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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Tir impazzito, gli operai sono entrambi della provincia di Caserta. L’autista si difende: “Non ho visto i lavori”

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Nola. “Non ho visto il cantiere” ha detto l’autista palermitano 51enne che questa mattina poco dopo le 11 ha investito sulla statale 7 bis un gruppo di cinque operai a lavoro per la pulizia di cunette al km 41,150, uccidendo Roberto Mottola, 36 anni, e Antonio Di Maio, 58 anni, entrambi della provincia di Caserta. Non sono ancora pronti i test fatti dopo il prelievo di sangue all’uomo per verificare se il conducente del tir abbia eventualmente assunto alcol o sostanze stupefacenti prima di mettersi alla guida. Il 51enne è stato sentito dalla polizia stradale, così come l’unico operaio rimasto illeso (il cosiddetto ‘moviere’, l’ultimo della fila della squadra di pulizia che provvede a segnalare i lavori in corso), e alcuni automobilisti di passaggio al momento dell’incidente. La polstrada – coordinata dal primo dirigente Carmine Soriente – lavora su più fronti, dall’ipotesi di una carenza di segnalazione del cantiere in movimento, a quella appunto della percezione alterata della realtà da parte dell’autista, fino alla velocità del mezzo, verificabile solo dopo l’esame nelle prossime ore del cronotachigrafo, la ‘scatola nera’ dei mezzi articolati. Il passaggio del tir, del resto, è avvenuto mentre la squadra era a lavoro tra la corsia di emergenza e quella di marcia. Sotto esame anche i tabulati del cellulare dell’uomo, nell’eventualità che lui si sia distratto per l’uso del telefonino. Intanto sono stati dimessi con sette giorni di prognosi gli altri due operai feriti nell’incidente, che hanno riportato fratture quando sono rovinati a terra, probabilmente per il violento spostamento d’aria generato dal tir. Il mezzo pesante invece ha investito e ucciso Roberto Mottola, 36 anni, sposato e padre di due figli, e Antonio Di Maio, 58 anni. Continuano intanto le perizie sul punto di impatto con il guard rail del mezzo pesante e sulla posizione delle tracce di sangue sul tir, che possono fornire elementi utili a ricostruire la dinamica dell’incidente. Al vaglio degli investigatori, anche i rapporti di lavoro degli operai con la ditta che stava eseguendo lavori di manutenzione ordinaria e di pulizia per conto dell’Anas.


Marigliano, avvocato ai domicliari: pilotava le aste pubbliche per conto del clan Foria

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SIMBOLICA GIUSTIZIA AGENZIA BETTOLINI (Agenzia: DA RACHIVIO)  (NomeArchivio: PAV-G1ig.JPG)

Concorso in turbativa d’asta, con l’aggravante del metodo mafioso. E’ questo il reato per un 44enne, mariglianese, avvocato presso il Foro di Nola, da oggi ai domiciliari, dopo l’esecuzione dell’ ordinanza di custodia cautelare dei militari del Nucleo Operativo della Compagnia di Castello di Cisterna, provvedimento emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. L’attivita’ investigativa, sviluppata tra giugno 2015 e febbraio 2016, ha consentito di dimostrare che tutti gli indagati si sarebbero adoperati, con compiti distinti, per rientrare in possesso di un immobile oggetto di un’asta pubblica a seguito del fallimento della societa’ proprietaria. In particolare, il 44enne di oggi, ricoprendo un ruolo di “intermediario” tra i complici e la vittima, avrebbe reiteratamente tentato di corrompere quest’ultima, la quale, essendo interessata all’immobile in questione, sarebbe stata destinataria di numerose proposte in denaro, finalizzate a convincerla a non presentare alcuna proposta di acquisto. A seguito del fermo rifiuto del denunciante, i complici dell’odierno arrestato, con lo scopo di realizzare ad ogni costo il loro piano, sarebbero passati da un approccio “diplomatico” ad uno violento, minacciando ripetutamente e con metodo “mafioso” la stessa vittima. L’odierno arresto e’ l’ultimo capitolo di una complessa indagine, che aveva consentito, lo scorso mese di novembre 2015, di eseguire ulteriori 3 misure cautelari in carcere, a carico di Foria Nicola, capo dell’omonimo clan, e dei suoi “delfini” Rega Tommaso e Falco Giuseppe; sottoporre l’odierno arrestato alla misura del divieto di esercitare la professione di avvocato per sei mesi; procedere al sequestro preventivo di numerosi beni (societa’ edili, fabbricati, rapporti bancari, terreni) riconducibili direttamente agli indagati o a loro “prestanome”, per un valore complessivo di circa cinque milioni di euro.

