Giovane, spietato, determinato e vendicativo era anche questo Umberto Accurso uno degli orami ex superlatitanti italiani del crimine organizzato che oltre a scrivere canzoni per il figlio chiedendo l’aiuto di Gesù per ritrovare “A’ libertà” ha compiuto omicidi efferati e dato ordine di compierne tanti altri. Nelle quattro ordinanze di custodia cautelare che l’hanno inseguito per questi anni vi sono degli spaccati inquietanti di Umberto Accurso. Come quello dell’omicidio del suo amico Carlo Matuozzo con il quale era stato in vacanza alle Baleari insieme con le rispettive famiglie. Il 24 agosto del 2013 Accurso e Matuozzo tornarono a Napoli da Ibiza. Cinque giorni dopo furono uccisi lui e il fratello Amtonio.Era stato proprio Carlo Matuozzo, secondo il pentito Mario Pacciarelli, a organizzare le vacanze a Ibiza affittando una villetta a tre piani. Per un minimo di prudenza le due famiglie partirono da aeroporti diversi e a orari diversi, trascorrendo una quindicina di giorni presumibilmente in allegria. Ma secondo gli investigatori della sezione Omicidi della Mobile, che hanno chiarito gli omicidi di Carlo e Antonio Matuozzo con il coordinamento della procura antimafia, Umberto Accurso già a inizio mese aveva pianificato la trappola all’amico e socio nei traffici di droga. Il movente starebbe nel fatto che la vittima gestiva una piazza di droga senza il permesso del clan della “Vinella”.”I rapporti tra Umberto e Antonio Accurso e Carlo Matuozzo – ha raccontato Mario Pacciarelli – nei pochi giorni che separarono il loro rientro da Ibiza dalla morte di Carlo e Antonio Matuozzo, furono tesi. Anche perché io potei assistere a un ulteriore discorso tra Antonio Accurso, che era stato richiamato dai Licciardi per la permanenza della piazza di spaccio dei Matuozzo, e Umberto Accurso. Antonio disse a Umberto: “questo non ha capito niente. Deve chiudere la piazza e sta buscando più soldi di noi. Non ha un carcerato da mantenere mentre noi abbiamo tutti carcerati. Umberto Accurso si disse d’accordo, ma davanti a me non parlarono di altro”.Secondo l’accusa dell’omicidio di Carlo Matuozzo, il cui cadavere mai è stato trovato, i responsabili sarebbero Antonio Accurso, Umberto Accurso, Alfredo e Giovanni Leonardi (pentiti). “Ci siamo tolti un peso dallo stomaco” fu il commento al massacro che agli esecutori fruttò una promozione: uno stipendio settimanale di 700 euro e la gestione dello spaccio nella zona detta “Ciampa di cavallo” a Scampia. Matuozzo fu attirato in una trappola e ucciso barbaramente, la pistola si inceppò e fu finito a mani nude per poi infierire sul corpo con un coltello da cucina e infine bruciato in strada assieme a un cumulo di rifiuti. Era il 29 agosto 2013, e in quello stesso giorno fu ammazzato anche Antonio Matuozzo, il fratello, per evitare che potesse pentirsi e per vendetta fare ai magistrati i nomi dei killer.I due Accurso e i due Leonardi con Fabio Di Natale, Ciro Castiello e Cosimo Chirolli sono invece considerati i responsabili della morte violenta di Antonio Matuozzo, il cui corpo fu trovato senza vita in via Dolomiti.
