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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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L’ex avvocato del boss: ”Così aiutammo Setola ad uscire ad avere i domiciliari da dove poi evase”

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“Su indicazione di Giuseppe Setola mi rivolsi nell’estate 2006 all’oculista Aldo Fronterre’, cui chiesi di fare una consulenza medica al mio assistito affinche’ ne dichiarasse lo stato di incompatibilita’ con il carcere.
Lui accetto’, e fece cio’ che avevamo stabilito, cosi’ Setola riusci’ ad avere i domiciliari da cui poi e’ evaso”. Lo ha raccontato oggi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere  Girolamo Casella, ex avvocato del boss dei Casalesi Giuseppe Setola, condannato definitivamente dalla Cassazione, nel febbraio scorso, a 11 anni di carcere per associazione mafiosa perche’ oltre a rappresentare in giudizio il killer, ha svolto negli anni per conto di quest’ultimo anche le funzioni di messaggero all’esterno, tanto da essere ritenuto al servizio dei clan.
Casella, che ha iniziato a rendere dichiarazioni ai magistrati della Dda di Napoli ma non e’ ancora entrato nel programma di protezione, e’ stato sentito oggi come testimone nel processo in cui sono imputati il capo dell’ala stragista dei Casalesi, che risponde di simulazione di reato, e l’oculista di Pavia Aldo Fronterre’, cui sono contestati i reati di concorso esterno in associazione camorristica e false attestazioni all’autorita’ giudiziaria.
Per l’accusa – oggi in aula c’erano il sostituto della Dda di Napoli Sandro D’Alessio e l’ex pm antimafia, oggi Aggiunto proprio a Santa Maria, Alessandro Milita – Fronterre’ avrebbe presentato false attestazioni mediche permettendo a Setola, nel gennaio 2008, di ottenere gli arresti domiciliari in un’abitazione nei pressi della clinica Maugeri di Pavia dove si sarebbe dovuto curare; il 18 aprile dello stesso anno, pero’, Setola evase dalla clinica, dando inizio alla stagione del terrore nel Casertano che causo’ 18 morti, tra cui i sei immigrati africani uccisi nella strage di Castel Volturno.

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Camorra, il pentito e l’iniziazione ai tempi della faida: ”Per passare con gli Amato-Pagano si doveva uccidere uno dei Di Lauro”

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C’è stato un macabro rituale di camorra, uno de tanti, durante la prima faida di Scampia, che è stato svelato di recente dal pentito Pasquale Riccio, ovvero che gli ex Di Lauro che volevano passare con gli “scissionisti” del clan Amato-Pagano dovevano contribuire all’omicidio di uno dei vecchi amici, come segnale di fedeltà al nuovo gruppo.
Fu così, secondo il pentito Pasquale Riccio ‘o paliuso, an­che per Carmine Amoruso detto “Papacelle”, che fece scattare la trappola culmina­ta nella triplice uccisone a Mugnano del 9 novembre 2004. Si era agli albori della prima faida di Scampia e furono trovati i cadaveri di Stefano Maisto, del cugino Mario e di Stefano Mauriello. Ecco cosa ha messo ver­bale il collaboratore di giustizia il 18 marzo del 2015:
“Ho saputo del triplice omicidio da Gio­vanni Esposito ’o muort”  che era già nel gruppo di fuoco degli Amato-Pagano. Egli mi disse che l’omicidio venne com­ messo nel garage della casa di Carmine Amoruso, che si trova a Mugnano – sua o di suo fratello- e che se non mi sbaglio c la stessa da cui partì il gruppo di fuoco per commettere l’omici­ dio di Biagio Biancolella.
Carmine Amoruso con l’appoggio dato in questo omicidio (si riferisce al triplice di Mugano, ndr) si è girato dai Di Lauro agli “scissionisti”. “Papacelle” aveva avuto da Cosimo Di Lauro dei soldi per puntare una quota di hashish a Marano. Mandò a chia­mare ’o Cavallaro (Giovanni Cortese, ndr) con la scusa di restituire questa som­ma, ma ’o Cavallaro” (fedelissimo dei Di Lauro, ndr) invece di recarsi personalmente mandò questi tre giovani dei Di Lauro. I killer, per quanto che ho saputo, aspetta­vano Giovanni Cortese.
Esposito mi rac­contò che si trattava di Carmine Cerrato ’a recchia, Carmine Amoruso e lo stes­so Esposito, per come mi disse lui anche se credo più ad una sua vanteria. I particolari che riferì Espo­sito furono questi: una delle vittime fu colpita a un occhio, ma non mi disse chi fu a buttare l’auto con i cadaveri nella zona de­ gli “zingari”, anche se specificò che originariamente l’intento era quello di abbandonare l’auto proprio “in mezzall’arc” (strada di Secondigliano allora quartier ge­nerale del clan Di Lauro, ndr), ma non si poté fare per la presenza di troppe forze dell’ordine”.
Il triplice omicidio, come ricorda Il Roma,  si scoprì dopo una telefonata al 118. “C’è un uomo riverso a bordo di un’auto, forse sta male”. Arrivò la polizia. Nella Fiat Punto, sul sedile posteriore, c’era il corpo di Stefano Maisto, 27 anni.
Per terra, tra i sedili, quello di suo cugino Mario. I corpi crivellati dai proiet­tili erano chiusi in sacchi di plastica con chiusura lampo, generalmente usati dalla polizia mortuaria, e accanto fu trovato un giornale sportivo con la data del giorno prima, oltre ad alcuni atti giudiziari sulla scar­cerazione di un indagato per droga e alcuni disegni fatti con la mano di un bambinoinnamorato di Superman.
Nel portabaga­gli c’era il terzo cadavere, quello di Stefa­ no Mauriello, 31 anni, titolare di un gara­ge a Scampia. 1 tre, per la polizia, erano uomini del clan di “Ciruzzo ’o milionario”, pregiudicati e vivevano tutti tra Melito e Giugliano.

