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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Terzigno, condoni e certificati “facili”: altri sei avvisi di garanzia

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tribunale torre annunziata

Altri sei avvisi di garanzia sono stati notificati ad altrettante persone coinvolte nell’inchiesta sui condoni e i certificati di agibilità facili concessi dall’ufficio tecnico del Comune di Terzigno. Si tratta dei beneficiari dei certificati prodotti illecitamente all’interno dell’ufficio tecnico del Comune. Nell’inchiesta il 21 aprile scorso i carabinieri della compagnia di Torre Annunziata, su delega della Procura di Torre Annunziata avevano eseguito un provvedimento di sospensione dai pubblici uffici nei confronti di due funzionari dell’ufficio tecnico del Comune di Terzigno e di un ispettore dell’Asl Napoli 3 Sud di Poggiomarino ritenuti responsabili a vario titolo di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio ed assenza dal servizio dei pubblici dipendenti. Ieri con la notifica degli altri sei avvisi di garanzia gli indagati sono passati a nove.


Nocera: bancarotta Ipervigile, processo per 18. Tutti i nomi

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Nocera Inferiore. Operazione Ipervigile: processo per Fernando De Santis e i suoi presunti complici della bancarotta della società di vigilanza. Ieri mattina, il Gup Luigi Levita ha analizzato la richiesta di rinvio a giudizio e le posizioni di 18 imputati coinvolti nel crac della società che si occupava di vigilanza e raccolta di danaro. Nel pomeriggio ha disposto il rinvio a giudizio per tutti gli imputati che compariranno dinanzi ai giudici del primo collegio giudicante il prossimo 20 luglio.Il pm Roberto Lenza aveva chiesto il processo per 18 persone accusate a vario titolo di bancarotta fraudolenta, appropriazione indebita aggravata per oltre 9 milioni di euro, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, omesso versamento di ritenute certificate, omesso versamento di Iva, omesso versamento all’Inps di ritenute previdenziali ed assistenziali, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Sul banco degli imputati il patron di Ipervigile Fernando De Santis, la moglie Filomena Vicidomini, la madre Filomena Paolino, Maria Assunta Scarpati e Pierdonato Gallitelli già arrestati a novembre scorso. Insieme a loro prestanome e imprenditori: Satiro Andrea di Nocera Superiore, Giuseppe Del Vecchio di Portici, Vincenzo Genualdo di Portici, Olga Cece di Scafati, Maria Ferrara di Nocera Superiore, Ezio Stimolo di Napoli, Angela Somma di Salerno, Antonio Caiazza di Battipaglia, Pierdonato Gallitelli di Napoli, Eugenia Foresta di Isernia, Roberto Fidelio di Nocera Inferiore, Aniello Amato di Sant’Egidio del Monte Albino, Ada Bruno di Nocera Inferiore, Rosa Cirillo di Roccapiemonte. Il collegio difensivo rappresentato tra gli altri dagli avvocati Giuseppe Buongiorno, Giovanni Annunziata, Pietro Pasquali, Paride Annunziata ha sollevato dinanzi al giudice alcune eccezioni, tra queste l’esclusione delle parti civili dal procedimento. Fernando De Santis ha rinunciato alla richiesta di patteggiamento, paventata nei mesi scorsi, e il processo che si è celebrato ieri sarà riunito agli altri già pendenti dinanzi ai giudici del Tribunale di Nocera Inferiore per il fallimento delle società della holding di De Santis. Nel corso delle indagini, effettuate dalla guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Tributaria di Salerno, sono stati effettuati sequestri patrimonia per oltre 8 milioni di euro. Un patrimonio di beni immobili e mobili per le numerose violazioni tributarie fatte da De Santis attraverso le sue società, tutte legate e riconducibili alla impresa madre Ipervigile.L’indagine era stata avviata a seguito della segnalazione della Banca d’Italia nell’ottobre 2013, per un ammanco di oltre 9,8 milioni di euro nel caveau della società Ipervigile S.r.l. di Nocera. (r.f.)