“Ci siamo tolti un peso dalla stomaco”, così Umberto Accurso commentò l”omicidio del suo amico fraterno Carlo Matuozzo
Uccisero il cognato dei Misso: i due killer “si risparmiano” l’ergastolo
Avevano ucciso Graziano Borrelli, genero del boss della sanità, Giuseppe Misso, ma si sono “risparmiati” l’ergastolo al quale già erano stati condannati in primo grado grazie alla bravura dei loro avvocati difensori. La Corte d’Assise d’Appello ha infatti condannato a “soli” 20 anni di carcere Ferdinando Schlemmer e Raffaele Riccio. I due insieme con altri complici tra cui i due pentiti Gennaro Panzuto e Salvatore Torino avevano ucciso Graziano Borrelli il 23 febbraio 2006 all’interno di un circolo ricreativo di via Gabella. L’omicidio maturò nella faida interna al clan Misso con gli scissionisti del disciolto clan Torino al quale erano appunto legati i due imputati.In primo grado con il rito abbreviato avevano ricevuto il massimo della pena perché incastrati dalle dichiarazioni degli ex amici pentiti e poi loro stessi avevano confessato l’omicidio per ottenere uno sconto di pena che non arrivò. E’ arrivato invece nel processo di secondo grado perché gli avvocati difensori, i penalisti Roberto Saccomanno e Mario Bruno per Riccio, Carlo Ercolino per Schlemmer, hanno depositato in Corte d’Assise d’Appello la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che nel 2012 ha scritto che chiunque venga condannato a meno di cinque anni per un reato in continuazione con un’altra pena non può essere condannato all’ergastolo se scegli l’abbreviato, pur senza l’isolamento diurno. Ed era proprio il caso di Riccio e Schlemmer. I difensori leggendo la sentenza di primo grado hanno dimostrato che i due erano stati condannati all’ergastolo senza isolamento, con una pena in continuazione per armi inferiore ai 5 anni, e questo non era possibile. Avrebbero in pratica dovuto avere trent’anni di carcere. E così è stato. Anche il pg aveva chiesto per loro l’abbassamento della pena e poi i due hanno confessato e per questo hanno anche avuto le attenuanti generiche e la condanna è stata di venti anni di reclusione.
Estorsioni a Pianura: chiesti 180 anni di carcere per 18 affiliati ai clan Lago e Marfella
Pene pesantissime sono state chieste dal pm Michele Del Prete della Dda di Napoli nei confronti di 16 esponenti dei clan Lago e Marfella che negli anni scorsi avevano imposto il pizzo a tutti i commercianti e imprenditori di Pianura e fronteggiandosi con una sanguinosa guerra. Nonostante abbiano scelto di essere giudicato con il rito abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena è arrivata una richiesta complessiva di ben 180 anni di carcere per 16 affiliati ai due clan. Per tre invece è stata chiesta l’assoluzione mentre per uno la prescrizione e invece per Salvatore Cecere, la chiusura della sua posizione in quanto nel frattempo deceduto. le accuse sono di associazione mafiosa, estorsione, usura e traffico di droga. La richiesta di pena maggiore è per Salvatore Racise, esponete di spicco del clan Lago per il quale sono stati chiesti 22 anni di carcere. Racise risponde di una serie di estorsioni, rapine e sequestro di persona ed è coinvolto in una serie di omicidi tra cui quello di Gaetano Avolio del clan Marfella, avvenuto a Castel Volturno nel 200o e al quale parteciparono killer dei casalesi alleati con i Lago.
Ecco tutte le richieste
Salvatore RACISE 22 anni
Gennaro INNOCENTI 15 anni
Alfredo FOGLIA 14 anni
Aurelio GIACOMINI 14 anni
Claudio PIANO 12 anni
Ciro BIRRA 12 anni
Pasquale CAPRETTI 12 anni
Luigi VIVENZIO 12 anni
Mario LAGO “marittone” 10 anni
Antonio CAPARRO 9 anni
Pasquale COCCIA 9 anni
Vincenzo FOGLIA 9 anni
Giorgio ROMANO 8 anni
Salvatore DI FRANCIA 8 anni
Andrea DAMIGELLA 6 anni e sei mesi
Francesco NESI 6 anni e sei mesi
RICHIESTA ASSOLUZIONE: Maria Grazia CECERE, Salvatore MARFELLA eMassimiliano SCHISANO
PRESCRIZIONE: Mario DI MAIO
Nola: scoperto e denunciato il falso finanziere
Nel corso degli intensificati servizi di prevenzione generale e controllo economico del territorio, i finanzieri del comando provinciale della guardia di finanza di Napoli hanno denunciato un cittadino italiano che, con un falso tesserino di riconoscimento ed alcuni capi d’abbigliamento simili a quelli in uso al corpo, aveva truffato alcuni ignari cittadini. Le indagini, condotte dalla compagnia di Nola, prendono avvio da alcune segnalazioni pervenute da cittadini insospettiti dall’anomala richiesta di denaro fatta da un soggetto che, qualificandosi come ispettore della guardia di finanza, prospettava interessanti affari connessi all’acquisto di alcune autovetture in aste giudiziarie in cui il falso appartenente diceva di poter intervenire per modificarne favorevolmente l’esito. Il falso finanziere, secondo le testimonianze raccolte e le indagini condotte, millantando una carriera di successi connessi ad importanti sequestri ed arresti, aveva anche ideato una serie di stratagemmi per rendersi credibile agli occhi dei piu’ scettici, tra cui quello di incontrare le proprie vittime sempre nei pressi delle caserme della guardia di finanza o simulare, nel corso di normali conversazioni telefoniche con le vittime delle truffe, un improvviso inseguimento mettendo in sottofondo rumori di sirene e radio delle forze dell’ordine.
