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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Blitz al parco Verde di Caivano: trovate mille dosi di crack

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Milletrecentootto dosi di crack erano nel vano sopra una cabina ascensore, coperte da una lamiera rimossa dai militari; 19 dosi di coca, 4 involucri contenenti 65 grammi della stessa sostanza e 16 di eroina, un revolver con matricola abrasa e un caricatore per semiautomatica erano invece in un nascondiglio ricavato all’interno della colonna ascensore, tra un piano e l’altro.
Il tutto è stato rinvenuto dai Carabinieri dell’aliquota radiomobile di Casoria e della tenenza di Caivano e sequestrato al momento carico di ignoti, ma sono in corso indagini per attribuire il possesso degli stupefacenti oltre che per accertare se l’arma sia stata utilizzata in minacce o in fatti di sangue.

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Ultras del Napoli devastano bar a Verona

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Una quarantina di ultras partenopei ha assaltato con spranghe e coltelli il “Caffe’ Oro Bianco” in Corso Cavour a Verona, prima della partita Chievo-Napoli, devastando completamente il locale, ritrovo abituale dei tifosi del Verona. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni, i tifosi poco dopo mezzogiorno hanno sfondato la vetrina, lanciato in aria i tavoli e per alcuni minuti si sono barricati all’interno dell’esercizio commerciale.
Per l’europarlamentare Lorenzo Fontana (Lega) “quello compiuto oggi e’ un gravissimo atto di delinquenza e vigliaccheria da condannare con massima fermezza. Chi ha assaltato il bar non e’ definibile ‘tifoso’ ma ha un solo nome: delinquente”. L’auspicio dell’esponente del Carroccio e’ che “questi delinquenti vengano presto assicurati alla giustizia, grazie al rapido intervento delle forze dell’ordine. Verona e’ citta’ civile che non puo’ tollerare simili episodi”.
“Stavamo finendo di pranzare, eravamo in 15 tra cui due bambini – racconta ai giornali locali il titolare del bar, Alan Ceruti – quando un mio cliente che si trovava all’esterno mi ha avvertito che stava accadendo qualcosa di strano”. Secondo quanto riferito da Ceruti, la strada dove si trova il bar e’ stata improvvisamente bloccata da tre furgoni e cinque auto, da cui e’ sceso un gruppo di quaranta ultras napoletani.
“Abbiamo appena fatto in tempo a chiuderci dentro e a puntellare l’ingresso con gli sgabelli che avevamo che si e’ scatenato l’inferno: ci hanno rotto a sprangate tre vetrine e devastato il plateatico, facendo volare in aria sedie e tavoli”. I danni ammontano a varie migliaia di euro. “Dopo dieci minuti – dice ancora Ceruti – se ne sono andati, lasciandoci la devastazione.
La Polizia e’ ancora qui a raccogliere le deposizioni dei testimoni di quanto accaduto”. “Chi assale e’ distrugge un bar con spranghe e coltelli – commenta in una nota il deputato M5s Mattia Fantinati – non e’ piu’ definibile ‘tifoso’ ma soltanto delinquente”.

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Camorra, il pentito: ”Il boss Zeno ordinava omicidi dal carcere grazie a un microtelefono”

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Non è la prima volta che i pentiti di camorra parlano di corruzione di guardie carcerarie sia a Poggioreale sia a Secondigliano. Regali, favori, soldi fatti ad agenti penitenziari corrotti per rendere più agevole la detenzione di boss della camorra.
Un episodio inedito del genere viene riportato nelle motivazioni dei 6 ergastoli comminati ad esponenti del clan Birra-Iacomino e gli alleati Lo Russo di Miano nel processo per il duplice omicidio del 2003 in cui furono uccisi il boss avversario Mario Ascione e il suo guardaspalle Ciro Montella.
Uno dei pentiti che ha contributo a svelare i delitti “Cold Case” della faida di Ercolano, Agostino Scarrone ha raccontato di un telefonino arrivato in carcere al boss Stefano Zeno e utilizzato anche per commettere omicidi.
“Nel 2003 noi dei Birra – racconta Scarrone – avevamo, all’interno del Padiglione Livorno di Poggioreale un telefono cellulare di piccole dimensioni, marca Panasonic che era sta­to fatto recapitare a Stefano Zeno da Renato lacomino e Giacomo Zeno. Il tramite di questo scambio era una guardia penitenziaria corrotta di Portici.
Si tratta  di una guardia che era intima della famiglia di Re­nato Iacomino. Sarei in grado di riconoscerlo”. Anche se non ci sono state conseguenze giudiziarie (conosciute) nei confronti dell’agente penitenziaria. Il pentito Scarrone ha raccontato che l’uomo venne poi trasferito perché “aveva avuto problemi con i Vollaro, che avevano esagerato a chiederne la collaborazione. Attra­verso di lui in carcere sarebbero entrate dosi di droga nasco­ste nelle linguette dei lacci da scarpe e telefonini. I cellulari sarebbero stati usati dai boss per deliberare diversi omicidi dal carcere”.