Torre del Greco, rissa nella sala scommesse: accoltellato un 26enne

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Un giovane di 26 anni è stato accoltellato nel corso di una lite nella sala scommesse Eurobet nella centralissima piazza Palomba di Torre del Greco e ora si trova ricoverato all’ospedale Maresca in prognosi riservata per una coltellata all’addome. Il ferito di chiama Salvatore Aievola, incensurato di 26 anni e abita in via Teatro. I carabinieri che stanno svolgendo le indagini scontrandosi con il muro di omertà sono riusciti a ricostruire in parte la dinamica. Secondo quanto raccontato nella rissa scoppiata all’esterna della sala scommesse che aveva coinvolto anche i titolari del centro scommesse. A scatenare la lite sarebbe stato il risentimento dei titolari per alcune affermazioni fatte dal ferito nei confronti di una loro giovane congiunta. Dalle parole alle mani in breve tempo e poi è spuntato il coltello che ha ferito all’addome Aievola. L’arma da taglio non è stata recuperata. 

Arrestati sei esponenti del clan Polverino. Coinvolto anche un carabiniere della tenenza di Marano

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I carabinieri del nucleo investigativo di Napoli hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di sei persone ritenute legate al clan Polverino e responsabili in concorso di spaccio nonché di aver ottenuto, attraverso la corruzione di un militare dell’Arma, informazioni riservate. Quattro persone sono finite in carcere, una ai domiciliari, mentre per un’altra è scattato il divieto di dimora nelle province di Napoli e Caserta. Il provvedimento trae origine dall’indagine avviata nel 2015 dai carabinieri di Napoli, con il coordinamento della Dda, contro il clan Polverino, attivo a Marano, nell’area nord della provincia partenopea, e che ha già portato a numerosi arresti. Dalle indagini è emerso il ruolo dei pluripregiudicati ritenuti vicini alla cosca composta da elementi del gruppo dei Polverino, dei Nuvoletta e del gruppo emergente degli Orlando, particolarmente attivi nel traffico e nello spaccio di droga. Tre persone sono state arrestate per traffico di sostanze stupefacenti, occasione in cui sono stati sequestrati 80 chili di marijuana, una pistola a salve calibro 9 e 4.890 euro. Emerso anche il legame tra gli stessi e il carabiniere in servizio nella tenenza di Marano che, in cambio di favori anche di natura economica, ha fornito informazioni riservate a uno degli indagati, omettendo atti dovuti e compiendone di contrari ai propri doveri d’ufficio. Alla luce anche il rapporto corruttivo tra uno dei soggetti indagati e due militari – quello di Marano e un altro – che hanno ricevuto in cambio dei loro favori la promessa di un’intercessione con i vertici dell’arma locali e romani per ottenere il trasferimento al nucleo investigativo di Castello di Cisterna, competente per le indagini di criminalità organizzata anche sull’area di Marano.

La sorella di Caputo: “Fu la mamma di Antonio a gettarlo giù dal balcone al parco Verde”

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Ai microfoni di Fanpage.it parla la sorella di Raimondo Caputo, accusato di essere l’orco che ha violentato e ucciso brutalmente la piccola Fortuna Loffredo gettandola dall’ultimo piano del palazzone dell’Iacp al Parco Verde di Caivano. La donna riferisce che un anno prima, quando cadde con modalità simili il figlio di Marianna Fabozzi, Antonio Giglio, lei era presente nella casa. Smentisce la versione ufficiale fornita dalla donna, secondo cui il piccolo era caduto perché si era sporto troppo per guardare l’elicottero dei carabinieri durante un blitz contro le piazze di spaccio. Secondo la sorella del presunto orco: “La Fabozzi aveva in braccio Antonio e si era affacciata con lui. Io credo che lo abbia spinto lei giù, perché lei lo aveva preso in braccio”. La coppia si recò a casa della donna per convincerla a mentire ai carabinieri che stavano conducendo le indagini: “Venne Titò qua e mi disse che dovevo mentire agli inquirenti. L’ho fatto picchiare dalle donne mie amiche, perché anche io sono una mamma e non posso pensare di non dire la verità su quello che ho visto”.

