (in primo grado ASSOLTO)
NASTI PASQUALE 5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
PIZZO SALVATORE 10 ANNI E 6 MESI  (in primo grado 12 ANNI)
POLLARO GENNARO  5 ANNI (in primo grado 6 ANNI)
RICCIO ALESSANDRO 9 ANNI (in primo grado 10 ANNI)
SIBILLO PASQUALE  14 ANNI E 6 MESI (in primo grado 16 ANNI)
SOLLO RAFFAELE  6 ANNI (in primo grado 7 ANNI)
VICORITO LUIGI 18 ANNI (in primo grado 20 ANNI)

(nella foto da sinistra Salvatore Amirante, Luigi Giuliano, Antonio Giuliano e Salvatore Cedola)

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Napoli, pregiudicato di Secondigliano sorpreso con 200 grammi di hashish in auto: arrestato

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Quando la Polizia di Stato , nel pomeriggio di ieri, ha fermato i 3 occupanti di un’autovettura Mercedes classe B, in sosta in Via Limitone di Arzano, uno di questi, Dario Giuseppe Sarracino, pregiudicato 36enne, si è mostrato alquanto insofferente al controllo.
Gli agenti della sezione “Falchi” del Commissariato di Polizia “Secondigliano”, infatti, nell’ambito dei controlli di prevenzione e contrasto al diffuso il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente, maggiormente diffuso nel fine settimana, hanno intercettato l’autovettura con a bordo tre pregiudicati.
Nel procedere al controllo, i poliziotti hanno notato, riposto sul sedile posteriore dell’auto, un giubbotto al cui interno erano nascosti due panetti di hashish del peso complessivo di circa 200 grammi.
L’insofferenza di Sarracino era dettata proprio dal fatto che quel giubbotto era il suo e, non sapendo come giustificare il possesso della droga, come ultima scappatoia, asseriva di averlo prestato, dapprima ad uno straniero di origini slave per poi correggersi, sostenendo che era un nordafricano che lavora al mercato della frutta. I poliziotti hanno messo alle strette il 36enne che, dopo poco, ha ammesso le sue responsabilità. Sarracino è stato arrestato perché responsabile del reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente e condotto alla Casa Circondariale di Poggioreale.

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Napoli, smantellata la piazza di spaccio a Pianura di via Torricelli

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Ieri pomeriggio, gli agenti della Polizia di Stato del Commissariato Pianura, insieme ad un equipaggio del Commissariato San Paolo, hanno arrestato Pasquale Carrillo, sorpreso in flagranza di reato a confezionare dosi di droga.
Con una attenta attività info-investigativa i poliziotti hanno individuato l’area di via Evangelista Torricelli quale piazza di spaccio, area in cui gravita il clan malavitoso dei Pesce – Marfella.
I poliziotti hanno fatto irruzione in un box prefabbricato posto nell’androne del palazzo, dove il giovane era intento a confezionare dosi , con l’uso di un bilancino di precisione, una scheda telefonica e delle bustine di cellophane.
Nel box c’era anche un televisore collegato a telecamere per monitorare eventuali irruzioni delle forze dell’ordine o i soggetti di clan rivali che, nella fattispecie, i poliziotti intervenuti , hanno scientemente evitato, accedendo dalla parte posteriore dello stabile e dal terrazzo.
Il Carrillo aveva nella sua disponibilità una quantità totale di quasi 9 grammi di cocaina, 1 rotolo di bustine di cellophane e 30 euro suddivisi in 1 banconota da 10 ed 1 da 20 euro. Notiziata l’autorità giudiziaria, hanno arrestato il Carrillo, sequestrato la sostanza stupefacente, il bilancino di precisione, le bustine di cellophane nonché il denaro, provento delle vendite precedenti all’arrivo della polizia.
Lo stesso è stato associato alle camere di sicurezza della questura in attesa del processo con rito direttissimo.