Estorsione: assoto in Appello il boss dei Casalesi, Michele Zagaria

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 La terza sezione della Corte d’Appello di Napoli ha assolto, per “non aver commesso il fatto”, il boss dei Casalesi Michele Zagaria dall’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni dell’imprenditore Raffaele Parente. Secondo gli inquirenti partenopei, Zagaria avrebbe riscosso un ‘pizzo’ per anni dal titolare di una ditta di trasporti, nei tre classici periodi di Natale, Pasqua e Ferragosto. In primo grado, l’ex ‘primula rossa’ della camorra era stato condannato a 12 anni di carcere dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Nello stesso grado di giudizio, Zagaria era imputato anche per una seconda estorsione, quella commessa ai danni dell’imprenditore edile Bartolomeo Piccolo, dalla quale fu assolto con gli altri due esponenti del clan, Massimiliano Caterino, oggi collaboratore di giustizia, e Giovanni Garofalo.

Frattamaggiore, dopo la rapina si era nascosto in Giamaica: preso

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Frattamaggiore. Parte della sua latitanza l’aveva trascorsa in Giamaica. Ricercato per una rapina commessa il 16 gennaio scorso, Cristian Scognamiglio, di 22 anni, è stato arrestato dai carabinieri in un appartamento di Frattamaggiore. Secondo quanto ricostruito dai militari, Scognamiglio e un complice avrebbero attirato la vittima della rapina fissando un appuntamento ed usando come pretesto una compravendita di animali. Ma al momento dell’incontro Scognamiglio avrebbe estratto un’arma e si sarebbe impossessato dell’auto della vittima. Dopo la rapina, una pattuglia dei carabinieri ingaggiò un inseguimento con l’auto presa dai rapinatori. La vettura venne recuperata ma i due riuscirono a scappare. Pochi giorni dopo fu catturato il complice di Scognamiglio, Salvatore Bussola, di 50 anni. Ieri è finita la latitanza di Scognamiglio che dopo il viaggio in Giamaica si nascondeva in un appartamento di Frattamaggiore.

Castellammare: minaccia di lanciarsi nel vuoto al rione Savorito

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tentativo di suicidiio nel quartiere popolare di via Savorto. Secondo alcune testimonianze, un uomo pare si sia arroccato su un cornicione di uno dei palazzi di edilzia popolare e minacci di buttarsi nel vuoto. Sul posto sono subito accorsi i carabninieri, il 118 e i vigili del fuoco.

***seguiono aggiornamenti***

Castellammare: è piantonato in ospedale il pregiudicato che si è lanciato dal terrazzo per sfuggire alla polizia nel rione Moscarella

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E’ piantonato e in stato fi fermo all’ospedale San Leonardo di Castellammare il pregiudicato che oggi pomeriggio quando ha visto gli agenti della polizia di Stato che erano giunti nella sua abitazione, dove si trovava agli arresti domiciliari, per verificare perché era scattato l’allarme per il braccialetto elettronico, è andato in escandescenza. Ha aperto una finestra e si è lanciato nel vuoto. Per sua fortuna, è finito su una tettoia. Il fatto è accaduto nel popoloso rione SavoritoI. Protagonista un giovane di 31 anni. Ora i poliziotti del locale commissariato hanno dovuto chiedere l’intervento dei vigili del fuoco che con una autoscala hanno provveduto a recuperarlo.Le sue condizioni non destano preoccupazione ma gli agenti lo hanno accompagnato all’ospedale “San Leonardo” dove il 31enne in questo momento è sottoposto ad alcuni accertamenti diagnostici ma piantonato e guardato vista.