Ercolano, la moglie di Oliviero: “Basta aspettare, o ci sarà una sommossa popolare”

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Dopo 15 giorni di attesa, silenzio e rassegnazione ora Rosa Imperato, moglie del comandate Giulio Oliviero scomparso con il suo pescherecchio la notte del 19 aprile scorso nelle acque del mare di Gaeta insieme con i due marinai tunisini, ha deciso di alzare la voce: “Sono passata dal dolore alla rabbia. Le Istituzioni non perdano più tempo e ci restituiscano al più presto i corpi dei nostri cari, altrimenti mobilitiamo l’Italia. Non capisco perché si debba aspettare tutto questo tempo. Mio marito e i due collaboratori hanno sempre pagato le tasse allo Stato Italiano e adesso meritano rispetto e attenzione: la stessa prestata ai profughi al largo di Lampedusa. Non è possibile che a due settimane dall’accaduto io non sappia ancora se mio marito sia vivo o morto. Se non c’è più, esigo che sia lui sia i due marinai abbiano un funerale e degna sepoltura. Se non si provvede subito al recupero dei corpi sarà sommossa e avremo dalla nostra parte persone provenienti da varie parti d’Italia”. Dopo la perlustrazione di venerdì scorso del relitto grazie ad un robot che è stato calato a 62 metri di profondità, l’opera di ispezione subacquea si è arrestata: bisogna aspettare oltre il 15 maggio, data fissata come utile dalla Marina Militare per l’invio di una nave dotata di una squadra speciale di palombari abilitati a scendere a quella profondità. Ma la famiglia di Oliviero, affidatasi all’avvocato Antonio Crisci, non vuole più aspettare.

Antibracconaggio a Ischia, trovate armi e trappole: arresti domiciliari per un 63enne

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trappole bracconieri

Un uomo di 63 anni, Filippo Di Meglio, è finito ai domiciliari nel corso di una vasta operazione anti bracconaggio della Polizia di Stato e delle guardie WWF a Ischia. L’uomo è accusato di detenzione di armi clandestine, ricettazione e possesso di trappole per la fauna selvatica. Nel corso dei controlli tra Ischia e Barano, Di Meglio è stato trovato in possesso di 3 fucili, uno di questi con la matricola cancellata; uno completamente privo di matricola e uno con matricola ma risultato ai terminali del Ministero dell’Interno di provenienza furtiva. L’uomo è stato arrestato e posto ai domiciliari. Nel corso di un’altra operazione la pattuglia mista PS-WWF ha trovato sulle zone collinari di Buonopane due secchi di plastica gremiti di fiori di marijuana per un peso complessivo di un chilo e mezzo. Dopo un appostamento è stato fermato un uomo che successivamente è stato denunciato.

Il figlio del boss Giannelli lancia la sfida su Fb ai suoi sicari “Infami mi avete graffiato….” e posta la foto col dito medio alzato

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giannelli junior

Una sfida, un segnale a chi ha provato ad ucciderlo. Senza timori. Anzi. Sono queste le nuove leve dei clan. I giovani che usano e amano la tecnologia e che attraverso i social mandano segnali ad amici e nemici. E ieri il giovane figlio del boss emergente dell’area Flegrea, Alessandro Giannelli (arrestato da latitante il 9 febbraio sull’autostrada in direzione Roma mentre cercava di allontanarsi da Napoli), dopo che domenica sera era rimasto ferito in un agguato in via Cavalleggeri d’Aosta ha postato sul suo profilo facebook una foto dal letto dell’ospedale con il dito medio alzato e  la scritta sotto “Massa di infami, mi avete solo graffiato ma noi cammineremo sempre a testa alta mentre voi la testa alta l’avete solo quando camminate con gli infami come voi”. Un messaggio che si commenta da solo. Il ferimento di cui è rimasto vittima il 17enne è il segnale ulteriore della guerra in atto nell’area che va da Bagnoli fino a Pianura e Soccavo passando per il rione Traiano e che vede coinvolti da una parte i vecchi boss come i Pesce-Marfella-Foglia e dall’altro la nuova e potente alleanza tra i Romano-Lago-Sorianiello- Giannelli. Quattro colpi alle gambe per il 17enne. Un avvertimento. Un segnale inequivocabile. Secondo quanto da lui stesso dichiarato  alle forze dell’ordine, si trovava in via Cavalleggeri d’Aosta, nei pressi del bar gestito dal nonno.I sicari sarebbero arrivati in sella a uno scooter bianco e avrebbero cominciato a sparare colpendolo alle gambe. Sempre secondo quanto da egli stesso dichiarato si sarebbe rifugiato all’interno del bar nonostante fosse rimasto ferito senza vedere chi aveva fatto fuoco. Poi il ricovero all’ospedale Sa Paolo. Ma il suo racconto fa acqua da tutte le parti in quanto la polizia scientifica sul posto indicato come luogo dell’agguato non ha trovato tracce ematiche, ne bossoli tantomeno tracce di sangue. Cosa invece che la scientifica ha rilevato sul suo Honda Sh con una pallottola conficcata nella carena posteriore. Ora la squadra mobile proverà a fargli dire cosa e soprattutto dove è realmente accaduto. Intanto il 17enne ha lanciato la sfida ai suoi mancati sicari.


