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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Coppia di turisti tedeschi deruba operaio napoletano sull’aliscafo per Capri

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Una coppia di turisti tedeschi, un uomo di 40 anni e una donna di 35, originari di Friburgo, e’ stata denunciata a piede libero dalla polizia di Stato a Capri con l’accusa di furto in concorso ai danni di un operaio napoletano. Il fatto e’ accaduto su un aliscafo di linea da Napoli a Capri. La vittima, che si stava recando sull’isola per lavoro, all’arrivo a Capri si e’ accorta di non avere piu’ il portafogli con all’interno circa 50 euro. Immediatamente ha fermato una pattuglia di poliziotti del commissariato diretto dal vice questore aggiunto Maria Edvige Strina che si trovava in servizio di controllo al porto di Capri, segnalando l’accaduto e indicando coloro che riteneva fossero gli autori del furto. Alla vista degli agenti i due turisti hanno tentato di disfarsi del portafogli gettandolo in un cassonetto dei rifiuti. Portafogli che e’ stato subito recuperato e consegnato al legittimo proprietario che ha presentato regolare denuncia, mentre la coppia e’ stata deferita all’autorita’ giudiziaria.

Cronache della Campania@2018


Pozzuoli, rapinano 15 euro a un anziano in fila per ritirare la pensione: presi due minorenni

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Erano poco più delle 7 del mattino quando un anziano signore di Giugliano in Campania era in fila fuori dall’ufficio postale di piazza San Massimo. All’improvviso alle sue spalle sono arrivati in sella a uno scooter 2 ragazzi: lo hanno minacciando con una pistola giocattolo senza il tappo rosso, terrorizzato e poi rapinato di 15 euro, poi sono fuggiti. Mentre sfrecciavano per guadagnare l’impunità era già arrivata, però, la richiesta d’aiuto al 112. I carabinieri dell’aliquota radiomobile della compagnia di Pozzuoli, già di pattuglia sul territorio, hanno raccolto la segnalazione della centrale operativa e hanno bloccato i malfattori mentre fuggivano in sella dello scooter verso Monteruscello. Intimato l’alt e fermati i 2, i militari li hanno identificati come i responsabili del fattaccio avvenuto poco prima e tratti in arresto; sono entrambi di Pozzuoli: uno ha 16 anni ed è incensurato, l’altro ne ha 15 ed è già noto alle forze dell’ordine. Dovranno rispondere di rapina aggravata e ricettazione in concorso, poiché lo scooter che utilizzavano è risultato provento di furto. Dopo le formalità sono stati accompagnati presso il centro di prima accoglienza dei Colli Aminei. Posti sotto sequestro la pistola, uno scaldacollo, un casco, 2 berretti e 2 kefiah usati per coprire il viso. La refurtiva è stata recuperata e restituita al malcapitato.

Cronache della Campania@2018

Da Napoli a Salerno per truffare anziani: scoperto finisce ai domiciliari

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Più di quindici persone arrestate negli ultimi mesi grazie all’operato di un apposito pool antitruffa istituito presso la Procura di Salerno. Nell’ambito di questa attività investigativa, ad ampio raggio, si sono inserite le indagini dei carabinieri della compagnia di Salerno che hanno portato agli arresti domiciliari Giovanni Fisciano di trentotto anni e alla notifica della misura di obbligo di dimora nel comune di residenza, nei confronti di E.D., di ventidue anni. Entrambi sono accusati, in concorso tra loro, di tentata truffa aggravata in quanto, a febbraio, avrebbero contattato telefonicamente un ottantaduenne e un novantaquattrenne, residenti a Salerno, simulando di essere parenti delle due ignare vittime. Ai due anziani era stato richiesto di ritirare un pacco, che gli sarebbe stato recapitato presso le loro abitazioni da un corriere, dietro corrispettivo di 1.500 euro per il primo e 2.500 euro per l’altra persona anziana. Uno dei due anziani contattò il 112 e subito si misero in moto le indagini e i carabinieri rintracciarono, nei pressi dell’abitazione di una delle due vittime designate, un’autovettura con a bordo due uomini residenti a Napoli. Effettuata una perquisizione dell’auto, che risultava noleggiata, i carabinieri rinvennero i pacchi evidentemente destinati ai due anziani contenenti oggetti privi di valore.