Ercolano: condannato Alfonso Borrelli, l’attore de ‘o capoclan
Condannato a tre anni e 4 mesi di carcere Alfonso Borrelli, detto “’o fonzo”, di Ercolano, diventato famoso per essere il protagonista del videoclip musicale di “’O capoclan”, la canzone del cantautore neomelodico Nello Liberti, che per la Dda rappresenterebbe un tributo al boss Vincenzo Oliviero, l’ex padrino del clan Birra-Iacomino deceduto in carcere e soprannominato il “papa buono”. Borrelli è stato condannato nell’ambito del processo per l’omicidio dei due netturbini di Torre del greco, Vincenzo e Gennaro Montella, ritenuti vicini al clan Ascione- Papale, avvenuto il 15 gennaio del 2007. Nello stesso processo sono stati condannati a dieci anni di carcere i due pentiti Francesco Raimo e Agostino Scarrone, colui che commise materialmente il duplice omicidio. Secondo il racconto del pentito Raimo l’attore Alfonso Borrelli avrebbe consegnato la pistola utilizzata per compiere l’agguato.
Arrestato a Casal di Principe il fratello di Bidognetti
In manette il 55enne Michele Bidognetti, fratello di Francesco e, per gli investigatori, attuale capo della fazione Bidognetti del clan dei Casalesi. Ad arrestarlo gli agenti della Squadra mobile della Questura di Caserta.L’uomo deve scontare una pena detentiva di tre anni e tre mesi si reclusione per rapina e minacce, con l’aggravante del metodo mafioso. Reati commessi a Casal di Principe, roccaforte del clan.Il provvedimento restrittivo è stato emesso dalla procura generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli. Bidognetti – si legge in una nota – è stato bloccato presso l’attuale dimora a Casal di Principe e condotto presso il carcere di Santa Maria Capua Vetere. Proprio in ragione dei suoi precedenti e della pericolosità sociale, era attualmente sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune del Casertano.
Castellammare: sequestro record di 90 milioni di euro all’assicuratore Antonio Somma. Gestiva anche l’Ippodromo di Agnano
Sequestro record all’assicuratore stabiese Antonio Somma il mago delle assicurazioni famoso in città per la sua passione del gioco e dei cavalli tanto che è perfino diventato uno dei gestori dell’Ippodromo di Agnano e per avere festeggiato i suoi 50 anni affittando due jet privati e portando qualche centinaio di amici per tre giorni a Miami. Novanta milioni di euro gli sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza che aveva sui sui conti presso la Banca Stabiese su disposizione della Procura di Torre Annunziata. Antonio Somma, figlio del compianto Lucio Somma, ex presidente dei commercianti stabiesi e a lungo consigliere comunale e assessore, era diventato in questi anni uno dei più grandi manager nel ramo assicurativo fino ad essere nominato rappresentante in Italia del colosso americano Am Trust specializzato in polizze sanitarie. Somma è stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Torre Annunziata perché secondo una denuncia fatta proprio dagli americani avrebbe intascato anticipatamente provvigioni per 50milioni di euro e sospettato di aver corrotto il presidente del collegio arbitrale di Milano che avrebbe dovuto decidere su un lodo da un miliardo di euro e che è stato ricusato.
Boscoreale, catturava quaglie e cardellini illegalmente: denunciato dalla Forestale
Catturava quaglie e cardellini con una rete lunga una ventina di metri e alta quattro, ma è stato sorpreso e denunciato dagli agenti del Corpo forestale dello Stato. Il fatto è accaduto in località Passanti-Flocco di Boscoreale . Quando sono giunti gli agenti l’uomo aveva già catturato numerosi esemplari di quaglia. Le operazioni di controllo sono proseguite nell’abitazione dell’uomo dove sono stati rinvenuti e sequestrati altri mezzi e materiali utilizzati per la caccia illegale insieme a quaglie e cardellini. Gli animali detenuti e catturati illegalmente sono stati tutti liberati all’interno dell’Area protetta del Parco Nazionale del Vesuvio.