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Blitz antidroga dei carabinieri a Torre Annunziata: famiglia in manette

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Quattro persone sono state arrestate dai carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata, durante un servizio antidroga. Giovanni Albergatore 54enne; Andrea Gallo 20enne; Antonio Albergatore 28enne; Ida Dinamico 48enne, tutti già noti alle forze dell’ordine e ritenuti responsabili di detenzione di stupefacenti a fini di spaccio.
Durante la perquisizione domiciliare i carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato 100 grammi di marijuana, 7 di cocaina e 182 euro in banconote di vario taglio.

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Casalesi, il cognato del boss sorpreso con le valigie in auto mentre scappava: arrestato

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Era in auto con le valige ma la polizia lo ha bloccato e portato in carcere. Antonio Zarrillo, 50 anni, fratello di Concetta, moglie di Salvatore Belforte, fondatore del clan e ormai ex collaboratore di giustizia, e’ stato arrestato perche’ e’ diventata definitiva la condanna a suo carico a 19 anni e 9 mesi di reclusione per l’omicidio del 23enne Francesco Sagliano, avvenuto il 4 ottobre del 2003.
Fino a qualche giorno fa Zarrillo ha continuato a lavorare nel settore della raccolta dei rifiuti a Caserta, dove e’ stato assunto anni fa. Da qualche giorno pero’ non si faceva piu’ vedere a lavoro. La Squadra Mobile di Caserta lo ha sorpreso in auto e gli ha notificato l’ordine di carcerazione emesso dall’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Napoli.
Il delitto Sagliano fu commesso 14 anni fa. Il cadavere del giovane, raggiunto da numerosi colpi d’arma da fuoco, fu rinvenuto dagli uomini della Mobile nella serata del 3 ottobre del 2003, a seguito delle segnalazioni giunte alla polizia.

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Inchiesta Global service: manager del gruppo Romeo risarcita per ingiusta detenzione

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Ha chiesto e ottenuto il risarcimento per danno dallo Stato per ingiusta detenzione. Si tratta di una dirigente del gruppo di Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano indagato per la corruzione ad un funzionario della Consip.
Paola Grittani, dirigente del gruppo Romeo fu arrestata nel dicembre del 2008 nella cosiddetta inchiesta Global Service, una indagine della procura partenopea che coinvolse buona parte della Giunta dell’ex sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino e lo stesso Alfredo Romeo.
Indagine poi tramontata con una raffica di assoluzione. Tra le quali quella della Grittani che, rivolgendosi all’avvocato Alfredo Sorge, ha chiesto e ottenuto dalla Stato il risarcimento del danno per l’ingiusta detenzione di 79 giorni. E’ stata ieri la corte di Appello di Napoli ad emettere la prima sentenza di risarcimento per ingiusta detenzione.
L’ordinanza fu emessa nel dicembre 2008 dal gip del Tribunale di Napoli, misura confermata dal Riesame, relatore il Luigi de Magistris, nel periodo dicembre 2008 – gennaio 2009, prima che svestisse la toga e calzasse quella si sindaco di Napoli.
“Il provvedimento della Corte di Appello – ha dichiarato il difensore, anche nel processo di merito, della Grittani, avvocato Alfredo Sorge – mette in luce le sofferenze familiari e lavorative ingiustamente patite dalla mia assistita, sempre pienamente assolta in tutti e tre i gradi del giudizio come tutti gli altri al tempo coinvolti e ingiustamente arrestati. Sofferenze ampliate dal clamore mediatico che accompagno’ la vicenda durante la fase delle misure cautelari”.
“Questa vicenda – ha detto ancora l’avvocato Sorge – insegna che nelle fasi cautelari occorre sempre la massima prudenza espressiva da parte di tutti perche’ e’ in campo soltanto l’ipotesi accusatoria e non e’ ancora pienamente sviluppata la tesi difensiva, che spesso finisce con il prevalere sulla prima in costanza di un sereno e piu’ meditato vaglio giudiziario.
Il quale – ha concluso Sorge – puoi’ avvenire soltanto con il decorso del tempo e l’ordinario iter processuale”.