Rogo a Città della Scienza: l’imputato chiede rito abbreviato

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Sarà giudicato con rito abbreviato Paolo Cammarota, il custode di Città della Scienza per il quale la procura aveva chiesto il rinvio a giudizio ritenendolo responsabile dell’incendio che la sera del 4 marzo 2013 distrusse un ampio settore della struttura. La richiesta della difesa di Cammarota, accusato di incendio doloso in concorso con ignoti, è stata formulata oggi nel corso dell’udienza davanti al gup del Tribunale di Napoli Maria Aschettino. Il processo comincerà il 24 giugno prossimo. Nei confronti dell’imputato lo scorso anno la richiesta di arresto era stata respinta dal gip e successivamente anche dal Tribunale del Riesame in quanto i giudici non avevano ravvisato a suo carico i gravi indizi di colpevolezza. Al processo si costituirà parte civile la Città della Scienza, assistita dall’avvocato Giuseppe De Angelis.

Far West al rione Sanità ucciso il boss Vastarella e un affiliato. Altri tre feriti

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Due pregiudicati sono stati uccisi e tre persone ferite in una sparatoria nel Rione Sanità a Napoli. I due morti sono Giuseppe Vastarella , 42 anni, e Salvatore Vigna. I tre feriti sono ricoverati all’ ospedale Cardarelli. Aveva precedenti uno dei due uccisi, il 41enne pregiudicato Giuseppe Vastarella, al vertice dell’omonimo clan, ucciso cosi’ come Salvatore Vigna. I due erano stati portati all’ospedale Pellegrini da conoscenti, e li’ sono deceduti. Altre tre persone ferite sono all’ospedale Cardarelli. La sparatoria e’ avvenuta in via Fontanella. Sul posto numerosi conoscenti e famigliari delle vittime; quando la polizia e’ intervenuta, dopo la segnalazione di spari, alcune persone stavano gia’ caricando in vetture i feriti per portarli in ospedale.Uno dei due morti è stato colpito in via Fontanelle, all’ altezza del civico 139. L’ altro si trova all’ ospedale “Pellegrini”. I tre feriti, tutti in codice rosso, sono stati trasportati al “Cardarelli”. La dinamica dei ferimenti, forse un agguato, non è stata ancora accertata dalla Polizia , che conduce le indagini. Sul luogo dell’ agguato la Squadra Mobile e la Scientifica.

 


Napoli: attacco al cuore del clan Vastarella, ucciso il boss, feriti i due fratelli. Tensione nel quartiere e negli ospedali

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luogo sparatoria alla sanità

Tre delle cinque persone coinvolte nella sparatoria di questa sera, si è trattata di una vera e propria spedizione di morte, nel rione Sanità,  sono esponenti del clan Vastarella, che controlla i traffici illeciti nella zona insieme con i Tolomelli, reintrati dopo anni di esilio e di guerra con i Misso e con i Lo Russo. Secondo una prima ricostruzione la sparatoria è avvenuta all’ interno di un circolo privato, l’ associazione “Maria Santissima dell’ Arco”. Giuseppe Vastarella, 42 anni, è morto, insieme con Dario Vigna. Dario Vastarella, 33, ed Antonio Vastarella, 25, sono gravemente feriti e ricoverati al “Cardarelli”. L’altro ferito, pure in gravi condizioni è Alessandro Ciotola, 22 anni. All’ospedale “Pellegrini”, dove è morto Giuseppe Vastarella, si è radunata una piccola folla di parenti ed amici che ha dato in escandescenze, rendendo necessario l’ intervento delle forze dell’ordine. Il commando di morte era composto da sei giovani a volto coperto che hanno fatto irruziuone nel cuore della Sanità, pistole e mitragliette in pugno. Fuoco a volontà all’interno del circolo e all’esterno, le centinaia di propiettili esplosi hanno colpito anche due persone che in quel momento si trovano in strada. Il bilancio è gravissimo: due morti e tre feriti. Le vittime sono Giuseppe Vastarella, 42 anni, e Salvatore Vigna, 41 anni. I feriti sono Dario Vastarella, 33enne, Antonio Vastarella, 25enne, e Alessandro Ciotola, 22enne. La tensione è alta nelle strade del popolare quartiere partenopeo caro al principe Totò, al punto che la questura ha inviato volanti sia sul luogo dell’agguato che negli ospedali.

