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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Sospeso da pubblici uffici firma atti appalti del Comune di Caserta

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Malgrado la sospensione dai pubblici uffici, un dirigente del Comune di Caserta ha continuato a svolgere le sue mansioni, frequentando la casa comunale e firmando atti, anche relativi a due gare di appalto: un divieto di dimora nella provincia di Caserta è stato notificato stamattina dalla Guardia di Finanza di Caserta al dirigente del settore ecologia dell’amministrazione del capoluogo casertano, Carmine Sorbo, 63 anni, accusato di avere usato l’auto del Comune di Caserta e i buoni carburante per finalità private, servendosi inoltre come autista di un ispettore ecologico che lo accompagnava anche fuori regione. La misura cautelare – emessa in aggravamento della misura della sospensione dagli uffici pubblici di sei mesi emessa lo scorso ottobre – si è resa necessaria in quanto le fiamme gialle, tenendolo sotto controllo, hanno accertato che, nonostante l’interdizione, l’uomo ha continuato a frequentare la casa comunale, impartendo disposizioni al personale e addirittura firmando documentazione amministrativa ed elaborati tecnici relativi a due distinte gare d’appalto del Comune di Caserta di cui aveva assunto, in precedenza, il ruolo di responsabile del procedimento. Nel corso delle indagini che portarono alla sospensione, la Guardia di Finanza accertò almeno 85 casi, in 15 mesi, di utilizzo indebito dell’auto da parte del dirigente.


Contrae un’infezione al San Leonardo di Castellammare: 50enne di Torre Annunziata vuole denunciare i medici

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Cinquantenne di Torre Annunziata vuole denunciare i medici del San Leonardo di Castellammare per avere contratto un’infezione grave. L’uomo G. O. ora è ricoverato al Cotugno di Napoli ma per arrivare al trasferimento ieri sono dovuti intervenire i carabinieri dopo che la moglie dell’uomo si era rivolto a un avvocato per presentare la denuncia. Il 50enne  era ricoverato nel reparto Urologia per un normalissima operazione si stent ureterale. Anche se l’operazione era riuscita perfettamente l’uomo-secondo la denuncia della moglie- ha contratto un’infezione e nessuno dei medici se ne era accorto. Il paziente ha cominciato ad avere dolori e gonfiore e solo dopo le prime proteste della donna era stato trasferito in medicina d’urgenza con una infezione in atto. Poi ieri la situazione è sembrata precipitare e con l’arrivo dei carabinieri si è deciso il trasferimento al Cotugno.

Walter Mallo ha fatto perdere le sue tracce. La sua bacheca facebook ricca di messaggi per nemici e amici

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Ha fatto perdere le sue tracce  dopo alcune ore dall’agguato Walter Mallo il giovane boss emergente della periferia Nord di Napoli. Il suo racconto fatto agli investigatori sull’agguato subìto due notti fa è pieno di lacune e la squadra mobile ha già inoltrato un’informativa alla Dda di Napoli che deciderà quali procedimenti adottare nei suoi confronti. Potrebbe essere iscritto nel registro degli indagati per favoreggiamento. Nel frattempo ha preferito far perdere le sue tracce. Anche la sua bacheca facebook ricca di messaggi per amici e nemici è ferma da oltre una settimana. L’ultimo post è datato 16 aprile e scrive “pazienza è saggezza” su una foto di un anziano vestito di nero di cui si vedono solo le mani con un anello e il bastone e con su impresso uno dei famosi aforismi del dj techno Carlo Prevale “La pazienza ha più potere della forza”. Ma il giorno precedente aveva postato accanto e tre sue foto: “il destino non ha potuto fare altro che abbassarsi ai miei piedi ciò che voglio lo raggiungo”. Ma sono emblematici invece i due post del 15 aprile, giorno dell’arresto di Carlo Lo Russo, della moglie e dei suoi tre fedelissimi. Nel primo Mallo scrive:  “signori e signore presto assisteremo al terzo pentimento del disonore”, evidentemente indicando con un possibile pentimento del boss appena arrestato dopo quelli dei fratelli Salvatore e Mario. E nell’altro invece: ” vengo dalla vecchia guardia quella fatta da uomini con valori nascosti, la loro umiltà mi e stata trasmessa e la porterò avanti sempre …. il sangue onorato vincerà”. Ma tutta la sua bacheca è ricca di messaggi in codice e di frasi celebri come quella con la foto di Fidel Castro: “Patria o Murte, Venceremos!”.Walter Mallo era stato arrestato per la prima volta il 2 marzo 2009 all’età di 19 anni. I poliziotti della squadra giudiziaria del commissariato Scampia lo fermarono in via Labriola e scoprirono una postazione dedita allo spaccio di stupefacenti all’interno della scala d’emergenza tra due isolati. Oggi Waletr Mallo di strada ne ha fatta tanta negli ambienti criminale e può cobtare su un agguerrito gruppo di giovani ma spietati killer e di affiliati nella zona di Miano ma anche nella zona di Frattamaggiore e Grumo Nevano.