Subito libero l’uomo accusato di aver sotterrato il cadavere di Giovanna Arrivoli
Nuovo colpo di scena nelle indagini sull’omicidio di Giovanna Arrivoli, detta ” Gio”, la donna ucciso e sotterrata alla periferia di Melito per uno sgarro nel mondo della droga. Torna in libertà Mauro Mannino fermato dai carabinieri poche ore dopo la scoperta del delitto con l’accusa di occultamento di cadavere, reato reso ancora più pesante per l’aggravante mafioso. Il gip Sebastiano Napolitano, presso il Tribunale di Nola, accogliendo la tesi difensiva degli avvocati Celestino Gentile e Luigi Senese, non solo non ha convalidato il fermo ritenendo davvero insussistenti i gravi indizi, ma ha anche disposto l’immediata scarcerazione di Mauro Mannino
Boom di visualizzazioni su Youtube della canzone scritta dal boss Accurso. Il neo melodico Anthony spiega: “L’ho scritta io”
In una sola giornata le tre versioni della canzone “A’ libertà” che si trovano sul canale YouTube hanno raddoppiato le visualizzazioni. Ora sono oltre 200mila. Un successo inaspettato per il neo melodico Anthony. La canzone secondo quanto diffuso dagli investigatori ieri attraverso le agenzie di stampa, sarebbe stata scritta durante la sua lunga latitanza dal boss della Vinella Grassi, Umberto Accurso e dedicata al figlio. Oggi l’edizione napoletana del quotidiano Repubblica ha interpellato il neo melodico Anthony che ha spiegato: “Ho scritto io questa canzone insieme a Gianluigi, il collega che canta con me. Non so come possa essere nata questa storia. Umberto Accurso non lo conosco proprio, forse posso aver lavorato con i suoi familiari. Non ho mai avuto alcun rapporto con la malavita. Può capitare che io possa cantare per persone che fanno certe cose, ma faccio sempre e solo il mio lavoro di artista”.
Faida della Sanità: Antonio Genidoni rifiutò la mediazione dei Sequino. Ecco l’intercettazione
C’era stato qualcuno che si era adoperato per “mettere la pace” e fermare la faida tra i Vastarella e i “Barbudos” alla Sanità. Ma non c’è stato niente da fare. Antonio Genidoni in particolare era molto agguerrito e parlando nella sua casa di Milano ignaro che venisse intercettato con un suo amico napoletano che era andato a trovarlo, tale Alessandro (che è corso di identificazione) spiega il perché. La conversazione è contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere lo stesso Genidoni, la mamma Addolorata Spina, la moglie Vincenza Esposito e il parente Emanuele Esposito. Ma perché i Sequino avevano provato a mediare? In primo luogo perché la guerra non conviene a nessuno visto che si sono intensificati i controlli delle forze dell’ordine e di conseguenza sono diminuiti i traffici illeciti per le cosche e poi perché c’è un legame di parentela: la nonna di Antonio Genidoni è la sorella della mamma dei fratelli Sequino. Ma la loro pressione non è bastata. I Sequino, secondo le ultime informative delle forze dell’ordine, ora sono alleati con i Vastarella e i Mauro e si sono divisi equamente la gestione dei traffici illeciti. Ecco cosa diceva Antonio Genidoni a tale proposito.
Genidoni: “Ma che c’azzeccano le famiglie?….Non sanno niente Alessandro… non è una cosa che stanno portando spia… perché non facevano queste scemità, credimi… se portavano spia sai che fanno… si organizzano… si organizzano e ti fanno qualche trappola, ma non si mettono a… non si mettono a fare queste scemità”.
Alessandro: «E se i Sequino dicono a Vastarella “Antonio ci ha mandato a chiamare” e quello ha detto vatteli a sentire? E ha detto “prima voi dovete fare il bordello altrimenti diamo addosso a questi qua”.
Antonio: “Che si mettono a fare… si sedevano a tavola con …incomprensibile…”
Alessandro: “Che tengono a che vedere con questo”.
Antonio: “E che tengono a che vedere con questo… incomp… che tengono il sangue a terra”.
Alessandro: “Vogliono stare quieti perché sono una banda di scemi e vogliono stare quieti e quanto più se lo possono tirare a quello più se lo tirano. Questi prima di venire da te sono andati sotto da Patrizio e hanno detto questo ci ha mandato a chiamare”.
