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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Omicidio Vaccaro: la Cassazione conferma l’ergastolo per il boss Adinolfi

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umberto adinolfi

La Cassazione  ha confermato la condanna all’ergastolo per il boss di san Marzano, Umberto Adinolfi ‘a scamarda quale mandante dell’omicidio dell’imprenditore Salvatore Vaccaro operante tra Angri e Scafati. L’omicidio avvenuto nel 2004, in via Nazionale ad Angri. Vaccaro fu inseguito e poi ucciso al confine con Sant’Egidio del Monte Albino. La sua auto fu affiancata da una moto in sella alla quel si trovavano Luigi Iannaco, zì maisto, già condannato (reo confesso) in precedenza, e il presunto killer Giuseppe Bombardino, assolto in precedente  per assenza di prove. La vicenda fu ricostruita dal pentito Pietro Selvino. Il boss Umberto Adinolfi avrebbe dato l’ordine di procedere con l’omicidio, preannunciato anche da un biglietto di minacce di Vaccaro. Biglietto consegnato all’imprenditore da Vincenzo Nappo, detto ‘o nonno di Scafati. Movente del delitto sarebbe stata una tangente di 50 milioni di vecchie lire, non pagata dall’imprenditore angrese, per un albergo in via di costruzione. L’Hotel Villa Luisa. Vaccaro non aveva ceduto, decidendo invece di denunciare gli autori della minaccia. Ma prima di recarsi in questura, aveva pagato una prima tranche della tangente, pari a circa 30 milioni. Poi intervenne la polizia. Il boss di San Marzano sul Sarno non glielo perdonò e una volta uscito dal carcere, decise – stando alla ricostruzione degli inquirenti – di organizzare la vendetta. 

(nella foto il boss Umberto Adinolfi)


Per Umberto Accurso pronto il regime di carcere duro. E su Facebook la pagina dedicata alla famiglia con oltre mille “like”

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umberto accurso primo piano

Con la cattura di Umberto Accurso si chiude una pagina della lotta alla camorra napoletana, quello dei giovani spietati di Scampia e Sconsigliano. Ma la caccia continua così come la lotta. C’è l’altro boss “fantasma” da catturare: Marco Di Lauro, il figlio di Ciruzzo ‘o milionario di cui ieri si era diffusa la notizia della sua cattura. Poi smentita dagli inquirenti. Umberto Accurso è da ieri rinchiuso nel carcere di Secondigliano ma presto potrebbe essere trasferito al carcere duro in una struttura di massima sicurezza lontana dal suo quartiere. Il carisma di boss spietato nonostante la sua giovane età da anni fa il giro del web. “Umbertino” come lo chiamano nel quartiere è uno che comanda e decide sulla vita delle persone in modo spietato e crudele. Ma è anche amato dai tanti che con lui vivevano e vivono grazie allo spaccio 24 ore su 24 di droga. Non a caso su Facebook c’è una pagina dedicata alla moglie e ai suoi figli, con tanto di fotografie prese dall’album di famiglia, scatti di vita privata con i piccoli sorridenti sul divano damascato, nel bagno arredato con ori e rasi, e sul letto con drappeggi e sete. Tutto in perfetto stile Gomorra.Ci sono 1247 “Like” come segno tangibile di rispetto al boss che non viene mai nominato in prima persona. Dai commenti si capisce come il quartiere gli sia solidale “Noi siamo tutti con voi non temete, non siete soli, ora pensate a godervi questo momento… piano piano aggiusteremo anche le altre cose e ritornerete sotto il cielo di Napoli dove noi tutti vi aspettiamo… è qui il vostro posto. Vi amiamo”., il riferimento è alla vicenda dei figli prima sottratti alla mamma e poi riassegnati. Vicenda che ha determinato il clamorso assalto alla Caserma dei Carabinieri di Secondigliano decisa, secondo alcune intercettazioni telefoniche nelle mani degli investigatori, proprio dallo stesso Umberto Accurso che avrebbe guidato in prima persona il commando che esploso le 38 pallottole contro i muri della caserma. “Tutta Secondigliano li ama e li aspetta”, si legge nei messaggi rivolti alla giovane moglie. E ancora: “Qui tutti li vogliamo, li amiamo e mai nessuno potrebbe fargli del male, il male a questi bambini lo state facendo voi credendo alle parole del loro zio”.