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Napoli, personale del 118 aggredito al rione Sanità

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“Ancora un episodio di aggressione ai danni del personale del 118, a Napoli: stavolta, in vico Cimitile, dove, in seguito ad una chiamata di emergenza, il personale e’ giunto per soccorrere una persona priva di conoscenza. Un individuo, estraneo alla famiglia della persona soccorsa, ha aggredito gli operatori che comunque sono riusciti lo stesso a prestare soccorso”.
A rendere nota la notizia e’ il consigliere regionale campano dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, componente della commissione Sanita’ che annuncia: “Chiederemo al Prefetto la convocazione del Comitato per l’ ordine e la sicurezza sul tema delle aggressioni al personale sanitario, per valutare ogni possibile soluzione, ivi compresa la possibilita’ di inserire personale di pubblica sicurezza nelle autoambulanze”.
Borrelli spiega l’accaduto: “una volta accompagnata la paziente al Pronto Soccorso dell’ospedale Cardarelli in codice rosso, uno degli operatori si e’ fatto refertare per contusioni al volto e piccole escoriazioni. Non e’ possibile andare avanti cosi’. Chi aggredisce il personale sanitario del 118 non solo compie un atto delinquenziale inqualificabile ma mette seriamente in pericolo la vita delle persone da soccorrere.
La mia piena solidarieta’ al personale del 118 coinvolto in questo episodio. Continuando di questo passo dovremo prevedere corsi di autodifesa per operatori sanitari”.

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Inchiesta della Procura di Salerno sulla strage delle 26 donne morte della nave Cantabria

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Erano tutte giovani le 26 migranti i cui cadaveri sono giunti oggi a Salerno sulla nave spagnola Cantabria. I sanitari che hanno preso in consegna i corpi stimano che si trattasse per la maggior parte di ragazze tra i 14 e i 18 anni. Cinque profughi sono stati condotti in questura per essere interrogati, la loro posizione e’ al vaglio degli investigatori.
Sono sbarcati in 375 a Salerno dalla nave spagnola Cantabria attraccata stamane a Salerno con a bordo anche le 26 donne decedute. Tutte giovanissime, tutte nigeriane. “Una tragedia dell’umanità”, come ha dichiarato il prefetto di Salerno, Salvatore Manfi che ha sottolineato che la Procura si è già attivata per verificare se si è trattato di omicidi. Dalla nave sono sbarcate anche nove donne in gravidanza.
Intanto la procura di Salerno avvia degli accertamenti: il pm Luca Masini dispone l’esame esterno dei corpi delle vittime e test per verificare se abbiano subito violenza sessuale. Il tutto a partire da domani, visto che le condizioni dei cadaveri – tenuti in celle frigorifere a bordo della nave spagnola – non hanno permesso oggi nessun rilievo.
Il professor Antonello Crisci, perito della procura, valutera’ poi se eseguire o meno le autopsie, anche sulla base di cio’ che racconteranno i superstiti del naufragio. Colpisce il fatto che le vittime siano tutte donne: al momento l’ipotesi prevalente e’ quella dell’annegamento (“Il barcone e’ affondato e le donne purtroppo potrebbero aver avuto la peggio, in quanto soggetti piu’ deboli”, dice Malfi) ma gli inquirenti non vogliono lasciare zone d’ombra.
Su cinque dei migranti sbarcati sono in corso indagini piu’ approfondite. Scattata, infine, la macchina della solidarieta’ per assicurare alle vittime del mare almeno una degna sepoltura: le 26 donne morte in cerca di un futuro migliore saranno ospitate nei cimiteri di Salerno e altri comuni limitrofi.

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Napoli, ferito a coltellate all’esterno di una sala scommesse a Santa Lucia

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Una lite davanti al centro scommesse di via Santa Lucia, nella prima serata di ieri, stava costando caro a un 48enne napoletano della zona già conosciuto dalle forze dell’ordine ma senza legami con clan di camorra: Massimo Mazzarella.
Portato all’ospedale Pellegrini da un’ambulanza è stato medicato: aveva numerose ferite al torace e alle braccia erano state provocate da una piccola lama. E’ stato giudicato guaribile in trenta giorni ma ha preferito tornare a casa. Sull’episodio sta indagando la polizia.
Secondo la ricostruzione fatta Mazzarella avrebbe litigato con alcune persone all’esterno della sala scommesse e nel corso della lite qualcuno avrebbe estratto un coltello con il quale lo avrebbe colpito più volte. La polizia sta cercando di capire i motivi della lite.

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Napoli, tunisino aggredito e accoltellato da connazionali in via Mezzocannone

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Tunisino accoltellato nella notte tra sabato e domenica in via Mezzocannone. L’uomo, a Napoli da tempo e che abita in una traversa di corso Umberto ha riferito alla polizia di esse- re stato aggredito da altri cittadini stranieri senza alcun motivo.
Ha riportato ferite da taglio in varie parti del corpo: al torace, alle braccia e alle gambe, oltre a contusioni al volto. Secondo i medici gli assalitori lo hanno colpito con calci e pugni prima di accoltellarlo. Per chiarire il motivo di tanta violenza sono in corso indagini da parte degli investigatori.