Cronache della Campania@2018

Mori dopo la diagnosi di un tumore benigno: a processo medico di Salerno

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Morì per un cancro alla vescica dopo una diagnosi sbagliata. Il medico che gli aveva diagnosticato che il tumore era benigno è finito sotto processo perché denunciato dai familiari della vittima. Si tratta dell’urologo, Gianmarco Silvestre dell’ospedale Ruggi di Salerno: è accusato di omicidio colposo. I familiari della vittima, Antonio Avallone, un 70 enne di Salerno, si sono costituiti parte civile attraverso gli avvocati Silverio Sica ed Angela Cisale. La tragedia si è consumato nel maggio dello scorso anno. Ma la storia clinica di Avallone era cominciata nel febbraio del 2016. Secondo i magistrati della Procura di Salerno che hanno chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio, l’urologo Silvestre “pur in presenza di una sintomatologia, anche pregressa, avrebbe omesso di effettuare i dovuti approfondimenti diagnostici e di disporre il ricovero del paziente presso il reparto di urologia rassicurandolo invece sulla natura benigna della patologia”. Solo un continuo monitoraggio e l’effettuazione di più accurati accertamenti avrebbero infatti- a parere del magistrato- potuto portare ad un’esatta diagnosi formulata, invece, solo nel gennaio 2017 quando, ormai, le condizioni cliniche del paziente erano definitivamente compromesse. Antonio Avallone già in passato era stato sottoposto ad un intervento chirurgico per la rimozione di un carcinoma prostatico. Non a caso il magistrato sottolinea le condotte di “imprudenza, negligenza e grave imperizia” da parte dell’urologo salernitano che avrebbe così pregiudicato irrimediabilmente le condizioni di salute dell’uomo. L’evolversi della neoplasia sarebbe infatti stato determinato proprio dal “ritardo irrimediabilmente condizionante della diagnosi”. Ora sarà il processo a stabilire eventuali responsabilità e colpe mediche.

 

Cronache della Campania@2018

‘Ti ho voluto così tanto che ho pregato anche dio,ma adesso basta brucia all’inferno amore mio’, i post choc dei baby orchi

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“Ti ho voluto così tanto che ho pregato anche dio,ma adesso basta brucia all’inferno amore mio 😍❤️💟💕💣💋👊”. E’ questo il post comparso sulla pagina facebook dell’ex fidanzatino della 12enne di Gragnano stuprata da un gruppo di baby criminali di Castellammare di Stabia in stato di fermo da ieri. Era il mese di marzo e lei, la ragazzina che si era innamorata del 14 enne (compiuti nel gennaio del 2018) aveva deciso di troncare quella storia d’amore che invece sui era trasformata in un incubo fatta di violenze sessuali, costrizioni a fumare una spinello, ricatti e richieste di soldi per non pubblicare o inviare alle sue amiche e ai suoi professori le foto e i filmati dei loro rapporti. Eppure pochi giorni prima quel ragazzino violento, ma innamorato ( a modo suo) aveva postato: “Sei il mio primo pensiero quando mi alzo e l ultimo quando vado a dormire!!😍😍💋❤🔝🔝”. Sono tanti i messaggi di amore nei mesi precedenti. Ma nel frattempo quel ragazzino, che come foto di copertina del suo profilo facebook ha quella di o’ track di Gomorra punta una pistola alla fronte di Genny Savastano, aveva continuato a usare violenza nei confronti della 12enne. Secondo la pm Pavani del Tribunale per i minorenni di Napoli, che ha disposto il fermo dei tre c’era il “concreto peri­colo che si rendessero irrepe­ribili”  e per questo che so­no stati rinchiusi nel centro di prima acco­glienza dei Colli Aminei. I tre che hanno abusato e filmato e poi minacciato la ragazzina, erano grandi amici.
Sui profili facebook compaiono spesso insieme nelle foto. Quello di uno dei tre, parente di un boss del clan D’Alessandro, è un vero e proprio manifesto della criminalità. Si legge “Rione Scanzano”, ma anche “Se aspettate che crollo resterà un vostro sogno”. Firmato: Totò Riina. Ma anche”«La migliore amica è quella che, se ti presenti alla sua porta con un cadavere nel bagagliaio, non chiama la polizia, ma prende una pala e ti segue”. E poi: “Vi facciamo fare la fine dell’8 nero nel biliardo… Vi buttiamo dentro ed il gioco è finito❤💣”. E poi tanti altri post con frasi simili. Ad inizio della prossima settimana saranno interrogati dal gip della Procura dei minori che deciderà le loro sorti.