Avellino: 7 arresti all’Acs. Nella coop sistemati parenti e amici. La carta di credito utilizzata per le spese dell’amante

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La Polizia di Stato di Avellino, dalle prime ore di questa mattina,ha eseguito 7 misure cautelari personali (un arresto domiciliare e 6 divieti di dimora nel Comune di Avellino) a carico dell’amministratore della societa’ partecipata dal Comune denominata Acs (azienda citta’ servizi) e di amministratori di cooperative. I reati contestati vanno dal peculato alla corruzione. I protagonisti della vicenda hanno distratto fondi pubblici per le proprie utilita’ e per favorire parenti, amanti ed amici. Le attivita’ di intercettazione telefoniche ed ambientali hanno disvelato una gestione chiaramente “criminale” della societa’ e dimostrato che l’utilizzo delle cooperative aveva la reale finalita’ di creare contenitori per sistemare amici e parenti. Le indagini, coordinate dalla Procura di Avellino, sono iniziate nel marzo 2015 e oggi l’esecuzione delle ordinanza e’ stata eseguita dagli uomini della Squadra mobile, coadiuvata dall’Upgsp e dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale di AvellinoLa carta di credito aziendale usata per le spese dell’amante, del cognato e della cognata, ma anche per acquisti personali. L’amministratore unica dell’Avellino Citta’ Servizi, Amedeo Gabrieli, si trova da questa mattina agli arresti domiciliari per ordine del gip di Avellino, che ha disposto anche 6 divieti di dimora a carico di funzionari della societa’ e del Comune di Avellino. In particolare l’amministratore e’ accusato di aver affidato servizi a cooperative costituite ad hoc, anche da pregiudicati, senza bandire gare d’appalto “in cambio di un ingiustificato consenso popolare e di sostegno elettorale”, si legge nell’ordinanza. L’Acs, societa’ in house a totale partecipazione comunale, era diventata il ‘bancomat’ per pochi eletti. In particolare per i parenti dell’amministratore che, pur non avendo alcun rapporto con la societa’, utilizzavano la carta di credito aziendale per spese personali, vacanze e acquisti anche importanti. A loro disposizione anche il telepass aziendale. Le indagini sono cominciate un anno fa e gli indagati, pur avendo ricevuto avvisi da parte degli inquirenti, non hanno desistito dalle loro condotte. Nell’indagine sono coinvolti a vario titolo anche numerosi amministratori pubblici. E’ stata sequestrata una mole consistente di documentazione contabile e amministrativa sull’anomala gestione delle spese, il piu’ delle volte illegittime, effettuate dall’Acs per diverse centinaia di migliaia di euro.

Nola, infermiere indagato: attestava false cure domiciliari a pazienti terminali

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Aveva dichiarato di aver reso cure domiciliari, in realtà mai avvenute, a pazienti affetti da patologie terminali. finanzieri del comando provinciale di Napoli,su ordine della Procura della repubblica di Nola, hanno eseguito un provvedimento di sequestro di somme di denaro e notificato un avviso di conclusione delle indagini nei confronti di un infermiere che ha truffato il sistema sanitario. In particolare, i militari della compagnia di Nola hanno riscontrato che l’infermiere,un sessantenne, in servizio presso l’azienda Sanitaria locale di Nola – Asl Napoli 3 Sud – ed incaricato di svolgere Assistenza domiciliare a favore di pazienti affetti da gravi patologie, era solito falsificare i documenti relativi alle prestazioni rese, Attestando cure giornaliere di diverse ore a malati che in realtà Ricevevano visite di pochi minuti o, in alcuni casi, non venivano proprio Assistiti. Le indagini, avviate a seguito di alcune segnalazioni pervenute alle Fiamme gialle nolane e condotte attraverso l acquisizione delle dichiarazioni dei pazienti e dei familiari dei malati, hanno permesso di rilevare che, nonostante i report delle visite domiciliari fossero perfettamente compilati ogni mese,in realtà ,essi riportavano maggiorazioni di orari  al solo fine di consentire al sanitario di ottenere indennità per prestazioni effettivamente non rese. L’infermiere,infatti,non solo era solito non presentarsi agli appuntamenti concordati o comprimere le cure di diverse ore in pochi minuti ma anche pretendere, talvolta con inganno, le firme dei pazienti per attestare l’avvenuta corretta erogazione della prestazione. Sono tuttora in corso accertamenti finalizzati a ricostruire eventuali ulteriori casi di truffa realizzati dall’infermiere infedele.