Ercolano: extracomunitario a Resina cerca di uccidere la moglie con un forchettone da cucina. Arrestato

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Momenti di panico nella tarda mattina di oggi in un appartamento del quartiere Pugliano ad Ercolano, Un cittadino extracomunitario di 45 anni anni ha aggredito e ferito la moglie con un forchettone da cucina. La lite, scoppiata per futili motivi, è stata interrotta in tempo dai carabinieri, allertati dai vicini che avevano sentito le urla che provenivano dall’abitazione. Quando i militari sono entrati in casa l’uomo aveva già ferito la moglie e hanno faticato non poco per disarmarlo. Durante la colluttazione un carabiniere è rimasto ferito. L’extracomunitario, da tempo residente nella città degli Scavi, è stato arrestato e portato nel carcere di Poggioreale. La moglie invece è stata portata all’ospedale Maresca di Torre del Greco, dove i medici le hanno curato le lesioni giudicate guaribili in pochi giorni. 

Donne e champagne al “Bunga Bunga” di San Valentino per la banda dei camionisti di Vezzi e Guadagno

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vezzi e caldieri big boat

Incontri al Bunga-Bunga, locale di San Valentino Torio, di Gennaro Caldieri alias Rino, viaggi in Grecia, serate a base di champagne francese e un giro vorticoso di soldi e merce ricettata. L’organizzazione Vezzi-Guadagno sgominata dalla polizia dopo tre anni di indagini era ramificata in tutta Italia e nel giro di pochissimi mesi è riuscita a mettere a segno decine di colpi ai danni di importanti imprese nazionali e estere. A gestire i traffici delle merci rubate, il duo Gaetano Vezzi – torrese doc – ma residente a Milano, e Umberto Guadagno, suo amico e sodale di Poggiomarino. Ruolo fondamentale nella vita dell’organizzazione ma anche nei passi falsi che hanno consentito alle forze dell’ordine di scoprire l’organigramma della gang, quello delle donne, molte delle quali indagate o arrestate nel blitz di martedì notte. La base operativa dell’organizzazione era la Lions Agency di San Valentino Torio di Gennaro Caldieri, alias Rino, anche se il gruppo usava la ditta Napolano Pietro di Molinella Bologna come società fittizia per accaparrarsi i trasporti. Pietro Napolano, originario di Pagani, è uno dei complici di primo piano del duo Vezzi-Guadagno, non un inconsapevole prestanome. Napolano guadagna il 25% dei proventi illeciti quando i trasporti fantasma vengono effettuati attraverso la sua impresa e il suo nome viene utilizzato da Guadagno e dai complici per contattare i committenti e organizzare i trasferimenti e il furto delle merci. Ruolo centrale nell’organizzazione anche quello di Rino Caldieri, ritenuto dagli inquirenti un usuraio, conduttore dell’immobile della Lion’s di San Valentino Torio, il deposito che viene utilizzato dall’organizzazione. Insieme con la sua compagna Gerarda Giordano, alias Franca, segretaria e organizzatrice di gran parte dei viaggi truffaldini, si occupa di reperire autisti e mezzi per attuare le truffe. Ma altre donne sono al centro dell’inchiesta “Big boat”. Particolare attenzione degli inquirenti per Marianeve Arcamone, con la quale Vezzi intrattiene una relazione sentimentale, insieme ad Anna Di Donato, moglie di Umberto Guadagno sono le cassiere del gruppo. Marianeve Arcamone mantiene soldi per conto di Vezzi. Mentre la Di Donato si occupa di pagare autisti e ricettatori. A lei vengono consegnate le somme ricavate dalla vendita di merci da Raffaele Guadagno, fratello di Umberto. Altre donne importanti nell’ambito dell’organizzazione sono Gerarda Giordano, alias Franca la ragioniera, che tiene contatti con le agenzia e comunica a Umberto Guadagno quali sono i viaggi da effettuare. Altra ragioniera assoldata prima all’ufficio della Lions di San Valentino e poi nel deposito di via Longole a Poggiomarino dove viene stipata la merce rubata è Maria Giovanna Meligeni, che sostituisce per un periodo Dina Giordano. Umberto Guadagno e Gaetano Vezzi amano la bella vita e le belle donne e spesso organizzano trasferte di svago, con delle donne con le quali fanno viaggi all’estero, in Grecia o in Italia. Due donne in particolare, Denni e Rosaria sono spesso redarguite a telefono dai capi del gruppo criminale che si sentono intercettati, di non parlare di affari illeciti. Ruolo importante anche quello di Antonella, Antonietta Aliberti, moglie di Luigi Nappo, uno dei camionisti finiti nell’inchiesta. La donna presenta una denuncia ai carabinieri per lo smarrimento di un cellulare. È quello che incautamente qualcuno ha dato a una delle vittime della gang, dopo un trasporto truffaldino. Altra donna fondamentale per la vita dell’organizzazione è Elvira Iuliano, esperta del settore delle merci rubate. Elvira Iuliano, paganese doc, si occupa di intercettare i clienti di fornire documentazioni false di camion e autisti e organizzare i viaggi. La sua esperienza nel settore, esperienza che l’ha portata già altre volte in carcere, è utilizzata dalla gang Vezzi-Guadagno che opera a partire dal 2010, secondo gli inquirenti. Ruolo importante anche quello di Rosa Palumbo, la donna che gestisce la società di trasporti Palumbo di Angri, fermata ieri a Milano dopo che era sfuggita al blitz. La donna è inserita nell’organizzazione che si occupa di trafugare le merci prelevate in diversi paesi del Nord Italia e all’estero. Secondo la Procura, il giro d’affari truffaldino oltre ad aver procurato milioni di euro di danni alle imprese truffate ha anche ingenerato una diffidenza diffusa per le ditte di trasporti del Sud e in particolare della Campania che operano nel settore del commercio su gomme. La diffidenza nei confronti dei cosiddetti “napoletani” però viene raggirata con abili escamotage, come quello di organizzare i viaggi con imprese che formalmente hanno la sede al nord, ma in realtà sono gestite dalla gang Vezzi-Guadagno. Appostamenti, intercettazioni hanno consentito ai poliziotti della pg del Tribunale di Nocera Inferiore, coordinati dal pm Cacciapuoti, di ricostruire un’organigramma in cui ognuno ha un suo ruolo. (r.f.)