Antonio: “Una settimana? E andavano loro Alessandro. Alessandro, successe anche il fatto di Agostino, è successo qualcosa ad Agostino o..? Ti sei scordato il fatto di Agostino? Ci ha detto che …incomp… È successo qualcosa ad Arturo? Non hanno detto nien- te… stammi a sentire, io vorrei andare a scannare adesso… adesso, ma quello ha fatto una mossa i telligente, il fatto di Agostino non gli ha detto niente perché sono quindici giorni, dice quando mai io non tengo niente a che vedere con quelli là. Quello lo butta, si passava per il c…o, quello nel dubbio lo butta, che poi che tengono da buttare là mannaggia”
La mamma di Fortuna di nuovo in Tv: “Ci hanno distrutto la vita”
“Non posso dire a mio figlio di cinque anni di sua sorella, ci hanno distrutto la vita. Fortuna è il mio primo pensiero al mattino e alla sera”. Così in studio durante la puntata odierna di ‘Pomeriggio 5’ Domenica Guardato, la madre della piccola Fortuna Loffredo, uccisa il 24 giugno del 2014, nel Parco Verde di Caivano. “Passi avanti? La settimana prossima il 17 o il 18 maggio è in programma l’incidente probatorio: verranno ascoltati i minori che hanno dato il via all’indagine. Chi si è reso protagonista di questo barbaro delitto deve pagare”, ha aggiunto il legale della famiglia.
Collisione, senza feriti, a Capodichino di due aerei della Meridiana. Gravi ritardi nei voli
Due velivoli Meridiana sono rimasti danneggiati ieri nello scalo di Napoli in una collisione con mezzi aeroportuali. L’incidente ha messo fuori uso i due aerei con conseguenze sui voli. Successivamente un terzo aeromobile a Olbia ha avuto un problema tecnico. Con tre aerei non operativi si sono accumulati ritardi quindi nei collegamenti fra Olbia e gli aeroporti di Roma, Bologna e Napoli. La compagnia aerea ha chiarito che i disagi, che hanno interessato i voli da Olbia per Roma (delle 13 e delle 15:30) e per Bologna delle 15:25, sono stati causati “da problemi operativi conseguenti anche all’indisponibilità di due aerei che ieri sono stati accidentalmente danneggiati nell’aeroporto di Napoli“, un incidente con mezzi aeroportuali senza però danni alle persone. Una situazione di emergenza che l’Azienda ha cercato di risolvere utilizzando gli aerei di riserva. Purtroppo, però, “un ulteriore problema tecnico sull’aeromobile in servizio fra Olbia e Roma Fiumicino, che doveva partire alle 13 per la Capitale, è ancora in via di risoluzione e si prevede il decollo per le 18:45”, ha spiegato sempre la compagnia che si è scusata con i passeggeri assicurando che “sta facendo ogni sforzo per minimizzare il disagio dei clienti”. Sono previsti in ritardo anche il volo da Olbia per Napoli, che decollerà alle 21:30 dal Costa Smeralda e alle 19:40 da Napoli, mentre il volo delle 19:55 da Olbia per Roma è previsto in partenza alle 21:55 da Olbia e alle 23:35 da Roma. La compagnia ha invitato i passeggeri a controllare l’orario effettivo sul sito meridiana.com
E’ morto Resi, dirigente del Napoli ai tempi di Maradona
E’ morto a Napoli all’età di 79 anni, Paolo Resi, titolare della Resi Bras Caffè e dirigente del Calcio Napoli all’epoca di Ferlaino e Maradona. Resi era dirigente responsabile del settore giovanile nel 1979, anno in cui la società azzurra si aggiudicò l’unico scudetto della storia con la squadra Primavera. Successivamente Paolo Resi svolse anche il ruolo di dirigente accompagnatore della prima squadra e fu uno dei principali collaboratori del presidente Corrado Ferlaino all’epoca della trattativa per l’acquisto del cartellino di Diego Maradona dal Barcellona. Lascia la moglie Ketty e due figli, Alfredo e Gianluca. I funerali si svolgeranno domani alle ore 10 nella Chiesa Dei Salesiani in Via Scarlatti.