Strage alla Sanità davanti ai bambini. Uno dei feriti ha sfondato la parete di cartongesso del circolo per sfuggire ai killer

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C’erano anche dei bambini in strada, in via Fontanelle, al rione Sanità, quando sono entrati in azione i killer che hanno ucciso Giuseppe Vastarella, 42 anni, e il cognato, Salvatore Vigna, di 41 anni. e ferito altre tre portateall’ospedale Cardarelli. Sono Antonio Vastarella, di 24 anni, Dario Vastarella, di 33 anni e Alfredo Ciotola. Nessuno dei tre – riferisce la Questura – è in pericolo di vita. I bambini si trovavano nei pressi di un rivenditore ambulante di granite quando è scattato il raid mortale. Nessuno di loro, per fortuna, è rimasto coinvolto. Alcuni minori, si è appreso, erano anche all’interno dello stesso locale. Nel mirino diversi esponenti della famiglia Vastarella,. Una delle vittime è Giuseppe Vastarella, di 42 anni, esponente dello storico clan camorristico. L’altra è il cognato Salvatore Vigna, di 41. L’agguato è scattato in via Fontanelle, non lontano dallo storico cimitero delle ‘capuzzelle’. I sicari sono arrivati in sella ad alcune moto:in due o tre sono scesi e hanno iniziato a sparare all’impazzata con pistole e mitra. Le due vittime hanno cercato scampo all’interno di un circolo privato, l’associazione ‘Maria Santissima dell’Arco’ ma inutilmente. Vigna è rimasto a terra mentre in un disperato tentativo Vastarella ha tentato riparo all’interno di un circolo ricreativo dove è stato colpito ancora. Nel circolo una parete di cartongesso è stata abbattuta da uno dei bersagli dei killer che ha cercato rifugio in un locale vicino. Giusppe Vastarella è stato poi portato all’ospedale Pellegrini dove non c’è stato nulla da fare. Dario ed Antonio Vastarella, rispettivamente di 33 e 24 anni sono rimasti gravemente feriti e ricoverati all’ospedale Cardarelli. Ferita anche un’altra persona, Alfredo Ciotola. Giuseppe Vastarella era stato trovato in possesso di una pistola nella zona dei Decumani, nel centro antico. Ed era stato fermato in una circostanza dalla Polizia proprio nel luogo dove è stato ucciso questa sera, il 4 settembre 2014, a bordo di uno scooter. Nella zona di Materdei e del vicino Rione Sanità nei giorni precedenti al suo fermo erano stati esplosi nei giorni precedenti colpi di pistola in aria a scopo intimidatorio da giovani a bordo di scooter. I tre feriti, tutti in codice rosso, sono stati trasportati al Cardarelli. Sul luogo dell’ agguato la Squadra Mobile e la Scientifica che hanno avviato le indagini. All’ospedale Pellegrini, dove era stato portato Giuseppe Vastarella, si è radunata una piccola folla e parenti ed amici che ha dato in escandescenze. Per fronteggiare la situazione è stato necessario l’intervento in massa delle forze dell’ordine con numerose volanti. In strada, in via Fontanelle, tante le persone che si sono riversate. “Ci uccidono tutti”, diceva un uomo. “Salvatore, Salvatore”, il pianto di una donna del vicolo, in riferimento a una delle vittime. Affianco al circolo, un’edicola con le foto di altri ragazzi morti in agguati. La paura torna nel quartiere della Sanità. Qui la camorra ha colpito in maniera eclatante. Nel 1988 addirittura ci fu un’esplosione di un’autobomba, avvertita a diversi chilometri distanza e che provocò 11 feriti. Lo scorso 6 settembre cadde vittima di una sventagliata di proiettili il 17enne Genny Cesarano.

Nola: l’autista del Tir impazzito indagato per omicidio stradale

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tir impazzito nola

In attesa dell’esito degli esami tossicologici e alcolemici, resta indagato e a disposizione dell’autorita’ giudiziaria di Nola l’autista palermitano alla guida del Tir che questa mattina ha travolto sulla Statale 7 bis Nola-Villa Literno, una squadra di cinque operai che effettuavano lavori di manutenzione. L’ipotesi di reato, e’ quella di omicidio stradale, di recente introdotta nell’ordinamento giudiziario italiano. La sua posizione rimarra’ al vaglio della Procura di Nola fino al risultato dei test, probabilmente nella tarda mattinata di domani.