 

Cronache della Campania@2018

Cosimo Di Lauro come don Pietro di Gomorra: finto pazzo per uscire dal carcere duro

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Come il don Pietro Savastano di Gomorra che si finse pazzo per evadere dal carcere, o meglio è stato il don Pietro della fiction di Sky a prendere spunto dalla condizione carceraria del sanguinario boss Cosimo Di Lauro, figlio di “Ciruzzo o’ milionario”. Il boss è detenuto in regime di carcere duro da 12 anni ad Opera a Milano e rifiuta contatti e colloqui con i familiari. Domani sarebbe dovuto comparire in video conferenza al processo in Corte di Assise a Napoli perchè accusato di essere il mandante dell’omicidio di Mariano Nocera, il vero agguato che diede inizio alla prima sanguinaria faida di Scampia a cui fece seguito il duplice omicidio di Fulvio Montanino e Claudio Salierno prima della lunga scia di sangue. Non ci sarà Di Lauro mantenendo fede al suo comportamento di “isolato”. Per i giudici è una strategia che mira ad ottenere l’attenuazione del regime di carcere duro. Per i suoi avvocati potrebbe essere affetto di una grave patologia psichiatrica. Lo scontro tra accusa e difesa sta andando avanti da tempo a suon di consulenze medico-specialistiche. Per il momento “Cosimino” ha sulle spalle una condanna a 30 anni di carcere ma ci sono altri processi in corso a cominciare da quello di domani per l’omicidio Nocera (per questo omicidio è stato raggiunto in carcere nell’ottobre scorso da un’ordinanza cautelare).

E’ stato il pentito Gennaro Notturno o’ sarracino, uomo della scissione, a svelare alcuni retroscena inediti di quell’omicidio e a chiarire che fu quella la scintilla che fece scoppiare la guerra. Prima di lui lo avevano fatto altri due eccellenti come Giovanni Piana e Pasquale Riccio.  Ecco cosa ha messo a verbale il collaboratore di giustizia nell’interrogatorio il 18 maggio 2017.
“Giovanni Piana e il cognato Pasquale Riccio stavano spesso insieme a un certo Mariano, che di cognome faceva Nocera, poi ammazzato davanti al bar- caffetteria detto “dei cafoni” perché era frequentato dagli Abbinante, da Antonello Montanino e Claudio Salierno. Mariano Nocera venne ucciso perché a sua volta aveva commesso l’omicidio di un assicuratore fuori al bar “Zelinda”. Nocera commise l’omicidio senza alcuna autorizzazione, che in quel momento avrebbe dovuto dare Cosimo Di Lauro, attesa l’epoca dei fatti, prima della faida del 2004. Dopo il delitto io mi incontrai con Fulvio Montanino, Antonello Montanino, Claudio Salierno e Arcangelo Abete giù alle “Cappe”. Gli Abbinante avevano perdonato Nocera per l’omicidio non autorizzato e avevano avuto la garanzioa da Cosimo Di Lauro che sarebbe stato “risparmiato”. Per cui l’avevano fatto scendere dal luogo in cui si era nascosto, ma Nocera fu ammazzato dal gruppo di fuoco dei Di Lauro per ordine di Cosimo Di Lauro. A quel punto io e Arcangelo Abete andammo alle “Cappe” per sapere da Fulvio Montanino perché era stato ammazzato Nocera nonostante la parola data e lui mi rispose: “lo chiedi a me? Chiedilo a Cosimino che ha dato l’ordine. Antonello Montanino ci spiegò la dinamica, dicendo che era stato lui a sparare mentre Salierno aspettava fuori. Nocera stava prendendo il caffè”.
Anche Giovanni Piana ha parlato di Mariano Nocera. “Da poco era entrato a far parte del clan Abbinante. Nocera si era reso responsabile, circa un mese prima di essere ucciso, dell’omicidio di Vincenzo Arciello, commesso nei pressi di un bar. Nocera l’aveva commesso da solo ed era stato motivato dal fatto che aveva consegnato ad Arciello 200 grammi di cocaina che non gli erano stati pagati”.