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Napoli, picchia la moglie e i due figli: arrestato 36enne al rione Sanità

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I carabinieri del nucleo radiomobile di Napoli hanno arrestato per maltrattamenti in famiglia un 35enne cingalese residente nel rione Sanità. Intervenuti in emergenza nella casa dove l’uomo abitava con la famiglia, lo hanno bloccato mentre si accaniva sulla consorte e sui figli, di 8 e 7 anni.
I militari hanno bloccato anche il fratello dell’arrestato, mentre schiaffeggiava il figlio maggiore per punirlo poiché aveva chiamato il numero di emergenza 112. Lo zio è stato denunciato per lesioni.
Mamma e figli sono stati soccorsi dal personale del 118 che hanno medicato loro le lesioni, guaribili nel giro di una settimana.aprendosi con i militari le vittime hanno raccontato che episodi del genere si verificavano da circa 4 anni. L’arrestato è stato rinchiuso a Poggioreale.

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Napoli, mamma sparita da 10 giorni dal Pallonetto di Santa Lucia: quartiere mobilitato alla sua ricerca

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Le donne di un intero quartiere alla ricerca di una loro amica sparita da dieci giorni lasciando solo a casa, cosa mai accaduta prima, il figlio minore avuto da una relazione con un uomo del rione.
Succede nel popoloso quartiere del Pallonetto di Santa Lucia, a Napoli, dove Juliya Jaksic, 38 anni, del Montenegro, vive da quasi vent’anni. La notizia della sua scomparsa e’ pubblicata anche sul sito della trasmissione di RaiTre “Chi l’ha visto?”.
Secondo le notizie raccolte dalle numerose ed improvvisate detective, partite dai vicoli a ridosso di piazza Plebiscito per scoprire gli ultimi spostamenti noti della ragazza, Juliya si sarebbe allontanata nella notte tra sabato e domenica 22 ottobre con un suo amico, J.C. di origine maghrebine, che l’avrebbe portata via da un bar nella zona della Stazione Centrale.
Fatto, questo, preceduto da una scena di gelosia da parte dell’uomo avvenuta poche ore prima davanti ad un altro bar nelle vicinanze. “Siamo molto in ansia per la sorte di Julia – dicono alcune donne all’esterno dei terranei del rione dove da giorni non si parla d’altro – e la cosa che piu’ preoccupa e’ che alcuni amici di J.C. hanno detto che l’uomo ha fatto perdere le sue tracce e forse e’ tornato in Marocco”.
“Avevamo saputo quasi subito di questa lite e abbiamo provato a chiamare Julia sul telefonino – raccontano le amiche – ma non ha mai risposto”. Ora il cellulare, dopo un’ultimo messaggio giunto a destinazione che era stato inviato della mamma dal Montenegro, non e’ piu’ raggiungibile. Parenti dell’ex compagno di Juliya hanno sporto denuncia di scomparsa alle forze dell’ordine.

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Napoli. Ospedale del Mare, il M5S: “Domani sopralluogo dei parlamentari”

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Domani, martedì 31 ottobre, alle 12 in via Enrico Russo a Napoli, davanti all’ingresso principale dell’Ospedale del Mare, i portavoce nazionali e regionali del Movimento 5 Stelle Dalila Nesci, capogruppo M5S della Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, Vega Colonnese, membro della Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, Luigi Gallo, membro della Commissione Cultura della Camera dei deputati, e Valeria Ciarambino, capogruppo M5S in Consiglio regionale e membro della Commissione Sanità, terranno una conferenza stampa per illustrare le criticità riscontrate durante un sopralluogo al nosocomio di Ponticelli che domani mattina coinvolgerà i portavoce M5S. Nel corso della conferenza stampa saranno anche annunciati gli atti che il MoVimento 5 Stelle depositerà in parlamento e in Consiglio regionale. “Esprimiamo grande preoccupazione per le condizioni in cui versa la sanità campana e per la gestione da parte di questo governo regionale e dei suoi nominati. L’Ospedale del Mare è diventato l’emblema di questo fallimento: ci si è preoccupati più delle passerelle che dell’organizzazione e del funzionamento, e oggi siamo all’ennesimo rinvio dell’apertura definitiva. A ciò si aggiunge lo smantellamento dei reparti materno-infantile della provincia di Napoli senza alternative pubbliche. Come Movimento 5 Stelle abbiamo portato la questione a tutti i livelli istituzionali, Parlamento e Regione e, durante la conferenza stampa, spiegheremo ai cittadini le azioni già intraprese e che intraprenderemo a difesa del diritto alla salute dei cittadini di questa terra”. Così in una nota i portavoce del Movimento 5 Stelle.

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Studentesse prostitute: c’era un listino in base all’età e all’avvenenza

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Ad ogni ragazzina corrispondeva una categoria professionale: “l’ingegnere”, “l’avvocato”, “il medico”, in base alla quale i clienti venivano contattati e sceglievano, pagando per una prestazione dai 10 ai 100 euro.
Funzionava come una sorta di vero e proprio listino, in base all’avvenenza e all’eta’, il giro di prostituzione minorile smantellato dai carabinieri del Comando provinciale di Avellino che in esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare, firmate dal Gip del Tribunale di Napoli su richiesta della procura, hanno arrestato tre persone ad Avellino e nei vicini comuni di Mercogliano e Lapio.
I reati contestati agli indagati sono induzione e sfruttamento della prostituzione minorile, atti sessuali a pagamento con minori e violazione della legge Merlin. Il circolo e’ stato sequestrato dai carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo di Avellino che dal maggio 2016 erano alla ricerca di indizi e riscontri a un racconto fatto dal fidanzato di una delle vittime.
Il giovane riferì ai carabinieri che la sua ragazza appena sedicenne era finita nel giro gestito dal titolare del circolo. L’uomo all’epoca fu arrestato, ma l’attività non si è mai fermata. Negli ultimi mesi i carabinieri hanno registrato il via vai continuo di persone più adulte in quei locali dove si giocava con videogiochi per ragazzi e al biliardino.
E da intercettazioni telefoniche e ambientali sono arrivati altri indizi per l’indagine coordinata dalla procura distrettuale di Napoli. Il gestore del circolo faceva attenzione a non nominare mai le ragazze, ma riusciva a comunicare ai clienti quando c’era quella più adatta ai gusti e alle esigenze. Il tariffario andava dai 10 ai 100 euro, in base alle prestazioni e per le ragazzine i guadagni potevano arrivare anche a 1200 euro al mese.
Clienti facoltosi, professionisti che saranno individuati nei prossimi giorni, in base al materiale raccolto nel corso delle perquisizioni e alle testimonianze che verranno dalle ragazzine coinvolte. Nella stanza appartata del circolo e’ stato sequestrato materiale ritenuto utile alle indagini.
Ma il comandante provinciale dei carabinieri di Avellino, colonnello Massimo Cagnazzo, chiede la massima collaborazione alle studentesse e ai loro parenti. “Sappiamo di situazioni di disagio economico, ma il nostro appello a collaborare – dice – e’ rivolto alle famiglie per aiutarci a individuare tutte le situazioni a rischio”.