Boscoreale: Condannato a tre anni il baby pentito del piano Napoli

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aula tribunale

Gerardo Colantuomo, il 21enne “baby-pentito” del Piano Napoli di Boscoreale è stato condannato a tre anni di reclusione (pena sospesa) per detenzione di armi. Al giovane che ha deciso di svelare  i segreti del mercato della droga di via Settetermini, per “paura di morire come Mauro Buonvolere”, i giudici hanno riconosciuto i benefici concessi ai collaboratori di giustizia. Il pentito fece trovare agli agenti del commissariato di polizia di Torre annunziata che lo avevano arerstato un vero e proprio arsenale.
In camera da letto aveva nascosto una Beretta 9 X 19, una Luger 9mm ed una Tanfoglio 9X2, nonché numerosi proiettili di vari calibri ed un cappuccio nero tipo Mephisto. Poi in un terreno nei pressi della sua abitazione furono trovate una carabina Benteler Vore calibro 22, un vecchio fucile mitragliatore calibro 9 della Beretta, una pistola Beretta 34 calibro 9 corto, una pistola Colt 19R U.S. Army, una Bernardelli One VB calibro 9 corto. Agli investigatori il collaboratore di giustizia ha raccontato: “Dopo gli agguati, mi consegnavano le pistole  ma io, anziché distruggerle, le nascondevo in giardino. Ho preso parte ad almeno 10 agguati, nessuno mortale. Ricordo che una volta sparai nel portone di una persona a Sant’Antonio Abate solo perché lui ci aveva offeso su Facebook”. Ed ancora: “a settembre 2013 andammo a sparare nella proprietà dei Vangone a Boscotrecase, perché mio nipote aveva litigato con uno di loro. Decisi di sparare per far capire che non avevo paura. Dopo qualche giorno i Vangone risposero al fuoco, sparando nella mia autovettura”.

Riciclaggio di auto nell’Agronocerino: nove a processo

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Tribunale-Nocera-Inferiore

Furto, riciclaggio e ricettazione di auto rubate: processo per gli uomini della gang capeggiata da Mario Tedesco. Il giudice per le udienze preliminari, Paolo Valiante, ha rinviato a giudizio nove persone, quattro delle quali erano state arrestate a ottobre dello scorso anno dai carabinieri del reparto territoriale nell’ambito di un’indagine sul furto e il riciclaggio di autovetture. I nove compariranno dinanzi ai giudici del terzo collegio del Tribunale di Nocera Inferiore il 6 ottobre prossimo. Alla sbarra Mario Tedesco, l’imprenditore di Nocera Superiore già coinvolto in un’inchiesta della Dda sul clan Fabbrocino, Antonio Carbone, di San Valentino Torio, e i figli Sabato e Salvatore, Battista Costabile di Sarno, Antonio De Vivo, 61 anni, meccanico di Nocera Superiore, Domenico Federico di Pagani e Mario Amatruda. Tutti sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al furto, alla ricettazione e al riciclaggio di auto e parti di esse. Il gup ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio della Procura per i nove finiti nei guai a ottobre scorso, quando i carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiore e della stazione di San Valentino Torio, eseguirono quattro arresti, tre in carcere e uno ai domiciliari. Mario Tedesco fu arrestato ad Albano Laziale, dove era agli arresti domiciliari per essere finito nel mirino della Dda per estorsione e danneggiamento nell’ambito di un’inchiesta sul clan Fabbrocino e sul monopolio del calcestruzzo. Le indagini, avviate nel dicembre 2014 dalla stazione dei carabinieri di San Valentino Torio erano partite dal ritrovamento di alcune auto rubate ed erano state svolte con metodi tradizionali supportati da attività e tecniche e servizi di appostamento. Secondo l’accusa, l’organizzazione criminale, capeggiata da Tedesco, era dedita ai furti di vetture, ed era attiva a Salerno e nell’Agro nocerino-sarnese. Le vetture rubate in diversi comuni della provincia venivano rimesse sul mercato dopo operazioni di smontaggio, ribattitura dei telai e riverniciatura delle carrozzerie, effettuate in un’officina di Nocera Superiore, quella di Antonio De Vivo. Le indagini avviate dai militari di San Valentino Torio avevano portato in pochissimi mesi alla richiesta di custodia cautelare da parte della Procura di Nocera Inferiore. Nel corso delle indagini erano state sequestrate diverse automobili “pezzottate” dalla gang e messe nuovamente in circolazione attraverso il cambio dei numeri di telaio. La gang, sgominata in pochi mesi, dovrà ora affrontare il processo dinanzi ai giudici del Tribunale di Nocera Inferiore a partire da ottobre prossimo. (ro.fe.)