Il 18 marzo 2015 Pasquale Riccio è stato il primo collaboratore di giustizia a parlare dell’omicidio di Mariano Nocera, svelandone il presunto retroscena. Lui e il cognato Giovanni Piana si erano recati a casa di “Cosimino” dopo che quest’ultimo aveva convocato Vincenzo Mazzocchi o’ scotch, il quale si era rifiutato di andarci. In quel periodo c’era fibrillazione tra tutti gli aderenti alla cosca Di Lauro, soprattutto tra i “vecchi”: infatti gli Amato-Pagano e altre famiglie di malavita volevano staccarsi dal clan di cupa dell’Arco, non concordando sui metodi e l’organizzazione voluta dal figlio del boss Paolo Di Lauro o’ milionario. Ecco alcuni passaggi delle dichiarazioni di Riccio: “Disse Cosimo che lui, ritenendosi il capo assoluto, doveva essere messo al corrente di ogni cosa prima che accadesse e che Mariano Nocera aveva sbagliato. Cosimo ci disse che aveva dovuto dare l’ordine di ucciderlo per dare un esempio a tutti gli affiliati in quanto aveva commesso l’omicidio Arciello senza avvisare nessuno e che comunque gli dispiaceva veder morire ragazzi così giovani”.

 

Cronache della Campania@2018

Napoli, pakistano titolare di un negozio di kebab ferito a colpi di caschi

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Un pakistano di 23 anni, titolare di un negozio di kebab al Corso Garibaldi a Napoli, e’ stato aggredito da alcuni sconosciuti. Secondo le notizie acquisite dalla Polizia, in particolare, in due sono entrati nel locale e, brandendo i caschi, hanno colpito l’immigrato. Soccorso, e’ stato trasportato all’ospedale Loreto Mare. Per lui 30 giorni di prognosi. Indagini sono in corso da parte della Polizia per risalire ad autori e movente dell’aggressione.

 

Cronache della Campania@2018

La ragazzina stuprata dai baby orchi di Castellammare costretta ad andare al Nord per paura