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”E’ uscito, manca poco all’uscita, posso tirarlo?”, le telefonate choc di ‘Doctor’ il ginecologo-macellaio delle prostitute

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Era sotto indagine gia’ dal mese di settembre, il cittadino nigeriano arrestato con l’accusa di praticare aborti clandestini nel casertano.
Nelle intercettazioni dei carabinieri della Compagnia di Mondragone emergono le aberranti pratiche eseguite da Friday. L’uomo effettuava le sue “consulenze” anche per telefono, come se stesse consigliando una medicina.
“E’ uscito, manca poco all’uscita, posso tirarlo?” chiede, al telefono con il 51enne, una giovane che sta per espellere un feto prematuro. “E’ uscito tutto?” si informa Friday.
“No, non tutto” risponde la donna. Eppoi il tragico suggerimento finale del nigeriano: “Tiralo piano, piano, finche’ non esce tutto e lo metti in quella busta, sentito?”. “Si”. “Saluti” conclude Doctor. Poco dopo, i militari ascoltano l’ulteriore telefonata in cui Friday si accerta che tutto sia andato come doveva.
“Pronto! E’ uscito?” chiede il 51enne. “Si'” replica la ragazza. “Ok, ma lo hai messo in quella busta? Non buttarlo nelle mie cose” spiega Friday, che poi si informa sullo stato di salute della ragazza.
Il Gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere  stamane ha convalidato il fermo del nigeriano di 51 anni Friday Ewunoragbon, soprannominato “Doctor”, bloccato tre giorni fa con l’accusa di aver praticato almeno sei aborti clandestini ai danni di giovani connazionali costrette a prostituirsi sulla statale Domiziana a Castel Volturno. Friday, che di giorno chiedeva l’elemosina all’esterno di un centro commerciale di Napoli.
Era stato fermato qualche giorno fa dai carabinieri in un’abitazione di Castel Volturno, poco dopo aver fatto abortire una sua connazionale di vent’anni; la ragazza ha raccontato agli inquirenti di aver espulso il feto da sola tra terribili sofferenze e tanto sangue, dopo aver preso le medicine per l’aborto che le aveva dato Friday e dopo che quest’ultimo le aveva praticato manovre interne molto dolorose.
L’intervento dei militari ha salvato una seconda nigeriana poco più che maggiorenne, incinta di 12 settimane, che stava per subire lo stesso intervento.

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Sgominata la banda di borseggiatori della Salerno-Reggio Calabria: tre arresti

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Nelle prime ore della mattinata odierna, la Polizia Stradale di Eboli ha eseguito tre ordinanze di custodia cautelare nei confronti di un uomo, M.F. di anni 57, e due donne, P.A. e P.C., rispettivamente di anni 39 e 28, tutti di Eboli.
I provvedimenti restrittivi emessi dal Tribunale di Salerno, sono scaturiti da una laboriosa attività investigativa eseguita dagli uomini della Polizia Stradale a seguito di alcune denunce di utenti della strada vittime di furti e borseggi nelle arre di servizio lungo l’autostrada A2 Salerno – Reggio Calabria.
I tre, gravati da precedenti specifici, operavano in sincronia accerchiando le vittime in luoghi affollati, distraendole con qualche pretesto per appropriarsi del portafogli, sottraendolo con destrezza dalla borsa o dalla tasca.
Grazie alle indagini messe in atto dagli agenti della Polizia Stradale, in breve tempo, sono stati raccolti sufficienti elementi di prova che hanno portato alla compiuta identificazione dei tre malviventi ed alla emissione dei provvedimenti restrittivi da parte dell’Autorità giudiziaria.
Al termine delle operazioni di rito, le tre persone sono state sottoposte al regime agli arresti domiciliari.

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Napoli, Casapound e Centri Sociali si ‘sfidano’ in piazza Garibaldi: ma nessuno contatto

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Parole di scherno, provocazioni a distanza, ma nessun contatto tra gli attivisti di Casapound e dei Centri Sociali che hanno deciso di organizzare due manifestazioni a piazza Garibaldi allo stesso orario.
Nutrito lo schieramento di forze dell’ordine per evitare che i due schieramenti entrassero in collisione ma le rispettive sfilate si sono svolte in due luoghi diversi della piazza.

