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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Napoli, ‘Viviamo con l’assassino di nostro figlio nel palazzo di fronte al nostro’

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Una famiglia disperata quella dei Sica. Da qualche settimana Anna Bifaro, la mamma del ragazzino pugnalato a morte nel 2007, insieme a papà Ciro, alla sorella Annarita e i fratelli Salvatore e Giovanni, vivono in una specie di incubo: “Andiamo a fare la spesa e incontriamo l’assassino di Luigi. Usciamo per una passeggiata, e lui è là. Non sappiamo cosa faccia nel quartiere Sanità, ma certamente lui un futuro ce l’ha ancora. Non come il nostro Luigi.”
Luigi, come riporta Il Mattino, aveva sedici anni e sognava di diventare calciatore. Ciro P., allora aveva quindici anni e non ha mai spiegato il motivo di quel gesto così violento tanto da macchiare la sua vita dell’infamia dell’omicidio. Fu condannato a sedici anni di galera per via della sua giovane età e alla scelta di chiedere il rito abbreviato, ma da qualche settimana è tornato a piede liero nel rione Sanità dove anche la famiglia del povero Luigi si è trasferita dal Rione Stella dove vivevano quando il ragazzo fu ucciso.
La mamma di Luigi si definisce una donna disperata: non solo ha perso suo figlio ma è anche costretta a temere qualche reazione degli altri suoi due figli che potrebbero perdere la testa ogni volta che si trovano al cospetto dell’assassino del fratello.
“Per me è terribile – dice la signora Bifaro – ogni volta che lo incontriamo rivivo la serata che ha distrutto la vita di mio figlio e di tutta la mia famiglia. Ma non so che fare, non so a chi rivolgermi.” E continua: “Non so perché l’omicida sia già fuori e non voglio saperlo. Noi siano gente semplice, capiamo poco della legge e delle sue complicazioni. Non comprendiamo come sia possibile ammazzare e uscire dal carcere senza aver scontato tutta la pena. Ma credo che io e la mia famiglia abbiamo il diritto di vivere in pace, senza essere tormentati dagli incontri con chi ci ha ammazzato un figlio e un fratello.”

Cronache della Campania@2018


Maxi tamponamento in autostrada a Battipaglia: un morto e 5 feriti

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E’ di un morto e cinque feriti il bilancio di un tamponamento a catena avvenuto questa sera intorno alle 20,45, sulla carreggiata Nord dell’autostrada A2 del Mediterraneo tra gli svincoli di Battipaglia e Montecorvino Pugliano. Le autovetture coinvolte sono sette. Sul posto, la polizia stradale, diverse ambulanze e i vigili del fuoco, che hanno provveduto a estrarre la vittima – di eta’ anziana, secondo alcune testimonianze sul posto – e i feriti rimasti incastrati. Il traffico al momento e’ in tilt.

Cronache della Campania@2018

Concorsi truccati: ecco come funzionava ‘l’algoritmo magico’ dell’ingegnre Testa

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Napoli. La ‘cricca’ dei concorsi truccati nelle forze armate aveva il suo punto di forza nel famoso “algoritmo” di Claudio Testa l’ingegnere, responsabile dell’area informatica e della sicurezza della Irp Srl, l’unico a cui la misura cautelare di arresti domiciliari non è stat applicata perché si trova all’estero ma ha pèromesso che si consegnerà presto. L’inchiesta che ha portato alle 15 misure cautelari è partita dal concorso pubblico espletato nell’estate del 2016 per il reclutamento di 2.013 volontari in ferma prefissata quadriennale in tre forze armate (esercito, marina militare ed aereonautica militare), indetto in data 11-2-2016 (VFP4). Le prove di selezione erano composte da due immissioni separate: la prima si era tenuta tra marzo e aprile e la seconda giugno a luglio.Ogni candidato aveva potuto optare per la partecipazione all’una o all’altra immisssione, per la quale erano stati destinati differenti posizioni di carriera.
Ciascuna immissione era consistita in una prova di cultura generale (espletata in più sedute tra le quali erano stati suddivisi i concorrenti), costituita da 100 quesiti a risposta multipla (estrapolati da una banca dati previamente pubblicata), in una verifica della conoscenza di lingua inglese e in prove di efficienza fisica e di idoneità psico-fisica e attitudinale, oltre che nella valutazione dei titoli. La fornitura delle banche dati relative ai quiz della prova di cultura generale e della lingua inglese era stata affidata dal ministero della difesa, previa gara pubblica, alla ditta “IRP S.r.l.”, i cui diretti responsabili erano l’ingergnere ClaudioTesta e la madre Maria Gargiolli.

