Un corteo di circa 150 manifestanti, è giunto poco fa in piazza Cenni, davanti all’edificio del Tribunale di Napoli dove è attesa la sentenza per l’uccisione del 17enne Davide Bifolco, ucciso da un colpo di pistola esploso da un carabiniere il 5 settembre 2014 al Rione Traiano di Napoli. In testa al corteo la madre del ragazzo ucciso, Flora, e suoi amici. “Giustizia per Davide”, è lo slogan scandito dai manifestanti.
Nuovo corteo fino al Tribunale per la sentenza a carico del carabiniere che uccise il 17enne al rione Traiano
Estorsioni in Fincantieri, il pm chiede la condanna a 5 anni per Tramparulo
Castellammare di Stabia. Estorsioni alla Fincantieri: chiesta la condanna a 5 anni e 4 mesi per Nicola Tramparulo, l’operaio che lo scorso anno finì insieme a 5 complici in un’inchiesta del pm Maria Benincasa. Tramparulo ha chiesto di essere giudicato con rito abbreviato, rito che i difensori Antonio De Martino e Alfonso Piscino hanno condizionato all’acquisizione di circa 2000 conversazioni che non erano state ritenute interessanti dall’accusa e quindi non riversate nel processo. Nel processo stralcio, pendente davanti al Gup di Torre Annunziata, la vittima – un imprenditore napoletano – ha riconosciuto Tramparulo come uno degli operai che nel 2014 partecipò, insieme agli altri, alle estorsioni ai suoi danni. Scioperi pretestuosi, danneggiamenti, furti ai danni delle ditte dell’indotto per costringerle ad assumere amici o parenti dei sei operai e sindacalisti poi finiti a processo. La Polizia lo scorso anno eseguì un’ordinanza di custodia cautelare a carico di sei persone Antonio Vollono, Francesco Amoroso, Catello Schettino, Nicola Tramparulo e i fratelli Catello e Ferdinando Scarpato. Solo Tramparulo ha scelto il rito abbreviato condizionato alla trascrizione delle intercettazioni che – secondo la difesa – dovrebbero fornire al giudice una visione diversa di quanto accaduto all’interno del cantiere stabiese. Nel frattempo, il pm Maria Benincasa ha chiesto la condanna a cinque anni e 4 mesi nei confronti dell’imputato.
Marano, si difende l’assassino di Enrico Pezzella
Marano. Si giustifica l’assassino di Enrico Pezzella, il 25enne ucciso l’8 aprile scorso con un colpo di pistola. Alessandro Uccello, arrestato nei giorni scorsi, ha sostenuto che il proiettile è partito accidentalmente dalla pistola che deteneva legalmente. Le indagini condotte dopo l’omicidio di Enrico ‘Capigliotta’ avevano portato i carabinieri del Nucleo operativo e Radiomobile della Compagnia di Giugliano, ad arrestare Alessandro Uccello, 47 anni, residente a Marano. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’arrestato impugnava la pistola – regolarmente registrata – quando nel corso della lite sarebbe partito il colpo mortale alla testa di Enrico Pezzella. Uccello è il cognato di Raffaele Bacioterracino, ex suocero della vittima, la diatriba con il 25enne era nata proprio a proposito della relazione amorosa. Uccello aveva più volte allontanato Enrico, alias Capigliotta, dal palazzo dove abita la ragazza. Dopo l’ennesima lite, il colpo di pistola che si conficcò nella testa del 25enne. Il ragazzo era morto qualche giorno dopo all’ospedale di Pozzuoli. Nei guai sono finiti sia Raffaele Bacioterracino, il primo a finire in carcere, che il cognato, accusati di omicidio aggravato in concorso. Determinante per la ricostruzione prospettata da accusa e difesa, gli esami balistici sulla pistola sequestrata ad Uccello.