CLAMOROSO: la Dda accusa l’ex portiere del Napoli, Pino Taglialatela di legami con il clan Mallardo
Clamorosa svolta nel processo al tribunale di Napoli dove sono imputati esponenti di spicco del clan Mallardo per associazione mafiosa, estorsione e intestazione fittizia dei beni, con l’aggravante di avere favorito l’azione della cosca di Giugliano. Come riporta il portale InterNapoli.it, sempre attento ai fatti di cronaca dell’Area Nord di nGapoli e dei comuni del Giuglianese, nel dibattimento di oggi il pm Maria Cristina Ribera ha accusato l’ex portiere del Napoli Pino Taglialatela addirittura la partecipazione associativa al clan Mallardo. L’ex giocatore azzurro è già imputato nel procedimento per intestazione fittizia di beni. Nel corso del blitz del Gico fu sequestrato un T Max a casa di Mauro Moraca genero del boss Maliardo, intestato proprio all’ex portiere del Napoli Pino Taglialatela. Il pm ha appesantito l’accusa nei suoi confronti contestandogli anche la partecipazione all’associazione camorristica ai Mallardo, con i quali il portiere è imparentato. Chiamato a testimoniare nel processo l’ex Ds del Napoli Gigi Pavarese, il quale ha smentito categoricamente che gli scatti di carriera di Taglialatela siano stati favoriti dal clan Mallardo come sostenuto dall’accusa. I difensori dell’ex giocatore hanno chiesto i termini di difesa per contestare le nuove accuse. Nel processo sono imputati, tra gli altri, Mauro Moraca e Carlo Antonio D’Alterio, rispettivamente genero e nipote di Feliciano, e Giuliano Amicone, braccio destro del boss. Stralciate, invece, le posizioni di Feliciano Mallardo e Silvio Diana, essendo le due persone decedute.
Era novembre del 2012 quando il Gico, su disposizione della DDA, eseguì l’operazione Crash che portò all’arresto di cinque persone ed al sequestro di beni mobili ed immobili per cinque milioni di euro. Grazie alle intercettazioni ambientali ed ai racconti dei collaboratori di giustizia si riuscì a ricostruire il sistema delle estorsioni messe in atto dai Mallardo, in particolare in due diverse vicende ai danni di due imprenditori edili giuglianesi. Svariate le operazioni economiche e imprenditoriali realizzate da Mauro Moraca, tra l’altro, per conto dei Mallardo. Nel corso dell’inchiesta furono eseguite anche perquisizioni negli uffici della Asl Napoli 2 Nord accertando l’infiltrazione dei Mallardo in diversi settori. Come ad esempio la partecipazione di imprese ‘amiche’ a gare pubbliche, fra cui un appalto all’ospedale Cardarelli di Napoli, l’affidamento del servizio di derattizzazione, la vendita di terreni di proprietà dell’Asl Napoli 2 nord, l’inserimento di imprese ‘amiche’ nell’elenco delle ditte accreditate dell’Asl Napoli 2 Nord, permettendo di procurare ai Mallardo ingenti profitti, da utilizzare per effettuare investimenti o per il reimpiego di soldi del clan. Vittima del racket anche un altro imprenditore che ha effettuato lavori di ristrutturazione all’interno dell’ospedale San Giuliano di Giugliano. La vittima fu costretta a sborsare la somma di 60mila euro, di cui 55mila per la costruzione di 12 unità immobiliari e 5 mila euro, appunto, per alcune ristrutturazioni edilizie eseguite presso l’ospedale di Giugliano, tra cui il reparto di Radiologia.
Fermata dai carabinieri mentre si prostituiva a pochi passi dagli Scavi di Pompei la trans di Gomorra, Alessandra Langella
Dal set di Gomorra alla strada del sesso. Alessandra Langella, 20enne parrucchiera trans di Fuorigrotta. Scelta da Stefano Sollima come attrice per la seconda e attesissima serie Sky. La trans è stata fermata e multata dai carabinieri di Torre Annunziata nel corso di un blitz anti prostituzione nella zona di Croce Pasella al confine con Pompei a poche centinaia di metri dall’ingresso principale degli Scavi. Ad Alessandra è stato notifcato anche il foglio di via obbligatorio dalla città di Torre Annunziata. La trans si prostituiva nella zona dove da due settimane il sindaco oplontino Giosuè Starita aveva fatto installare il primo divieto anti prostituzione per una città del Sud Italia. Ma nonostante il segnale in tante continuano a vendere il loro corpo in quella zona.