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Afragola, parcheggiatore abusivo impedisce a un uomo di ripartire con l’auto: arrestato

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E’ stata fondamentale la segnalazione di alcuni cittadini, clienti di una pasticceria di Afragola, che al 112 avevano chiesto l’intervento di una pattuglia poiché un parcheggiatore abusivo stava pretendendo denaro in modo molto aggressivo.
Anche davanti ai militari un 40enne del posto già noto alle forza dell’ordine, ha continuato a pretendere da un cliente dell’esercizio il pagamento del posteggio, arrivando a ostacolare la sua ripartenza infilandosi nell’abitacolo e strattonandolo per la maglietta.
I carabinieri della Stazione di Afragola lo hanno immediatamente bloccato. Durante le operazioni ha rifiutato di fornire le proprie generalità e ha opposto resistenza per tentare di divincolarsi, quindi è stato arrestato per tentata estorsione, resistenza a un pubblico ufficiale e rifiuto di indicare la propria identità.

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Camorra, il boss pentito: ”L’assassino del tatuatore non è Vincenzo Russo”

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“Il tatuatore di Casavatore non fu ucciso da Vincenzo Russo ‘o luongo, a sparare è stato Ciro Abrunzo. La confessione choc è del boss neo pentito Gennaro Notturno ed è datata 10 ottobre scorso. Un colpo di scena che rischia di compromettere il processo a carico del boss Arcangelo Abete e del suo braccio destro Raffaele Aprea accusati di essere gli organizzatori dell’omicidio dell’ennesima vittima innocente della camorra.
Gianluca Ciminiello fu ucciso sull’uscio del suo negozio il 2 febbraio del 2010. Per quel delitto è stato condannato all’ergastolo Vincenzo russo dopo una prima condanna e l’annullamento da parte della Cassazione. Ma le dichiarazioni di Gennaro ‘o sarracino, riportate in anteprima stamane da Il Roma, danno una nuova versione dei fatti e chiamano in causa come presunta killer una persona che non potrà difendersi perché ucciso a sua volta.
Davanti al pm della Dda, Gloria Sanseverino, il boss Gennaro Notturno che è anche cugino di Arcangelo Abete ancora sotto processo per quel delitto, ha raccontato: “Di questo omicidio ho parlato con Vincenzo Russo, che ho conosciuto all’inizio del 2017 nel carcere di Secondigliano mentre stava facendo il processo d’appello. Lui si professava innocente. C’entrava più che altro mio cugino Arcangelo Abete. C’era stata una discussione tra il tatuatore e il nipote di Cesare Pagano.
Russo mi disse che era stato chiamato da Abete (in quel periodo ristretto agli arresti domiciliari a Milano, ndr) e andò a trovarlo insieme a Ciro Abrunzo. Si decise quindi che lui e Abrunzo dovevano dare questa lezione al tatuatore. Mi disse che si recarono a Casavatore, lui entrò per farlo uscire e Abrunzo doveva sparare alle gambe, mentre invece poi alzò la mano, come mi ha raccontato, e ha puntato al petto. Poi non mi ha detto altro, si è soltanto lamentato del fatto che la famiglia Abete, dopo l’arresto di mio cugino, non gli faceva più percepire lo stipendio”.
Una versione completamente diversa almeno della scena del crimine rispetto a quella raccontata fino ad oggi da altri pentiti e che portato alla condanna all’ergastolo per Russo. Gli inquirenti ci vanno con i piedi di piombo perché le persone coinvolte sono tutti parenti di Notturno. In primo luogo l’altro presunto killer, Raffaele Aprea, cugino di Notturno, oltre che cognato di Abrunzo, così come Arcangelo Abete verso il quale Notturno nutre invece risentimenti. Insomma una versione che necessita di approfondimenti e di verifiche.
Tra l’altro Notturno ha anche raccontato che Gianluca Cimminiello sapeva bene di essersi messo in un grosso guaio, dopo aver malmenato il nipote del boss Cesare Pagano.
“Il tatuatore conosceva una persona che lavorava al forno del lotto Tb, si mise in mezzo per calmare questa situazione, per non farla andare oltre. Aveva chiamato – riferisce il pentito – mio cugino Raffaele Aprea, così da evitare che potessero sorgere altri problemi. Ma fu tutto inutile. Russo fu chiamato a Milano da Arcangelo Abete e partì con Ciro Abrunzo. Arcangelo Abete – conclude il pentito Gennaro Notturno – voleva fare un favore a Cesare Pagano, dando una lezione al tatuatore per la “mancanza” che aveva avuto contro suo nipote”.
L’epilogo della storia è nota con la morte di Ciminiello e la condanna all’ergastolo di Vincenzo Russo ‘ o lungo che altri pentiti indicano come l’esecutore materiale dell’omicidio.