Giugliano, furto milionario condannati i componenti della gang
Giugliano. Furto e ricettazione: prime condanne per gli uomini della gang. Furono arrestati per un furto in un deposito di una ditta di allestimenti per spettacoli musicali e nei giorni scorsi, il Gup del Tribunale di Napoli ha rinviato a giudizio Massimo Liberato di Sant’Anastasia e condannato con rito abbreviato Raffaele Sarnataro e Salvatore Castiello alla pena di tre anni e due mesi di reclusione; Francesco Lisetti a due anni di reclusione; Raffaele Raimondo ad un anno e sei mesi di reclusione (pena sospesa). Assolto, invce, Rosario Castiello, per il quale il pm aveva chiesto una condanna a tre anni e quattro mesi di reclusione. Sarnataro è agli arresti domiciliari, mentre gli altri sono liberi. L’episodio contestato agli imputati risale al marzo del 2013 quando una banda di rapinatore fece irruzione nel deposito della titta portando via beni per un valore di 800mila euro, beni che in parte furono ritrovati. Gli imputati furono scoperti e arrestati dagli agenti della Squadra Mobile.
Napoli: catturato a Marano l’uomo che aveva aggredito i poliziotti con un’ascia a Marianella
Tre persone sono state arrestate dalla Polizia nell’ area a Nord di Napoli nel corso di un’ operazione Alto Impatto. Antonio Piccolo, 43 anni, di Marano, pregiudicato, è stato arrestato con le accuse di estorsione, minacce e violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Il 29 dicembre 2015, in piazza Marianella, a Napoli, Piccolo, aveva minacciato una persona ingiungendogli di consegnarli il ferro di risulta di un’installazione smantellata dal Comune nella piazza. All’ arrivo dei Poliziotti del Commissariato Scampia li aveva aggrediti con un’ ascia sottratta in una vicina Macelleria e poi era fuggito. La Polizia lo aveva però identificato. All’ alba il pregiudicato è stato bloccato un un’ abitazione a Marano. Arrestati per evasione dagli arresti domiciliare Flora Lanzetti, 44 anni, di Napoli e Mario Migliore, 38 anni di Napoli che il 14 aprile era stato sorpreso lontano dal luogo dove era stato autorizzato a svolgere attività lavorativa in regime di misura alternativa alla detenzione.
Pianura: smantellata base taglio cocaina, 2 arresti
I carabinieri della stazione di Pianura hanno arrestato in flagranza per detenzione ai fini di spaccio un 27enne di Soccavo, figlio del presunto reggente dell’omonimo clan operante nella zona e un 29enne ritenuto vicino allo stesso gruppo camorristico. Le indagini e i servizi di osservazione degli ultimi giorni hanno consentito ai militari di individuare una base per il taglio e il confezionamento della cocaina. I militari infatti hanno perquisito un intero appartcronaamento del quartiere Pianura, sorprendendo all’interno i due arrestati intenti a confezionare bustine termosigillate. I pusher stavano lavorando 1,3 chili di cocaina purissima, che al dettaglio avrebbe fruttato circa 100mila euro. Sul tavolo erano sparse 52 bustine, bilancini di precisione, sostanza da taglio e vario materiale per il confezionamento. Dopo una breve colluttazione per evitare l’arresto, i militari sono riusciti ad ammanettare i due e sequestrare quanto rinvenuto. Al termine delle formalità di rito i due sono stati portati nel carcere di Poggioreale.
Castellammare: sciarpa della Juve Stabia e bara bianca per l’ultimo saluto a Francesco Scarpato
Sulla bara bianca la sciarpa degli Ultrà della Juve Stabia, la sua squadra del cuore. Accompaganto dai tifosi e da tantissima gente il feretro di Francesco Scarpato è entrato nella chiesa dell’Annunziatella Castellammare poco dopo le 12 di oggi per il rito funebre. Erano tantissimi i presenti. Il ragazzo è morto domenica sera all’ospedale di Caserta dopo che nel pomeriggio era rimasto vittima di un terribile incidente in moto con un suo amico in via Annunziatella. Palloncini bianchi e celesti lungo il tragitto e nei pressi della chiesa, Gli amici indossavano in maglietta bianca con la sua foto con la scritta “Checco vive”. E su uno striscione invece si era impresso “è solo una separazione resterà vivo il ricordo”. Erano oltre cinquecento le persone che hanno voluto rendere l’ultimo saaluto al 19enne stabiese. Nel frattempo continuano le indagini dei vigili urbani di Castellammare che stanno cercando di fare luce sull’incidente. Il ragazzo che era alla guida della potente Yamaha 900, il 24enne Salvatore G, è indagato per omicidio stradale.