Umberto Accurso si difende davanti al gip: “Sono stato accusato ingiustamente”
“Sono stato accusato ingiustamente e non ho niente a che fare con la camorra”, questo in sintesi il pensiero di Umberto Accurso, il giovane boss della Vanella Grassi che ieri ha respinto le accuse e ha risposto alle domande del gip nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Accurso ha anche detto di essere “una brava persona e di essere un disoccupato” Difeso dall’avvocato Claudio Davino, Accurso quindi ha scelto di difendersi. Contro di lui anni di indagine e le dichiarazioni dei pentiti che lo accusano di essere il boss e il gestore e controllore dei traffici illeciti nella Vinella di Scampia e di essere il mandante di numerosi omicidi e in particolare i duplici omicidi dei fratelli Matuozzo e Stanchi- Montò, ma anche di molti ferimenti e attentati. Ora il suo difensore prepara il ricorso al Riesame. Umberto Accurso è stato arrestato tre giorni fa a Qualiano dopo 4 anni di latitanza ed è sospettato anche di essere il mandante e forse uno degli esecutori dell’attentato alla caserma dei carabinieri di Secondigliano.
La droga lungo l’asse Marano-Vomero-Ischia veniva chiamata “sacchi di farina”. Le intercettazioni. I nomi di tutti gli arrestati
“sacchi di farina”. Cosi i trafficanti di Marano, del Vomero e di Ischia chiamavano la droga che smerciava a Napoli e Provincia. Due holding, anzi due veri e propri supermercati in cui si poteva ordinare di tutto:cocaina, eroina, hashish e marijuana. Una delle organizzazioni aveva base a Marano e ramificazioni in Spagna, contigua al gruppo Polverino; l’altra con solide radici al Vomero e una fitta rete di insospettabili corrieri con Ischia. D’inverno si vendeva in città, d’estate sull’isola. Ma il flusso è stato interrotto dai carabinieri, coordinati dalla procura antimafia, che all’alba di ieri hanno eseguito 18 ordinanze di custodia cautelare: 13 in carcere e 5 ai domiciliari. Tra gli arrestati ci sono due personaggi di rilievo, considerati i capi dei rispettivi gruppi: Castrese Nettuno e Giuseppe Formigli detto “Peppe o’ nano”. Il primo è il padre di Vincenzo, latitante per tre anni in Spagna, da dove partiva la sostanza stupefacente, finito in manette a novembre scorso; il secondo è il figlio di Gennaro, ras storico della mala collinare negli anni in cui dominava il clan Alfano. Gli organizzatori del traffico si finanziavano, per acquistare la droga da rivendere, con furti in scuole napoletane e della provincia. Mentre per trasportare lo stupefacente fossero utilizzate persone incensurate: uomini e donne per la maggior parte insospettabili. Personaggio principale del gruppo di trafficanti era Giuseppe Formigli, soprannominato “Peppe o’ nano”. Lui e i complici agivano in maniera scaltra, reclutando donne insospettabili che a loro volta per evitare controlli portavano loro dei bambini. In un’occasione però, due di esse sono state controllate al porto isolano e arrestate. Già a Napoli e a Pozzuoli, all’imbarco, erano tenute d’occhio dai militari. Nel corso degli arresti, ieri mattina, è stata sequestrata droga per circa 4 chili. Gli episodi di cessione di sostanze stupefacenti, sempre in gran quantità, sono diversi e tutti ricostruiti puntualmente dai carabinieri della compagnia Vomero. Il primo riguarda un viaggio compiuto da Vincenzo Baldetti di Villanova a Piombino, il 4 maggio 2014, per la consegna di 20 chili di cocaina. La droga era stata fornita da Castrese Nettuno (padre di Vincenzo, arrestato a novembre scorso dopo tre anni di latitanza in Spagna) con l’aiuto di Antonio Rusciano. Il giorno prima gli uomini dell’Arma intercettarono una telefonata tra Baldetti e un “amico di Calvizzano”, chiamato pure “il pittore”. Ecco alcuni passaggi della conversazione.
Enzo: “Pronto”.
Antonio: “Pronto”.
Enzo: “Chi è?”.
Antonio: “Sono quell’amico di Calvizzano”
Enzo: “Ma sei il nipote di Gennaro?”.
Antonio: “Eh”.
Enzo: “Ah, ho capito chi è, il pittore (Antonio Rusciano infatti è un imbianchino)”
Antonio: “Eh”.
Enzo: “Ho capito! Ora mi vengo a fare una camminata, in questi giorni da voi”.
Antonio: “No, ma puoi venire ora?”
Enzo: “Come..Ora vengo un attimo”.
Antonio: “Allora ti aspetto qua”.
Poi Vincenzo Baldetti parla con la compagna (non indagata) e le spiega che le serve l’auto di famiglia perchè deve incontrare “lo zio di Marano”per un affare importante. “Devo scaricare dei sacchi di farina”, le spiegò: “Mi dovrebbe dare 1000 euro…1000 euro al mese, capito? A lavorare!”.