Inquinamento: denunce e sequestri a raffica a Torre del Greco, Ercolano e Portici

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Una vasta operazione, a tutela dell’ambiente, è stata condotta nel Napoletano dai carabinieri della Compagnia di Torre del Greco insieme al Nucleo operativo ecologico e con il supporto dell’elinucleo di Pontecagnano. A Ercolano è stata sequestrata un’area di mille metri quadri sulla quale era stato realizzato un manufatto abusivo di 50 metri quadri e sversati rifiuti pericolosi: materiale ferroso, scarti edili e di lavorazione tessile, pneumatici usati. Un 57enne proprietario del terreno è stato denunciato per aver effettuato un’attività di raccolta di rifiuti abusiva e per abusivismo edilizio. Insieme a lui è stato denunciato anche un 48enne del luogo. I controlli si sono estesi anche in località Granatello a Portici dove un 47enne, titolare di un’officina di riparazione motori, è stato denunciato per emissioni in atmosfera di gas di scarico dei motori delle imbarcazioni in riparazione, senza autorizzazioni. A Torre del Greco i carabinieri hanno apposto i sigilli a un’area di 1.400 metri quadri adibita ad autolavaggio e sequestrato l’impianto di depurazione, un ponte elevatore di cemento per autotreni e un’imbarcazione. I titolari dell’attività, due 25enni, sono stati denunciati per aver realizzato un lavaggio per auto e autotreni completamente abusivo e per aver installato un impianto di smaltimento di acque reflue, bypassando il sistema di depurazione, scaricando direttamente a mare.

La banda di minorenni che compiva rapine nei supermercati di Napoli e Provincia tradita da facebook: 4 arresti

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I carabinieri della compagnia di Napoli Poggioreale hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare (con il collocamento in comunità) emessa dal gip presso il Tribunale per i Minorenni di Napoli, su richiesta della locale Procura per i minorenni, nei confronti di quattro persone (tre minorenni e uno divenuto maggiorenne nel corso dell’indagine), accusati di concorso in rapina aggravata e ricettazione. Fondamentale l’indagine sui social network. L’analisi dei profili e delle fotografie postate dagli indagati ha fornito agli accertamenti spunti esplorativi e conferme, che – secondo gli investigatori – hanno rafforzato e consolidato il quadro indiziario. In base a quanto riferito dai carabinieri, sul conto dei quattro indagati sussistono gravi indizi di colpevolezza in merito a sette rapine a mano armata commesse tra marzo e maggio 2015 a discount ubicati a Napoli, quartiere San Giovanni a Teduccio, e nei comuni di Volla, San Giorgio a Cremano e Cercola. Durante un servizio di pattuglia in zona Poggioreale, un militare, che aveva visionato qualche giorno prima la sequenza di una rapina ripresa dalle telecamere poste a sorveglianza dell’esercizio, osservando un’area parcheggio di motocicli ha riconosciuto (notando piccoli dettagli come la leva del freno piegata e la sella strappata) lo scooter utilizzato dai malviventi. Da quel momento l’indagine condotta dai carabinieri, sotto il coordinamento dell’autorità giudiziaria, anche con l’ausilio di mezzi tecnici, ha permesso l’identificazione dei quattro e la riconducibilità del gruppo alla commissione seriale di rapine a mano armata. L’indagine si inserisce in un ampio fronte investigativo sulle rapine a mano armata ai danni di esercizi commerciali portato avanti dai carabinieri del Nucleo Operativo della compagnia di Poggioreale, coordinati nelle varie tranches dalla Procura per i Minorenni e dalla Procura Ordinaria di Napoli. Attività che negli ultimi mesi ha permesso complessivamente di scoprire 17 rapine ai danni di esercizi commerciali ubicati a Napoli Cercola, Portici, San Giorgio a Cremano, Sant’Anastasia e Volla, ed arrestare, in flagranza di reato ed in esecuzione di misure cautelari, 12 soggetti (tra cui 6 minori)

Arrestato nel Casertano il nipote del boss Eduardo Contini

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Era nascosto in una villetta affittata da un prestanome nel Casertano, Ciro Contini 28 anni, nipote del boss Edoardo, detto ‘o romano’, uno dei capo clan piu’ temuti a Napoli nei decenni scorsi e amante del lusso. Ciro Contini e’ un affiliato di spicco al clan Sibillo, una delle cosche che stanno dando vita alla contrapposizione armata nel quartiere di Forcella a Napoli. I carabinieri lo hanno trovato in via Fanello, a Pescopagano. Era irreperibile dal febbraio 2016 e destinatario di una misura cautelare per 416 bis, tentato omicidio aggravato, estorsione, ricettazione e porto abusivo di armi.