Napoli. misterioso omicidio in via Caravaggio: 47enne incensurato trovato morto in casa. E’ giallo
Investigatori della Polizia di Stato al lavoro, dove nel pomeriggio, in un’abitazione del quartiere Fuorigrotta, è stato trovato il corpo senza vita di un ex tassista con una vistosa ferita alla testa, verosimilmente provocata da uno o più colpi inferti con un corpo contundente. La vittima è un incensurato di 47 anni, Francesco Bosco, che, malgrado la giovane età, era già in pensione, secondo quanto si è appreso, probabilmente per problemi di salute di natura psicologica. Al momento, gli investigatori puntano sulla pista dell’omicidio. A lanciare l’allarme è stato il cognato di Bosco, che per l’intera mattinata ha cercato di mettersi in contatto telefonicamente con l’ex tassista, senza mai riuscirvi. Nel pomeriggio, preoccupato da un silenzio fin troppo prolungato, ha preso le chiavi dell’appartamento e si è recato a casa del cognato. Quando ha aperto l’uscio ha trovato il cadavere dell’ex tassista, riverso a terra, in una pozza di sangue. La Polizia di Stato, avvertita dal cognato della vittima, si è recata nell’abitazione di Bosco, che si trova nel parco Persichetti, al civico 143 di via Michelangelo da Caravaggio. Un appartamento spoglio, con pochi elementi di arredo e senza oggetti di particolare valore. Il cadavere di Bosco era a terra, in un disimpegno della casa, tra la cucina e l’ingresso: sulla testa è stata trovata una profonda ferita, verosimilmente provocata da uno o più colpi inferti con un corpo contundente. La polizia scientifica, che ha eseguito i rilievi, anche alla ricerca dell’arma del delitto, ha concentrato la sua attenzione su alcuni manici di scopa trovati in uno sgabuzzino. Non sono stati trovati i segni di una colluttazione. L’appartamento, sebbene spoglio, è stato trovato in ordine e la Polizia esclude che si possa essere trattato di un tentativo di furto finito in tragedia. L’ultima persona a lasciare l’appartamento, comunque, non si è preoccupato di dare le mandate alla serratura. Non si esclude che Bosco conoscesse chi l’ha ucciso, che abbia aperto la porta a qualcuno che poi si è rivelato il suo assassino.
INCREDIBILE CALDEROLI: “Io sto con il carabiniere del Rione Traiano”
“Io sto Giovanni Macchiaroli, il carabiniere oggi condannato a 4 anni e 4 mesi per aver sparato ad un ragazzo che, insieme ad un complice, su un motorino, aveva forzato un posto di blocco. Francamente trovo assurdo che per aver fatto il proprio dovere, per aver cercato di far rispettare la legge, un servitore dello Stato si sia preso 4 anni e 4 mesi di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici”. Lo dice il senatore Roberto Calderoli, Vice Presidente del Senato e Responsabile Organizzazione e Territorio della Lega Nord. “Ma ritengo che questa vicenda debba far riflettere, perché in qualche modo si ricollega al dibattito in corso sulla legittima difesa e sulla richiesta presentata dalla Lega Nord di eliminare l’eccesso di difesa per chi si difende all’interno della propria abitazione o del proprio esercizio commerciale”, aggiunge. Secondo Calderoli, il punto è proprio questo: “chi commette una violenza, chi viola la legge, chi consapevolmente decide di entrare in casa altrui oppure per l’appunto decida di forzare un posto di blocco, per qualunque ragione, perché ha bevuto, perché non ha la patente, perché guida un mezzo rubato ecc deve sapere di andare incontro a dei rischi, anche gravi, anche se ovviamente nessun si augura che possa mai scapparci il morto, come purtroppo è accaduto in questa triste vicenda, ma tra un Caino e un Abele io sto sempre dalla parte di Abele…”, conclude.