Sequestro di persona e rapina a Scafati, arrestato Barbato il 23enne coinvolto nell’omicidio Faucitano. Berretto era già finito in manette

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BARBATO CROCETTA GIOVANNI

Scafati. Hanno sequestrato un imprenditore di San Valentino Torio per rapinarlo: è stato arrestato dai carabinieri del Reparto Territoriale di Nocera Inferiore Giovanni Barbato Crocetta, 23enne scafatese, già coinvolto nell’indagine per l’omicidio di Armando Faucitano. Barbato Crocetta è accusato di sequestro di persona, rapina e elesioni personali aggravate con la complicità di Francesco Berritto, 23enne anch’egli, già arrestato lo scorso 20 aprile. I militari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti Barbato Crocetta – su richiesta del pm Amedeo Sessa – per un episodio avvenuto il 19 aprile scorso. I carabinieri della Stazione di San Valentino Torio – a seguito della denuncia presentata da un imprenditore sanvalentinese – avevano avviato le indagini. La vittima aveva raccontato che mentre transitava nella zona periferica di Scafati era stato costretto a fermarsi da due giovani a bordo di un’auto. I due malviventi lo avevano percosso violentemente e lo avevano caricato a forza sulla loro autovettura per condurlo in una località isolata di campagna. Lì gli avevano sottratto il portafogli con il danaro, il telefono cellulare, ed altri effetti personali. Grazie alle indicazioni della vittima poche ore dopo i carabinieri fermarono Francesco Berritto che nel corso della perquisizione domiciliare fu trovato in possesso di 50 grammi di marijuana. Giovanni Barbato Crocetta, invece, si rese irreperibile. Ieri, Barbato Crocetta è finito in manette. Il 23enne fu arrestato a luglio dello scorso anno nell’ambito dell’omicidio di Armando Faucitano. Secondo l’antimafia, il pregiudicato aveva fornito – insieme a Gaetano Esposito, alias Ninotto – la moto Honda Sh di colore nero utilizzata dai killer che uccisero il pregiudicato il 26 aprile in Piazza Falcone e Borsellino. Giovanni Barbato Crocetta era stato poi scarcerato dal Gip. Ieri il 23enne scafatese è finito nuovamente in manette con l’accusa di sequestro di persona, rapina e lesioni.

Omicidio di Fortuna, la figlia di Caputo in tv: “Mio padre non è un mostro”

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caputo due

“Io conosco mio padre e non può avere fatto quelle cose. Lui ha sempre fatto il padre, e Marianna (la compagna, ndr) è una donna sincera. Io andavo sempre a trovarli, erano felici”. Lo ha detto in esclusiva a ‘Pomeriggio 5’ la figlia di Raimondo Caputo, accusato di essere l’orco che ha violentato e ucciso brutalmente la piccola Fortuna Loffredo gettandola dall’ultimo piano del palazzone dell’Iacp al Parco Verde di Caivano. “E lui sarebbe un mostro? Lui non è l’orco. Lui piange in carcere, non sa perché è dentro. Io lo avrei schifato se fosse stato lui che abusava dei bambini”, ha aggiunto la giovane.

Da Miano alla Sanità: il coprifuoco e le nuove alleanze con i clan di Scampia e Secondigliano. Gli scenari

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Sparatoria a San Girolamo in Via westerhout