(nella foto i controlli delle forze dell’ordine ai camion con la merce rubata e nel riquadri da sinistra il capo dell’organizzazione Gennaro Vezzi di Torer Annunziata e il socio Gennaro Caldieri)

Casal di Principe: nuova ordinanza per Dell’Aversana “Peppe ‘o riavolo” per l’omicidio Quadrano

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Giuseppe DellAversano

Un’ordinanza di custodia cautelare per un omicidio di camorra avvenuto nel 1993 è stata notificata dai carabinieri al 52enne Giuseppe Dell’Aversana, detto “Peppe o riavolo”, elemento di spicco del clan dei Casalesi, da tempo in carcere ad Ascoli Piceno. Ad incastrare Dell’Aversana le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia del clan Bidognetti, Luigi Diana, Domenico Bidognetti, esecutori materiali del delitto, ed Emilio Di Caterino. Dalle indagini coordinate dalla Dda di Napoli ed effettuate dai carabinieri di Casal di Principe, è emerso che la vittima, Paolo Quadrano, fu ucciso perché si sospettava fosse un informatore dell’Arma. Quadrano fu giustiziato con una pistola 7,65 invece che con armi più potenti, come i kalashnikov, molto usati in quel periodo per gli agguati di camorra; i killer volevano infatti depistare le indagini, tanto che dopo l’omicidio, il primo movente accertato fu quello di un litigio intercorso tra i figli gemelli di Quadrano e l’esponente dei clan Salvatore Cantiello alias “Carusiello”. I killer-pentiti hanno poi raccontato che dietro il delitto c’erano questioni concernenti il clan, e che Dell’Aversano fornì l’auto usata per l’agguato e mise a disposizione dei sicari la sua abitazione e quella della madre come punto di partenza e di ritorno dopo il delitto. (

Volla, bancarotta fraudolenta per la DeMi Services Express: 4 indagati e sequestro beni

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controlli guardia di finanza

Nella mattinata odierna, nell’ambito di una indagine per ‘bancarotta fraudolenta coordinata dalla Procura della Repubblica – Sezione Reati di Criminalità economica, i1 Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli, in esecuzione di ordinanza dcl G.I.P. presso il Tribunale di Napoli, ha proceduto al sequestro preventivo di due complessi societari e di somme di denaro per un importo di oltre 100000.00 Euro. L’attività investigativa è stata avviata a seguito del fallimento – dichiarato neI 2014 – della società DEMI SERVICES EXPRESS S.r.I., con sede in Volla ed esercente l’attività di autotrasporto di beni per conto terzi. In particolare, é emerso che l’amministratore della società fallita ha sottratto parte delle scritture contabili e ha tenuto quelle esibite agli organi della curatela in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari. accumulando una situazione debitoria (per 10 più debiti verso le banche) di oltre 3.500.000,00 Euro. Le indagini hanno altresi consentito di verificare la distrazione delle voci dell’attiv0 per circa 350.000,00 Euro (crediti e somme di denaro) della fallita 5 favori di una nuova società, esercente la medesima attività riconducibile direttamente all‘amministratore della fallita. Quest’ultimo, peraltro, si é servito di una ulteriore società appositamente c0stituita solo formalmente riconducibile a terzi, che è risultata di tutte le immobilizzazioni, materiali ed immateriali, della fallita DEMI SERVICES EXPRESS S.r.l. (il cui valore, dal libro giornale, al 01 gennaio 2013, si attestava oltre i 450.000,00 Euro) per mezzo della quale. senza soluzione di continuita, e proseguita l’attività di impresa.

I provvedimenti:

IROLLO Carlo

IPPOLITO Elena

ALFIERI Barbara

CINUS Glovanni

Provvedimenti eseguiti: decreto di sequestro preventive ex artt. 321 C.P.P. del GIP Tribunale di Napoli di due aziende, di seguito descritte:

AL.BA. COURRIER S.r.l., con sede legale in Monsano (AN), ed unita locale in Volla, alla via Palazziello snc, capitale sociale, Euro l0.000,00: di cui il 90% delle quote é di ALFIERI Barbara ed il 10% del coniuge CINUS Giovanni; amministratore legale ALFIERI Barbara ed IPPOLITI Elena, moglie di IROLLO Carlo, procuratore speciale. G.N. EXPRESS S.r.I., con sede in Volla, alla via Palazziello s.n.c.; capitale sociale euro 24.000,00, non interamente versato; socio unico e amministratore legale IROLLO Carlo – 108.062,40 Euro, nella disponibilità di IROLLO Carlo.