Imprenditori della Penisola Sorrentina nel processo per riciclaggio del clan D’Alessandro in Sardegna
Ci sono anche tre impreditori della Penisola Sorrentina nell’inchiesta sul riciclaggio in Sardegna del clan D’Alessandro e che vede coinvolto anche l’europarlamentare di Forza Italia, Salvatore Cicu e il consigliere regionale della Campania, Luciano Passariello. Si tratta di Antonino Di Martino, 51 anni di Piano di Sorrento, la moglie Angela Miccio, 51 anni di Piano di Sorrento e la sorella Luisa Di Martino, 43 anni che vive Vico Equense. L’imprenditore costiero viene indicato dagli investigatori sardi come l’anello di congiunzione tra i politici dell’isola e Gennaro Chierchia alias “Rino ‘o pecorone” referente dei D’Alessandro su Gragnano, ucciso in un negozio di via Castellammare il 18 marzo del 2010. L’inchiesta riguarda la realizzazzione del villagio turistico S’Incantu nell’incantevole baia di Villasimius in provincia di Cagliari e per la cui realizzazione sono finiti sotto processo in 17. Ieri il pm ha parlato per più di un’ora, rinnovando la sua richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli indagati. Il sostituto procuratore Emanuele Secci, ha ripercorso le tappe saliente della sua inchiesta davanti al Gup del Tribunale di Cagliari, Cristina Ornano, che dovrà decidere se celebrare il processo nei confronti dell’europarlamentare di Forza Italia, Salvatore Cicu, dell’ex sindaco di Sestu (Cagliari, Luciano Taccori, e dell’ex capogruppo forzista dello stesso comune, Paolo Cau, l’unico presente oggi in aula. I tre sono accusati con altre 14 persone residenti in Campania di aver riciclato in Sardegna denaro proveniente dal clan camorristico dei Casalesi. L’inchiesta – condotta dai militari del Gico della Guardia di Finanza sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia – è legata alla vendita di un terreno a Villasimius (Cagliari) da parte della società Turicost (nella quale Cicu sarebbe stato socio occulto) ad una cordata di imprenditori campani che poi hanno realizzato il villaggio turistico S’Incantu. Il pubblico ministero ha rinnovato le conclusioni già presentate al Gip al termine dell’inchiesta preliminare, sollecitando il rinvio a giudizio di tutti. Un’indagine molto complessa che ha potuto accertare anche l’arrivo nell’Isola, il 5 agosto 2003, di Gennaro Chierchia, noto Rino ‘o Pecorone, esponente di punta del clan camorristico D’Alessandro. Secondo l’accusa portava in una valigetta 400 mila euro in contanti per chiudere l’affare. Conclusa l’inchiesta, il pm Secci ha sollecitato il processo per tutti i 17 indagati accusati di riciclaggio – a Cicu, Taccori e Cau non viene contesta l’associazione a delinquere né l’aggravante delle finalità mafiose – e ora sarà il Gup Cristina Ornano a decidere valutando gli elementi raccolti. Il giudice ha deciso che solo alla fine dell’udienza preliminare scioglierà la riserva in merito alla competenza territoriale del processo per alcuni imputati campani, mentre nelle prossime udienze – fissate per il 27 aprile e il 18 maggio – dovrebbero parlare i difensori. Sono finiti nell’inchiesta sarda il consigliere regionale della Campania Luciano Passariello, 55 anni di Napoli; Alessandra Coronella, 42 anni di Aversa; Antonino Di Martino, 51 di Piano di Sorrento; Luisa Di Martino, 43 di Vico Equense; Alessandro Falco, 42 di Napoli; Nicola Fontana, 56 di Casapesenna, in provincia di Caserta; Rosa Fontaa, 82 di Casapesenna; Rosa Garofalo, 53 di Casapesenna; Sabino Gioia, 54 di Avellino; Angela Miccio, 51 di Piano di Sorrento; Bartolomeo Piccolo, 58 di Casapesenna; Gilda Piccolo, 53 di Casapesenna; Salvatore Venturino, 50 di Napoli; Antonio Vieri, 58 di Avellino.