 

 

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Caserta, accoltella un italiano che aveva picchiato un gatto: arrestato albanese

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Marcianise. Un albanese di 37 anni, Rakip Dogi, è stato arrestato dalla Polizia di Stato a Marcianise, dopo aver accoltellato in un bar un italiano con cui aveva avuto una lite. I due, hanno accertato gli agenti del Commissariato di Marcianise, sono venuti alle mani perchè l’italiano aveva gettato un giornale addosso ad un gatto che si era introdotto nel bar; il gesto dell’uomo aveva fatto infuriare l’addetta al bancone, una ragazza ucraina, che aveva chiamato il cittadino albanese. E’ subito scoppiata una scazzottata tra Dogi e l’italiano, entrambi probabilmente sotto l’effetto dell’alcol; inutilmente il gestore del locale ed un altro avventore hanno cercato di sedare la lite, poi l’albanese, irregolare sul territorio nazionale e già colpito da un ordine di allontanamento dal territorio nazionale, ha afferrato un coltello che era dietro al bancone e ha colpito alla gola l’avversario, che ha riportato una ferita superficiale guaribile in pochi giorni.

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Coinvolto nel maxi blitz della banda di rapina tir: assolto il trasportatore di Lettere

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E’ stato assolto perché il fatto non sussiste l’autotrasportatore di Lettere, Giovanni Sorrentino, coinvolto nell’inchiesta della polizia stradale su una associazione per delinquere che compiva rapine a Tir in tutta Italia. Difeso dall’avvocato Anna Amendola, l’uomo ha avuto l’assoluzione piena. Era stato arrestato lo scorso anno insieme con altre 12 persone nel corso di un maxi blitz.
La banda composta da persone di napoli e dei Monti Lattari aveva compiuto rapine in tutta Italia. L’ultimo colpo  però gli fu fatale.Ad Agerola nel 2015 i banditi bloccarono il conducente, di nazionalità polacca, di un tir che trasportava un ingente carico di legname. Riuscirono a prendere il controllo del mezzo per poi dirigersi verso l’autostrada in direzione Napoli, accompagnati da altre due autovetture con dei complici che seguivano le fasi della rapina pronti a fare da staffetta.
Il polacco fu abbandonato in autostrada, mentre il suo tir sparì nel nulla. Ma la polizia stradale di Napoli riuscì successivamente ad intercettare il mezzo perché i rapinatori avevano dimenticato di disattivare uno dei tre antifurti satellitari installati sul mezzo pesante. Il processo si è svolto in più fasi. Sorrentino era stato scarcerato già dopo 15 giorni dal suo arresto dal Tribunale del Riesame.
Alcuni dei presunti complici avevano patteggiato la pena e altri aveva scelto il rito abbreviato.Il capo della gang Raffaele Aprea (43enne di Napoli)  era stato condannato nei mesi scorsi a 5 anni e 4 mesi, Antonio Alfuso (35enne napoletano) a 5 anni e 4 mesi, Carlo Langellotti (30enne napoletano) 3 anni e 4 mesi, Alessio Peluso, 2 anni e 4 mesi, Salvatore D’Angelo 2 anni e sei mesi, Gianluca Esposito (44enne di Gragnano) 3 anni e 4 mesi.
Rimanevano in piedi solo altre tre posizioni tra le quali quella di Giovanni Sorrentino che è stato assolto con formula piena perchè il fatto non sussite.

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Napoli, bimbo in rianimazione per la tubercolosi: è una forma a bassa contagiosità

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E’ affetto da una forma a bassa contagiosità di tubercolosi il bimbo di 14 mesi ricoverato da sabato nel reparto di rianimazione dell’ospedale Cotugno di Napoli, dopo essere stato trasferito dall’azienda ospedaliera piediatrica Santobono-Pausilipon. Il bambino di 14 mesi nato in Italia ma proveniente da un campo rom nella provincia di Caserta, affetto da una forma a bassa contagiosità di tubercolosi e, attualmente, in prognosi riservata. Per monitorare l’insieme delle misure preventive da mettere in atto in tali situazioni, è stato tempestivamente istituito una tavolo tecnico tra esperti dell’Azienda ospedaliera dei Colli, dell’Azienda ospedaliera Santobono-Pausilipon, della clinica pediatrica dell’azienda ospedaliera universitaria Federico II e dell’Asl di Caserta che ha competenza territoriale. “Il tavolo ha definito un piano operativo che prevede l’avvio immediato delle azioni di monitoraggio e prevenzione”, spiega Giuseppe Longo, direttore generale della Azienda Ospedaliera dei Colli.
La tubercolosi, evidenzia Giuseppe Matarazzo, direttore sanitario dell’azienda dei Colli, è una malattia presente in modo sporadico in Italia, e le terapie per curarla sono efficaci, ma può manifestarsi con virulenza tra persone che fanno parte dei flussi di migranti che arrivano nel nostro paese e tra chi vive in condizioni di estremo disagio, quale sembra fossero quelle della famiglia del piccolo. Il bimbo infatti ha avuto complicanze neurologiche proprio per il contesto particolare in cui viveva. L’Asl casertana sta monitorando i genitori e le persone venute a contatto con il neonato e nel caso le analisi mostrassero che qualcuno ha contratto il germe, verrebbe immediatamente preso in carico e curato probabilmente nello stesso Cotugno, specializzato in malattie infettive.