Ercolano: per i marinai dispersi a Gaeta i palombari arriveranno solo a metà maggio

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peschereccio scomparso cln oliviero

Un’altra settimana di attesa e di ansia per le ricerche dei marinai dispersi di Ercolano nelle acque del mare di Gaeta.  Dalla Capitaneria di Porto della cittadina laziale anche oggi hanno cercato di spiegare ai familiari e ai tanti pescataori della zona che le condizioni meteo non hanno consentito di fare altre immersioni. E che per  la nave della Marina Militare, con la squadra speciale abilitata a scendere fino in fondo, bisognerà aspettare fino a metà maggio. “Nella giornata di domani – hanno spiegato- grazie al miglioramento delle condizioni meteorologiche, che dovrebbero garantire l’attenuazione dello stato del mare nonché una migliore visibilità, verrà nuovamente calato in mare un ROV (Remoted Operated Vheicle), al fine di poter ispezionare il relitto del Rosinella”. Il robot dovrà ispezionare il natante all’interno per capire se vi siano rimasti intrappolati i corpi del comandante Giulio Oliviero e dei due marinai Khalifa e Saifeddine Saffi di cui non si ha più alcuna notizia dalla notte del 20 aprile. Purtroppo è da venerdì scorso che non si sono svolte ispezioni sul fondale. Ieri intanto la signora Rosa Imperato moglie del comandante Giulio Oliviero , accompagnato dall’avvocato di famiglia, è stata ricevuta dal pm Francesco Cerullo della Procura di Cassino che ha aperto un’inchiesta sul caso. 


Naufragio Concordia: ecco perché la Procura generale ha aumentato la richiesta di pena per il comandante Schettino

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Il sostituto procuratore generale di Firenze Giancarlo Ferrucci ha chiesto una condanna in appello per Francesco Schettino a 27 anni di reclusione e tre mesi di arresto dopo la prima udienza. Per il naufragio della Costa Concordia sono state ridefinite le pene per i reati di naufragio, omicidio e lesioni plurimi colposi, abbandono, false informazioni alla capitaneria. Schettino, difeso dai legali Saverio Senese e Donato Laino, è stato condannato in primo grado a 16 anni di carcere e non si è presentato in aula rimanendo nella sua casa di Meta di Sorrento. Nel dettaglio il sostituto pg Ferrucci ha chiesto 9 anni di reclusione (8 anni di pena base più aggravante della colpa cosciente) per naufragio colposo contro i 5 anni di reclusione decisi in primo grado dal tribunale; 15 anni per omicidio colposo plurimo e lesioni plurime colpose (32 morti e decine di feriti), compresa l’aggravante di colpa cosciente che in primo grado non era stata accordata a questa imputazione e contro i 10 anni della condanna inflitta a Schettino; 3 anni per abbandono di persone incapaci a bordo della nave (anziché 1 anno del primo grado). Totale, 27 anni di reclusione, contro i 16 totali della condanna in primo grado. Inoltre per le false informazioni alla capitaneria, il pg ha chiesto 3 mesi di arresto. Il pg ha respinto le richieste della difesa contenute nei motivi di appello, tra cui la riapertura del dibattimento per sentire il cartografo Simone Canessa e la plancia di comando, in particolare gli ufficiali Ciro Ambrosio e Silvia Coronica, più il timoniere Jacob Rusli Bin. Inoltre ha respinto l’ipotesi di un confronto Ambrosio-Schettino, la nuova discussione della maxi-perizia sull’incidente del Giglio. Nel processo di primo grado “la procura di Grosseto ha scelto la colpa cosciente, scelta del tutto corretta – ha detto Ferrucci -. Che però non è stata condivisa dal tribunale, che dice che non vi è la piena prova che Schettino abbia previsto il rischio della morte di persone dopo l’urto. Il grado della colpa riguarda il singolo. Il ruolo dominante va adeguatamente sanzionato in termini di pena” per questo “chiedo 27 anni di reclusione e tre mesi di arresto”.L’ex comandante della Costa Concordia Francesco Schettino è “tranquillo, come si può essere tranquilli in questi casi…” Lo ha detto l’avvocato Donato Laino, difensore dell’imputato, parlando con i giornalisti a margine della prima udienza al processo davanti alla Corte d’Appello di Firenze per il naufragio della Concordia. Schettino non è presente in aula, preferendo rimanere nella sua casa di Meta di Sorrento per evitare “sovraesposizioni mediatiche”. “Lo abbiamo sentito stamani”, ha fatto sapere il legale. “La difesa chiede la totale rinnovazione del dibattimento”, ha spiegato Laino.

Funerali blindati per i Vastarella nel cimitero di Poggioreale

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Funerali blindati per i Vastarella nel cimitero nuovissimo di Poggioreale: Per l’ultimo saluto alle due vittime della strage delle Fontanelle ovvero  Giuseppe Vastarella e il cognato Salvatore Vigna erano presenti solo i familiari e alcuni amici. tante forze dell’ordine anche in abiti civili per evitare “spiacevoli” sorprese. Il rito funebre è stato celebrato dal cappellano del cimitero. E intanto sui social network continua la battaglia di messaggi. Molti quelli inneggianti alla storica famiglia del rione Sanità .

Marigliano: fissato il processo per l’avvocato Esposito coinvolto in una turbativa d’asta con il clan Foria

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 E’ stato già fissato per il 10 maggio il processo con il rito abbreviato davanti al gup del Tribunale di Nola a carico dell’avocato di Marigliano, Luigi Esposito accusato di concorso in turbativa d’asta e tentata estorsione. Il professionista è stato arrestato nei giorni scorsi e si trova agli arresti domiciliari perché coinvolto nella vicenda giudiziaria che vede come protagonista il boss di Pomigliano, Nicola Foria e altri due suoi affiliati. L’avvocato secondo l’accusa avrebbe cercato di corrompere un imprenditore del posto che aveva presentato un offerta per acquistare dal fallimento uno stabile che era appartenuto a Salvatore Foria “pellicchiella” storico capoclan della zona e fratello maggiore di Nicola deceduto in carcere nel 2004.