Napoli, minacciano di morte un debitore: arrestata coppia di coniugi

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Una coppia di coniugi è stata arrestata a Napoli per aver minacciato di uccidere un uomo a cui aveva prestato del denaro che ancora non aveva restituito. È successo a Napoli, dove il 43enne Luigi D’Oriano e la 39enne Lucia Spinola sono indiziati di tentata estorsione in concorso. La vittima del reato, un 35enne del posto, aveva contratto un grosso debito con la coppia che da tempo gli aveva prestato del denaro con un alto tasso di interesse. A gennaio aveva quindi consegnato alla coppia degli assegni a firma della madre e di un amico dimostrando di voler estinguere progressivamente il debito. Gli assegni non erano però coperti e la coppia aveva iniziato a lanciare serie minacce. Ieri pomeriggio i coniugi hanno incontrato l’uomo, minacciandolo di morte, intimandogli di consegnare il denaro entro la sera: in caso contrario lo avrebbero ucciso. Il 35enne si è sentito male ed è dovuto ricorrere alle cure dei sanitari del Fatebenefratelli. La coppia, già nota agli investigatori di San Ferdinando per i numerosi precedenti, è stata intercettata in Vico San Nicola alla Carità su una moto e senza casco. I coniugi hanno provato a fuggire ma sono stati inseguiti, raggiunti e bloccati. La coppia è stata sottoposta a fermo. L’uomo è stato condotto alla Casa Circondariale di Napoli-Poggioreale, la moglie in quella femminile di Pozzuoli.


Ricoverato in ospedale Sorrento con febbre, muore 55 enne di Pompei. Inchiesta della Procura

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La Procura della Repubblica di Torre Annunziata ha aperto un’ inchiesta sul decesso di un 55enne di Pompei, Giuseppe Ruocco, ricoverato il 7 maggio scorso per con febbre alta al Pronto soccorso dell’ Ospedale di Sorrento, dove è morto dopo qualche ora. E’ stata disposta la riesumazione della salma del 55enne per un’autopsia che dovrà stabilire se l’uomo, autista di una cooperativa di trasporto turistico tra Sorrento e Positano, sia stato vittima di un caso di malasanità, come denunciano la moglie e i figli. ”Mio padre che è stato ricoverato alle 18 di sabato scorso con febbre altissima, ed è deceduto alle 3,15 della mattina seguente, restando sulla barella in pronto soccorso per tutto il tempo – afferma la figlia, Fabiana – ma sul certificato di decesso è scritto che è morto alle ore 18.15, cioè un quarto d’ora dopo il ricovero, per infarto. Ma un elettrocardiogramma non gli è stato mai praticato. I carabinieri di Pompei, ai quali i familiari del defunto hanno presentato un esposto, hanno sequestrato la cartella clinica di Giuseppe Ruocco.

Castellammare: promisero posti di lavoro a Italo in cambio di soldi e appoggi elettorali. Ecco i nomi dei cinque truffatori

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© Gian Mattia D'Alberto/LaPresse
30-04-2012 Milano
nella foto: Italo, sponsor maglia rossa del Giro d'Italia