Clan Vollaro a Vasto: 25 condanne e 37 assoluzioni per gli uomini di Lorenzo Cozzolino
Ercolano. Maxi processo ‘Adriatico’ contro il clan Vollaro a Vasto e l’Aquila: 25 condanne e 37 assoluzioni per i 62 imputati accusati a vario titolo di associazione per delinquere e spaccio di stupefacenti. Un mese fa la sentenza dei giudici del Tribunale di Vasto nei confronti della cosca di Ercolano-Portici, insediatasi in Abruzzo. Il collegio presieduto da Bruno Giangiacomo (a latere Fabrizio Pasquale e Stefania Izzi) ha affrontato per la prima volta nella storia del tribunale di Vasto un processo per associazione a delinquere di stampo camorristico. A far partire l’inchiesta che portò al coinvolgimento di 81 persone, le rivelazioni del collaboratore di giustizia, Lorenzo Cozzolino, che rivelò i nomi del sodalizio che aveva trasferito nel Vastese i traffici legati agli stupefacenti. Lorenzo Cozzolino e la moglie Italia Belsole esponenti del clan Vollaro due anni fa hanno snocciolato nomi, fatti e circostanze determinando il rinvio a giudizio di 81 persone. Diciannove (e fra loro i due collaboratori) saranno giudicate al Tribunale de l’Aquila a giugno. Sessantadue sono state giudicate dal tribunale di Vasto. I giudici hanno condannato 25 imputati a pene che vanno da 22 a 7 anni e sei mesi per un totale di 299 anni. La pubblica accusa aveva chiesto un totale di 549 anni di carcere. Sedici imputati sono stati condannati per associazione a fini di spaccio, sei per associazione di stampo camorristico e due per concorso esterno all’associazione. Secondo gli inquirenti, dietro gli incendi dolosi e le sparatorie che si verificarono a Vasto, San Salvo e Gissi, dal 2003 al 2008, ci sarebbe stata la camorra che mirava a governare lo spaccio di droga nell’Abruzzo meridionale.
Scafati, Fondo 2010 per i dipendenti: stangata della Corte dei Conti per 22 amministratori
Scafati. Fondo Salario accessorio per il 2010: contestato un danno erariale per 642.160,24 alle casse del Comune. Il sostituto procuratore della Corte dei Conti Luciano Donato ha inviato a 22 tra politici, dirigenti e revisori dei conti l’invito a controdedurre in merito all’elargizione del fondo per l’anno 2010 per il quale la Guardia di Finanza della Compagnia di Scafati ha riscontrato numerose illegittimità. Ruolo primario nelle contestazioni della Corte dei Conti quello della segretaria generale Immacolata Di Saia nella veste, all’epoca, di direttore generale, presidente del nucleo di valutazione, presidente del collegio per il controllo di gestione e presidente della delegazione trattante di parte pubblica. Comprimaria ma non meno importante la figura del sindaco Angelo Pasqualino Aliberti, che a settembre di quell’anno e prima che fosse ripartito il fondo avocò a se – con una nota ai dirigenti – tutte le decisioni sui progetti finalizzati. Quell’anno solo a ottobre dopo un lungo braccio di ferro l’amministrazione stabilì che sarebbero stati pagati con un fondo di 540mila per i dipendenti e 90mila euro per i dipendenti ex Eti, i progetti obiettivo. Ma in quei progetti, identici a quelli dell’anno precedente – è questa una delle anomalie riscontrate – vennero inclusi anche i compensi per gli straordinari. La Corte dei conti, tra le illegittimità riscontrate, ha sollevato proprio la questione straordinari sostenendo che il compenso per produttività e progettualità non può essere usato per compensare prestazioni di lavoro straordinario. Nel corso delle indagini dei finanzieri, i dirigenti sentiti, e in particolare la segretaria generale ha provato a scaricare tutta la responsabilità sulla parte politica che – secondo quanto riportato nella relazione del procuratore Donato – ‘erano informati dell’anomala