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Mafia, l’ordine di Scaduto di ammazzare la figlia e l’amante carabiniere: ”Questo regalo glielo farò”

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Palermo. “Ammazzare lei, la figlia, e l’amante” perché “tutto da lei è partito”. Era questo l’ordine che il boss di Bagheria Pino Scaduto impartiva dal carcere. La vittima designata era la figlia, rea di aver intrapreso una relazione con un maresciallo dei carabinieri di Bagheria e, secondo il boss, di aver causato proprio in virtù di alcune confidenze fatte all’amante, il suo arresto. Il proposito omicida emerge da alcune intercettazioni dell’operazione dei carabinieri di Palermo che questa mattina ha portato all’arresto di 16 persone per associazione mafiosa ed estorsione. L’ordine di Scaduto, che oggi è tornato in carcere dopo essere tornato in libertà nel mese di aprile, sarebbe stato quello di uccidere la figlia, il suo convivente e il suo amante, maresciallo dei carabinieri di Bagheria. Un disonore da punire con il sangue, per un uomo di Cosa Nostra, quello di una relazione con un esponente delle forze dell’ordine. Scaduto lo aveva confermato anche alla sorella in alcune lettere scritte dal carcere. “Questo regalo quando è il momento glielo farò” scrive. E ancora: “Glielo faccio ancora molto più bello questo regalo…tempo a tempo che tutto arriva”. Il sicario designato avrebbe dovuto essere il figlio del boss, il quale però si è rifiutato. “No…io non lo faccio, il padre sei tu e lo fai tu…io non faccio niente..eh… mi devo consumare io? Consumati tu. Io ho trent’anni, non mi consumo”. A questo punto, Scaduto avrebbe incaricato un’altra persona che però si tirò indietro. “Sono loro nella famiglia – dice la persona che avrebbe ricevuto l’incarico nelle intercettazioni – si ammazzano come i cani, a quel ‘picciutteddu’ lo stanno facendo diventare…che se avete qualcosa da dire, sbrigatevela fra di voi nella famiglia…che minchia ci dite ai cristiani? Sua figlia o ha sbagliato o l’ha indovinata non è sempre sua figlia? Che minchia vuole”.
Questa insubordinazione è anche il segnale di un certo fermento nella mafia della provincia palermitana. Uno degli arrestati, Vincenzo Urso, è indicato dai collaboratori di giustizia come un “ballerino”, che “non sapeva dove andarsi a sedere, perchè il suo intento era di prendere la reggenza di Altavilla Milicia ai tempi di Pino Scaduto”. Giochi di potere che non interferivano però negli affari mafiosi: i soldi arrivavano costantemente grazie a una forma di “mediazione” nelle vendite. A spiegarlo e’ il pentito Antonino Zarcone. “Mettiamo caso… un esempio, una lottizzazione di 100 mila euro, loro che cosa facevano? Al proprietario – dice Zarcone nei verbali – chiudevano l’operazione per 90 mila euro, loro il terreno invece lo vendevano per 120-130 mila euro, la differenza dai 90 a quelli in più rimanevano a loro e la quota che spettava al proprietario del terreno gliela davano e iddi (loro) invece di prendere la mediazione normale, che poteva essere del 2%, tipo 2 mila euro, si prendevano 20, 30 o 40 mila euro sull’acquisto del terreno”. Ma il business proseguiva anche dopo perchè Cosa nostra avrebbe imposto agli acquirenti le imprese che dovevano fare i lavori. In pochi hanno confermato le estorsioni. Proprio per aumentare il numero di denunce, il sindaco di Bagheria, Patrizio Cinque, ha disposto l’esenzione dalla Tari – la tassa sui rifiuti – per gli imprenditori che si rivolgeranno alle forze dell’ordine in caso di richieste di pizzo.

L’ONORE MAFIOSO: I PRECEDENTI. Il caso di Pino Scaduto che aveva ordinato l’uccisione della figlia perchè aveva una relazione con un maresciallo dei carabinieri non è un fatto isolato nella storia della Mafia. Ci sono almeno due casi noti alle cronache simili a questo. Il più eclatante è quello di Lia Pipitone, 25 anni, figlia di Nino capo del mandamento di Resuttana. “Era nata per la libertà ed è morta per la sua liberta'”, ha raccontato il collaboratore Francesco Di Carlo il quale ha anche ricostruito i retroscena del delitto. Lia Pipitone venne uccisa il 23 settembre 1983. Il padre aveva dato il suo consenso dopo avere appreso che la figlia aveva, secondo Di Carlo, una relazione extraconiugale. Lia Pipitone fu uccisa con modalità simili a quella di una rapina. Ma a distanza di trent’anni l’inchiesta, sulla base delle dichiarazioni di Di Carlo, ha individuato i due presunti esecutori materiali, Vincenzo Galatolo e Nino Madonia. Il figlio della donna, Alessio Cordaro, si è costituito parte civile e con il giornalista Salvo Palazzolo ha ricostruito in un libro (“Se muoio sopravvivimi”) la storia della madre e il contesto mafioso del delitto. L’anno prima, ancora per risolvere un caso di “disonore”, il boss Giuseppe Lucchese detto ‘Lucchiseddu’ uno dei più feroci killer di Cosa nostra, aveva ucciso la cognata Luisa Gritti inscenando una rapina in un bar del centro. Poi aveva eliminato la sorella Giuseppina, che aveva crivellato con il marito sotto gli occhi della figlia della coppia. Le due donne erano state “punite” perchè le loro relazioni gettavano “discredito” sull’onore della famiglia.