Avevano truffato una ventina di giovani di Castellammare e dei comuni vicini promettendo posti di lavoro a ItaloTreno incassando somme dai tre a cinquemila fino a 10mila euro e poi avevano cercato anche il consenso elettorale perché alle scorse elezioni comunali si erano presentati con una propria lista civica. Ad alcuni dei giovani truffati avevano anche chiesto di candidarsi. Ora per gli organizzatori e promotori della truffa è pronta la richiesta di rinvio a giudizio da parte della Prrcura di Torre Annunziata che nei giorni scorsi ha firmato la chiusura delle indagini. I cinque indagati sono Catello Garigulo, 44 anni, di Castellammare, Andrea Viscardi 55 anni, di Nola, Francesco Buondonno, 33 anni di Santa Maria la Carità, Giulio Raimo, 52 anni di Castellammare e un altro stabiese, Francesco d’Assisi Di Maio di 32 anni. I cinque sono accusati di associazione per delinquere e truffa aggravata e falso. I promotori della truffa secondo l’inchiesta della guardia di finanza a cui si erano rivolti alcuni dei giovani truffati sono Catello Gargiulo e Andrea Viscardi che avevano fondato l’associazione politica Progetto Italia (la lista civica che si presentò alle scorse elezioni comunali stabiesi nel 2013 di chiamava Movimento Progetto Italia-Mid ed appoggiava l’ignaro avvocato Salvatore Vitiello alla carica di sindaco) e attraverso di essa millantavano amicizie influenti con politici e funzionari della Ntv, la società della cordata di Luca Cordero di Montezemolo che gestisce ItaloTreno. Naturalmente dopo aver sborsato i quattrini e fatto la campagna elettorale (con scarsissimo successo) i cinque sono spariti e nessuno dei giovani è stato mai chiamato dalla società per un colloquio di lavoro. Di qui la denuncia, l’inchiesta e ora la prossima richiesta di rinvio a giudizio.

Sterminò un’intera famiglia per motivi di parcheggio nel casertano: condannato all’ergastolo

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Il pm del Tribunale di Napoli Nord Ilaria Corda ha chiesto l’ergastolo per Luciano Pezzella, la 51enne guardia penitenziaria, attualmente sospesa, accusata di aver ucciso il 12 luglio 2015, per una questione di parcheggio, quattro persone a Trentola Ducenta (Caserta), tra cui i tre vicini Michele Verde, 61 anni, Enza Verde 58, e Pietro Verde di 31 anni, padre, madre e figlio. La quarta vittima è il 37enne Francesco Pinestro, che la mattina dell’eccidio si era recato a casa di Verde per scaricare delle cassette di frutta. Questa mattina in aula – il processo si svolge con rito abbreviato davanti al giudice Daniele Grunieri – erano presenti gli altri due figli di Michele Verde e la fidanzata del 31enne Pietro, Antonella, 24 anni, scampata miracolosamente al massacro. Pezzella, ricostruirono i carabinieri di Aversa, dopo aver intimato a Pinestro di spostare il furgoncino parcheggiato davanti casa dei Verde, perché gli dava fastidio, salì in casa, prese la pistola d’ordinanza e iniziò a sparare colpendo Pinestro, poi Michele Verde; quindi entrò in casa e colpì con furia cieca Pietro e la madre. La fidanzata di Pietro era a letto, sentì i colpi di pistola, uscì dalla stanza e trovo i corpi distesi a terra in un lago di sangue. L’avvocato della famiglia Verde, Mario Griffo, si è associato alla richiesta del pm chiedendo inoltre una maxi-provvisionale di un milione di euro.

Il boss Umberto Accurso durante la latitanza scrisse una canzone per il figlio “A’ libertà”. GUARDA IL VIDEO

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Dopo il boss poeta, Aldo Gionta di Torre Annunziata si scopre il boss autore di testi neomelodici. E’ proprio Umberto Accurso, uno dei cento latitanti più pericolosi d’Italia, catturato ieri pomeriggio a Qualiano. Il reggente della Vanella Grassi ha scritto una canzone per il figlio. Il boss Umberto Accurso, 24 anni è colui che secondo gli investigatori, ha sparato nei giorni scorsi numerosi colpi d’arma da fuoco contro la caserma dei carabinieri del quartiere Secondigliano a Napoli. Accurso è stato arrestato dai carabinieri in un appartamento di Qualiano. Secondo una delle ipotesi investigative, la sparatoria sarebbe stata una vendetta di Accurso contro lo Stato ritenuto dal reggente colpevole di avere sottratto a lui e alla sua compagna i figli. Una decisione presa per proteggere i bambini da eventuali ritorsioni visto che il fratello di Accurso, Antonio, è diventato collaboratore di giustizia. La donna, infatti, avrebbe rifiutato il programma di protezione. Il brano scritto dal presunto reggente della Vanella Grassi, intitolato “‘A libertà” e dedicato al figlio, è stato poi cantato dal neomelodico Anthony. “Tu non lo sai che si prova a stare lontano dalla famiglia, con una moglie e un figlio che non posso mai abbracciare”, recita un brano della canzone.