gestione del fondo e che tutte le decisioni erano condivise con l’organo di Governo, sindaco e Giunta, che anzi pulsava tale gestione al fine di poter remunerare e gratificare il personale dipendente’. Le contestazioni hanno raggiunto 22 persone in primis il sindaco Aliberti e la segretaria Di Saia – nelle sue molteplici vesti -, insieme a loro i componenti della Giunta, il vicesindaco Giacinto Grandito, gli assessori Stefano Cirillo, Pasquale Coppola, Sabato Cozzolino, Guglielmo D’Aniello, Giancarlo Fele. Ruolo primario anche quello della dirigente Laura Aiello, per aver espresso parere favorevole per la regolarità tecnica della delibera. A questi vengono contestati per intero la somma di oltre 600mila euro. Contestazioni contabili per la metà della somma per i due responsabili del settore finanziario che si succedettero quell’anno Giacomo Cacchione e Emilio Gallo. Contestata la cifra di circa 230mila all’ex dirigente della polizia municipale Carmine Arpaia e al suo successore Alfredo D’Ambruoso. Contestazioni per le somme elargite ad ogni singolo settore per gli altri dirigenti: Anna Sorrentino (26mila euro); Maddalena Di Somma (40mila euro); Antonio Ariano (70mila euro); Andrea Matrone (70mila), Nicola Fienga (51mila); Maria Gabriella Camera (5mila e duecento euro). Contestazioni anche al presidente del collegio di revisione contabile dell’epoca, Luigi Silvestri, e ai componenti Vincenzo Sicignano e Alberto Virtù per la somma di 214mila euro, per non aver svolto il controllo sulla contrattazione collettiva e non aver riscontrato l’illegittima composizione del fondo.
Torre Annunziata, processo Alta Marea: chiesto lo sconto di pena per Gemma Donnarumma
Torre Annunziata. Processo Alta Marea chiesta la conferma delle condanne per i boss delle famiglie legate ai Gionta, sconti di pena per gli spacciatori. E’ questa la richiesta del procuratore generale che ieri mattina – dinanzi ai giudici della quinta sezione della Corte d’Appello di Napoli – ha chiesto le condanne per 25 esponenti dei clan confederati di Torre Annunziata. Dopo la relazione del giudice a latere il pg ha riformulato – il processo era stato in parte annullato dalla Corte di Cassazione – le richieste di pena. Conferme delle condanne inflitte in primo grado per gli esponenti dei clan De Simone ‘quaglia-quaglia’ e Chierchia ‘fransuà’, sconto di pena per Gemma Donnarumma, moglie del capostipite della cosca, che accanto al reato di associazione camorristica risponde di traffico di stupefacenti per lo smercio di hashish: il procuratore generale ha chiesto per lei 12 anni di reclusione. L’accusa ha, invece, chiesto la conferma della pena per Pasquale Gionta (20 anni e sei mesi) e una riduzione per la sorella Teresa che in primo grado incassò 10 anni. Godrà dei benefici della legge sui pentiti, Michele Palumbo, alias munnezza, oggi collaboratore di giustizia. Nessuno sconto, invece, per Salvatore Ferraro, alias ‘o capitano, condannato in primo grado a 11 anni e 2 mesi di reclusione, e per i fratelli Francesco e Michele De Simone, i ‘quaglia-quaglia’, già condannati a 9 anni e 4 mesi. La Cassazione aveva annullato parte della sentenza di Appello per difetto di motivazione, una carenza alla quale porranno rimedio i giudici della quinta sezione della corte d’Appello di Napoli. Era passata indenne al vaglio degli ermellini la sentenza che riguardava il super boss Valentino Gionta, il figlio Aldo (14 anni la pena definitiva) e Aldo Agretti (9 anni e 4 mesi). Se la richiesta del Procuratore generale dovesse essere accolta dai giudici della Corte d’Appello lo sconto di pena potrebbero decretare la scarcerazione delle donne della cosca dei Valentini, in particolare, Gemma Donnarumma e la figlia Teresa.