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Castellammare, donna morta in ospedale: 6 avvisi di garanzia

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Castellammare di Stabia. E’ morta in ospedale dopo 13 ore su una barella posizionata in corsia. La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta ed ha provveduto inviare cinque avvisi di garanzia.
Nella giornata di ieri è stata effettuata l’autopsia sul corpo della donna, originaria di Pompei. Alla donna è stata fatta un’ iniezione ed è poi morta nella tarda serata di giovedì scorso. I familiari hanno sporto denuncia al locale commissariato di Polizia chiedendo di far luce sulla morte della 79enne.
Il caso della 79enne è l’ultimo che scuote il nosocomio stabiese, il secondo a distanza di pochi giorni dopo la morte dell’ operaio 61enne Giuseppe Balestrieri.

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Sparò al vicino di casa per il volume alto della radio, 78enne in carcere

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E’ in carcere per omicidio Antonio Rocco, il 78enne di Castel Volturno che nel 2013 uccise a colpi di fucile il vicino di casa, Giancarlo Schioppi. L’ordinanza di esecuzione cautelare e’ stata emessa dalla Corte d’Appello di Napoli.
L’uomo si trovava ai domiciliari. Schioppi mori’ il 21 maggio di quattro anni fa per le complicanze legate alle gravi ferite riportate la sera del 6 aprile, quando fu colpito alla spalla destra da due colpi di fucile durante un litigio con il vicino di casa Rocco. La lite tra i due scoppio’ per il volume troppo alto di una radio.

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Camorra, terza faida di Scampia: a processo 48 della Vanella-Grassi e dei Leonardi. TUTTI I NOMI

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E’ iniziato il processo di Appello per boss e gregari della Vanella-Grassi appartenenti al gruppo dei Leonardi, i “Girati” che scatenarono la terza faida di Scampia contro gli Abete-Abbinante e che in primo grado lo scorso anno sono stati condannati a 641 anni di carcere dal gup Francesca Ferri. Sono 48 gli imputati che in primo grado hanno incassato condanne pesantissime, pentiti compresi, come il boss Antonio Leonardi, ex braccio destro di Paolo Di Lauro, “Ciruzzo ‘o milionario”.
Ha incassato una condanna a dieci anni e otto mesi nonostante ci fossero i benefici della collaborazione con la giustizia e lo sconto di un terzo per il rito abbreviato, la condanna lo inchioda comunque per il suo ruolo apicale. Mentre i figli Alfredo, Felice e Giovanni, anche loro collaboratori di giustizia, hanno rispettivamente rimediato 15 anni e 4 mesi, 12 anni e 10 mesi, 10 anni e dieci mesi di carcere.
Sei anni per Umberto Accurso, l’ultimo dei capi dei “girati” della Vanella-Grassi in ordine cronologico latitane per oltre due anni e arrestato nel maggio scorso a Qualiano dopo la sceneggiata dell’attentato contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano; “solo” quattro anni invece per Rosario Guarino, alias Joe banana, altro esponente storico del gruppo della Secondigliano vecchia capace di strappare – a colpi di morti ammazzati – spazi di autonomia criminale prima contro i Di Lauro (siamo nel 2007), poi contro gli scissionisti del clan Abete.
Il processo ha svelato in larga parte quelli che sono stati gli scenari e le alleanze di una delle guerre di camorra più sanguinose dell’ultimo ventennio, quella, per intenderci, che ha visto il gruppo dei Leonardi e quello della Vanella Grassi contrapporsi al cartello residuo degli “Scissionisti” della prima ora, ovvero gli Abete-Abbinante. Nel biennio 2012-2014, le strade di Napoli Nord tornano così a essere inondate da un fiume di sangue. Poi, però, succede qualcosa. All’inizio del 2014 il boss Antonio Leonardi decide di interrompere il vincolo camorristico e di passare dalla parte dello Stato.
A stretto giro di posta fanno altrettanto i figli Alfredo, Felice e Giovanni. I ras iniziano così a parlare con gli inquirenti della Direzione distrettuale Antimafia, svelando volti e retroscena della Terza faida di Secondigliano. L’inchiesta approda rapidamente a una svolta. A giugno 2015 la Procura emette infatti 44 ordinanze di custodia cautelare in carcere. I reati contestati vanno dal 416 bis, al traffico di droga e di armi. Nel faldone finiscono anche due tentati omicidi, quello di Giovanni Esposito “’o  muort” (avvenuto il 4 luglio del 2012) e quello di Giovanni Giordano (il 12 novembre 2012), entrambi affiliati agli Abbinante. Tra i destinatari dell’arresto c’erano anche ras del calibro di Antonio Mennetta “Er Nino” e Arcangelo Abbinante, sul fronte opposto degli Abete.
L’inchiesta aveva tra l’altro preso il via anche grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali partite proprio in seguito tentato omicidio di Giovanni Esposito, cognato degli Abbinante, e dalla ricerca di alcuni latitanti dei clan in quel momento in guerra. Gli investigatori scoprirono così una lunga serie di retroscena in merito ai traffici di droga.
Saltarono quindi fuori anche le spedizioni a Roma di grossi carichi di cocaina e la disponibilità delle armi utilizzate per i due agguati e altre incursioni armate per la riconquista dei lotti G, H e K di via Labriola e della Vela celeste, piazze di spaccio contese tra la “Vinella” e gli Abete-Abbinante. Assai nutrito il gruppo di pentiti che ha supportato le indagini. In primo luogo, provenendo dall’interno ai massimi livelli, è risultata decisiva la collaborazione del boss Antonio Leonardi e dei figli. Riscontri importanti sono arrivati pure dalle vecchie conoscenze dei pm: su tutti Rosario Guarino “Joe banana”, i fratelli Annunziata, Gianluca Giugliano, Armando De Rosa, Mario Pacciarelli, Fabio Vitagliano e Giovanni Illiano. Ieri la stangata giudiziaria.