Castellammare: torna in carcere Giovanni Lucarelli “braciola”

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giovanni lucarelli

E’ tornato in carcere per scontare una pena definitiva di sette anni di carcere per traffico internazionale di droga: Giovanni Lucarelli, 41 anni, noto come “braciola” esponente storico della camorra del centro storico. Prima al servizio dei D’Alessandro e e poi sul finire degli anni Novanta con il famoso gruppo dei “falsi pentiti” di Raffaele Di Somma ‘o ninnillo. Giovanni Lucareli era esperto nel traffico di droga con i suoi viaggi all’estero in modo particolare in Olanda. Ora è arrivata la condanna defintiva e per lui si sono aprte di nuovo le porte del carcere di Poggioreale.

Omicidio di Piscinola: la fidanzata del pusher di Afragola è imparentata con i Lo Russo

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Il filo rosso sangue che sta scorrendo per i quartieri di Napoli sembra portare sempre verso un’unica direzione in questo momento ovvero il gruppo del boss emergente Walter Mallo federati con i Licciardi della Masseria Cardone di Secondigliano ed ex dei Lo Russo “Capitoni”. Anche l’omicidio avvenuto l’altra notte in via Vittorio Emanuele a Piscinola, in cui è stato ammazzato il giovane pusher del rione Salicelle di Afragola, Daniele Stara, porta verso di loro. Gli investigatori dopo 48 ore di indagini, interrogatori, ricerche, analisi e confronti incrociati hanno scoperto che la fidanzata del giovane ucciso che abita proprio in via Vittorio Emanule a Pscinola, è parente del boss Carlo Lo Russo dei “capitoni”. E siccome i Mallo sono diventati i nemici giurati dei “capitoni” e con una serie di “stese” come quella compiuta un mese fa tra le bancarelle del mercatino domenicale della Don Guanella  si sono orami impossessati della zona di Miano, Piscinola, don Guanella e Capodimonte, sembra logico pensare che l’omicidio di Stara sia l’ennesino atto di guerra contro i Lo Russo. Tra l’altro proprio per colpa dei “capitoni” che i Mallo erano stati cacciati mesi fa dalla Sanità ( di questo parliamo nell’articolo della strage nel circolo ricreativo contro i Vastarella) e quindi la vendetta si sta consumando verso tutti quelli che sono o sono stati vicini ai nemici. Tra l’altro con Mario e Salvatore Lo Russo pentiti, Carlo arrestato nei giorni scorsi con la moglie e altri tre affiliati per l’omicidio di Pasquale Izzi, il nipote Antonio anch’egli in carcere, per i Mallo la zona ora è terra di conquista e lo stanno facendo a colpi di morti, feriti e di “stese”.


Truffa all’Inps, al via il processo a Giuseppe Gallo. Esclusa la testimonianza della giornalista del Tg1

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giuseppe gallo

Boscotrecase/Torre Annunziata. Al via il processo per truffa all’Inps a carico di Giuseppe Gallo, alias ‘o pazz. I giudici escludono dalla lista testi la giornalista del Tg1 che fece un reportage sugli ospedali giudiziari psichiatric. Il boss del clan Limelli-Vangone finse di essere pazzo, incassando una pensione di invalidità di 747 euro al mese, risponde – dunque – davanti ai giudici di truffa ai danni dello stato aggravata dalle finalità mafiose. Giuseppe Gallo avrebbe simulato un disturbo psicotico con base schizofrenica, incassando la pensione per cinque anni dal 2004 al 2009.  Ieri il consulente di parte della difesa, Alessandro Meluzzi, che aveva visitato il boss in carcere per ben sei volte ha sostenuto per ‘incapacità processuale’ dell’impuntato. Di avviso contrario il consulente dell’accusa, Luca Bartoli, che – pur riconoscendo qualche disturbo – aveva concluso per la capacità a stare in giudizio. Tesi accolta dai giudici del Tribunale di Torre Annunziata che hanno sottolineato come Gallo “simulava di non riconoscere il dottor Bartoli, facendosi visitare solo dal consulente Meluzzi”.Il legale dell’imputato ha depositato la lista testi della difesa, tra i testimonia anche Adriana Pannitteri la giornalista del Tg1 che aveva effettuato un reportage sugli opg italiani, ma la testimone è stata esclusa dal processo per ‘economia processuale’ esclusi anche altri 15 testi, medici e psichiatri, che avrebbero dovuto testimoniare per Giuseppe Gallo.