Giusy: “Va bene”.
Enzo: “Va bene?”.
Giusy: “Come..”.
Enzo: “Così, paghiamo il proprietario di casa”.
AMMENDOLA GENNARO T. ANNUNZIATA 28/11/1969
BALDETTI DI VILLANOVA ALFONSO NAPOLI 06/071974
BALDETTI DI VILLANOVA VINCENZO NAPOLI 25/11/1971
BARBATO RUBEN NAPOLI 04/06/1986
FORMIGLI GIUSEPPE NAPOLI 24/03/1979
MIGLIACCIO SALVATORE POZZUOLI 17/12/1995
MOLEA VALERIA NAPOLI 10/02//1987
NETTUNO CASTRESE MARANO 06/10/1953
NETTUNO CIRO MARANO 27/01/1975
PERROTTA SALVATORE MUGNANO 18/11/1988
PESCE PIETRO NAPOLI 29/05/1976
RAIANO VINCENZO NAPOLI 18/04/1976
RUSCIANO ANTONIO MARANO 01/01/1962
RUSSO SALVATORE MARANO 27/06/1975
SCHIATTARELLA ANIELLO MARANO 17/10/1964
SICONOLFI PASQUALINA ISCHIA 07/03/1966
SORIENTE VINCENZO SALERNO 05/09/1973(nella foto Giuseppe Formigli, “peppe ‘o nano” , capo dell’organizzazione)
Rubava scooter dai garage ai Quartieri Spagnoli: arrestato Gennaro Benvenuto. Caccia ai complici
I carabinieri hanno sottoposto a fermo Gennaro Benvenuto, 23 anni, ritenuto responsabile del furto di cinque scooter portato a termine nei giorni scorsi insieme a cinque complici nei Quartieri Spagnoli a Napoli. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri, di notte il gruppo è entrato in un garage e, in riprese (i mezzi da portare via erano troppi) ha rubato tre scooter, prima, e due successivamente. Ognuno dei componenti del gruppo si è allontanato in sella ad uno scooter, ripreso da una telecamera di videosorveglianza che ha poi consentito ai Carabinieri l’identificazione di uno di loro. Tutti gli scooter rubati sono stati ritrovati e restituiti ai proprietari dai Carabinieri militari.
Omicidio della piccola Simonetta Lamberti: la Cassazione conferma i 30 anni di carcere per Antonio Pignataro
Trenta anni di carcere. Ieri sera la Cassazione ha confermato la sentenza nei confronti di Antonio Pignataro unico imputato rimasto in vita nel processo per l’omicidio di Simonetta Lamberti, la bambina di 11 anni figlia del magistrato Alfonso, uccisa per errore dal gruppo dei cutoliani dell’agro nocerino il 29 maggio del 1982 a Cava de Tirreni. Dopo 34 anni anni quindi finisce l’incubo per la famiglia della piccola vittima innocente della barbarie camorristica. Obiettivo dell’agguato era il padre di Simonetta, il magistrato Alfonso, rimasto solo ferito nell’agguato. Dopo anni di processi e sentenze annullate, a far riaprire il caso fu quattro anni fa la confessione di Pignataro, che prima a un compagno di cella e poi al sostituto procuratore antimafia Vincenzo Montemurro cominciò a svelare i dettagli di quel delitto, deciso perché le indagini di Lamberti iniziavano a dare fastidio ai clan dell’Agro nocerino legati alla Nco di Raffaele Cutolo. Gravemente ammalato (tant’è che è stato trasferito ai domiciliari) Pignataro ha raccontato di non farcela più a convivere con il rimorso di quella bambina ammazzata. Ha confessato di essere stato nella Fiat 127 che avrebbe fatto da staffetta sulla strada di Molina di Vietri, facendo rallentare l’auto del magistrato, e ha indicato in quattro persone, tutte però decedute, gli altri responsabili dell’attentato: il mandante Francesco Apicella e i sicari Gerardo Della Mura, Claudio Masturzo e Gaetano De Cesare. In virtù di questa confessione i difensori Luigi Gabola e Libero Mancusi avevano impugnato la condanna, chiedendo che al killer “pentito” fossero concesse le attenuanti generiche e che per questo la pena fosse rideterminata in modo da rendere possibile una dichiarazione di “estinzione del reato per intervenuta prescrizione”. Ma ieri la Cassazione ha messo la parola fine condannando a 30 anni Pignataro.