Piano di Sorrento; sentenza della Corte dei Conti: l’ex sindaco Botta deve restituire 100mila euro al Comune
L’ex sindaco di Piano di Sorrento, Gaetano Botta e l’ex responsabile dell’ufficio tecnico del comune, Giorgio Minetti dovranno restituire all’ente comunale rispettivamente 100mila e 40mila euro. La ha stabilito la Corte dei Conti regionale che ha respinto anche l’appello presentato dai due. La vicenda in cui risulta coinvolto anche un altro ex sindaco, Vincenzo Nastro, riguarda l’allargamento di via sant’Andrea nella frazione di Mortora. I lavori in questione fanno riferimento agli anni Novanta e secondo le accuse il Comune di Piano di Sorrento non avrebbe mai concluso l’iter di esproprio del suolo privato per realizzare l’allargamento della strada. Anche se c’è stata una transzioine con i proprietari dei terreni interessati per una cifra di 550 mila euro oltre agli interessi la Corte dei Conti ha presentato quindi il conto agli amministratori dell’epoca chiedendo di risarcire il Comune.
(nella foto gaetano botta)
Omicidio Izzi: “Nico” Cerasuolo si presenta in carcere
Domenico Cerasuolo, detto “Nico”, nipote di Anna Serino la moglie del boss Carlo Lo Russo si è presentato al carcere di Secondigliano. per farsi arrestare. Era ricercato inquanto basista dell’omicidio di Pasquale Izzi avvenuto il mese scorso in via Janfolla sotto casa dello zio. Domenico Cerasuolo, 23enne napoletano secondo l’accusa avrebbe partecipato alla fase esecutiva dell’omicidio. Dall’abitazione del ras, al cui interno rimase la donna, scesero in tre: Luigi Cutarelli, presunto esecutore materiale del delitto, Mariano Torre e “Nico”. Il primo fece fuoco, secondo la ricostruzione degli inquirenti, per ben dodici volte, uccidendo all’istante Pasquale Izzi. Gli altri due localizzarono la vittima, la indicarono al killer e lo aiutarono nella fuga. Con l’arresto di Domenico Cerasuolo, tutte e cinque le ordinanze di custodia cautelare sopno state eseguite.
Torre Annunziata: i carabinieri sequestrano un edificio abusivo in via Castello
I carabinieri di Torre Annunziata insieme con i responsabili dell’ufficio tecnico del comune hanno sequestrato un edificio abusivo in via Castello 1 di proprietà della Gigante Immobiliare. Secondo gli accertamenti tecnici il manufatto composto su due livelli oltre a un sottotetto-mansarda e a un cantinato. Tutte opere allo stato grezzo ma completamente abusive perchè realizzate senza titolo abitativo edilizio. Per cui sono scattati i sigilli e la denuncia per i proprietari.
Ubriaco alla guida investe e uccide una donna a Maddaloni: arrestato 60enne di Caserta
I Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Maddaloni, in collaborazione con agenti della Polizia Municipale, nella serata di ieri sono intervenuti in via liberta’ direzione Caserta-Maddaloni, dove E. V., quarantacinquenne di Maddaloni, mentre percorreva a piedi la strada, e’ stata travolta da un’autovettura in transito, cadendo sul manto stradale. La donna, soccorsa da personale del 118 e trasportata presso l’ospedale civile, e’ morta poco dopo a causa delle lesioni riportate. Il conducente del mezzo che ha causato il sinistro, Michele Coppola, 60 anni, residente a Caserta, dopo accertamenti eseguiti presso il locale pronto soccorso, e’ risultato in stato di ebbrezza con tasso alcolemico pari a 2,4 mg, valore di quasi 5 volte superiore al limite consentito dalla normativa vigente. L’uomo e’ stato arrestato in flagranza poiche’ ritenuto responsabile del reato di omicidio stradale. Il veicolo e i documenti di circolazione sono stati sottoposti a sequestro. L’arrestato e’ stato sottoposto agli arresti domiciliari su disposizione della competente Autorita’ Giudiziaria.