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Napoli, la Camera di Commercio finanziava progetti fantasma: la procura chiede il processo per 12 tra ex dirigenti e funzionari

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Napoli. Preparavano progetti fantasma, mai sostenuti, anche se regolarmente finanziate secondo la polizia tributaria napoletana. Progetti finanziati dalla Camera di Commercio e realizzati solo su carta. Soldi pubblici destinate ad iniziative, almeno nei nomi, belle ed interessanti ma che non sono mai state messe in essere. Un vero e proprio fiume di soldi, un giro d’affari di migliaia di euro, se andiamo a calcolare la media di 30mila euro per progetto.
Un’indagine durata circa due anni fino a chiedere al gip l’apertura di un processo a carico di dodici persone tra dirigenti, imprenditori, segretari, consulenti della Camera di Commercio ed esponenti sindacali.
Tra i dodici nomi per i quali c’è la richiesta di processo, è presente quello di Maurizio Maddaloni, storico esponente dell’ente di piazza Borsa. Nei suoi confronti la sola accusa di turbativa d’asta, in relazione alla organizzazione della “giornata nazionale sulla legalità”. Maddaloni risponde per il suo ruolo di presidente pro tempore della Camera di commercio, assieme ad Ilaria Desiderio (dirigente della Camera di Commercio e responsabile della gara finita nel mirino della Procura); Mario Esti (ex segretario generale), Carmine D’Alessandro (associato di confcommercio); Pietro Russo (presidente Confcommercio). Inchiesta coordinata dai pm Valter Brunetti e Giancarlo Novelli (sotto il coordinamento dell’aggiunto Alfonso D’Avino).
Sono otto i progetti fantasma sui quali la polizia tributari ha posto la lente di ingrandimento.
Per il corso “Addetti alla manipolazione e preparazione di alimenti per celiaci”, sono accusati di truffa Nicola Gentile (rappresentante della Confazienda Campania) e i coniugi Giuseppe Salvati e Anna Canzanella: il progetto ottenne un contributo di 48.204 euro, ma i documenti allegati sono ritenuti falsi; stesso copione per il progetto “Alimentaristi esperti nell’intolleranza al glutine”, che avrebbe prodotto dei costi per 17mila e passa euro ritenuti dalla Procura quanto meno sospetti.
Poi c’è il capitolo Unimpresa, che vede coinvolti Raffaele De Falco, Giuseppina Tella e Paolo Longobardi, Anna Longobardi, Maria Grazia Lupo (“Crediti d’imposta e agevolazioni alle imprese”, contributi per 35mila euro); gli stessi imputati (tranne la Tella) rispondono di truffa anche per il progetto “l’acconciatore da mestiere a professione”; mentre sotto i riflettori finiscono anche il progetto “Sicurezza sui luoghi di lavoro” (contributo di 35mila euro); “La regolamentazione delle aziende del settore sportivo culturale” (sarebbe costato 14mila euro); “La legalità come investimento nella promozione dello sviluppo territoriale (sarebbe costato 30mila euro); “La crisi economico-finanziaria” (sarebbe costato 30mila euro); “La tutela alimentare” (sarebbe costato 30mila euro).

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Omicidio di Juliya: ci fu una lite alla Stazione di Napoli con il presunto assassino Joseph Casablanca

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Caserta. Il compagno di Juliya Jaksic, Joseph Casablanca, resta l’unico indiziato dell’omicidio della 38enne. Trai due ci sarebbe stata una lite sabato 21 ottobre il giorno in cui Joseph, dalla stazione centrale di Napoli avrebbe costretto la donna a salire su un treno diretto verso Maddaloni inferiore e seguirlo fino a Cervino: è il racconto di alcune connazionali alle inquirenti che stanno seguendo il caso.
Le amiche della 38enne sin dopo il ritrovamento del cadavere hanno accusato il compagno marocchino che, da giorni, ha fatto perdere le proprie tracce. Secondo le donne i due discutevano molto, così come avvenuto qualche giorno prima di essere trovata uccisa. Juliya e Joseph si frequentavano da un anno a questa parte e lei, quasi ogni fine settimana, lo raggiungeva nella casa colonica di via Carmiano, dove si è consumato l’atroce delitto.
Il movente più credibile resta quello di un legame dell’ uomo con il mondo della droga ma, in queste ultime ore, sta prendendo piede anche la pista passionale. Certo non è da escludere nessuna pista. Probabilmente Joseph sia stato aiutato anche da una terza persona. Nelle prossime ore dovrà arrivare anche il verdetto dell’ Interpol che ha dato mandato alla polizia marocchina di capire se Joseph sia ritornato al paese di origine. Intanto la salma della 38enne resta sotto sequestro e nella giornata di oggi, con molta probabilità, sarà disposto l’esame autoptico.
Inoltre gli investigatori, nelle prossime ore, riascolteranno anche l’ex marito della donna, padre del figlio quasi diciottenne, pregiudicato imparentato con un gruppo di spacciatori che opera nella zona di influenza di ciò che resta del clan Elia.