C’è il coprifuoco a Miano, alla don Guanella e in tutta la zona Nord di Napoli fin dentro ai vicoli della Sanità. Prima la strage delle Fontanelle, poi l’omicidio di Aniello Di Napoli in via Janfolla  e prima ancora gli altri omicidi fino al ferimento di Walter Mallo hanno fatto tornare l’incubo della faida. Nonostante la presenza massiccia delle forze dell’ordine la gente continua ad avere paura. Ma non solo loro. Anche gli stessi uomini dei clan i contrapposizione sembrano, dopo la “sfuriata” in una fase di attesa. Ma c’è l’ipotesi, avanzata da qualche investigatore, che si stiano tessendo nuove alleanze con i gruppi di Scampia e Secondigliano e quelli della provincia legati a quelle cosche .La “Vanella Grassi” -pensano gli investigatori- sia pronta scendere in campo al fianco di uno dei due gruppi in guerra. Ma ancora non è chiaro se con i Mallo-Spina-Esposito oppure con i Lo Russo-Vastarella-Tolomelli. Anche se a questi ultimi, in nome degli antichi rapporti, sarebbero pronti a dare una mano i Licciardi della Masseria Cardone di Secondigliano. L’attenzione degli investigatori comunque è rivolta tutta ai “Girati”  che nel corso degli anni hanno sempre avuto l’abilità nel tessere alleanze così come nel cambiarle.Ottenendo tra l’altro sempre il massimo beneficio. È successo così con i Di Lauro, con gli Amato- Pagano e con gli Abete-Abbinante- Notturno-Aprea. Ora i “Girati” della Vanella stanno decidendo con chi schierarsi. Chi invece sembra non aver perso tempo invece sono i Vastarella che sono a caccia dei “traditori” e che sono disposti a tutto pur di scoprire e scovare chi ha aiutato il commando di killer c compiere la strage delle Fontanelle.

Agguato a Giannelli junior: la tregua è finita. Frizioni anche a Fuorigrotta

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omicidio a bagnoli

 Il ferimento del figlio ancora minorenne del boss emergente della zona flegrea Alessandro Giannelli avvenuto domenica sera è la testimonianza  che la tregua tra i clan è già finita. Da un lato c’è la nuova alleanza tra i Sorianiello-Lago-Romano-Giannelli; dall’altro i Vigilia, che avrebbero stretto un accordo con i ras del rione Traiano e i Pesce-Marfella di Pianura. La guerra tra i due gruppi è iniziata a novembre con il ferimento di Salvatore  Romano, fino all’omicidio di Giuseppe Perna detto “Viglione” avvenuto nel pomeriggio del 5 marzo scorso nei pressi di un pub in via Cannavino. Un omicidio eccellente in quanto Perna era considerato il reggente dei Pesce-Marfella tanto che la sua esecuzione fu “salutata” anche dall’esplosione di fuochi d’artificio da parte degli avversari. ma prima ancora la nuova alleanza aveva subìto un clamoroso affronto la notte del primo febbraio quando in via Cavalleggeri d’Aosta fu prima fatta scoppiare una bomba carta e poi con delle bottiglie molotov fu fatta incendiare la saracinesche del bar del padre del boss, all’epoca ancora latitante, Alessandro Giannelli. Sarebbe lo stesso bar davanti al quale il figlio di Giannelli ha raccontato agli investigatori di aver subito l’agguato l’altra sera. Due ore dopo l’attentato al bar ben sedici colpi di kalashnikov furono esplosi contro il palazzo di via Cavalleggeri d’Aosta al civico 3; contro il portone e contro un centro estetico, gestito da una donna incensurata ed estranea a vicende di malavita, ma imparentata con un esponente di una famiglia in passato entrata in contrasto con i Giannelli. Il 5 febbraio c’è l’omicidio di Pasquale Zito avvenuto a pochi passai dalla sua abitazione tra via Maiuri e via Morandi. Anche questo omicidio viene imputato al gruppo Giannelli. Poi ci sono state una serie di “stese” e il conflitto a fuoco del 20 marzo scorso prima tra i componenti dei due clan e  poi con la polizia in via  Giorgio dei Gracchi, conclusosi con l’arresto per detenzione in concorso di armi da fuoco di Nunzio Spina, 51 anni ex pentito di Forcella residente ad Afragola e ritenuto legato ai nuovi boss di Pianura, l’alleanza Romano- Lago-Sorianiello-Giannelli. E poi ancora l’agguato fallito due giorni dopo contro il ras  di Pianura, Vincenzo Foglia e il figlio Alfredo sfuggiti ad un agguato mortale nei pressi di un circolo ricreativo in via Duca d’Aosta. Ma frizioni e nuove alleanze ci sono anche nel quartiere di Fuorigrotta diviso in tre zone. Il gruppo dei Zazo, storicamente forti nella parte vicina alla grotta. Poi ci sono gli Iadonisi, che controllerebbero la zona antica e infine i Bianco-Baratto, che agirebbero nella parte di via Giacomo Leopardi e via Cumana. Divisioni territoriali che si reggono sul filo del rasoio visto che i “Cesi-Baratto” , secondo la Dda di Napoli sono quelli che in questi momento sembrano più “aggressivi” degli altri.