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“Dopo la denuncia dello stupro, l’isolamento da parte della comunita’, mentre gli autori della violenza imparentati con camorristi, indisturbati continuano a sentirsi padroni del territorio: la vittima e la famiglia, invece, lasciano la citta’ secondo quanto annunciato dall’avvocato della vittima sul corriere del Mezzogiorno”. Cosi’ in una nota, Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale dei Verdi e Gianni Simioli, conduttore di Radio Marte, in relazione alla dodicenne violentata da un gruppo di minorenni a Castellammare di Stabia  lo scorso aprile. e’ una vicenda molto simile a quella accaduta due anni fa a un’altra ragazzina nella vicina Pimonte dove anche in quel caso i protagonisti furono un branco di minorenni con a capo il figlio del boss locale. La ragazzina è stata costretta a trasferirsi al Nord visto che il piccolo paese dei Monti Lattari aveva isola la ragazzina e la famiglia. Il sindaco aveva addirittura parlato di “bambinata” e ora sono tutti libero e in affidamento in prova i baby orchi di Pimonte. “Gli stupratori, invece, – proseguono – sono osannati sui social e sembrano godere di una solidarieta’ diffusa sul territorio. Inaccettabile che i delinquenti tra l’altro vicini a clan di camorra facciano gli spavaldi. Ci aspettiamo che i cittadini onesti di Gragnano e Castellammare scendano in piazza per esprimere solidarieta’ e vicinanza alla vittima e alla famiglia. Auspichiamo che politici e amministratori diano un segnale forte organizzando una manifestazione alla quale dovranno intervenire tutti i campani che vogliono dire ‘no’ all’arroganza e alla violenza dei camorristi e contro gli stupri”. “La gente perbene – ha concluso Borrelli – non si nasconda e prenda posizione. Scelga di stare dalla parte di chi ha subito un sopruso e ha avuto il coraggio di denunciare e non giri la testa dall’altra parte”.

 

Cronache della Campania@2018


Detenuto ridotto in gravi condizioni da compagni di cella nel carcere di Salerno, il Sappe chiede un’ispezione

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Detenuto nord africano ridotto in gravi condizioni da suoi connazionali in cella nel carcere di Fuorni a Salerno per vecchi rancori. Alla luce dell’ennesimo episodio di violenza che si verifica nel penitenziario salernitano il Sappe ha sollecitato un’ispezione da parte dei funzionari del Ministero della Giustizia chiedendo maggiori garanzie per il personale affinché sia dotato di strumenti difensivi, già in uso ad altri corpi di polizia, come la pistola elettrica o lo spray al peperoncino, spiegando che  “si attiverà a far interrogare con atto parlamentare il nuovo ministro della Giustizia sulla questione penitenziaria salernitana. Per quanto riguarda le aggressioni ai danni degli agenti della polizia penitenziaria i numeri fanno rabbrividire: solo nel 2017 le colluttazioni all’interno delle carceri italiane sono state 7.446 ed i ferimenti 1.175. La situazione, poi, a Fuorni è drammatica”. Il Sappe rimarca che il sistema di video sorveglianza è ancora incompleto e nel penitenziario di registra grave carenza di personale. Il detenuto ferito ora è ricoverato all’ospedale di Salerno avendo riportato gravi ferite alla testa e al torace. L’aggressione è avvenuto nella mattinata di sabato mentre i vertici del penitenziario cittadino erano impegnati con le altre autorità nei festeggiamenti in occasione della festa della Repubblica. L’uomo era arrestato la scorsa settimana nel corso del blitz contro gli spacciatori del Lungomare di Salerno ed era stato messo nella sezione destinata ai reclusi per reati comuni.  E’ stato affrontato dai compagni che volevano regolare i conti in merito ad una questione sorta durante una precedente detenzione del nord africano. Così hanno cominciato a massacrarlo di botte colpendolo con calci e pugni alla testa e al torace. È stato il tempestivo intervento degli agenti della polizia penitenzia richiamati dalle urla dei detenuti ad evitare il peggio.

 

Cronache della Campania@2018

Napoli, mazzette in cambio di posti di lavoro: una registrazione incastra i tre indagati