TUTTE LE CONDANNE DI PRIMO GRADO

ABATE LUIGI 10 ANNI

ACCURSO UMBERTO 6 ANNI

ANNUNZIATA CARMINE 2 ANNI

ANNUNZIATA GAETANO 2ANNI

ARUTA LUIGI 10 ANNI

AURILIO SALVATORE 20 ANNI

BARBATO SALVATORE 16 ANNI E 8 MESI

BARONE FRANCESCO 14 ANNI

BATTAGLIA CARMINE 17 ANNI E 4 MESI

CAPALDO SALVATORE 16 ANNI E 8 MESI

CAPUTO SALVATORE 16 ANNI E 8 MESI

CASTIELLO CIRO 6 ANNI E 8 MESI

CROCE MARIA 10 ANNI E 10 MESI

DATI VINCENZO 18 ANNI E 4 MESI

DE SIMONE VINCENZO 12 ANNI E 4 MESI

DI GENNARO ANTONIO 20 ANNI

DELL’ANNUNZIATA LUCA 8 ANNI

DELL’AVERSANA SALVATORE 8 ANNI

ESPOSITO MARCO 16 ANNI E 8 MESI

ESPOSITO VINCENZO 16 ANNI E 8 MESI

GIANNINO VIRGINIO 8 ANNI

GUARINO ROSARIO 4 ANNI

IORIO GENNARO 20 ANNI

LEONARDI ALFREDO 15 ANNI E 4 MESI

LEONARDI ALFREDO CL. 85  8 ANNI

LEONARDI ANTONIO CL. 60 10 ANNI E 8 MESI

LEONARDI FELICE 12 ANNI E 10 MESI

LEONARDI GIOVANNI 10 ANNI

LUCARELLI ANTONIO 6 ANNI

MAGELLI GENNARO 10 ANNI

MAOLONI PIETRO 16 ANNI E 8 MESI

MARCHESE GIUSTINA 16 ANNI E 8 MESI

MARINO ANGELO 15 ANNI E 4 MESI

MAROTTA ANTONIO 12 ANNI E 4 MESI

MAROTTA VITTORIO 12 ANNI E 4 MESI

MINCIONE ANTONIO 16 ANNI E 6 MESI

MINCIONE NICOLA 20 ANNI

MINCIONE PASQUALINA 14 ANNI E 8 MESI

MINCIONE RAFFAELE 20 ANNI

MINICHINI GIUSEPPE 5 ANNI E 4 MESI

PARZIALE GAETANO 18 ANNI E 8 MESI

PIEDIMONTE SALVATORE 20 ANNI

RICCIO GAETANO 16 ANNI E 8 MESI

SELVA ADRIANO  6 ANNI

SILVESTRO MICHELE 20 ANNI

STRAZZULLI FRANCESCO 15 ANNI

VANACORE ALFONSO 18 ANNI

(nella foto da sinistra Antonio Leonardi, Umberto Accurso, Nicola Mincione , Angelo Marino, Rosario Guarino, Pietro Maoloni, Antonio Di Gennaro, Alfonso Vanacore, Salvatore Piedimonte, Francesco Barone, Vincenzo Dati, Gaetano Parziale)

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Operazione antidroga della polizia tra Nocera e Pagani: un arresto e una denuncia

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Nel corso della giornata di ieri, personale della Polizia di Stato appartenente al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Nocera Inferiore, nell’ambito di un’operazione volta al contrasto della detenzione e dello spaccio di sostanze stupefacenti, operava una serie di perquisizioni domiciliari nel territorio di Nocera Inferiore e Pagani.
Nel corso di tale attività, svolta d’iniziativa, è stato arrestato Raffaele Chiappella, nato a Pagani 42enne, pluripregiudicato per reati specifici, resosi responsabile di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente. In particolare, a seguito di perquisizione domiciliare, sono stati rinvenuti  grammi 4,3 di cocaina, un bilancino di precisione e varie bustine idonee per il confezionamento delle dosi, nonché 230 euro in banconote di vario taglio.
Il tutto veniva trovato sul tavolo della cucina. L’arrestato, su disposizione del pm di turno, veniva posto agli arresti domiciliari presso la propria abitazione. I poliziotti del Commissariato di Nocera, inoltre, hanno deferito all’Autorità Giudiziaria C. A. di anni 28, residente in Pagani, resosi responsabile di ricettazione. A seguito di perquisizione domiciliare è stata trovata una bicicletta elettrica, del valore di circa duemila euro. Sono in corso indagini al fine di risalire alla proprietà di tale velocipede.
Gli agenti, nel corso dei servizi di controllo hanno inoltre segnalato alla locale Prefettura un 29enne, residente a Nocera Inferiore, trovato in possesso di 21,5 grammi di sostanza stupefacente tipo marijuana per uso personale.

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Napoli, vendeva false borse ai turisti del porto: migrante bloccato aggredisce i carabinieri

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96 borse con il marchio falso di case di moda italiane ed estere esposte in vendita a turisti e viaggiatori che venivano o partivano per le isole del golfo. Le proponeva un cittadino senegalese 39enne, Mamadou Dia, già noto alle forze dell’ordine per reati specifici e in Italia senza fissa dimora.
I carabinieri del nucleo operativo della compagnia Napoli Centro lo hanno arrestato per contraffazione di marchi e per resistenza a pubblico ufficiale. Nelle fasi concitate dell’intervento infatti, per evitare l’arresto, ha opposto resistenza ai militari che sono riusciti a bloccarlo solo dopo breve colluttazione e a sottoporre a sequestro il materiale. Ora attende il rito direttissimo.

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Truffe alle assicurazioni per conto del clan: chiesti 120 anni di carcere

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Mano pesante del pm della Dda di Napoli al processo a carico di Giuseppe Mallardo ed degli altri imputati coinvolti nel processo per truffe alle assicurazioni per conto del clan Mallardo. Davanti alla Settima Sezione del tribunale di Napoli – pres. Paglionico – il pm Maria Cristina Ribera ha svolto la sua requisitoria con le richieste di pena. La più alta, come riporta Il Roma, è per Giuseppe Mallardo: chiesti 24 anni di reclusione, 12 per Salvatore Ciccarelli alias chiò chiò, Maria Garrone 5 anni, Rodolfo Crispino 10 anni, Annabella d’Anania 5 anni, Roberto di Napoli 12 anni, Eugenio Guaglione 7 anni, Giovanna Mandara 8 anni, Massimiliano Muto a 7 anni, Pasquale Palma a 6 anni, Alfio Petralia a 5 anni, Luisa Topo a 5 anni, Gennaro Spatafora 5 anni, Michele di Napoli a 5 anni e Salvatore Napolitano a 5 anni.
Le indagini portarono al blitz nel novembre 2014 quando fu arrestato Giuseppe Mallardo alias ’o chiatton, esponente di spicco dell’omonimo clan giuglianese, sorpreso dalla Guardia di Finanza in un appartamento a Cassino.