Clan Polverino: ecco le telefonate che inchiodano i carabinieri infedeli. Uno voleva chiamare il segretario del ministro Alfano

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maran ”Io devo andare a Cisterna”. Così si esprimeva in una intercettazione Angelo Cantone, il carabiniere in servizio a Marano arrestato oggi con l’accusa di aver passato, in cambio di soldi e regali, notizie riservate a Angelo Di Maro, ritenuto coinvolto in un traffico di stupefacenti gestito dal clan Polverino. Per gli inquirenti – le indagini dei carabinieri sono state coordinate dal pm della Dda Maria di Mauro e dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – il militare intendeva farsi trasferire al comando di Castello di Cisterna dove sono scolte indagini sulla criminalità organizzata e dove riteneva di poter acquisire informazioni importanti da fornire al clan. Un progetto che non va in porto – sottolineano gli inquirenti – anche se Cantone si era rivolto a uno che nelle telefonate chiama ”avvocato” il quale era ”inserito in un meccanismo di relazioni e conoscenze che mette a disposizione dei militari che necessitano del suo aiuto”, come sottolinea nella sua ordinanza il gip Egle Pilla. Si tratta di Domenico De Martino, nei cui confronti oggi i carabinieri hanno eseguito una misura cautelare di arresti domiciliari. De Martino, che avrebbe ricevuto informazioni da Cantone, avrebbe promesso il proprio interessamento presso ufficiali dell’Arma per favorire il suo trasferimento a Castello di Cisterna (”una sezione dalla quale meglio può controllare e servire la criminalità organizzata maranese a servizio della quale ha posto la propria funzione”, evidenzia il gip). ”De Martino – scrivono i magistrati – agisce in maniera sistematica anche grazie alle amicizie con i vertici dell’Arma con i quali ha contatti frequenti come risulta dai tabulati”. I tentativi, sottolineano gli inquirenti, non vanno in porto. Falliti i tentativi con l’Arma, per raggiungere l’obiettivo, avrebbe provato anche contatti con i politici: ”Francesco che dici, io devo chiamare il segretario del ministro Alfano, io tengo il numero quello disse chiamami…”, dice in una telefonata con un collega anch’egli indagato. Oltre ai due carabinieri – uno semplice, l’altro con il grado di appuntato – nell’inchiesta sono coinvolti tre pregiudicati ritenuti dagli investigatori contigui a due storici clan della zona, i Polverino e i Nuvoletta, e a un gruppo camorristico emergente, quello degli Orlando. L’Arma dei carabinieri ha disposto la sospensione “ad horas” dei militari coinvolti nell’inchiesta – oltre a Cantone, 35 anni, anche Francesco Papa, 36 – per i quali il gip del Tribunale di Napoli ha ordinato, rispettivamente, l’arresto in carcere e il divieto di dimora a Napoli, Caserta e nelle rispettive province. In carcere sono finiti anche i tre pregiudicati: Angelo Di Maro, 37 anni; Francesco Sepe, 49 anni, (che si trovava ai domiciliari) e Massimo D’Onofrio, 42 anni. Arresti domiciliari, infine, per un avvocato, Domenico De Martino, 68 anni, che si stava prodigando per agevolare il trasferimento di uno dei due carabinieri. Dall’inchiesta è emerso che Angelo Cantone, carabiniere arrestato con l’accusa di aver passato, in cambio di soldi e regali, notizie riservate a Angelo Di Maro, ritenuto coinvolto in un traffico di stupefacenti gestito dal clan Polverino, intendeva trasferirsi al comando di Castello di Cisterna. Gli inquirenti – le indagini dei carabinieri sono state coordinate dal pm della Dda Maria di Mauro e dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli – evidenziano che a Castello di Cisterna sono svolte indagini sulla criminalità organizzata e pertanto il militare riteneva di poter acquisire informazioni importanti da fornire al clan. I pregiudicati finiti in cella si occupavano prevalentemente di traffico di sostanze stupefacenti e le informazioni venivano reperite dalla due “mele marce” anche consultando, illecitamente, le banche dati delle forze dell’ordine. Tutti i reati contestati ai sei indagati sono aggravati dalle finalità mafiose. Infine, nel corso dell’attività investigativa, iniziata nel 2015, dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli sono stati sequestrati 80 chilogrammi di droga, tra hashish e marijuana, una pistola a salve calibro 9 e 4890 euro in contanti.