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Napoli. Ha registrato una conversazione con il cellulare che potrebbe essere decisiva nel corso di un processo per truffa a carico di tre incensurata. Si tratta dell’inchiesta sulla presunta compravendita di posti di lavoro. Ora la Procura dovrà stabilire i fatti e se Giovanni De Maio, un privato cittadino, abbia realmente versato 15mila euro, per un posto di lavoro, nelle mani di un ex consigliere della municipalità in quota Pd. Gli indagati sono tre. Si tratta di Ivan Ghilardi, del suo presunto braccio destro Ciro Ruocco e di Felice Colombrino (solo omonimo del prefetto oggi impegnato a Roma). La scena si sarebbe svolta in un bar in piazza Carlo III. La vittima ragiona con il suo interlocutore ribadendo il concetto dei 15mila euro e dell’assunzione rivelatasi un bluff. “De Maio veniva così indotto in errore sulla solidità della ditta Fenar srl, di cui Colombrino all’epoca era gestore di fatto – scrivono gli inquirenti – ma anche a proposito della stabilità del rapporto di lavoro e lo convincevano ad accettare questa proposta di lavoro presso la suddetta ditta, previa corresponsione della somma di 15mila euro che lo stesso effettivamente versava”. Gli indagati negano la vicenda e si dicono pronti alla replica delle accuse e dimostrare l’integrità della propria condotta.

Cronache della Campania@2018

Spaccio di droga in Costiera Amalfitana: 22 arresti

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Dalle prime ore del giorno, i Carabinieri della Compagnia di Amalfi  hanno in corso una vasta operazione di polizia giudiziaria, che interessa diversi Comuni della Costiera Amalfitana, del Salernitano e della provincia di Napoli, in esecuzione di un provvedimento cautelare emesso dal GIP presso il Tribunale di Salerno su richiesta della locale Procura, nei confronti di 22 persone ritenute responsabili a vario titolo di spaccio di sostanze stupefacenti di diverso tipo sul territorio della Costiera Amalfitana, nonché di estorsione e favoreggiamento. Contestualmente sono in corso ulteriori 16 perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettanti indagati.

L’indagine, condotte congiunta dall’Aliquota Operativa della Compagnia Carabinieri di Amalfi e dalla Stazione di Maiori, ha permesso di disvelare un preoccupante spaccato dell’universo giovanile della zona Amalfitana fortemente condizionato dallo spaccio e dall’uso sistematico di sostanze stupefacenti anche fra i minori, nonché la forte contesa della “piazza” costiera perfino con atti violenti.

Cronache della Campania@2018

Traffico di droga per conto dei Casalesi: 40 arresti in tutta Italia

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I carabinieri della compagnia di Marcianise hanno dato esecuzione all’ordinanza applicativa della misura cautelare, emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 40 indagati (di cui 16 in carcere, 15 agli arresti domiciliari e 9 con l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria), ritenuti responsabili del reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope con le aggravanti dell’utilizzo del metodo mafioso, dell’impiego della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo dei clan Belforte e Piccolo-Letizia. L’operazione si è svolta fra le province di Caserta, Torino, Reggio Emilia e Mantova. L’indagine, denominata ‘Unrra casas’, espletata dal mese di settembre 2014 al mese di maggio 2015 con servizi di osservazione, controllo e pedinamento nonché attraverso intercettazioni telefoniche, ha permesso di contrastare il dilagante fenomeno dello spaccio di sostanze stupefacenti nei comuni di Marcianise, Capodrise e Maddaloni e di accertare la commissione di plurime cessioni di sostanza stupefacente, operate in regime di monopolio avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e omertà, nonché al fine di agevolare le organizzazioni camorristiche denominate Belforte e Piccolo-Letizia. Grazie ad una serie di attività di riscontro, i carabinieri del nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Marcianise sono riusciti ad individuare, per la prima volta, l’esistenza di un accordo tra i due clan operanti nel comune di Marcianise, Clan Belforte, detto dei ‘Mazzacane’ e Clan Piccolo-Letizia detto dei ‘Quaqquaroni’, storicamente nemici e la cui rivalità ha prodotto tra la fine degli anni ‘90 e metà degli anni 2000 svariate decine di omicidi, con il quale veniva sancita un’alleanza per la gestione dell’attività illecita dello spaccio di sostanze stupefacenti, con diversi avvicendamenti tra le due famiglie. L’indagine ha portato all’arresto di Aniello Bruno, latitante di spicco del clan Belforte sino a quel momento posto al vertice della citata organizzazione criminale. Di particolare rilievo è anche l’arresto operato in Albania nel maggio 2015 di uno degli indagati, accusato di omicidio di un trafficante di droga albanese del quale gli era stata commissionata l’uccisione. Infine, durante le investigazioni, sono state tratte in arresto 6 persone in flagranza di reato e sottoposti a sequestro penale circa 6 kg di sostanza stupefacente del tipo marijuana, hashish e cocaina.