Nel corso delle indagini le prove concorsuali in esame erano state monitorate dagli inquirenti passo passo, inragione delle illiceità riscontrate durante il loro svolgimento, attraverso un’intensa attività ìntercettiva. In effetti, grazie ad una denuncia che era stata già presentata a febbraio da Giacomo Junior Sordato Siddi, i militari della guardia di finanza di Napoli avevano dato il via ad accertamenti corposi che avevano fatto emergere il grosso giro di affari esistente intorno a tali tipologie di concorsi.
Siddi aveva denunciato la richiesta di denaro che ìl generale Luigi Masiello gli aveva avanzato, dopo avergli prospettato il facile superamento della prova concorsuale per l’arruolamento, quale allievo maresciallo, per l’anno 2015-2016, nell’arma dei carabinieri.
Le indagini e le intercettazioni telefoniche avevano fatto emergere un articolato sistema, ideato da parte degli uomini della cricca. Con riferimento al concorso il meccanismo truffaldino attraverso cui, di fatto, erano state alterate le condizioni di pari opportunità tra gli aspiranti era stato articolato su due stratagemmi. Per un verso, era stata formata una dispensa (chiamata dai diretti inteteressati, la “pandetta”), recante un estratto della banca dati compendiante un numero limitato di quesiti identici o comunque analoghi a quelli destinati a comporre i questionari da somministrare, afferenti a parte delle materie previste dal bando di concorso (sicuramente, matematica e deduzioni logiche relativamente alla II immissione), con la spiegazione di come individuare, in modo semplificato, la risposta esatta tra quelle proposte.
Per altro verso, era stato ideato un vero e proprio algoritmo, ovvero una combinazione di 4 componenti numeriche, assunte solo per la cifra unitaria (il numero delle lettere che costituivano la prima parola della domanda che precedeva – ovvero che seguiva – quella a cui si doveva rispondere; il numero della domanda a cui si dava risposta; il numero della scheda estratta giornalmente daila commissione in sede di concorso e comunicata alla platea; un numero fisso, da individuarsi nel 2 per la I immissione e nel 3, per la II immissionet il cui risultato totale (anch’esso considerato limitatamente alla sola cifra unitaria}, serviva per definire un conteggio elementare delle lettere (a – b – c – d) che caratterizzavano le risposte, associate alle varie domande proposte (da destra verso sinistra, nel caso dì domanda pari e da sinistra verso destra, in caso dì domanda dispari), per individuare, tra le opzioni proposte, quella esatta.
Il sistema si basa su quattro numeri, di cui si considera solo l’unità:
– il primo (A): il numero dell a domanda, tra le 116 somministrate, a cui si sta rispondendo;
– il secondo (B): si rileva dal numero della scheda estratta;
– il terzo (C): un numero fisso, sebbene si sia fatto credere che trattasi di un’incognita, comunicata al partecipante fa sera precedente alla data della prova;
L-_il quarto (d)_ la somma deòlle lettere della prima parola della domanda precedente a quella a cui si sta rispondendo
Considerate le unità di detti numeri, si procede alla !oro sommatoria (A+B+C+D); di tale risuftato numerico si assume (anche in questo caso) ia sola cifra unitaria ovvero, nel caso la somma produca un multiplo di 10 (20 o 30), si assume sempre il numero 10. ottenendo, in altre parole, pertanto una cifra compresa tra 1 e 10.
Tale ultimo numero servirà per operare un conteggio, definendo anche il verso dello stesso conteggio. volto ad individuare la risposta corretta associata alle singole domande, tra le quattro opzioni preposte (a – b – c – dì; airuopo si opera un confronto logico tra il numero della domanda a cui si sta rispondendo e il risultato della sommatoria predetta: nel caso i due numeri siano entrambi pari o entrambi dispari, si effettua un conteggio da destra verso sinistra [ovvero: a (1), b {2}, c (3), d (4), a (5), b (6), c (7). d (8), a (9), b (10)], in caso contrario, detto conteggio viene effettuato da sinistra verso destra [d {1), c (2}, b (3), a (4), d (5), c (6). b (7), a (8), d (9), c (1 O)].
Esempio
• Domanda n. 27: 27
• Scheda estratta n. 18: 18
• Incognita: 05
Prima parola domanda precedente Quale: 05
Eliminare le decine da tutti i numeri ottenuti e si otterrà la somma: 7+8+5+5=25
Eliminare le decine e si otterrà: 5
Poiché la domanda nell’esempio è dispari (27) si opererà, tra le opzioni proposte, il conteggio dì 5, ctoè !’unità relativa alla sommatoria, da sinistra verso destra:
+a(1) (5)-b(2)-c(3)-4(4)
la risposta è a.

Mentre erano in corso i test del 5 luglio del 2016, infatti, l’algoritmo andò improvvisamente in tilt. Si tratta di un fatto anomalo che, scrive il gip, resta ad oggi senza spiegazione. Testa avrebbe sostituito tutti i plichi sigillati e già consegnati, contenenti i questionari elaborati e non ancora estratti (e dunque eventualmente utilizzabili per le successive fasi del concorso), con altri plichi con dentro questionari simili: in tal modo avrebbe disattivato il “suo” algoritmo, azzerandone la funzionalità. Probabilmente la situazione a un certo punto la situazione sarebbe sfuggita al controllo di tutti. La distribuzione avrebbe raggiunto un numero troppo elevato di candidati, finendo, di mano e mano, a chiunque e dovunque. Mandare in tilt il sistema sarebbe stato in quest’ottica, un tentativo, disperato, di evitare guai. Ma era già troppo tardi.