E’ Francesco Mannino l’uomo fermato per aver occultato il cadavere di Giovanna Arrivoli

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Il GPS del suo telefonino e, soprattutto, il DNA. Sono questi i due elementi che hanno portato al fermo di Francesco Mannino  con l’accusa di occultamento di cadavere nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Giovanna Arrivoli, 41 anni, detta ‘Gio’, il cui cadavere e’ stato trovato in un fosso a Melito, nel Napoletano, tre giorni fa. I carabinieti avevano eseguito il fermo il giorno dopo, domattina ci sara’ la convalida del provvedimento davanti al gip del tribunale di Napoli Nord. Le sue impronte digitali dell’uomo sarebbero state trovate su una pala per gli investigatori usata per scavare il fosso dove e’ stato occultato il corpo della donna, uccida forse altrove con tre colpi di pistola per uno sgarro nel mondo dello spaccio di droga che fa capo al clan Amato-Pagano.

Violentarono una turistica americana a Sorrento: pene lievi per l’ex calciatore Franchini e un rampollo della Caserta Bene

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Sono stati condannati Francesco Franchini e Riccardo Capece, i due giovani casertani che lo scorso anno violentarono una turista americana nei bagni di una discoteca di Sorrento. Il primo, che è un calciatore, giocava, fino al momento del suo arresto, nel Gladiator,  la squadra di  calcio di Santa Maria Capua Vetere che milita nel campionato dell’Eccellenza Campania,  è stato condannato a 4 anni e 4 mesi mentre il secondo, che è il figlio di un noto ristoratore casertano, a 3 anni e 4 mesi. La sentenza è stata emessa dal gup Emma Aufieri del Tribunale di Torre Annunziata. Il processo si è svolto con il rito abbreviato per cui i due imputati hanno usufruito di un abbondante sconto di pena. Sia Franchini sia Capece erano presenti in aula al momento della lettura della sentenza così come la vittima, la newyorkese 25enne Jenna. La squallida vicenda avvenne all’interno di una toilette di una discoteca di Sorrento nella notte tra il 27 e 28 luglio scorsi. Il giorno dopo la  bravata i due si fecero anche un selfie con il segno della vittoria mentre bevevano un drink sulla terrazza di uno stabilimento balneare di Nerano. Riccardo è figlio del titolare di una nota catena di ristoranti. Francesco, che ha giocato da centrocampista per il Sora e il Gladiator. E proprio in Ciociaria era stato protagonista di una vicenda simile. I due furono rintracciati grazie alla descrizione della vittima e grazie alle riprese delle telecamere di sorveglianza del locale.  Franchini fu incastrato dal tatuaggio che gli copre quasi per intero il braccio destro.

Ciro Contini era diventato il nuovo capo dei Sibillo

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Con l’arresto di Pasquale Sibillo, conosciuto come il baby boss di Forcella, avvenuto il 5 novembre 2015, e l’uccisione del fratello Emanuele, in un agguato di camorra consumato il 2 luglio dello stesso anno, Ciro Contini, 27 anni, nipote di Edoardo, detto ‘o romano, il ras del Vasto, attualmente detenuto, avrebbe assunto il ruolo di reggente del clan, attivo anche nella zona della Maddalena, dei Tribunali. Per inquirenti ed investigatori, nel tempo, il giovane avrebbe mostrato spessore criminale, agendo in questa parte del centro storico, a viso scoperto senza nascondersi e partecipando in prima persona anche ad un tentato omicidio non consumato solo per la reazione della mancata vittima, che doveva essere punita con la morte per avere tradito il rapporto di affiliazione al gruppo malavitoso. Proprio quest’ultimo, che era sfuggito alla morte rifugiandosi in un commissariato, lo avrebbe indicato a capo della cosca. Per questa vicenda, accaduta tra il 23 ed il 24 gennaio scorso, Ciro Contini ne viene indicato quale mandante, ispiratore e esecutore materiale. Oltretutto, fatto commesso dal pregiudicato in regime di detenzione domiciliare, per un arresto eseguito alla fine del 2015. In seguito a quell’episodio, la polizia ha trovato e sequestrato un potente arsenale e un grosso quantitativo di sostanza stupefacente, il cui possesso e’ stato ricondotto al ventisettenne residente in via Marigliano. L’accusatore, inserito nel “sistema” formato dalle famiglie malavitose dei Licciardi e dei Contini, ha raccontato agli investigatori anche di avere custodito per conto del clan Sibillo un trolley, con all’interno diverse armi e alcune centinaia di cartucce. Alcune di queste lo stesso Contini le chiamava con il nome delle figlie della mancata vittima, a dimostrazione di quanto ci tenesse a loro. L’uomo ha poi raccontato di avere conosciuto Ciro Contini qualche mese prima, presentatogli da uno zio, anch’egli implicato con la camorra di Secondigliano.