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Napoli, riparato il guasto alla rete elettrica causato dal maltempo

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“Con riferimento alle segnalazioni relative ad un’interruzione del servizio elettrico tra via Chiaia ed i Quartieri Spagnoli”, a Napoli E-Distribuzione (societa’ del gruppo Enel che gestisce le reti elettriche di Media e Bassa tensione) informa in una nota che “i forti temporali che hanno colpito nella notte la citta’ di Napoli hanno comportato un guasto nella zona durato pochi minuti.
Soltanto per un numero limitato di clienti, circa 90, la rialimentazione ha richiesto piu’ tempo per problemi di accessibilita’ all’impianto che alimenta tali utenze. Nel dettaglio, la disalimentazione e’ iniziata alle ore 3.40 circa e si e’ protratta fino alle 7.40 circa, quando i tecnici hanno avuto accesso all’impianto ed hanno potuto effettuare l’intervento”.

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Camorra, ”Sparate in alto alle quaglie e ai piccioni mentre i guappi veri fanno i morti”: lo scontro-social tra i clan del rione Sanità

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“Sparate in alto alle quaglie e ai piccioni mentre i guappi veri fanno i morti”. La sfida ma anche l’ironia sui social corre e si diffonde tra i pistoleri protagonisti delle ultime stese del rione Sanità. Gli investigatori nelle ultime ore hanno interrogato alcune persone. Il quadro delle tensioni tra i clan è stato alimentato ieri da un altro episodio: un incendio doloso che ha coinvolto un ciclomotore e due autovetture.
È un’ulteriore vicenda che, in attesa di stabilire con certezza le cause, alimenta la paura tornata a serpeggiare tra le stradine del rione. La notte scorsa due automobili in sosta che hanno preso fuoco, intorno alle 3 in via Bernardo Celentano, all’angolo con via Fonseca. A dare l’allarme sono stati alcuni abitanti che, in attesa dei soccorsi e terrorizzati che le fiamme potessero espandersi, hanno gettato secchi d’acqua da balconi e finestre.
Sul posto sono comunque arrivati rapidamente sia i poliziotti si vigili del fuoco. I pompieri hanno impiegato quasi un’ora per domare le fiamme, che hanno danneggiato le mura perimetrali di un palazzo. Era stato uno scooter, parcheggiato tra i due veicoli completamenti arsi dalle fiamme, a prendere fuoco per primo. Ed è questo il punto di partenza per le indagini, non ancora completamente orientate in una direzione precisa.
Anche perché nessuno dei proprietari dei veicoli risulta legato alla criminalità organizzata. Perciò è in piedi anche l’ipotesi del racket della sosta. Ma la preoccupazione degli investigatori è rivolta a quanto sta accadendo in tutto il rione Sanità con i Vastarella, storico clan dominante nella parte alta del quartiere alleati dei Mauro, della zona dei Miracoli contro i Sequino-Savarese che controllano il lato “basso” del quartiere, quello del mercato dei Vergini, da via Santa Maria Antesaecula in giù.
E’ lì che si concentrano il maggior numero di negozi e venditori ambulanti ed è lì che i Sequino e i Savarese hanno messo radici e fanno affari imponendo il racket a tappeto e a tutti. Lo scontro sta tutto qui, perché in vista delle festività natalizie le richieste di pizzo sono aumentate.

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Napoli, attraverso i Caf truffavano il fisco: 112 indagati. Sequestrati beni per 700mila euro

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Nella mattinata odierna, il Nucleo Polizia Tributaria di Napoli ha dato esecuzione ad un provvedimento – emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli – con il quale è stato disposto il sequestro preventivo per un valore complessivo di quasi 700 mila euro, nei confronti di cinque soggetti facenti parte di una consorteria delinquenziale che ha perpetrato, nel biennio 2011-2012, un’ingente frode fiscale ai danni dell’Erario.
L’operazione s’inquadra nell’ambito di una più ampia indagine sviluppata – sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Napoli – dalla Guardia di Finanza di Napoli che ha portato a scoprire una vera e propria associazione per delinquere, attiva nella provincia partenopea, dedita alla sistematica falsificazione di documentazione tributaria, allo scopo di ottenere illecitamente rimborsi fiscali per diverse centinaia di migliaia di euro.
In particolare, il sodalizio era costituito, tra gli altri, da due responsabili di alcuni locali Centri di Assistenza Fiscale (cosiddetti. CAF), che – in qualità di promotori ed organizzatori – provvedevano a preparare ed inoltrare all’Amministrazione Finanziaria dichiarazioni dei redditi che recavano consistenti importi per spese effettivamente mai sostenute. E ciò, avvalendosi di false ricevute fiscali, soprattutto riconducibili ad inconsapevoli dentisti, e ricorrendo a timbri contraffatti, bollettari falsificati intestati ad ignari studi professionali nonché alla posticcia riproduzione di marche da bollo.
Più nel dettaglio, è stato accertato che sono stati predisposti falsi documenti sanitari, a sostegno delle spese fittizie detratte dalla dichiarazione dei redditi, per circa un milione e mezzo di euro. I titolari dei modelli dichiarativi/730, ben coscienti del meccanismo fraudolento ideato e concretamente messo in atto, dopo aver ottenuto l’indebito rimborso, provvedevano, come da accordi, al pagamento di un “compenso” in favore della compagine delittuosa per l’illecita attività prestata.
Altri due componenti della consorteria, in qualità di partecipi all’associazione per delinquere, ricoprivano il ruolo di “procacciatori” dei “clienti” nonché di cassieri e collettori delle somme che, come accennato, una volta riscosso l’illecito credito d’imposta, venivano versate dai contribuenti all’organizzazione delinquenziale.
Le investigazioni – consistite, tra l’altro, in sequestri di documentazione e di supporti informatici nonché nell’esecuzione di specifica attività di monitoraggio tecnico mediante intercettazioni telefoniche – hanno consentito di accertare la reiterazione del meccanismo di frode per più anni d’imposta (2011 e 2012) e il coinvolgimento di ben 112 persone fisiche, tutte indagate e parimenti segnalate, sul fronte strettamente tributario, all’Agenzia delle Entrate, per l’applicazione delle previste sanzioni amministrative.
Sono al vaglio dell’Amministrazione Finanziaria le posizioni di ulteriori 340 soggetti che, anche in altri anni di imposta, avevano presentato ulteriori 590 dichiarazioni dei redditi caratterizzate da evidenti segnali di criticità in ordine ai rimborsi IRPEF, anche questi ultimi originati da ingenti spese detraibili, pari a oltre 5 milioni di euro.