Cronache della Campania@2018

Napoli, cerca di fare il ‘cavallo di ritorno’ della macchina del caffè a un barista di Giugliano: denunciato 29enne di Scampia

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Napoli.I Carabinieri della Stazione di Varcaturo hanno denunciato in stato di libertà per ricettazione un 29enne di Scampia incensurato. Il giovane è stato bloccato nel corso di un servizio di osservazione, organizzato nei pressi del parcheggio del centro commerciale Auchan di via San Francesco a Patria, mentre stava cercando di vendere una macchina per caffè, rubata ad un esercizio commerciale di via Ripuaria insieme ad altre 5 la notte del 14 ottobre. L’appuntamento con il ladro era stato fissato dal titolare dell’esercizio commerciale derubato, un 33enne di Giugliano in Campania che dopo il furto aveva visto le sue macchine per caffè esposte su un annuncio di vendita online. Il commerciante aveva finto di essere interessato ed aveva concordato l’incontro. Poi aveva avvisato i Carabinieri. In seguito a perquisizione della abitazione del 29enne, i militari hanno rinvenuto altre 3 macchine da caffè, provento del furto.

Cronache della Campania@2018

Gragnano, ubriaco e senza biglietto accoltellò il controllore della Sita: 7 anni di carcere

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Gragnano. Sette anni di carcere e risarcimento dei danni al ferito è alla Sita: è questa la sentenza emessa dal Tribunale di Torre Annunziata nei confronti di Ciro Donnarumma detto o’ sceriffo. Il 44enne di Gragnano il 19 novembre dello scorso anno ubriaco e senza biglietto accoltellò il controllore della Sita Antonio S. originario di Lettere che lo stava invitando a scendere dal bus di linea. L’uomo era salito sul bus a Castellammare. Durante il controllo era emerso che Donnarumma era senza biglietto, ne nacque una discussione con il controllore. Dopo una discussione con il controllore le cose parevano essersi calmate visto che erano stati gli altri passeggeri a fare da pacieri e fare una colletta per pagargli il biglietto. Ma arrivato al deposito della Sita, l’uomo riprese ad insultare il controllore , prima picchiandolo e poi sferrandogli  una coltellata prima di fuggire. Dopo circa un’ora di fuga Donnarumma fu arrestato dai carabinieri della compagnia di Castellammare di Stabia. Donnarumma era finito a processo immediato a marzo scorso: per le lesioni gravi è stato condannato ieri a sette anni e tre mesi di reclusione. Il collegio del tribunale di Torre Annunziata presidente Valeria Campanile ha riconosciuto le parti civili che dovranno farsi risarcire in separata sede, con una provvisionale da 5mila per Antonio S. e da 2mila euro per la Sita.

 

Cronache della Campania@2018

Omicidi e violenze nel ‘Giardino dei Girasoli’ di Eboli: 11 arresti

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I Carabinieri del NAS di Salerno, hanno dato esecuzione ad una ordinanza cautelare emessa dal GIP del Tribunale di Salerno, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di 11 indagati, dei quali uno sottoposto alla misura cautelare della custodia domiciliare e 10 a carico di altrettanti dirigenti medici ed appartenenti al personale infermieristico, in servizio presso l’Unità Operativa di Medicina del Dolore e Cure Palliative – Hospice “Il Giardino Dei Girasoli” e presso I’ Unità Operativa di Medicina Legale in seno al Distretto Sanitario n.64 di Eboli, resisi responsabili, a vario titolo, nella loro qualità di incaricati di pubblico servizio, dei reati di truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale, peculato, falso materiale, falso ideologico, favoreggiamento personale, violenza privata ed omicidio.
I risultati della complessa attività investigativa saranno rassegnati nel corso di conferenza stampa che si terrà oggi alle ore 11.00 presso gli uffici della Procura della Repubblica di Salerno.

Cronache della Campania@2018

Napoli, 80 furti di auto con ‘cavallo di ritorno’: 11 arresti

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I carabinieri della compagnia di Napoli Poggioreale, eseguendo un’ordinanza emessa dal gip di Napoli su richiesta della Procura partenopea, hanno arrestato 11 persone, 8 delle quali sottoposte alla custodia cautelare in carcere e 3 ai domiciliari, ritenute gravemente indiziate dei reati di furto pluriaggravato di auto, estorsione, con il metodo del cosiddetto “cavallo di ritorno”, e ricettazione. Altri due indagati sono attualmente ricercati. Le indagini hanno consentito di accertare l’operatività di una squadra di soggetti a composizione variabile che, operando di notte tra Napoli e la sua provincia, commettevano numerosi furti, anche su commissione, di auto e di componentistiche e accessori d’auto, prediligendo stereo e navigatori, che insieme alle auto venivano poi rivenduti ai prezzi di un vero e proprio tariffario a un ricettatore di fiducia o al committente del furto. E’ stato inoltre ricostruito il modus operandi degli autori dei furti che, individuato il modello di auto richiesto, ne forzavano la portiera o frantumavano il finestrino e, utilizzando una centralina decodificata, portavano via l’auto, il tutto utilizzando guanti per non lasciare impronte. Dopo aver compiuto il furto, inoltre, ripulivano il veicolo rubato da eventuali sistemi di geolocalizzazione e nascondevano la componentistica rubata nella vegetazione a bordo strada o in botti di acqua per riprenderla successivamente.