Quartieri Spagnoli: spari contro l’abitazione dei Masiello

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La squadra mobile di Napoli sta indagando  su una sparatoria avvenuta alcune notti fa ai Quartieri Spagnoli e precisamente in vico Tre Re a Toledo. Sette colpi di pistola sono stati esplosi contro l’abitazione dei Masiello. La polizia però non ha trovato bossoli perché è probabile che i colpi siano partiti da una pistola a tamburo o, cosa poco probabile, da una pistola caricata a salve solo per dare un’avvertimento. Il giorno dopo gli spari alcuni componenti della famiglia Masiello si sono allontanati per timore di altri agguati più seri. Gli investigatori seguono la pista del  debito di droga che qualcuno del gruppo Masiello avrebbe contratto e non pagato con il gruppo Sibillo di Forcella. L’altra ipotesi invece potrebbe essere la risposta all’altra sparatori avvenuta il 21 marzo scorso in via Taverna Penta in cui rimase ferita Maddalena R., una ragazza di 19 anni, del Vasto. Era con un’amica sul sedile posteriore di un’auto che sarebbe stata guidata da un familiare di Antonio Napoletano detto “’o nannone” e di un suo amico, anche lui ritenuto vicino ai Sibillo. I due erano i destinatari dell’agguato fallito. E gli spari contro i Masiello di alcune notti fa potrebbero essere la risposta a quell’agguato.

 

Estorsione al rapper Clementino, arrestato il neomelodico Enzo Di Palma di Palma Campania

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Palma Campania. Tentano un’estorsione al rapper Clementino: in tre finiscono nei guai, arrestato neomelodico di Palma Campania.  Si chiama Vincenzo Carbone, in arte Enzo Di Palma, il neomelodico di Palma Campania arrestato perché voleva costringere il rapper a pubblicare un suo brano e per far questo non ha esitato a ricorrere a metodi poco ortodossi per ‘convincere’ Clementino. Per Carbone, e le altre due persone coinvolte nel tentativo di estorsione, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Secondo quanto emerso dalle indagini, il cantante sarebbe stato costretto, anche attraverso minacce nei confronti suoi e di suoi familiari e componenti del suo staff, ad avviare una collaborazione artistica con il cantante neomelodico di Palma Campania, che figura tra i tre arrestati. Qualche mese, poco prima di Sanremo dove era tra i cantanti in gara, gli avevano anche bruciato l’auto parcheggiata sotto casa e lui aveva postato le foto su Facebook, commentando anche che forse era responsabile del gesto qualcuno scontento di una sua risposta. Ora la polizia sta eseguendo tre misure cautelari con il beneficio dei domiciliari emesse dal gip del tribunale di Nola per tentata estorsione ai danni del rapper Clementino. Le reiterate minacce, estese anche a suoi familiari e componenti dello staff, cercavano di costringerlo ad avviare una collaborazione artistica con il cantante neomelodico di Palma Campania.


Ercolano: processo a giugno per killer e mandanti del neomelodico ucciso per errore

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 Omicidio Barbaro: processo ai vertici degli Ascione-Papale. Per la morte del giovane, ucciso per uno scambio di persona, a giugno inizierà il processo nei confronti di Natale Dantese, detenuto al regime carcerario di 41 bis, Antonio Sannino, Vincenzo Spagnuolo e Pasquale Spronello. Salvatore Barbaro fu ucciso il 13 novembre del 2009 in via Mare da un commando di fuoco degli Ascione-Papale. I quattro affronteranno il processo con giudizio immediato. Barbaro, giovane musicista porticese, è una delle vittime innocenti della faida tra i Birra-Iacomino e gli Ascione-Papale, fu ucciso perché scambiato per un affiliato al clan Birra-Iacomino, con cui il giovane aveva in comune: l’automobile, una Suzuki Swift di colore grigio. I killer giunsero in via Mare in sella ad motociclo e spararono verso il giovane dieci colpi di pistola calibro nove. Il ragazzo, colpito alle spalle, morì nei pressi di un muro di contenimento di Villa dei Papiri. Era appena uscito da un negozio di materiali edili quando sentì i primi spari, si nascose prima nell’abitacolo dell’auto poi cercò di scappare ma non ebbe scampo. Il processo sancirà la circostanza che Salvatore Barbaro è una delle vittime della camorra ercolanese, nessun legame con la criminalità organizzata, e per i familiari arriverà l’ora della giustizia.