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Da Castellammare a Lettere per spacciare droga: inseguito e arrestato 28enne

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I carabinieri di Lettere hanno arrestato per detenzione di stupefacente a fini di spaccio un 28enne di Castellammare di Stabia. In sella al suo scooter, è fuggito alla vista dei militari cercando anche di disfarsi di un involucro. inseguito e bloccato, è stato perquisito e trovato in possesso di 55 grammi di marijuana: la successiva perquisizione domiciliare ha permesso di sequestrare altri 110 grammi di droga e un bilancino. Ora attende il giudizio direttissimo.

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Boscoreale, sorpreso in via Roma mentre spacciava cocaina: preso 42enne

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I carabinieri della stazione di Boscoreale hanno sorpreso su via Roma un 41enne del posto a spacciare una dose di cocaina a un acquirente 24enne: il giovane è stato identificato e segnalato alla prefettura quale assuntore; Balzano è stato bloccato. successivamente i militari hanno proceduto a perquisire la sua abitazione e lì è stata rinvenuta un’altra dose di cocaina, una di marijuana e un proiettile calibro 7,62.
Arrestato per detenzione illegale di munizionamento e spaccio, terminate le formalità di rito, l’uomo è stato posto ai domiciliari in attesa del rito direttissimo.

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Salerno, fermati i due presunti scafisti della strage delle donne

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Sono in stato di fermo due presunti scafisti, all’indomani dello sbarco di oltre 400 migranti al porto di Salerno. Si tratta di un libico e di un egiziano, di 30 e 22 anni che sono accusati di aver contribuito, con le loro condotte, alle attivita’ di tratta delle persone e di aver organizzato e trasportato almeno 150 persone a bordo di un gommone poi intercettato, in acque internazionali, dalla nave spagnola ‘Cantabria’. Fondamentali, per le indagini, le dichiarazioni rese dagli altri migranti.
A bordo della nave militare, attraccata ieri mattina al molo “Tre Gennaio”, vi erano anche 26 salme di giovani donne, presumibilmente tra i 14 e i 18 anni. I loro corpi sono ora nella sala mortuaria del cimitero di Salerno a Brignano, dove il consulente tecnico della procura di Salerno, il professore Antonello Crisci, a capo della equipe di medici legali, eseguira’ un primo esame esterno sui corpi che “si concludera’ – dice Crisci – nell’arco di una settimana”.
I 401 migranti sbarcati ieri a Salerno sono stati recuperati, insieme con i cadaveri delle 26 giovani donne, nel corso di quattro eventi Search and Rescue a largo delle coste libiche. La procura di Salerno ha aperto un’inchiesta per accertare dinamiche e responsabilita’ dei fatti. Dalle testimonianze dei superstiti, gli investigatori della Squadra mobile della Questura di Salerno e della Capitaneria di Porto, e’ emerso che sarebbero dispersi almeno altri dieci migranti.
Questi, che viaggiavano sul gommone condotto dai due scafisti ora in stato di fermo, sono caduti in acqua, durante il primo evento S.a.r. a causa delle avverse condizioni metereologiche.

 

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Scafati, il pentito Spinelli racconta: ”Corrado Scarlato si fece difendere dal figlio del boss per non pagare il pizzo”