Cronache della Campania@2018

Salerno, inchiesta sul maxi tamponamento mortale in autostrada

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La Procura di Salerno ha aperto un’inchiesta sull’maxi incidente avvenuto ieri sera sulla Salerno – Reggio Calabria che ha visto coinvolto sette persone tutte ferite ad eccezione di Francesco Spera, 62enne di Giffoni Sei Casali che ha perso la vita. Ad allertare i soccorsi alcuni automobilisti che giunti sul posto si sono trovati davanti agli occhi una scena quasi apocalittica. In pochi minuti sono arrivati le ambulanze del 118, gli agenti della Polizia Stradale e i Vigili del Fuoco. Il 62enne che ha perso la vita è rimasto incastrato tra le lamiere dell’auto. L’uomo era a bordo di un’utilitaria e probabilmente è stato lui a sbandare finendo contro altri veicoli. Tuttavia non è ancora chiara la dinamica dell’incidente. La polizia stradale ha effettuato i rilievi ma ora sarà fondamentale la testimonianza degli automobilisti feriti. Intanto sono state poste sotto sequestro le auto coinvolte nell’incidente e il corpo dell’uomo sul quale sarà disposto l’esame autoptico. Non è da escludere che tra le cause dell’incidente ci sia l’alta velocità o una manovra errata.

Cronache della Campania@2018


Cuoco morto nel crollo del ristorante Zaccaria di Amalfi: chiesti 15 anni di carcere

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La Procura di Salerno chiede complessivamente quindici anni di pena per nove dei dieci imputati nel processo per la morte di Carmine Abate, il cuoco del ristorante Zaccaria che il 2 gennaio del 2010 morì a causa della frana che centrò in pieno il locale di Atrani. Il pubblico ministero ha chiesto l’assoluzione per il responsabile Anas dell’area tecnica, Nicola Nocera. Secondo l’accusa i tecnici avrebbero effettuato una qualificazione dei rischi e pericoli, del tratto di costone che crollò, errata. La parte a monte venne classificata e definita a pericolosità e rischio medio al posto di una pericolosità elevata. Il pendio a valle fu classificato a rischio più elevato rispetto al tratto superiore. Una classificazione che secondo gli inquirenti rappresenterebbe una violazione dei parametri tecnici presenti nel piano di stralcio per l’assetto idrogeologico Destra Sele. Inoltre secondo la Procura i proprietari non avrebbero fatto nulla per mettere in sicurezza lo stabile. Chi risponderà di omicidio colposo e crollo colposo sono il proprietario del tratto di costone roccioso interessato Andrea Barbato: per lui sono stati chiesti due anni e sei mesi. Un anno e otto mesi per Domenico Guida, direttore dei lavori per l’autorità di bacino Destra Sele. Due anni per Giovanni Polloni, tecnico geologo abilitato dalla società Aquater alla stesura del piano per l’assetto idrogeologico Destra Sele. Un anno e quattro mesi per Vincenzo Trassari, ingegnere per il coordinamento tecnico di progetto e rischio frane. Un anno e quattro mesi per Gerardo Lombardi, responsabile del procedimento e relatore per le frane nel gruppo di supporto nominato dall’autorità di bacino Destra Sele. Un anno e due mesi a Lorenzo Rocchetti, responsabile del progetto per la società Aquater. Un anno per il geologo in servizio al Destra Sele Crescenzo Minotta. Pinto Zaccaria e Annamaria Staiano, amministratori della società “Cantina del Nostromo” che gestiva il ristorante: rispettivamente due anni e quattro mesi e un anno e sei mesi.

Cronache della Campania@2018

‘Spara prezzi alti, sennò questi pagano poco’ così la gang dello ‘zio’ riciclava gli oggetti rubati nelle case. LE INTERCETTAZIONI

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Boscoreale. Chiedevano aiuto ai familiari quando erano in difficoltà. “Mamma, stiamo scappando”. Gli investigatori hanno intercettato anche le telefonate durante un tentativo di fuga della banda lo scorso luglio del 2017 quando il gruppo fu sorpreso dai carabinieri durante un colpo messo a segno in un appartamento a San Marzano sul Sarno. I padroni dell’abitazione erano andati a fare compere e in pochi minuti la banda aveva fatto razzie di tutto. Quel giorno finì in manette il capo della banda Mario Falanga. Falanga ritenuto il capo dell’organizzazione era anche uno degli uomini operativi. In quell’occasione fu anche arrestato Giuseppe Cervero e dopo un inseguimento vennero anche identificati Aniello Panariello, Giovanna Fusco e Carmine Carbone, raggiunti solo il giorno dopo da un’ordinanza di custodia in carcere. “Vieni dove sta il meccanico” diceva Giovanna Fusco al telefono. Qualche giorno prima nel posto indicato dalla donna era avvenuto un incontro con dei ricettatori per la consegna del materiale da rivendere sul mercato nero delle attrezzature agricole. Dalle telefonate sono emersi alcuni prezzi degli attrezzi da campo rubati.
“Spara il prezzo più alto, digli 250” diceva Mario Falanga ad uno dei ricettatori. “Zio, quanto devo chiedere?”. “Sparagli 500 euro a questo”. “Io gli ho detto 300 e dice che va da Leroy Merlin lo paga 220”. “Allora questo non vuole darci neanche 100 euro?”. In un’altra vendita il capo è deciso e categorico sul prezzo. “Meno di 200 è impossibile. Diglielo che a me è costato tanto, quindi deve cacciare di più”. Secondo gli investigatori sono almeno trenta i colpi messi a segno in quattro mesi. La banda, organizzata in gruppi, razziava gioielli, denaro, elettrodomestici e attrezzature agricole che venivano portate in depositi indicati da Falanga, il 46enne ritenuto capo del gruppo per il rispetto indiscusso della banda decideva praticamente tutto. Il 46enne decideva i furti e come muoversi, l’organizzazione delle bande. Il tutto avvalendosi della nipote 34enne. La banda di ladri era composta da italiani e romeni. Prima di mettere a segno il colpo eseguivano anche dei sopralluoghi per studiare la “pericolosità” e il rischio dell’ “operazione” da mettere a segno. La banda è stata sgominata ieri, sono 16 le persone indagate di cui una già in carcere