Cronache della Campania@2018

Bimbo di 4 mesi muore nella culla: aperta un’inchiesta

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Mercato San Severino. Aveva appena quattro mesi il piccolo Francesco deceduto ieri mattina. Con molta probabilità si è trattato della sindrome della morte improvvisa, conosciuta anche come “morte in culla”. A dare una risposta sarà solo l’autopsia disposta dal magistrato. A portare il piccolo in ospedale sono stati i genitori ieri mattina. Ma Francesco era già morto. Nella mattinata di ieri, appena svegli, si sono accorti che il bambino non si muoveva, non rispondeva agli stimoli e sembrava che non desse segni di vita. Giunti in ospedale i medici hanno comunicato che non c’era nulla da fare perché il loro piccolo era morto. Le ipotesi sono almeno due, la prima è quella della “morte in culla”, una sindrome che colpisce i bimbi nel primo anno di età e che resta tutt’oggi la prima causa di morte dei neonati. La seconda, invece, è che il piccolo Francesco potesse soffrire di problemi cardiaci, dei quali nemmeno i genitori erano a conoscenza e che l’ha portato al decesso senza che nessuno potesse farci nulla.

Cronache della Campania@2018

‘Pax mafiosa’ tra i Belforte e i Piccolo-Letizia per gestire il traffico di droga. TUTTI I NOMI

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Di fronte ai lauti guadagni dello spaccio di droga, due clan da sempre in guerra per spartirsi le attivita’ illecite del territorio, come il clan Belforte e quello dei Piccolo-Letizia, entrambi operanti nella citta’ di Marcianise, hanno deciso di siglare una “pax mafiosa”, una sorta di “santa alleanza” per gestire insieme il traffico di droga, in particolare di marijuana, hashish e cocaina. E’ emerso dall’ultima inchiesta della Dda di Napoli che ha portato all’emissione da parte del gip di 40 misure cautelari per altrettanti indagati, 16 dei quali finiti in carcere e 15 ai domiciliari; per altri nove indagati e’ stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini, realizzate dai carabinieri della Compagnia di Marcianise, hanno fotografato un periodo ben preciso, tra il 2014 e il 2015, in cui l’accordo tra le cosche rivali ha di fatto azzerato anni e anni di violenza e sangue, in cui i due clan hanno dato vita ad una delle piu’ cruente faide avvenute in un singolo comune; erano gli anni a cavallo tra la fine dei ’90 e l’inizio dei 2000, quando a Marcianise la prefettura impose addirittura il coprifuoco, con la chiusura serale di bar e locali per evitare assembramenti di affiliati nei posti dove i sicari dei due clan, i Belforte detti “Mazzacane”, e i Piccolo soprannominati “Quaqquarone”, usavano colpire. L’indagine odierna e’ stata denominata “Unrra Casas”, dal nome del complesso residenziale dove avveniva – e dove probabilmente e’ avvenuto fino a questa mattina – parte dello spaccio e dove risiedevano molti degli arrestati. I carabinieri hanno dovuto usare un elicottero e i cani per effettuare l’operazione. Il parco ha solo due uscite, una principale e l’altra posteriore, per cui era facile controllare acquirenti e notare l’arrivo delle forze dell’ordine. Durante le investigazioni, sono state tratte in arresto 6 persone in flagranza del reato di spaccio e sono stati sottoposti a sequestro circa 6 kg di stupefacente.