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Napoli, simula una rapina per appropriarsi dell’incasso: denunciata la responsabile di un noto ristorante

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Gli agenti del commissariato di Polizia San Ferdinando hanno denunciato in stato di libertà, per i reati di: simulazione di reato e appropriazione indebita, una giovane 25enne che lo scorso 10 ottobre aveva denunciato di essere stata rapinata di poco meno di euro 7000,00 in Via Tommaso Campanella.
La 25enne, responsabile di un noto ristorante pizzeria di Via Caracciolo, denunciò ai poliziotti, che dopo aver prelevato l’incasso dal locale, si era diretta direttamente in banca alla Via Tommaso Campanella ma, una volta giunta nei pressi era stata bloccata e minacciata con una pistola da un soggetto che le sottraeva la borsa.
Il racconto fornito dalla vittima non ha convinto gli investigatori.Molte le differenze e inesattezze raccontate alla Polizia, tanto da far immediatamente dubitare i poliziotti che in seguito ad accurate indagini hanno accertato che la donna avesse inventato tutto per appropriarsi dei soldi.Proseguono le indagini della Polizia per verificare se la giovane è stata aiutata da un complice.

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Due operazioni al cuore, il boss Biagio Cava in rianimazione al Cardarelli

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E’ ricoverato in rianimazione dopo un doppio delicato intervento chirurgico al cuore il boss di Quindici, Biagio Cava. Uno dei più sanguinari  capi camorra della penultima generazione, 63 anni,  protagonista della decennale faida con i Graziano culminata con la famosa “Strage delle donne” del maggio 2002, era detenuto a Sassari.
Era stato  condannato a 30 anni di carcere, a fine settembre è stato trasferito ai domiciliari nel suo comune a Quindici. Pochi giorni soltanto in casa, quindi un ricovero al Cardarelli di Napoli.
Dopo un primo intervento, all’inizio della settimana, i medici hanno dovuto intervenire nuovamente. L’uomo è stato ritenuto dai giudici di sorveglianza in condizioni gravi e il suo legale di fiducia Raffaele Bizzarro ha ottenuto il rinvio dell’esecuzione della pena. Per motivi umanitari il provvedimento è previsto da tempo.
Sarebbe dovuto essere scarcerato nel 2031, dal 2006 era in carcere, al regime del 41 bis. La storia di Biagio Cava è una storia di sangue e morti. Una faida familiare con i Graziano iniziata nel 1972 e culminata in una prima strage consumata il 21 novembre del 199 a Scisciano. Un commando dei Cava (dove forse c’era lo stesso Biagio), aveva massacrato in una officina a colpi di kalashnikov Eugenio Graziano, 30 anni, erede designato del clan (e figlio di Luigi Salvatore e Chiara Manzi), il cugino Vincenzo, di 22 anni e il loro guardaspalle, il 21enne Gaetano Santaniello. Nel 1994, come ricorda l’edizione di Avellino de Il Mattino, era stato arrestato dalla Mobile di Avellino a San Gennariello di Ottaviano.
Nel 2000 fu scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare dopo un’assoluzione in appello. Torna a sparire per due anni. Ma il 7 febbraio 2002 viene riconosciuto e fermato dalla polizia francese all’aeroporto di Nizza. Pochi mesi dopo scatta la violenta vendetta dei Graziano che compiono quella che è passata alla storia come la “Strage delle donne”.  Il 26 maggio del 2002: è domenica sera e a Lauro paese al confine tra le province di Napoli e Avellino c’è grande animazione in strada. C’è la campagna elettorale. Un commando di killer spara all’impazzata tra la folla contro le donne del clan Cava. C’è un violento conflitto a fuoco. A terra restano  Clarissa Cava, la figlia 16enne del boss Biagio Cava, e Maria Scibelli. L’altra vittima, Michelina Cava, sorella del capoclan, maestra elementare. Tra i sei feriti ci sono anche l’altra figlia del boss, la 19enne Felicia (costretta per quelle ferite alla sedia a rotelle)e il boss rivale Luigi Salvatore Graziano che sarà arrestato qualche giorno dopo insieme ad una dozzina di affiliati tra uomini e donne tra cui anche un poliziotto genero di Graziano.
Nel frattempo Biagio Cava finisce al 41 Bis, la Dda di Napoli l’accusa di essere l’organizzatore del tentato rapimento di Luigi Salvatore Graziano da parte di un commando di falsi carabinieri nel maggio 2000. Il 21 aprile 2004 viene assolto.
Esce e riprende la sua vita segreta: impossibile notificargli l’obbligo di dimora. Ma il 2006 è l’anno in cui comincia a cedere il suo sistema. A marzo viene scovato prima Antonio Cava, cugino di Biagio e numero due del clan. Passano poche ore e arrivano anche altri sei arresti di affiliati al clan di Biagio Cava. Associazione a delinquere finalizzata all’estorsione è l’accusa che pende anche sul capo. E a ottobre è la volta di Biagio. Il 17 ottobre sono i poliziotti del commissariato di Lauro a pescarlo in un boschetto vicino casa al confine tra Pago e Quindici.