Cronache della Campania@2018

Finanziere al servizio dei clan casertani: la Dda chiede 10 anni di carcere

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il pm della Dda di Napoli, Luigi Landolfi ha chiesto dieci anni di reclusione per il finanziere Vincenzo Barbato Iannucci, quarantadue anni di Castelevenere e in servizio a Solopaca accusato di legami con i clan della camorra di san Felice a Cancello nel Casertano. Nel processo che si sta svolgendo con il rito abbreviato davanti al giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Napoli vengono contestati vari titolo i reati di estorsione e associazione camorristica. Per gli altri imputati invece ha richiesto: diciotto anni per Giovannina Sgambato (68 anni di San Felice a Cancello), dodici anni per Enzo Ruotolo (43 anni di San Felice a Cancello), diciotto anni per Michele Lettieri (54 anni, di Pignataro Maggiore). Chiesta invece l’assoluzione per Vincenzo D’Onofrio (50 anni di Airola), Orazio De Paola (56 anni di San Martino Valle Caudina), Nicola Panella (54 anni di Montesarchio). Ha invece scelto il rito ordinario Domenico Servodio (39 anni di Rotondi) mentre è stata stralciata la posizione di Vincenzo Carfora (49 anni di Forchia), ritenuto incapace di stare in giudizio. La prossima udienza è in programma per il 13 novembre.
Le indagini coordinate dalla Dda di Napoli e svolte dai carabinieri dalla Guardia di finanza hanno fatto chiarezza su un intreccio di clan malavitosi che stava per generare una guerra a San Felice a Cancello se non fosse stata sancita una pace apparente che metteva d’accordo tutti. I termini di questo “armistizio”, secondo l’accusa, erano chiari: agli imprenditori si doveva chiedere il massimo, venticinquemila euro se andava tutto bene, quattromila se andava male. Un confronto tra il clan gruppo Sgambato-Lettieri e il fronte opposto, i Pagnozzi. In questi rapporti tra clan per gli inquirenti era finito anche il finanziere sannita accusato di aver organizzato un appuntamento con una persona di Casal di Principe che avrebbe dovuto avvicinare il titolare dell’impresa Green Impresit, incaricata dal Comune di San Felice a Cancello di svolgere dei lavori pubblici. Ma all’appuntamento il militare non sarebbe mai andato. In particolare tre gli episodi estorsivi contestato: alla Green Impresit di Caprio il primo, ai danni di un negozio di elettronica e computer il secondo e il terzo ai danni di una concessionaria di moto. Come tangente, oltre al danaro, anche telefoni cellulari e tablet intascati dal gruppo camorristico.

Cronache della Campania@2018

Omicidio di mamma coraggio, arrestato il mandante: il boss Francesco Tamarisco

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I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Gruppo di Torre Annunziata hanno dato oggi esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Torre Annunziata su richiesta di questa Procura della Repubblica, nei confronti di Francesco Tamarisco, cl. 73, in quanto ritenuto il mandante dell’omicidio di Matilde Sorrentino, avvenuto a Torre Annunziata nella serata del 26 marzo 2004, quando la donna, sull’uscio della propria abitazione, venne freddata da diversi colpi di pistola, all’età di quarantanove anni. Le immediate indagini consentirono di individuare l’autore materiale dell’omicidio:  Alfredo Gallo cl. 78, pregiudicato, il quale per tale delitto venne arrestato il 30 aprile 2004 dai Carabinieri della Compagnia di Torre Annunziata e successivamente condannato all’ergastolo in via definitiva.
L’omicidio della donna rappresentò, alla luce delle complessive emergenze investigative e probatorie, il tragico epilogo di una delle più gravi vicende criminali verificatesi sul territorio di Torre Annunziata, ovvero quella relativa al sistematico abuso e stupro di diversi bambini a opera di una organizzazione di pedofili attiva nel così detto quartieri dei “Poverelli”. I fatti furono compiutamente documentati a seguito della denuncia di tre madri, i cui figli erano caduti nella rete dei pedofili. Tra le denuncianti un ruolo di assoluta protagonista venne assunto da Matilde Sorrentino, per questo detta “mamma coraggio”, le cui dichiarazioni vennero acquisite sia nella fase delle indagini preliminari, sia nelle udienze celebratisi innanzi al Tribunale di Torre Annunziata, all’esito delle quali, con sentenza emessa il 9 giugno 1999, vennero condannati a pesanti pene detentive 17 dei 19 imputati, tra cui Tamarisco Francesco, poi assolto in appello. Il 26 ed il 27 luglio 1999, nell’arco di appena dodici ore, vennero trucidati a Torre Annunziata, due soggetti ritenuti tra i principali partecipi della turpe associazione dedita al sistematico stupro dei minorenni, Falanga Ciro e Sansone Pasquale nel frattempo rimessi in libertà per decorrenza dei termini di custodia cautelare, benché condannati alla pena di 15 e 13 anni di reclusione. Nel corso delle recenti indagini a carico del Tamarisco Francesco – capo dell’omonimo gruppo criminale detto dei “Nardiell’, con base a Torre Annunziata ed operante nell’ambito del traffico dei narcotici – è stata complessivamente acquisita una cifra gravemente indiziaria tanto da ritenerlo il mandante e l’organizzatore dell’omicidio di Matilde SORRENTINO. L’arrestato nutriva gravi ragioni di astio e di risentimento nei confronti della SORRENTINO, in quanto la donna aveva osato denunciarlo.