Torre Annunziata, traffico di droga dalla Spagna: assolti i vertici del clan Scarpa

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Torre Annunziata. Traffico di stupefacenti dalla Spagna: assolti i vertici del clan Scarpa coinvolti nella maxi indagine della Dda. Ieri mattina, cinque imputati – coinvolti nell’indagine che due anni fa portò all’arresto degli esponenti della cosca torrese, in combutta con i Tamarisco – sono stati assolti dal giudice della 14esima sezione del tribunale di Napoli, Lucarelli, dalle accuse di traffico e spaccio di stupefacenti. Escono indenni dal procedimento dell’antimafia: Marco Galli, difeso dall’avvocato Gennaro Somma; Bruno Scarpa, difeso da Salvatore Irlando; Carmelo Alessandro Scarpa (avvocato Carlo Ercolino); Pasquale Scarpa (avvocato Giovanni Tortora); Francesca Finazzo (avvocato Andrea Calandro). Secondo la Dda, Vincenzo Scarpa ‘o dottore – già condannato per analoghi episodi a circa 20 anni di reclusione – dirigeva il losco traffico dalla Spagna. Infatti il boss oplontino – che negli anni di detenzione impartiva ordini dal carcere – fu arrestato nel 2013 mentre con un documento fasullo tentava di prendere il volo per la Penisola Iberica. A fargli da sponda in Italia, i figli Bruno, insieme a Pasquale Scarpa ‘caramella’ e gli altri vertici dell’organizzazione. Le accuse ipotizzate, già valutate in altri processi, sono state invece ritenute non sufficienti a produrre una condanna dal Gup Lucarelli che dopo la richiesta di rito abbreviato dei difensori, ha assolto tutti gli imputati dalle accuse associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico e allo spaccio di stupefacenti.  

(nella foto il capo clan Vincenzo Scarpa ‘o dottore)

Scafati, usura ai danni di imprenditori di Nocera: processo per i fratelli Catania

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Usura ai danni di una coppia di imprenditori: a processo i fratelli Catania, titolari della Catania gomme Il giudice per le udienze preliminari, Paolo Valiante, ha rinviato a giudizio Vincenzo e Angelo Catania, di 42 e 37 anni per aver praticato tassi usurai ai danni di una coppia di imprenditori in difficoltà economiche con percentuali tra il 20 e il 254% annui. A fronte di un prestito di 499mila euro si facevano promettere la somma di un milione e settecentomila euro circa, dei quali un milione e quattrocentomila effettivamente versati in circa otto anni. Inoltre i due sono accusati di aver emesso false fatturazioni a favore delle società delle vittime per un milione di euro per mascherare il prestito e la sua restituzione. Per questa vicenda il pm Lenza aveva chiesto l’arresto dei due imprenditori, arresto negato dal gip Alfonso Scermino nel 2014. La vicenda inizia nel 2006, ma le vittime la denunciano nel 2013. Tre anni fa i due imprenditori di Nocera, titolari di due aziende operanti nel settore dei trasporti, denunciano di essere sotto strozzo da parte dei colleghi ai quali avevano chiesto aiuto in un momento di forte crisi economica. Nel 2005 l’azienda di Nocera Inferiore si trova a dover fronteggiare una richiesta di rientro parziale di un debito contratto con la Banca di Roma, filiale di Nocera Inferiore, per 160mila euro. Vista l’impossibilità di reperire l’ingente somma nei circuiti legali, l’imprenditore si rivolge a Vincenzo Catania che è tra l’altro un suo fornitore. Catania che – secondo l’accusa – monitorava la situazione economica dell’uomo gli concede 100/120mila euro in prestito. Per mascherare la concessione dei soldi, Catania propone alla vittima l’emissione di fatture per operazioni inesistenti che potessero regolare formalmente le dazioni di danaro. Vengono emesse da Angelo Catania fatture per operazioni mai avvenute per giustificare il rientro del danaro avvenuto in nero. Le vittime iniziano la trafila dei pagamenti giustificati dall’emissione delle fatture false. Il prestito non serve a risolvere la disastrosa vicenda economica e anzi, dopo due anni di pagamenti nel 2006 la società viene dichiarata fallita. Poco prima del tracollo finanziario, però, la ditta effettua una cessione del parco automezzi ad un’altra società intestata ad una persona di famiglia, persona che entra nelle grinfie di Vincenzo Catania poco dopo. Nel 2008 le vittime sono costrette a chiedere un altro prestito di circa 230mila euro, ne sborsarono quasi il doppio con cambiali, assegni e in contanti. I fratelli sono difesi dagli avvocati Antonio Cesarano e Andrea Vagito. Le vittime si sono costituite parte civile con l’avvocato Rodolfo Viserta. (r.f.)