(nella foto da sinistra il boss Natale Dantese mandante dell’omicidio, a destra la vittima innocente Salvatore Barbaro)

Faida di Scampia: otto arresti tra boss e gregari della Vanella Grassi

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La Squadra Mobile della Questura di Napoli sta eseguendo otto arresti nei confronti di altrettante persone ritenute elementi di vertice del clan della Vanella Grassi, attivo nella periferia Nord della città. Nel corso delle indagini è stato ricostruito dagli investigatori della Polizia di Stato e dagli inquirenti della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea il duplice omicidio di Raffaele Stanchi, detto ‘Lello bastone’, e di Luigi Montò, che diede il via alla cosiddetta terza faida di Scampia. Importante, per fare luce sull’accaduto, è stato il contributo fornito dai collaboratori di giustizia.

Scommesse clandestine on line: operazione della polizia di Catania a Napoli e Salerno

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Scommesse clandestine on line: smantellata dalla Polizia di Stato una vasta rete di scommettitori. L’operazione, battezzata “Master Bet”, coordinata dalla procura di Catania, ha assestato un duro colpo al gruppo criminale accusato di associazione a delinquere finalizzata all’organizzazione e alla raccolta illegale di gioco d’azzardo sul web. Centinaia le persone coinvolte a seguito di complesse indagini condotte dal Compartimento Polizia Postale e delle Comunicazioni di Catania, con il coordinamento del Servizio Centrale di Roma. Stamattina personale dei reparti territoriali, coadiuvati dalle locali Squadre mobili coordinate dal Servizio centrale operativo, è entrato in azione nelle citta’ di Catania, Ragusa, Messina, Siracusa, Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Trapani, Cosenza, Cagliari, Foggia, Brindisi, Milano, Napoli, Salerno, Caserta, Avellino, Roma e Venezia.

Estorsioni ai commercianti per le festività, arrestati 10 affiliati al clan Bidognetti

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carabinieri

Estorsioni tra 500 e 3.000 euro a Natale, Pasqua e Ferragosto: i carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa stanno eseguendo un provvedimento di custodia cautelare, emesso dal Gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, nei confronti di 10 indagati ritenuti responsabili di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’indagine, ha consentito, tra l’altro, di fare luce su numerose estorsioni ai danni di diversi operatori economici, a cui venivano chieste somme di denaro comprese tra i 500 e i 3.000 euro, in prossimità delle festività di Natale, Pasqua e Ferragosto. I destinatari del provvedimento sono tutti ritenuti affiliati alla fazione Bidognetti del clan dei Casalesi.

Mariglianella: rogo mortale alla “Menichini”, la Procura apre un’inchiesta

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incendio alla menichiniok

 Ennesia tragedia sul lavoro e ennesima inchiesta della magistratura su sistemi di sicurezza e impianti. La morte di Luciano Amodio, 52 anni di Sant’Antimo, nella Menichini Industriale e Navale di Mariglianella ha spinto il pm della Procura di Nola ad aprire un’inchiesta. I carabinieri della Stazione di Brusciano, insieme ai vigili del fuoco, stanno verificando i sistemi di sicurezza e antincendio nel capannone, dove lunedì pomeriggio è esplosa una bombola di Gpl, sprigionando le fiamme che hanno avvolto il capannone. Il capoofficina di Sant’Antimo per sfuggire alle fiamme si era barricato in uno stanzino, ma quel rifugio è stata la sua trappola mortale. I militari stanno ricostruendo le fasi della tragedia, l’ennesima morte bianca. Secondo alcuni testimoni, Luciano Amodio invece di cercare di scappare è andato verso il luogo dell’esplosione e delle fiamme, rimanendo imprigionato. Gli inquirenti dovranno accertare se esisteva nel capannone un impianto antincendio e per quale motivo non ha funzionato. Il corpo dell’operaio è a disposizione della magistratura per effettuare l’esame autoptico, in attesa che si individuino eventuali responsabilità e partano gli avvisi di garanzia.

(nella foto alcune fasi dell’incendio e nel riquadro la vittima Luciano Amodio)

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