Cronache della Campania@2018

Omicidio ad Aversa: ucciso in auto nel distributore di benzina sull’Asse Mediano

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Si torna a sparare ad Aversa. Un uomo è stato ucciso a colpi di pistola questa mattina mentre era in auto nei pressi di una pompa di benzina proprio nelle vicinanze dell’uscita dell’Asse Mediano di Aversa Nord, in viale Europa, a poche centinaia di metri da San Marcellino. Sul posto ci sono i carabinieri e la scientifica. La vittima dell’omicidio è un uomo in una Fiat Panda, di cui non si conoscono ancora le generalità. E’ probabile che l’omicidio sia accaduto stanotte, ma il corpo è stato ritrovato dai gestori del distributore di benzina Agip questa mattina. Sul posto c’è anche la scientifica per i rilievi.

Gustavo Gentile

Cronache della Campania@2018

Camorra: latitante clan dei Casalesi catturato in Ciociaria

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La Squadra Mobile di Caserta ha catturato a Ceccano in provincia di Frosinone il latitante del clan dei Casalesi Giovanni Diana, 57 anni, ricercato da settembre dopo essere stato colpito da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip di Napoli per i reati di estorsione aggravata dall’appartenenza ad associazione mafiosa. E’ il secondo latitante stanato in due giorni fuori regione; ieri in Molise e’ stato catturato Vincenzo Della Volpe, ritenuto vicino all’ex boss Antonio Iovine, oggi collaboratore di giustizia. Nel corso dell’operazione, i poliziotti della Questura di Caserta, assieme a quelli della Squadra Mobile di Frosinone, hanno arrestato anche il 51enne Franco Fabi, proprietario dell’immobile dove aveva trovato rifugio Diana; Fabi e’ ritenuto responsabile, in concorso con l’esponente del clan, anche di detenzione di arma clandestina, e in particolare di un fucile di fattura artigianale, sprovvisto di matricola e marca ed a canna unica. Un altro 40enne, trovato in compagnia di Diana al momento della cattura, e’ stato denunciato per favoreggiamento personale. Per la Dda di Napoli che ha coordinato le indagini, Diana sarebbe uno stretto collaboratore e uomo di fiducia di Salvatore Nobis, di cui e’ anche il cognato. Nobis e’ un fedelissimo del capoclan Michele Zagaria. In tale ruolo di elemento del clan, Diana, con due complici, avrebbe tentato di estorcere la tangente ad un imprenditore agricolo di Francolise.

Cronache della Campania@2018

Processo strage del bus, la difesa della funzionaria della Motorizzazione: ‘Colpa delle barriere’

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Avellino. Nessuno avrebbe potuto impedire che quel bus circolasse e l’unica sanzione possibile per chi ha messo su strada un “ammasso di lamiere” e’ soltanto il fermo amministrativo del mezzo. Cosi’ il legale della funzionaria della Motorizzazione civile di Napoli, Antonietta Ceriola, imputata nel processo per l’incidente di Acqualonga del 28 luglio 2013, cerca di respingere le responsabilita’ della sua assistita, accusata di aver falsificato la revisione del bus precipitato dal viadotto causando la morte di 40 persone di una comitiva di pellegrini di ritorno a Pozzuoli. Per l’avvocato Francesco Casillo l’attenzione deve spostarsi sullo stato di manutenzione delle barriere, pur essendo il pullman in pessime condizioni. Per Antonietta Ceriola, che fu anche arrestata dalla polstrada nell’ambito dell’inchiesta condotta dalla procura della Repubblica di Avellino, il pm Cecilia Annecchini ha chiesto la condanna a 9 anni di carcere, attribuendole anche il concorso in omicidio colposo plurimo e disastro colposo, sostenendo che la mancata revisione e la falsificazione dei documenti che attestavano il perfetto stato del mezzo avrebbero contribuito in maniera determinante alla strage di Acqualonga. Ricordando le testimonianze di alcuni superstiti, per il pm il bus avrebbe potuto fermarsi nel tratto in salita dell’A16, quando gia’ presentava anomalie nella marcia. L’insistere per arrivare a destinazione avrebbe poi provocato il collasso del sistema frenante. Il pullman, che aveva percorso oltre un milione di chilometri, necessitava di interventi di riparazione importanti e costosi, stimati nella perizia consegnata alla Procura di Avellino in 15-18mila euro. Non avrebbe mai potuto superare la revisione in quello stato e quindi non avrebbe mai potuto circolare. Nell’incidente perse la vita anche il fratello del principale imputato, Ciro Lametta, che aveva sostituito all’ultimo momento il fratello Gennaro, titolare dell’agenzia che noleggio’ il bus. Per Gennaro Lametta il pm ha chiesto la condanna a 12 anni di carcere. Dieci anni di reclusione e’ invece la pena richiesta per i 12 funzionari e dirigenti di Autostrade per l’Italia, tra cui l’Ad Giovanni Castellucci, senza distinzione tra le varie posizioni. Il processo riprendera’ proprio con le arringhe dei difensori di Aspi il 16 novembre prossimo.