 

Casalesi: tangenti e appalti nei comuni del Casertano, gli indagati negano le accuse

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Negano su tutta la linea gli indagati dell’inchiesta su presunte tangenti e infiltrazioni della camorra negli appalti nei comuni del Casertano. Una indagine che per ora si è concentrata su Santa Maria Capua Vetere e in particolare sul giro di mazzette per la ristrutturazione di un antico palazzo, ma che potrebbe presto estendersi a numerosi altri comuni, come si evince da quello che scrivono i magistrati nel primo dei capi di imputazione, laddove si ipotizzano “rapporti di tipo corruttivo con esponenti politici locali, in prevalenza sindaci del Casertano”. Ieri era stato l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro a negare con decisione di aver ricevuto somme di denaro per favorire l’aggiudicazione dell’appalto a due imprese grazie a una gara ritenuta truccata. Oggi è stato il turno degli interrogatori di garanzia per altri destinatari delle ordinanze di custodia eseguite martedì scorso da carabinieri e Guardia di Finanza. L’imprenditore Marco Cascella, agli arresti domiciliari, ascoltato dal gip Anna Laura Alfano ha negato tutti gli addebiti contestati nel provvedimento restrittivo, che sono di concorso in corruzione e turbativa d’asta. Assistito dall’avvocato Sebastiano Fusco, l’imprenditore – amministratore di una società che ha si è occupata della ristrutturazione dello storico palazzo Teti Maffuccini a Santa Maria Capua Vetere – ha in particolare sostenuto di non essere a conoscenza di tangenti versate all’ex sindaco Di Muro, al dirigente del settore Lavori pubblici Roberto Di Tommaso, e ad Alessandro Zagaria, che i magistrati ritengono “trait d’union” tra politici, amministratori e il clan dei Casalesi. Tangenti per complessivi 100mila euro, secondo la quantificazione fatta dagli investigatori. Cascella ha anche negato di aver concorso nel realizzare la “provvista” attraverso l’emissione di false fatture. Il suo difensore ha sottolineato, tra l’altro, che l’imprenditore viene chiamato in causa nella vicenda da intercettazioni telefoniche in cui lui non compare mai ma vi si fa riferimento solo indirettamente. Roberto Di Tommaso, finito martedì scorso anch’egli ai domiciliari, assistito dall’avvocato Giuseppe Stellato, ha ammesso di conoscere Alessandro Zagaria, il 30enne imprenditore che opera nel settore della ristorazione, – nei cui confronti è stata eseguita una ordinanza in carcere – indicato come personaggio chiave dell’inchiesta: secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia avrebbe avuto legami con il clan del boss Michele Zagaria (solo omonimo) interfacciandosi con politici e amministratori locali. I suoi contatti, che sarebbero stati documentati dai carabinieri, con il presidente del Pd Campania e consigliere regionale Stefano Graziano, hanno portato all’emissione di un avviso di garanzia nei confronti del politico per concorso esterno in associazione mafiosa. Oltre agli incontri, gli inquirenti avrebbero intercettato alcuni contatti telefonici – conversazioni o sms – tra i quali anche espressioni di ringraziamento dell’esponente del Pd per il sostegno elettorale garantitogli da Zagaria. Circostanze che hanno indotto gli inquirenti ad ipotizzare che Graziano abbia rappresentato ”uno stabile punto di riferimento politico” per il clan che in cambio avrebbe offerto l’appoggio alle elezioni regionali del marzo 2015. “Ho conosciuto Zagaria in Comune – ha spiegato Di Tommaso – ma con lui non ho mai avuto alcun tipo di rapporto, neanche di lavoro”. Il funzionario, responsabile fino a due giorni fa dell’ Ufficio Tecnico comunale, ha poi contestato la ricostruzione della Dda di Napoli circa la gara per i lavori di Palazzo Teti Maffuccini; un appalto che secondo gli inquirenti sarebbe stato aggiudicato a due imprese vicine al clan, grazie alle mediazione di Zagaria, dietro il pagamento di tangenti per complessivi 100mila euro, 70 dei quali sarebbero andati proprio a Di Tommaso e all’ex sindaco Di Muro. “Non ho mai preso alcuna tangente – ha detto il dirigente – la procedura è stata regolare, sia nella scelta dei componenti della commissione, che nell’ aggiudicazione”. Intanto prosegue l’attività investigativa. In procura si è svolto oggi un incontro per fare il punto sulle indagini tra il procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e i sostituti della Dda Maurizio Giordano, Gloria Sanseverino, Luigi Landolfi e Alessandro D’Alessio. E la Guardia di Finanza ha acquisito presso il ministero dell’Interno la documentazione relativa al finanziamento per il restauro di palazzo Teti Maffuccini, per il quale si attivò Graziano.