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Scafati. Fu arrestato nel novembre del 2016 per un’estorsione. Quell’episodio è ora lui a raccontarlo, aggiungendo particolari ad una vicenda già nota e che gli era costato il carcere. Lui è Andrea Spinelli, conosciuto come Dario, classe 1975, pregiudicato che dal 3 ottobre scorso ha chiesto di avviare una collaborazione con la giustizia e di essere inserito in un programma di protezione.
L’estorsione ‘svelata’ e resa pubblica con il deposito degli atti è quella che tra aprile e giugno dello scorso anno vide come vittima l’imprenditore delle cartiere Corrado Scarlato, già consigliere comunale di Scafati, e uno dei candidati alle primarie Pd per il centro sinistra alle amministrative del 2013, oltre ad essere stato Presidente della Scafatese Calcio fino al 2007. Scarlato è vittima di Spinelli e del suo tentativo di estorsione, ma Dariuccio – così è conosciuto negli ambienti della mala – racconta per conto di chi agì e quali interessi si mossero intorno a quella richiesta di pizzo.
Scarlato si ribella al pagamento e fa intervenire a suo sostegno un altro personaggio ‘eccellente’ della camorra scafatese: Michele Matrone, figlio del boss Franchino. Il racconto di Spinelli è preciso e circostanziato e permette di rivedere una verità giudiziaria e storica, un dietro le quinte niente affatto rassicurante. E allora Dario Spinelli racconta: “Effettivamente tra aprile e giugno del 2016, se ricordo bene, su mandato di Cesarano Giovanni detto Nicolino del clan di Ponte Persica cui appartenevo, mi recai presso l’ex cartiera di Scafati, Via Madonelle, per incontrare il titolare che ben conoscevo sin da piccolo, Corrado Scarlato, poiché nella sua area stavano facendo dei lavori di ristrutturazione e così come avveniva per altri cantiere in quel periodo, io in nome del clan imponevo ai titolari il pagamento di tangenti”. Scarlato che in quel periodo stava ristrutturando l’ex sito industriale, Spinelli eseguiva un ordine e quindi doveva avvicinarlo: “Quando parlai a Scarlato, io non ebbi bisogno di usare minacce. Ma gli feci capire che dietro di me c’errano altre persone e che purtroppo anche contro la mia volontà per la conoscenza che avevo con l’imprenditore, lo stavo sottoponendo ad una estorsione” racconta Spinelli.
La risposta dell’imprenditore scafatese non fu usuale. Non fu né un sì, né un no. “Corrado, mi disse che Michele già sapeva tutto. Intendendo per Michele, Matrone Michele figlio di Franchino. In sostanza, nominandomi il Michele Matrone, lui voleva farmi capire che noi dovevamo lasciarlo stare o che comunque dovevamo vedercela con lui per risolvere la questione”.
Spinelli con molta probabilità stava toccando un imprenditore che era stato messo sotto pressione da altri. E pagare a due clan non sembrò il caso a Scarlato. “Io mi arrabbiai un po’ anche perché Corrado, mostrandomi il telefono, era pronto a chiamarlo in modo che io potessi confrontarmi direttamente con lui. Invece ad un certo punto lui mi disse di seguirlo con la mia macchina presso l’genzia di onoranze funebri “L’Eternità” che io sapevo essere gestito dal Matrone.
Ci recammo lì, alla via Passanti, ognuno a bordo della sua auto. Scarlato era alla guida di un Suv Renger Rover di colore grigio scuro, io non ricordo su quale auto viaggiavo. Giunti sul posto lui entrò dentro l’agenzia ma non trovammo il Michele Matrone. A quel punto fu Scarlato a dirmi che ci saremmo potuti rivedere. Lui non aveva il mio numero di telefono né io il suo. Lui però sapeva dove poteva rintracciarmi”.
L’imprenditore Scarlato, secondo quanto sostiene Spinelli, cerca di difendersi e per farlo chiama in causa il figlio del boss che in quel momento aveva il predominio sul territorio. Poche ore dopo quell’incontro, il luogotenente a Scafati di Giovanni Cesarano di Ponte Persica riceve una telefonata, al bar La Dolce vita (preso di mira dai proiettili l’estate scorsa,ndr). Il messaggio è inequivocabile “Sono Michele Matrone, portami due caffè, ma portameli tu personalmente!!”.  “Avendo compreso che Matrone aveva intenzione di incontrami per chiarire la vicenda che stava riguardando il tentativo di estorsione ai danni di Scarlato – racconta Spinelli -chiamai al telefono Cesarano Giovanni e poi lo raggiunsi nei pressi del bar Chimera dove gli spiegai tutto quello che era successo con Scarlato”.
Sulla questione si aprì una diatriba tra le opposte fazioni. Giovanni Cesarano si arrabbiò per l’ingerenza di Matrone e gli lanciò attraverso Spinelli un messaggio che non poteva essere equivocato. “Digli ‘o fai i carri funebri oppure stai in mezzo alla strada’ disse Cesarano. A quel punto il messaggero Spinelli potè andare a portare il caffè a Michelino Matrone presso il parcheggio di automezzi che gestiva. “Io in effetti gli portai i caffè. Trovai Michele Matrone in compagnia di tale Peppe ò tappezziere che abita in località Pellegrini di Boscoreale che gestisce la ditta “L’Infinito” che mi risulta essere il compariello del noto boss Carmine Aquino (clan Annunziata-Aquino, ndr). Insieme a loro vi era Corrado Scarlato che non immaginavo stesse là. Michele Matrone mi invitò a sedermi.
Cosa che io feci. Nella circostanza si avvicino a me tale Peppe ò tappeziere rimproverandomi sostanzialmente per aver formulato la richiesta estorsiva ai danni di Scarlato Corrado lì presente”. Michele Matrone chiarì che Scarlato era uno che pagava a loro: “Michele Matrone mi ha detto che il Corrado Scarlato prima di passare di là aveva già posato da loro. Intendendo che Scarlato, prima di chiedere aiuto e protezione a loro, stava pagando aveva pagato già a loro nel momento in cui aveva iniziato i lavori presso la cartiera. Mi disse anche che se Giovanni Cesarano e quelli di Pompei volevano in tal senso conferma potevano parlare con Cirillo Ferdinando ò battlamiera, che teneva tutte le loro cose in mano. Nell’occasione Michele Matrone si arrabbiò anche con me perché mi ero fatto vedere presso la sede dell’Eternità ma io gli spiegai che ero andato lì perché mi aveva portato Corrado Scarlato. Scarlato disse, in presenza degli altri, che lui andava solo lì, cioè aveva a che fare solo con il Matrone Michele e avrebbe denunciato chiunque altro gli sarebbe andato a chiedere le tangenti. Dopo che Scarlato andò via”.
Spinelli richiamato all’ordine da Matrone dovette riferire tutto al suo ‘capo’: “Immediatamente andai a riferire il tutto al Cesarano Giovanni che mi stava aspettando”. Poi il neo collaboratore, una settimana dopo, tornando sull’argomento della tentata estorsione a Scarlato ricorda: “Io ero andato da Scarlato Corrado già una volta. Nell’occasione chiedevo ad un operaio di chiamarmi il signor Scarlato Corrado. Lui però non c’era e dunque andai via. Riferii a Cesarano Giovanni che non l’avevo trovato, per cui non gli avevo potuto formulare la richiesta estorsiva e questi mi ammoni di non replicare la richiesta perché aveva appreso da una “guardia”, intendendo un poliziotto o carabiniere, che mi avevano visto in quel luogo per cui diventava pericoloso per noi”.
La storia è finita poi con l’arresto, a novembre scorso, di Spinelli per il tentativo di estorsione all’imprenditore Scarlato e ad altri della zona.