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Raid sui Monti Lattari: ferito un boscaiolo a Pimonte

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Pimonte. Un colpo di fucile esploso contro il furgone di un boscaiolo di Pimonte: è questo l’ennesimo episodio inquietante che impegna i carabinieri del nucleo operativo di Castellammare di Stabia. L’uomo alla guida è stato ferito di striscio, probabilmente da un vetro del suo furgone. L’episodio è avvenuto nei pressi del tunnel La Palombella che collega Agerola con Pimonte, sulla strada Provinciale 366. Il boscaiolo, 50 anni, incensurato è rimasto vittima di un raid che ha tutto il sapore di un avvertimento.
L’uomo, secondo gli inquirenti che stanno conducendo le indagini, sarebbe fuori dal contesto criminale della zona. Il ferimento arriva a due giorni dall’omicidio di Ciro Orazzo, il narcotrafficante trucidato sulla strada che conduce a Lettere due giorni fa.

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Rapinatore spara a cassiere in un supermercato nel Casertano: grave un 40enne

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Rapina finta nel sangue nella serata di ieri in un supermercato della provincia di Caserta. Un impiegato della struttura commerciale è stato centrato da un colpo di pistola esploso dai banditi per coprirsi la fuga dopo il colpo e ora è ricoverato all’ospedale civile di Caserta dove è stato preso in cura e non è in pericolo di vita.
Lo sfortunato cassiera si chiama Roberto Rocchio ed ha 40 anni. E’ dipendente del centro commerciale Decò di via Patenara a Vairano Patenora; strada parallela alla Casilina conosciuta come la scorciatoia. La rapina poco dopo le 20,30 di ieri sera.
Un bandito solitario con il volto coperto da un passamontagna è entrato nella struttura e dopo aver prelevato soldi dall’ufficio commerciale per coprirsi la fuga ha fatto fuoco contro il dipendente Roberto Rocchio che insieme con un altro collega stavano cercando di ostacolargli la fuga. Sul posto i carabinieri che stanno conducendo le indagini.

 

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Napoli, arrestato, condannato e scarcerato il nipote del boss di Pianura

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Arrestato, condannato e scarcerato perché incensurato anche se non un pusher qualsiasi. Si tratta di Pasquale Carillo, 22 anni, figlio di Lorenzo, ma soprattutto nipote del boss di Pianura oggi pentito Pasquale Pesce ‘e bianchina.
Il giovane era stato sorpreso dalla polizia a confezionare droga in una zona sotto l’influenza del clan di Pianura. Ma proprio perché senza precedenti penali, se l’è cavata con una condanna a due anni di reclusione con pena sospesa.
I poliziotti avevano fatto irruzione in un box prefabbricato posto nell’androne del palazzo, dove il giovane era intento a confezionare dosi , con l’uso di un bilancino di precisione, una scheda telefonica e delle bustine di cellophane.
Nel box c’era anche un televisore collegato a telecamere per monitorare eventuali irruzioni delle forze dell’ordine o i soggetti di clan rivali che, nella fattispecie, i poliziotti intervenuti , hanno scientemente evitato, accedendo dalla parte posteriore dello stabile e dal terrazzo.
Il Carrillo aveva nella sua disponibilità una quantità totale di quasi 9 grammi di cocaina, 1 rotolo di bustine di cellophane e 30 euro suddivisi in 1 banconota da 10 ed 1 da 20 euro.

 

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