Cronache della Campania@2018


Camorra, processo ai Zagaria, la Dda acquisisce i verbali del pentito Nicola Schiavone

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l pm della Dda di Napoli Maurizio Giordano ha chiesto l’acquisizione delle dichiarazioni del neo-collaboratore di giustizia dei Casalesi Nicola Schiavone, figlio del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone, nel processo in corso al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che vede imputati per violenza privata aggravata l’ex sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria e il boss omonimo Michele Zagaria. “Schiavone – ha detto il pm – ha parlato diffusamente degli odierni imputati”. Il sostituto ha chiesto anche l’acquisizione dell’informativa redatta dalla Dia che contiene i riscontri alle dichiarazioni di Schiavone jr. Il processo e’ nato dalla denuncia di un altro ex primo cittadino di Casapesenna, Giovanni Zara – che si e’ costituito parte civile – e che rimase sindaco per pochi mesi a cavallo tra il 2008 e il 2009, sfiduciato dalla sua stessa maggioranza di cui faceva parte lo stesso Fortunato Zagaria, che era vice-sindaco. Zara, secondo l’accusa, fu sfiduciato per volere del boss e con la regia di Fortunato Zagaria perche’ si era messo contro il capoclan, allora latitante, organizzando eventi anti-camorra, e auspicando a piu’ riprese anche in manifestazioni pubbliche, che il boss venisse catturato.

Cronache della Campania@2018

Salerno, in giro con la moto a Pastena a spacciare: presi due giovanissimi

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Gli agenti della Polizia di Stato hanno tratto in arresto, nel pomeriggio di ieri, due
spacciatori. In particolare, una pattuglia della Sezione Volanti della Questura di Salerno ha bloccato, nella flagranza del reato di detenzione di stupefacenti, due giovani che viaggiavano in sella di un motociclo nel quartiere Pastena a Salerno.
Alla vista degli agenti, i giovani hanno tentato di eludere il controllo, ma sono stati ben presto fermati e identificati per C.M. di anni 19 e T.V., 22enne. I due, entrambi salernitani, incensurati, sono stati perquisiti e trovati in possesso di sostanza stupefacente, di tipo hashish, pronta alla vendita, per un peso complessivo di circa quaranta grammi, nonché di una somma di denaro probabile provento dello spaccio.
In seguito alle perquisizioni domiciliari gli agenti hanno sequestrato anche materiale per la preparazione delle dosi di stupefacente. I due giovani, infatti, disponevano di contenitori con all’interno delle dosi di hashish, numerose bustine in plastica, bilancini di precisione, alcuni coltelli e taglierini da lavoro e di alcuni telefoni cellulari per contattare i clienti. Sequestrata anche una ulteriore somma di denaro provento dello spaccio, ammontante a
130,00 euro.
C.M. e T.V., pertanto, sono stati arrestati dagli agenti della Polizia di Stato e posti a disposizione dell’Autorità Giudiziaria in attesa dell’udienza di convalida.

Cronache della Campania@2018

Camorra, la vittima di Aversa è un affiliato ai casalesi di Schiavone: vendetta contro il pentito o faida interna?

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Omicidio nella notte ad Aversa: la vittima è Nicola Picone detto ‘o minorenne di 26 anni, ritenuto dagli inquirenti affiliato al clan dei casalesi. Il giovane pregiudicato è stato riconosciuto dopo ore dal suo ritrovamento. Inizialmente, infatti, gli inquirenti nell’auto hanno ritrovato i documenti di un incensurato napoletano Andrea Carpentieri, 20enne del Vomero e si pensava che il corpo potesse essere il suo.
Nicola Picone, 26 anni di Casaluce  aveva precedenti per reati di camorra. Il cadavere e’ stato rinvenuto questa mattina in una Fiat Panda parcheggiata all’interno di un’area di servizio. Un omicidio dietro il quale, ritengono gli inquirenti della Dda di Napoli  e i carabinieri del Reparto Territoriale di Aversa, sembra esserci l’ombra della camorra casalese. Picone era stato arrestato per aver chiesto il pizzo ai commercianti per conto della cosca guidata da Carmine Schiavone, terzogenito del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone; un clan indebolito da arresti e pentimenti, come quello recente di Nicola Schiavone, primogenito di Sandokan. Non si escludono comunque altre piste, sebbene quella camorristica sia tenuta maggiormente in considerazione. Determinanti potrebbero essere le immagini delle telecamere del distributore, che i carabinieri stanno visionando. Sul corpo di Picone e’ in corso l’autopsia a Napoli. Da un primo esame esterno del cadavere e’ emerso che il 26enne e’ stato raggiunto al braccio e al torace da proiettili sparati dall’esterno dell’auto; al distributore, Picone potrebbe esserci arrivato da solo, probabilmente per un appuntamento.