Estorsioni a Pagani e Nocera: “sconto di pena” per Fiore e Passante

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Quattro anni di carcere per Antonio Fiore alias Pallino e 3 anni e 8 mesi per Giuseppe Passante: è questa la sentenza emessa ieri dal  giudice Donatella Mancini del Tribunale di Salerno al termine del processo per le tentate estorsioni del settembre 2015 in un negozio di giocattoli di Nocera e in una scuola privata di Pagani. Ai due imputati, entrambi ex affiliati al clan Contaldo, è stata contestata anche l’aggravante del metodo mafioso ma hanno usufruito dello sconto di pena con il rito abbreviato. Fiore e Passante sono accusati delle richieste estorsive alla scuola privata “Sapientia” a Pagani e al negozio Carolinatoys di Nocera. Nel primo caso era stata chiesta una somma di diecimila euro, mentre nell’esercizio commerciale si pretendeva merce del valore di 600 euro, oltre a una somma di denaro non quantificata. I fatti risalgono allo scorso anno durante il quale ci furono una serie di attentati ai danni di esercizi commerciali di Pagani e  Nocera. 

(nella foto da sinistra Giuseppe Passante e Antonio Fiore)

Traffico di droga tra Marano, Ischia e il Vomero: 18 arresti nel clan Polverino

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I Carabinieri della Compagnia Vomero hanno dato esecuzione a un’Ordinanza di Custodia Cautelare in Carcere emessa dal Gip di Napoli, su richiesta della Dda a carico di 18 persone ritenute responsabili di promozione e partecipazione a due associazioni finalizzate al traffico e allo spaccio di stupefacenti attive a Marano di Napoli, nei quartieri partenopei del Vomero e dell’Arenella e sull’Isola d’Ischia. Nel corso di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli i militari dell’Arma hanno accertato che la prima associazione, riconducile alla famiglia ”Nettuno”, attiva a Marano e contigua al clan ”Polverino”, era dedita allo spaccio di ingenti quantitativi di stupefacenti acquistati in Spagna grazie alla mediazione di un latitante rifugiato nella penisola iberica e tratto in arresto dopo oltre tre anni di latitanza. La seconda associazione, attiva al Vomero-Arenella e sull’isola di Ischia, era dedita allo spaccio di stupefacenti che nei mesi invernali venivano spacciati al Vomero mentre nei mesi estivi nelle aree di villeggiatura sull’isola verde.

Fabrizio Corona fermato dai carabinieri a Secondigliano insieme con un pregiudicato

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Fabrizio Corona in una immagine d'archivio). Lele Mora, interrogato dai pm di Milano nell'ambito di un'inchiesta su una maxi-evasione fiscale chiusa nel luglio scorso, ha raccontato di avere avuto una "relazione" con Fabrizio Corona e di avere speso per lui "circa 2 milioni di euro" tra il 2004 e il 2006. ANSA/DANIEL DAL ZENNARO

È stato fermato dai carabinieri al corso Secondigliano, in compagnia di un pregiudicato noto spacciatore, e condotto per accertamenti nella stazione dei carabinieri di via del Macello. Fabrizio Corona, è stato controllato dai militari visto che, secondo quanto prescrittogli dal tribunale, non può frequentare pregiudicati per reati di droga. Inoltre, l’ex paparazzo non aveva con sé l’autorizzazione obbligatoria per uscire dalla Lombardia. Corona era a Secondigliano per promuovere un nuovo progetto legato al settore dell’abbigliamento. Precedentemente, sempre in serata, aveva preso parte all’inaugurazione di un bar in via Santa Lucia. In seguito ai controlli, Corona è stato comunque immediatamente rilasciato mentre un’informativa sull’accaduto è stata trasmessa alla Procura.

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