Delitto di via Caravaggio a Napoli, sul corpo di Bosco tracce di Dna dell’assassino

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foto omciidio fuorigrotta con vittima

Napoli. Tracce di Dna dell’assassino sul corpo di Francesco Bosco. Ha lottato prima di morire sotto i colpi feroci di un pesante posacenere e di un bastone, l’ex tassista, 47enne trovato morto giovedì scorso nel suo appartamento di via Caravaggio. E’ questo quanto hanno ricostruito gli agenti del commissariato San Paolo e della Scientifica che hanno effettuato nell’appartamento della vittima. Il Dna estrapolato potrebbe essere determinante per incastrare l’assassino dell’uomo, morto dissanguato, a seguito delle numerose ferite al cranio e alla schiena. L’assassino lo ha colpito alle spalle lungo il corridoio che dal soggiorno conduce alla porta d’ingresso dell’appartamento. Probabilmente dopo averlo fatto entrare, Francesco Bosco lo stava accompagnando alla porta. Intanto, gli inquirenti lavorano sul movente e dopo aver interrogato i familiari hanno escluso che la vittima avesse rapporti con il mondo della droga o con ambienti omosessuali. Una persona tranquilla che – dall’esame dei conti correnti – pare non avesse debiti. La casa è stata trovata in ordine e questo esclude anche la pista della rapina finita male. Escluse queste piste, i poliziotti si concentrano sulle amicizie di Bosco, sui suoi rapporti nella media borghesia napoletana. Quasi sicuramente, assassino e vittima hanno discusso, il 47enne a provato a difendersi ma è stato colpito numerose volte fino a perdere i sensi. I colpi alla testa lo hanno immobilizzato ed è rimasto riverso sul pavimento fino a morire dissanguato. Sul suo corpo sono rimaste tracce dell’assassino da cui estrapolare il Dna. Nell’appartamento è stata traovata anche l’arma del delitto, un bastone di legno con il quale Francesco Bosco è stato colpito più volte. Un altro elemento importante per gli inquirenti i poliziotti del commissariato San Paolo e i colleghi della sezione “Omicidi” della Squadra mobile della questura. Si indaga sulla vita privata del 47enne che frequentava abitualmente un gruppo di amici di vecchia data e si stava organizzando per cambiare casa. Aveva individuato un appartamento a Varcaturo ed era in una fase di trattativa avanzata per vendere a Fuorigrotta attraverso un’agenzia immobiliare. A ritrovare il corpo nell’abitazione di via Caravaggio è stato il cognato verso le 17 di giovedì, l’uomo – marito della sorella – ha chiamato la polizia e sono partite le indagini.

Eboli: condannato a 9 anni l’allenatore che abusava delle baby calciatrici

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Eboli. Molestie sessuali e violenze alle baby calciatrici: nove anni di reclusione per l’allenatore Gennaro Russo, accusato di violenza su minori. L’uomo, accusato da tre ragazze di una squadra ebolitana, per episodi avvenuti tra il 2012 e il 2013, è stato condannato dai giudici del Tribunale di Salerno – presidente Cristina De Luca – che ha inflitto all’imputato nove anni di reclusione, oltre al divieto di frequentare luoghi in cui ci sono minori, risarcimento del danno e provvisionali sia alle vittime degli abusi che ai loro genitori. Contro Russo le accuse di tre ragazze di una squadra ebolitana, due lo accusano di aver subito palpeggiamenti e tentativi di violenza, la terza sostiene è stata violentata. Approcci, carezze spinte, fino a quel rapporto consumato con un’allieva che si era offerto di accompagnare a casa, e che ruppe il silenzio facendo aprire l’inchiesta. Subito dopo sono arrivate le conferme di altre ragazze, che al 56enne originario di Napoli e residente ad Agropoli hanno attribuito più di un tentativo di violenza e abusi sessuali continuati nel tempo. A incastrarlo è stata tra l’altro la registrazione di due conversazioni, in cui l’uomo ammetteva di aver avuto con una delle calciatrici un rapporto sessuale completo. La stessa vittima lo aveva consegnato agli inquirenti. Nel maggio del 2013, il coach le aveva offerto a un passaggio a casa approfittandone per condurla in un luogo isolato della zona industriale di Eboli, strapparle i vestiti e consumare la violenza. Le vittime si sono costituite parte civile nel processo insieme ai genitori e le loro testimonianze sono state ritenute attendibili dai giudici. Oltre alla pena di 9 anni Russo è stato condannato a pagare una provvisionale di 50mila per ognuna delle vittime, e 10mila euro per ciascun genitore.