Napoli: il tassista ucciso con posacenere da una persona che conosceva
Raffaele Bosco, il tassista ucciso nella sua abitazione nel parco Persichetti di via Caravaggio a Fuorigrotta aveva confidato a una cugina una decina di giorni fa di volersi suicidare. Ma ci ha pensato qualcuno prima di lui a porre fine ai suoi giorni uccidendolo con una grossa ceneriera in ferro. E’ quasi sicuramente quella l’arma del delitto che manca da casa e la cui scomparsa il nipote ha segnalato agli investigatori. Del resto dai primi rilievi della polizia scientifica la possibile arma usata combacia con le profonde ferite alla testa che ne hanno causato la morte. Ma Raffaele ha anche lottato con il suo assassino prima di essere sopraffatto. Sempre la scientifica ha rilevato infatti tracce di lotta sul suo corpo. Tutto al vaglio degli inquirenti per dare un nome , un volto e un movente all’efferato omicidio che ha sconvolto la tranqullità del parco di Fuorigrotta dove abitava l’ex tassista. L’uomo negl ultimi tempi aveva problemi con l’alcool e forse anche con altre sostanze. Ed è probabile che l’omicidio sia frutto delle “cattive frequentazioni” come hanno raccontato i suoi vicini agli investigatori,. Intato gli agenti del commissariato San Paolo che conducono le indagini hanno sequestrato il cellulare e il computer su disposizione della magistratrura. E’ probabile che dal loro esame si riesca a capire qualcosa in più rispetto alle frequentazioni. Un fatto è certo chi ha ucciso Raffaele lo conosceva bene perché è entrato nel parco, sicuramente a piedi, passando la guardiola e facendosi aprire la porta. Poi in casa c’è stata una discussione e la lite sfociata nel tremendo omicidio.
(nella foto il luogo dell’omicidio e nel riquadro la vittima Raffaele Bosco)
San Giuseppe Vesuviano, arrestata ginecologa di Sarno: intascava soldi dai pazienti per accelerare l’iter delle analisi cliniche
Chiedeva soldi in cambio del proprio impegno ad accelerare alcune procedure mediche in favore dei pazienti. Con questa accusa i carabinieri di San Giuseppe Vesuviano ) hanno arrestato in flagranza di reato una ginecologa di 60 anni, Teresa Santonicola, originaria di Sarno . Il reato contestatole è quello di induzione indebita a dare o promettere utilità. In seguito a specifiche segnalazioni di pretese di soldi dai pazienti in cambio di utilità mediche, i militari hanno cominciato a tenere sotto osservazione la donna per riscontrare la veridicità dei fatti segnalati. Hanno cosi’ documentato come la dottoressa avesse chiesto del denaro per accelerare procedure mediche come esiti di biopsie e quant’altro. In pratica i militari hanno assistito ad una consegna di denaro da parte di uno dei pazienti, momento in cui sono intervenuti arrestando la ginecologa. La donna sarà processata oggi con rito direttissimo
Nola: Tir investe operai al lavoro sulla statale, tre morti e due feriti
Cinque operai che stavano effettuando lavori stradali sulla statale 7bis nel comune di Nola , sono stati travolti da un mezzo pesante in transito: il bilancio dell’ incidente, secondo le prime informazioni dei vigili del fuoco, è di tre operai morti e due feriti. Le squadre dei pompieri sono al lavoro per la messa in sicurezza del tratto in cui, poco prima delle 11, è avvenuto l’ incidente. L’ incidente – sulle cui cause sono in corso accertamenti – è avvenuto della strada statale 7/bis “di Terra di Lavoro” in corrispondenza del km 43,150 – in direzione Nola. Stando alle prime ricostruzioni il mezzo pesante, probabilmente fuori controllo, ha travolto il personale di un’impresa che per conto di Anas stava eseguendo interventi di pulizia delle cunette. Il traffico, in direzione Nola, è attualmente deviato con uscita obbligatoria verso il Cis di Nola.