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Camorra a Marano: la Dda ha chiesto il processo immediato per i Cesaro e soci

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La Dda di Napoli chiede il rito immediato a carico di Aniello e Raffaele Cesaro, Antonio Di Guida, Oiviero Giannella, ma anche per Biagio Cante, Salvatore Polverino  detto Toratto e Antonio Visconti. L’inchiesta è quella relativa allo scandalo dell’area Pip di Marano e dei collegamenti con il clan Polverino.
Gli indagati sono tutti accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione camorristica, in relazione a rapporti ritenuti sospetti con imprenditori e tecnici a loro volta indicati come legati al clan Polverino ma anche di di intestazione fittizia. Secondo il  pm anticamorra Mariella Di Mauro, che sta coordinando le indagini dei Ros da circa due anni, ci sono tutti gli elementi per anadre subito a processo sneza passare per l’udienza preliminare.
I due fratelli imprenditori del parlamentare Luigi Cesaro, che è indagato in questa inchiesta, sono attualmente detenuti nel carcere di Terni. Sono stati incastrati da una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali ma anche dal racconto di una mezza dozzina di pentiti.
Secondo l’accusa : “L’approvazione del pip e la conseguente variante del prg veniva imposta da Giuseppe Polverino a Mauro Bertini, sindaco di Marano dell’epoca e sarebbe passato attraverso il filtro del presunto patto politico mafioso: la nomina, con un incarico esterno, dell’ingegner Nicola Santoro quale soggetto deputato a redigere lo studio di fattibilità del Pip, nonché a predisporre tutti gli atti necessari per l’indizione e lo svolgimento della gara, che poi veniva pilotata dai Cesaro, dal momento che il Santoro era indicato come loro uomo di fiducia e quindi dei loro soci occulti”.
Nel circa mille pagine dell’ordinanza di custodia cautelare viene rappresentato uno spaccato criminale dei rapporti tra i Cesaro, l’imprenditore Antonio Di Guida e personaggi del clan Polverino
quali Angelo Simeoli, detto bastone e lo stesso Salvatore Polverino, figlio del boss latitante  Antonio, già condannato a 25 anni per 416 bis, e arrestato nel luglio scorso insieme ad un imprenditore considerato prestanome del clan, Antonio Visconti, per interposizione fittizia di beni, reato aggravato dalle finalità mafiose

 

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Clan Orlando: processo immediato per tutti ma gli imputati chiedono lo sconto di pena

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Inizierà dopodomani il maxi processo con giudizio immediato a carico degli oltre 30 imputati del clan Orlando di Marano, anche se molti hanno chiesto il rito abbreviato per ottenere lo sconto di pena. La cosca controllata dal boss latitante dal 2003, Antonio detto mazzulill  aveva preso il predominio su Marano e i comuni limitrofi estromettendo i Polverino e assoggettando Nuvoletta e grazie a vincoli familiari aveva creato clan satelliti con i quali controllava anche i comuni di Mugnano, Calvizzano e Quarto.
 Quello che emerge nelle 964 pagine dell’ordinanza del gip Francesca Ferri è un quadro allarmante del controllo del territorio da parte della cosca degli Orlando.Un clan articolato in piu’ livelli, militarizzato, in grado di imporre il pagamento del ‘pizzo’ a tappeto sul territorio, forte anche di ‘innesti’ della famiglia Novoletta, un tempo l’unica federata con la mafia siciliana.
Il nuovo gruppo criminale avrebbe esteso i propri tentacoli su settori specifici del territorio: mercato ortofrutticolo, edilizia ed appalti pubblici, gestione del ciclo integrato dei rifiuti, cimitero e macchina amministrativa. Con la latitanza di Antonio la famiglia malavitosa era guidata dai fratello Gaetano e Raffaele detto papele e dal cugino Angelo detto ‘o malomm.
La cosca aveva inglobato alcuni esponenti dei Nuvoletta di Marano e  si era estesa nel territorio limitrofo era strutturata in almeno quattro livelli.
Al vertice del gruppo, detto anche dei Carrisi, i fratelli Orlando, roccaforte tra Marano e Quarto; poi, al secondo livello, Armando Lubrano, nipote del boss Antonio, insieme a Lorenzo Nuvoletta, figlio di Ciro, elemento di vertice dell’omonimo clan ucciso in un agguato, e Angelo Orlando, ‘portavoce’ dei boss; al terzo livello, i ‘responsabili di zona’ come Gennaro Sarappo, che si occupa di Quarto, e Raffaele Lubrano, attivo a Calvizzano, insieme all’addetto al controllo, Celeste Carbone; al quarto livello, gli esecutori degli ordini.
Il clan intreccia i suoi interessi con quelli degli imprenditori locali, scontrandosi per questo anche con frange del clan Polverino, indebolito di recente da arresti e sequestro di ingenti patrimoni. Ma ha anche rapporti consolidati con la politica locale, in grado di condizionare la scelta degli amministratori.
Tra le attivita’ gestite, anche il traffico di sostanze stupefacenti dalla Spagna per rifornire le piazze di spaccio controllate.
La prima udienza del processo dunque è prevista per il prossimo due novembre, ma nelle settimane successive è previsto un autentico tour de force per inquirenti, giudici e difensori di parte.