Cronache della Campania@2018

Napoli, choc all’ospedale San Paolo: dottoressa muore di tubercolosi. Escluso il rischio contagio

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Una dottoressa dell’ospedale San Paolo di Napoli, alla quale era stata diagnosticata la tubercolosi, è morta oggi dopo un anno di lotta con la malattia. Alta l’attenzione nel nosocomio di Fuorigrotta dopo che un altro medico è risultato positivo al test per la tubercolosi. Il consigliere regionale campano dei Verdi e componente della Commissione Sanità del Consiglio regionale della Campania, Francesco Emilio Borrelli, assicura però che “non c’è alcuna emergenza e nessun rischio di contagio di tubercolosi all’ospedale San Paolo, anche perché la dottoressa morta era stata colpita da una forma che non dà luogo a contagio, anche se molto più grave e mortale”. Borrelli ha parlato con il direttore sanitario dell’ospedale San Paolo, Vito Rago, e riferisce che “la positività dell’altro medico non preoccupa perché essere positivi non significa aver sviluppato la malattia, ma solo che si sono formati gli anticorpi per combatterla, una condizione comune a diverse persone”. Borrelli sottolinea che “sono state comunque avviate tutte le procedure per garantire che non ci sia alcun rischio per chi ha avuto a che fare con le persone coinvolte. Quel che è certo è che il San Paolo perde un medico di indubbio valore, visti i tanti attestati di stima che sta ricevendo la dottoressa deceduta”, conclude Borrelli esprimendo “le più sentite condoglianze ai suoi familiari”.

Cronache della Campania@2018

Camorra, il pentito Nicola Schiavone: ‘L’ex sindaco di Casapesenna era la testa di legno del boss’

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“Fortunato Zagaria era una sorta di ‘testa di legno’ di Michele Zagaria”. E’ cosi’ che il neo-collaboratore di giustizia del clan dei Casalesi Nicola Schiavone, figlio del capoclan Francesco “Sandokan” Schiavone, ha definito nel corso di un interrogatorio reso nelle scorse settimane alla Dda di Napoli l’ex sindaco di Casapesenna Fortunato Zagaria, imputato assieme al boss omonimo Michele Zagaria in un processo in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere che vede come parte offesa un altro ex sindaco di Casapesenna, Giovanni Zara. Il verbale e’ stato messo dal pm Maurizio Giordano a disposizione dei difensori dei due imputati; nella prossima udienza del 27 novembre, il collegio giudicante presieduto da Maria Francica decidera’ se ammettere questo nuovo elemento di prova, che potrebbe portare anche alla deposizione di Schiavone jr, e sciogliera’ la riserva anche su altre richieste di integrazione probatoria avanzate dall’accusa. Questi spiega di sapere di Fortunato Zagaria da numerosi esponenti del clan, alcuni dei quali divenuti pentiti. Il rampollo del capoclan, per rafforzare le sue dichiarazioni, racconta di come le amministrazioni delle cittadine del Casertano roccaforti dei boss, da Casal di Principe regno degli Schiavone a Casapesenna, paese di Zagaria, fossero controllate dal clan, e “cio’ per mia diretta esperienza dal 2004”. I sindaci venivano addirittura scelti dopo una specie di selezione. “A Casal di Principe – riferisce Nicola Schiavone – accadeva che alcune persone si proponevano di andare ad amministrare il Comune come sindaco; queste persone si rivolgevano a noi del clan e a me in particolare per il tramite delle persone di mia fiducia, per avere l’assenso alla loro candidatura. Io raccoglievo queste proposte e poi decidevo in base ad una sorta di valutazione delle personalita’, tra cui la serieta’ nei nostri confronti e il profilo psicologico. Quindi davo il nulla osta. Nel caso di Casapesenna il sistema era esattamente lo stesso”. Sulla figura di Zara Schiavone jr e’ esplicito. “Al contrario di Fortunato Zagaria – riferisce il neo-collaboratore – Giovanni Zara che e’ stato sindaco per un breve periodo a Casapesenna, non era un sindaco a nostra disposizione, tanto che Michele Zagaria intervenne per farlo cadere dalla carica, mi pare facendo dimettere i consiglieri che lo sostenevano”. Schiavone jr racconta anche di un appalto da 500mila euro vinto “per errore” da un’azienda di suo cugino al Comune di Casapesenna, allora amministrato da Fortunato Zagaria, cosa che fece infuriare il boss Zagaria, che aveva manomesso la gara per farla vincere ad un’impresa a lui riconducibile. “Michele Zagaria – dice Schiavone – intervenne facendo annullare la gara che fu poi assegnata all’azienda di sua fiducia”.

Cronache della Campania@2018

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