Scafati, estorsione al bar Dodo: Adini e Alfano condannati a 5 anni e mezzo di carcere

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scafati bar dodo con alfano e adini

Carmine Alfano e Marcello Adini sono stati condannati entrambi a cinque anni e mezzo di reclusione accusati dell’attentato esplosivo che nel luglio dello scorso anno mandò in frantumi una vetrata del bar Dodo facendo saltare la saracinesca. La sentenza di condanna è stata emessa ieri pomeriggio dal giudice dell’udienza preliminare Ubaldo Perrotta, al termine di un rito abbreviato in cui il difensore Francesco Matrone ha fatto leva tra l’altro sull’offerta di risarcimento del danno depositata dagli imputati. La pena decisa dal gup è inferiore di poco alle richieste del pubblico ministero Giancarlo Russo, che voleva sette anni per Alfano (figlio di Gennaro soprannominato bim-bum-bam) e sei per Adini, entrambi accusati di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Quando a settembre furono arrestati dai carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiore, nei loro confronti emerse subito un quadro accusatorio pesante. Gli inquirenti avevano ricostruito una serie di minacce subìte tra il giugno e l’agosto del 2015 da titolare e dipendenti del noto bar del centro commerciale Plaza, intimidazioni di chiaro stampo camorristico con cui Alfano e Adini avrebbero cercato di convincere l’imprenditore al versamento di una tangente mensile di 3mila euro. L’esplosione della bomba carta, avvenuta nella notte tra il 25 e il 26 luglio dinanzi a uno degli ingressi del locale, fu il culmine di quei tentativi estorsivi. Erano le tre di notte quando i residenti furono svegliati dal boato, e ai carabinieri bastò pochissimo per capire che l’episodio andava inserito nell’orbita del racket. Un’ipotesi subito confermata dalla visione dei filmati delle telecamere di videosorveglianza, che avevano ripreso il momento in cui l’ordigno veniva posizionato davanti alla saracinesca. Le indagini consentirono poi di risalire ad altri episodi estorsivi, tra cui la consegna al gestore di un bar di un “pizzino” con la richiesta della tangente. Anche in quel caso sarebbero stati Alfano e Adini ad avvicinarlo, raggiungendolo mentre era a bordo della sua auto. Un’escalation di intimidazioni che pare avesse indotto la vittima a prolungare le ferie estive, lasciando chiuso il locale più a lungo di quanto non fosse stato programmato all’inizio. Un incubo conclusosi quando agli inizi di settembre i due scafatesi furono arrestati, prima perché sorpresi in possesso di una pistola con matricola abrasa e, una settimana dopo, in esecuzione dell’ordinanza cautelare che li individuava come i responsabili dell’attentato al bar Dodo.

(nella foto il bar Dodo e nei riquadri Carmine Alfano e Marcello Adini)

Morte al Ruggi, sparisce il reperto ‘chiave’ per la morte di Palma Casanova. Sostituiti i primari dei reparti

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Strani. Sparisce dall’ospedale il reperto biologico prelevato nel corso dell’intervento d’urgenza per salvare Palma Casanova, trasferiti i dirigenti delle unità operative nelle quali la donna di Atrani è stata ricoverata. Indagini serrate sul caso della 56enne ora venerdì a tre giorni dall’intervento, in laparoscopia, di cisti ovarica. I carabinieri del Nas, guidati da Gianfranco Di Sarno, stanno cercando il tratto di intestino – presumibilmente perforato – asportato in sala operatoria nel corso dell’intervento d’urgenza di venerdì scorso. Il ‘sigma’ cioè il tratto intestinale prelevato alla donna e consegnato dall’anestesista della sala operatoria ad un ausiliario della Rianimazione, per essere conservato e messo a disposizione dei periti e degli inquirenti è introvabile. Questo reperto doveva finire in un contenitore sanitario e messo in frigorifero in attesa di essere portato in laboratorio il lunedì mattina. Ma quando Perito e inquirenti lo hanno cercato lunedì mattina non è stato trovato. Il pm Elena Guarino è alla ricerca dei responsabili della sparizione che si configura come un vero e proprio occultamento di prove. Sul fronte interno al Ruggi, intanto, c’è stato un giro di vite a proposito del caso di Palmina Casanova. Negli uffici amministrativi dell’ospedale è vi è stata una riunione straordinaria della commissione d’inchiesta costituita da periti e personale ospedaliero (Antonello Crisci, Angelo Gerbasio e Giovanni Genovese) i quali hanno sentito l’anestesista presente in sala operatoria nel secondo intervento, quello di venerdì sera, e che ha consegnato il reperto all’ausiliario. Primo atto del commissario straordinario è stata la rimozione del primario della Anestesia, Romualdo Cirillo, al suo posto, in via provvvisoria, nominato Renato Gammaldi. Rimosso anche il direttore del reparti Donne età evolutiva, quale presidente della commissione di disciplina area dirigenza medica sostituito da Giancarlo Accarino, direttore dipartimento Chirurgie generali. Intanto i carabinieri del Nas, hanno sentito alcune persone informate sui fatti per circoscrivere le responsabilità di medici e paramedici. Cinque i medici identificati al Ruggi di Salerno, tre ginecologi, un anestesista e un medico della chirurgia d’urgenza, altri sette all’ospedale di Castiglione di Ravello dove Palmina Casanova è stata portata per i forti dolori all’addome, venerdì mattina, prima di ritornare al Ruggi. 