 Rosaria Federico

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Migranti: sbarco Salerno, adottati 6 provvedimenti respingimento

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Sono 6 i provvedimenti amministrativi di respingimento emanati nei confronti di 3 egiziani e 3 marocchini nel corso delle operazioni di polizia connesse allo sbarco della nave militare spagnola Cantabria ieri mattina al porto di SALERNO. La nave trasportava 401 migranti e 26 cadaveri di sesso femminile, recuperati in acque internazionali nel corso di quattro distinte operazioni di salvataggio. Le operazioni hanno consentito di accertare che i 427 migranti sbarcati dalla nave Cantabria provengono dai seguenti paesi: Camerun; Nigeria; Libia; Guinea; Mali; Costa d’Avorio; Egitto; Togo; Sudan; Ghana; Sierra Leone; Marocco; Egitto; Camerun; Palestina; Namibia; Libia; Congo; Sierra Leone; Ciad; Siria; SudSudan e Senegal. Di questi, 247 migranti sono di sesso maschile e 85 di sesso femminile. I minori appartenenti a nuclei familiari sono 24 mentre quelli non accompagnati sono 18. Questi ultimi sono stati affidati alle strutture di accoglienza in provincia di SALERNO. I corpi senza vita delle 26 donne sono stati posti a disposizione dell’autorità giudiziaria. Sono 311 i migranti trasferiti, secondo il piano nazionale di ripartizione, nelle regioni Piemonte, Emilia Romagna, Toscana, Lombardia, Veneto e Lazio.

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Migranti: commenti a pagina Fb sindaco Salerno,mandateli via

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“Ma con tutto quello che stanno combinando ancora li fate sbarcare?”; “non c’e’ lavoro per noi italiani, ma per i profughi si trova il lavoro: casa, bisognerebbe fermare tutto questo”; “se ne devono andare”; “sono troppi, basta”: sono solo alcuni dei commenti lasciati da utenti anonimi sul profilo Facebook del sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli che ieri ha espresso la sua vicinanza per la morte delle 26 ragazze arrivate gia’ morte sulla nave spagnola Cantabria. “Avevo scritto un piccolo post sul mio profilo Facebook – dice Napoli – e ho letto di commenti e reazioni scomposte e inqualificabili”.
Secondo il sindaco di Salerno “e’ un indice, per fortuna, assolutamente ristretto ma che mette in allarme. Il Comune di Salerno ha una tradizione antica di accoglienza e solidarieta’. Tentiamo di dare soccorso e aiuto a tutti, non solo ai migranti ma anche ai piu’ deboli della societa'”. Per Vincenzo Napoli si tratta di “una tragedia immane. Questa mattina mi sono recato nella sala mortuaria per rendere un omaggio doveroso a queste giovani donne. Io spero che le forze dell’ordine e la magistratura riusciranno a ricostruire cos’e’ successo a queste povere ragazze. Se si appurasse che siano state anche oggetto di violenze e abusi nel dolore del viaggio che hanno compiuto ci sarebbe un ulteriore orrore. Credo che l’Europa si debba fare carico, con spirito comune, di una tragedia globale. La risposta da darsi deve essere globale ed europea. Su queste tematiche della globalizzazione non si deve rispondere con le ovvieta'”.

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