Napoli: l’assalto al rione Sanità per gli investigatori è opera dei Mallo di Secondigliano

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agguato sanità con foto giuseppe vastarella ok

L’attacco ai Vastarella con la plateale azione di morte di ieri sera è opera dei Mallo di Secondigliano. ne sono convinti gli investigatori che in queste ore hanno ricostruito e stanno ricostruendo quanto accaduto ieri nel circolo ricreativo “Madonna Santissima dell’Arco”, in via Fontanelle 43 nel rione Sanità. Ma anche quanto avvenuto nei mesi scorsi ovvero la “cacciata” dei “rampanti” Mallo ad opera degli stessi Vastarella perché si stavano verificando troppe sparatorie nel quartiere e perché gli uomini del nuovo clan protetti dai Licciardi di Secondigliano stavano acquisendo troppo spazio e troppo potere. E così  i Mallo hanno deciso di dare “una lezione” ai Vastarella. Erano quattro i componenti del commando di morte che è entrato in azione verso le 19,30 di ieri sera. In due armati sono entrati nel circolo e hanno cominciato a sparare verso il tavolo dove erano seduti  e a giocare a carte tutti i Vastarella. Il primo ad essere colpito è stato Giuseppe Vastarella, 41 anni, figlio di Raffaele detto “Auciello”nonché nipote di Patrizio , e quindi Salvatore Vigna, 40enne cognato di Giuseppe Vastarella. Il primo è deceduto durante il trasporto all’ospedale dei Pellegrini, mentre l’altro all’interno locale, freddato da un proiettile alla nuca. I feriti invece sono Anto- nio Vastarella, 25enne figlio del defunto ras Luigi “o’ fringuello”,che è stato colpito al braccio destro da un proiettile; al piede invece è stato ferito il cugino Dario Vastarella, 33enne; e infine alla coscia destra, al gluteo e alla mano destra Alessandro Ciotola, 22 anni, amico dei Vastarella. Gli ultimi due sono incensurati. Gli investigatori sono certi che l’azione sia opera dei mallo e che si stata eseguita anche con l’appoggio di gente del posto che “ha portato la battuta” informando il commando di morte a quale tavolo erano seduti i Vastarella e che quindi potevano entrare in azione. E ora nel quartiere che si è risvegliato si fa la conta dei danni ma soprattutto cresce negli abitanti la paura e la preoccupazione di altri attentati e di risposte da parte dei Vastarella anche nei confronti dei “traditori” del rione. La tensione è altissima, le forze dell’ordine che hanno compiuto perquisizioni per tutta la notte, sono in stato di allerta.

(nella foto il luogo della sparatoria e nel riquadro una delle due vittime, Giuseppe Vastarella)

Sequestrata a Cagliari una barca con 500 chilogrammi di hashish proveniente da Napoli

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sequestro-hashish

Un carico di 500 kg di hashish è stato bloccato e sequestrato dalla polizia di Cagliari nel corso della notte. Gli uomini della Sezione narcotici della Squadra mobile hanno fermato una barca con il carico e arrestato due uomini. L’operazione è ancora in corso. L’hashish era confezionato in almeno 40 pacchi da oltre 100 kg l’uno, suddivisi in panetti da un etto. E’ arrivato al porto di Cagliari da Napoli, secondo quanto si apprende, il maxi carico di 500 kg hashish sequestrato dalla Polizia nel corso di una operazione iniziata ieri pomeriggio dalla Sezione narcotici della Squadra Mobile di Cagliari e conclusa nel corso della notte. L’imbarcazione con l’ingente carico di stupefacente è stata intercettata non in mare ma a bordo di una bisarca, un camion per il trasporto di auto e carrelli per barche. Dopo il sequestro al porto è stata infatti portata in un garage della Polizia dov’è stata smontata e trovata la droga nascosta al suo interno. In manette sono finiti due sardi: uno di Cagliari e uno residente nell’hinterland. Sembra che l’hashish fosse destinato al mercato cagliaritano e che al mercato dettaglio avrebbe fruttato circa 4 milioni di euro.

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