Caivano, blitz anticamorra al Parco Verde: sei arresti

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polizia

Agenti della squadra mobile di Roma e Napoli stanno eseguendo un`ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli, su richiesta della Dda partenopea, a carico di sei persone accusate di appartenere alla camorra nella zona del Parco Verde di Caivano.Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di spaccio di sostanze stupefacenti e favoreggiamento della latitanza di Giuseppe Montanera.L`operazione costituisce un seguito dell`attività investigativa sviluppata dalla Squadra Mobile di Roma dopo l`omicidio di Modestino Pellino, avvenuto il 25 luglio 2012 a Nettuno, che ha già portato all`esecuzione 20 provvedimenti restrittivi nel 2014.


Nola, inchiesta Sma: assolto Barone, condannato Mercogliano a processo gli altri 16

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saverio barone

E’ stato “Assolto per non aver com- messo il fatto”,  il presidente del consiglio comunale di Nola, Saverio Barone accusato di abuso di ufficio in concorso, per presunti illeciti commessi tra il 2012 e il 2013. Lo ha deciso ieri il gup del Tribunale di Nola, Giuseppe Sepe, che ha condannato invece ad un anno e quattro mesi, oltre che al pagamento delle spese processuali,  ’imprenditore Antonio Mercogliano, coinvolto nell’inchiesta riguardante i lavori di manutenzione dei Regi Lagni. I due avevano scelto il rito abbreviato mentre sono stati rinviati a giudizio gli altri  16 indagati che hanno scelto il rito ordinario e che saranno ascoltati in prima udienza il prossimo 26 settembre. L’inchiesta della Procura di Nola arrivata a Processo riguardava una serie di illeciti avvenuti tra il 2012 e il 2013 nei quali si sarebbero resi responsabili amministratori e dirigenti del Comune di Nola e funzionari della Sma, la partecipata della Regione Campania che si occupa di bonifiche e tutela ambientale sull’intero territorio regionale.

NapolI: omicidio della piccola Fortuna Loffredo, arrestato il vicino di casa

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Questa mattina i carabinieri della Compagnia di Casoria hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal Gip su richiesta della Procura di Napoli Nord, per l’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, avvenuto il 24 giugno 2014 nel Parco Verde di Caivano. Il corpo della bimba, che allora aveva sei anni, fu trovato davanti allo stabile dove abitava, molto probabilmente dopo essere precipitata, L’autopsia stabilì che aveva subito abusi sessuali.  Ad essere arrestato è stato il compagno della vicina di casa della piccola Fortuna. La donna era la mamma del piccolo Antonio che morì in circostanze sospette, nonché simili a quelle di Fortuna, un anno prima. Lo conferma il legale della famiglia Loffredo, Angelo Pisani. L’uomo è accusato di violenza sessuale e omicidio. L’uomo arrestato oggi per l’omicidio di Fortuna Loffredo era già in carcere insieme alla compagna da novembre 2015. I due, allora, furono fermati con l’accusa di violenza sessuale sulla figlia di tre anni. La donna di 26 anni era madre di un altro bambino di 3 anni morto il 28 aprile 2013 precipitando dal balcone dello stesso palazzo del parco Verde di Caivano in cui morì un anno dopo Fortuna Loffredo.  Dall’inizio il sospetto della Procura e’ che Fortuna Loffredo fosse rimasta coinvolta in un giro di pedofilia, del quale forse anche altri bambini del Parco Verde sono vittime. Un sospetto condiviso dalla madre della bimba morta, Domenica Guardato. La donna ha sempre puntato senza esitazione il dito contro le persone che abitano nell’edificio: “Il mostro è nel nostro palazzo, è impossibile che nessuno abbia visto. Chi sa parli”, disse mesi dopo la morte della piccola. I particolari dell’attività investigativa relativa all’arresto eseguito oggi verranno illustrati nel corso della conferenza stampa che si terrà presso la Procura della Repubblica di Napoli Nord alle ore 11

Torre Annunziata, sequestrato canile abusivo: una denuncia

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Il comando provinciale della guardia di finanza di Napoli ha individuato un’area nel comune di Torre Annunziata  utilizzata come canile abusivo, all’interno della quale erano rinchiusi 11 cani della razza pastore tedesco. E’ stata scoperta un’area all’interno della quale erano presenti animali chiusi dentro gabbie anguste e non idonee a garantirne il movimento, in precarie condizioni di salute e sprovvisti dei previsti documenti di identificazione. Inoltre, sono stati trovati anche medicinali per uso umano e medicinali per uso veterinario, tra i quali anche sostanze dopanti e psicotrope. I finanzieri hanno richiesto l’intervento del servizio veterinario del dipartimento di prevenzione dell’Asl Napoli 3 sud: i medici hanno verificato lo stato di affaticamento degli animali ed hanno affidato gli stessi in custodia ad una struttura della zona. Sono stati sequestrati, oltre agli animali, 34 scatole di medicinali per uso umano (anabolizzanti e sostanze psicotrope), 52 scatole di medicinali per uso veterinario, di libera vendita, ma in pessime condizioni di conservazione, 2 ‘trasportini’ per cani, 16 gabbie ed un automezzo; mentre, un 44enne di Torre Annunziata, è stato denunciato a piede libero alla Procura presso il tribunale di Torre Annunziata per maltrattamento di animali.