 

GLI INDAGATI

1. AMETRANO Mario, nato a Aversa il 10.12.1975
2. BAIANO Luigi, nato a Napoli il 22.07.1981, alias “caramella”
3. CARBONE Celestino, nato a Napoli l‟ 11.04.1983, alias “ o Celestone”
4. CARPUTO Raffaele, nato a Napoli il 20.10.1981
5. CINCINNATO Francesco, nato ad Aversa il 21.07.1982
6. DI LANNO Antonio, nato a Mugnano di Napoli il 29.09.1980
7. DI LANNO Ciro, nato a Mugnano di Napoli il 17.05.1982, alias “Ciruzzo”
8. DI MARO Angelo, nato a Mugnano di Napoli il 21.12.1978, alias “o Pagliariello”
9. ESPOSITO Vincenzo, nato Napoli 28.09.1988
10. GAGLIANO Maria Rosaria, nata a Villaricca il 20.12.1975
11. LUBRANO Armando, nato a Villaricca il 25.07.1982, alias “Armandino” o “Shrek”
12. LUBRANO Raffaele, nato a Villaricca il 07.02.1980
13. LUBRANO Vincenzo, nato a Villaricca il 10.12.1984
14. LUCCI Pasquale Fabio, nato a Pozzuoli (NA) il 04.05.1980
15. NUVOLETTA Lorenzo, nato a Napoli il 01.07.1981
16. ORLANDO Angelo; nato a Napoli il 31.10.1979, alias “O Malomm”
17. ORLANDO Antonio, nato a Marano di Napoli il 14.1.1958, detto “Mazzulill”
18. ORLANDO Gaetano, nato a Marano di Napoli il 07.05.1947
19. ORLANDO Raffaele, nato a Marano di Napoli il 22.08.1954; alias “Papele”
20. POLVERINO Crescenzo, nato a Villaricca il 28.01.1984 alias “Crescenziello”
21. RAIMONDO Nicola nato a Napoli il 11/11/1973
22. RUGGIERO Salvatore, nato a Mugnano di Napoli il 30.03.1986, alias “u russ”
23. SARAPPO Gennaro, nato a Napoli il 26.02.1971, alias “hogan”o “ o marmittaro”
24. SARAPPO Mario, nato a Napoli 22.10.1969
25. SCHIATTARELLA Aniello, nato a Marano di Napoli il 17.10.1964
26. SPINELLI Antonio, nato a Santa Maria Capua Vetere (CE) il 17.02.1979
27. VECCIA Raffaele, nato a Napoli 07.08.1977 alias “o maresciall”
28. VISCONTI Claudio, nato a Napoli 02.03.1981, alias “Caccone”
29. AIELLO Salvatore, nato a Viareggio il 19.09.197 (
20. DI MARIO ISIDORO, nato a Napoli l’11 -12-1973
31. ORLANDO ANGELO, nato a Napoli il 26-7-1972 alias “Top Gun”
32. ORLANDO RAFFAELE, nato a Napoli il 7,-3-1980
33. BELMARE Eliodoro nato a Napoli il 22 -12-1980
34. DE FENZA Maurizio, nato a Napoli il 13-8-1986 detto mamozio
35. DE LUCA Alessandro nato aq Napoli il 15-10-1987 alias ‘o chiattone
36. DEL PRETE Luigi nato a Mugnano il 10-12- 1990

 

 

 

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Boscoreale, trasportava oltre tre chili di ‘erba’ nella Mercedes: arrestato

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Trasportava tre chili e mezzo di hashish all’interno dell’auto, ma i carabinieri lo scoprono e lo arrestano. In manette è finito Michele Imparato, 38 anni, pregiudicato di Boscoreale con diversi precedenti alle spalle e ritenuto vicino al clan Gallo-Limelli-Vangone di Boscotrecase.
Ad intercettare la sua Mercedes Classe A sono stati i carabinieri della stazione di Boscoreale e della radiomobile di Torre Annunziata, che lo hanno bloccato in via Settetermini, nei pressi del Piano Napoli.
Il 38enne si è mostrato nervoso all’atto del fermo e così i militari hanno deciso di fare un controllo approfondito dell’auto. La droga suddivisa in tre grosse buste di cellophane  era nascosta nel bagagliaio della vettura, era già essiccata e, dunque, era pronta per essere suddivisa in dosi e venduta.
Il valore della merce è di al- meno 20mila euro sul mercato dello spaccio al dettaglio. Imparato è stato subito arrestato per detenzione di stupefacente a fini di spaccio e trasferito in cella nel carcere di Poggioreale.

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Napoli, insospettabile sorpreso a Pianura con dosi di cocaina per 5mila euro

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I carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile della compagnia di Capua, in via Pisani a Napoli, quartiere Pianura, coadiuvati dai militari dell’Arma territorialmente competenti, nel corso di un servizio volto ad infrenare lo spaccio di sostanze stupefacenti, hanno proceduto all’arresto, in flagranza di reato per detenzione ai fini di spaccio, Luigi Filocaso, 35enne di Giugliano.
I militari dell’Arma hanno intercettato l’autovettura condotta dall’arrestato mentre si aggirava, in quel centro, con fare sospetto. Lo stesso, dopo un breve inseguimento, è stato fermato, identificato e sottoposto a perquisizione, nel corso della quale sono stati rinvenuti, occultati all’interno della predetta autovettura, 68 involucri contenenti cocaina per un peso complessivo di 48 grammi ed un valore commerciale di circa 5mila euro.
Inoltre, nella disponibilità dell’uomo è stato rinvenuto un bilancino di precisione, materiale vario per il taglio delle dosi e la somma contanti di 360 euro provento dell’attività di spaccio. Quanto rinvenuto è stato sottoposto a sequestro. L’uomo è stato portato nel carcere di Poggioreale. Sono in corso indagini per cercare di comprendere dove sia stato acquistato il carico di droga e a chi fosse destinato.
È probabile che stesse soltanto trasportando la sostanza stupefacente che invece era droga che sarebbe stata venduta da qualcun altro in un altro posto della città e forse addirittura fuori provincia. Per ora si tratta solo di ipotesi investigative sulle quali stanno lavorando i carabinieri.

 

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