L’orco del parco Verde aveva violentato già altri tre bimbi. La madre di Fortuna: “Devono marcire in galera”

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fortuna loffredo

Raimondo Caputo, compagno di Marianna Sabozzi, madre di un altro bimbo morto per una caduta accidentale nel Parco Verde di Caivano, per gli inquirenti ha ucciso Fortuna Loffredo, la bimba di sei anni di cui cui abusava sessualmente, cosi’ come di altre due piccole abitanti di quello stesso palazzo. Le indagini dei carabinieri, che hanno portato a una misura cautelare nei suoi confronti per omicidio e violenza sessuale dicono anche che l’uomo, vicino di casa della vittima, il 24 giugno di due anni fa porto’ la bambina all’ottavo piano del palazzo e che la lancio’ dal terrazzo quando la piccola probabilmente si rifiuto’ di subire nuove violenze. Caputo si trova in carcere gia’ da tempo per un provvedimento cautelare da novembre per violenza sessuale ai danni di una bambina di 12 anni, cosi’ come Marianna Sabozzi.Ha sempre chiesto ai residenti del Parco Verde di Caivano di raccontare quello che sapevano sulla morte di sua figlia Fortuna, uccisa a soli sei anni, quello che avevano visto. Oggi è stato arrestato chi avrebbe ucciso sua figlia. “Ma anche oggi tutti sono rimasti in silenzio – dice Domenica Guardato – anche oggi tutti omertosi”. Domenica, Mimma come la chiamano gli amici, fino a quindici giorni fa era in una città della Lombardia. Poi è tornata a Caivano. “Pensavo, speravo, che oggi, almeno oggi, qualcuno di questo maledetto parco venisse da me per dirmi qualcosa, un abbraccio, ed invece niente. Qui c’è sempre stato e sempre ci sarà il silenzio”. “Io so solo che ora mi ritrovo ad essere l’unica condannata – dice ancora – perché mi ritrovo con un dolore immenso, che non passerà mai. Perché amavo Fortuna, come solo una mamma può fare e me l’hanno uccisa. E ad oggi non so ancora perché. Da una parte sono contenta perché ho avuto giustizia, dall’altro dico che quei due devono marcire in carcere perché hanno ammazzato mia figlia.Voglio guardarvi in faccia per capire perché lo avete fatto”. “La giustizia non deve avere alcuna pietà”. A dirlo è Angelo Pisani, che con Sergio Pisani assiste i nonni della piccola Fortuna Loffredo. “Fin dai primi sopralluoghi con i consulenti della difesa – spiega Pisani – era emersa con chiarezza l’ipotesi di un atroce movente a sfondo sessuale. Oggi finalmente arriva giustizia grazie al grande lavoro della Procura di Napoli Nord, che ha operato in un contesto fra i più terribili del Paese. In memoria di Fortuna è nostro dovere salvare tanti altri bambini come è già stato fatto durante le indagini, la giustizia non deve avere alcuna pietà”, conclude.

Clan Mariano: i fratelli Ciro e Marco si difendono in aula e chiedono lo sconto di pena

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Come aveva promesso ha parlato, per oltre un’ora il boss Marco Mariano. Lo ha fatto ieri in video conferenza nell’aula bunker del carcere di Poggioreale. Il “Picuozzo” dei quartieri Spganoli è imputati con altri 94 nel maxi processo al clan. Ci sono i suoi familiari, il fratello Ciro, la moglie, i  nipoti,amici e lui ha voluti difendere tutti. Marco Mariano ha preso la parola e ha voluto spiegare al gip Rosa Miranda:  “A casa mia si parlava di somme di danaro ma si tratta di un debito di 500mila euro che avevo contratto con una persona di famiglia. La provenienza di quei soldi non è regolare, è vero ma non sono soldi di natura illecita. Mi sono stati dati da una persona cara ed io ho reinvestito. Ma non è denaro che arriva dall’associazione ca morristica che mi contestate, né finiva all’associazione che mi contestate… Mia moglie? Lei non c’entra niente. In alcune conversazioni si parla di  conteggio di soldi ma lei non fa nessun conteggio, i conteggi li faccio io e non gestiva proprio nulla. Si fa riferimento spesso ai “carusielli” ma non hanno niente a che vedere con me. Giorno per giorno si conservano soldi come in un salvadanaio e a fine anno ti trovavi dei soldi e potevi comprare un motorino, una macchina”. Poi il boss ha difeso anche i nipoti: “Non ho mai avuto a che fare con loro. Hanno sempre lavorato per conto loro. Con Fabio, per esempio, non ho mai avuto rapporti commerciali come si sostiene. Lavorava da quando aveva 12 anni. Per incontrarlo dovevi andare a casa perché la notte “faticava” e di giorno dormiva. Lavorava solo. La famiglia della madre, i Tecchio, hanno sempre lavorato. Per tradizione di famiglia. Noi non teniamo soldi nascosti, non sfrecciamo in auto lussuose”. Dopo di lui ha preso la parola il capo del clan il fratello Ciro che ha reso però dichiarazioni spontanee in relazione al rito abbreviato che intende fare. E rivolgendosi alla pubblica accusa ha detto: “Chiedete al pentito La Torre se io avevo a che fare con le mozzarelle”.Riferendosi alle accuse di estorsioni del clan: latticini im- posti ai negozianti e a prezzi di mercato molto più alti e riciclaggio.Poi ha chiesto di essere processato con abbreviato ma condizionato all’escussione del pentito Maurizio Overa.La prossima udienza ci sarà il 4 maggio e in quell’occasione il gup sceglierà se accettare o meno i riti abbreviati condizionati mentre definirà le richieste di rinvio a giudizio. Hanno scelto il rito abbreviato tutti i Mariano e quasi tutti gli imputati che attualmente sono in carcere. In totale sono 45 mentre altri 40 vogliono il rito ordinario.

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