GLI ARRESTATI:

ALLEGRETTA SALVATORE, nato a Caserta il 10.06.1992, residente a Marcianise (CE) in Parco Primavera n. 22, celibe, censurato;
BELVISTO AMEDEO, nato a Capodrise (CE) il 15.04.1962, residente a Marcianise in via Pò n. 50, celibe, censurato;
BIZZARRO ANDREA, nato a Caserta il 09.03.1982, residente a Marcianise in Parco delle Mimose, celibe, censurato;
BRUNO ANIELLO, nato a Caserta il 01.03.1983, residente a Marcianise in Viale Europa, “Parco Urra Casas” n. 12, coniugato, censurato, in atto detenuto presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere (CE);
DE MATTEIS FRANCESCO, nato a Capodrise il 07.08.1976, residente a Marcianise in Parco Felice, coniugato, censurato;
GRILLO GIUSEPPE, nato a Nola (NA) il 27.02.1982, residente a Marcianise in via Diaz n. 38, coniugato, censurato;
LASCO FILIPPO, nato a Marcianise il 22.10.1982, ivi residente in Viale Europa, “Parco Urra Casas” n. 18, coniugato, censurato;
LASCO PASQUALE, nato a Marcianise il 16.06.1972, ivi residente in Parco Primavera Pal. h, coniugato, censurato;
LETIZIA PRIMO, nato a Marcianise il 07.02.1984, ivi residente in via Lucania n. 7, coniugato, censurato;
MANDARINO ALESSANDRO, nato a Marcianise il 13.12.1982, ivi residente in Viale Europa, “Parco Urra Casas” n. 12
NOCERA ANDREA, nato a Marcianise il 22.05.1989, ivi residente in Parco Primavera n. 9, celibe, censurato;
PONTILLO GIOVANNI, nato a Capodrise il 09.12.1959, residente a Marcianise in Viale Europa, “Parco Urra Casas” n. 12, coniugato, censurato;
REGINO PASQUALE, nato a Caserta il 18.11.1982, ivi residente in Via Galatina, Parco Ginevra, coniugato, censurato;
ROMANO FABIO, nato a Maddaloni il 10.12.1990, ivi residente in Via Feudo n. 54, celibe, censurato;
VICIGLIONE NICOLA, nato a Caserta il 04.03.1983, residente a Marcianise in Via Ravanello n. 9, di fatto domiciliato in via Oberdan n.11, coniugato, censurato;

ARRESTI DOMICILIARI:

CIANO GIULIO, nato a Marcianise il 08.03.1975, ivi residente in Parco Primavera, coniugato, censurato;
DI FUCCIA ANTONIO, nato a Marcianise il 27.12.1971, ivi residente in Via Grosseto n. 3, coniugato, censurato;
DI SIVO GENEROSO, nato a Santa Maria Capua Vetere il 01.07.1983, residente a Marcianise in via Gorizia n. 36, celibe, censurato;
FRANCINI GIGLIO ONELIO, nato a Napoli il 23.06.1981, residente in Rivalta Di Torino (to) in via San Mellano n. 41, coniugato, censurato;
MARASCO ANTONIO, nato a Torino il 16.11.1988, ivi residente in via Carlo Bossoli n. 93, celibe, censurato;
MARTONE FRANCESCO, nato a Caserta il 10.09.1983, residente a Marcianise in via guido rossa n. 33, di fatto domiciliato in via Garigliano n. 45, coniugato, censurato;
PERSICO FRANCESCO, nato a Marcianise il 02.11.1990, ivi residente in Parco Italia, celibe, censurato;
PICCIRILLO FRANCESCO, nato a Marcianise il 19.06.1991, ivi residente in Via Volturno n. 13, celibe, censurato;
RAUCCI GREGORIO, nato a Marcianise il 25.01.1992, ivi residente in via Durante n. 9, celibe, censurato;
TARTAGLIONE RAFFAELE, nato a Marcianise il 06.09.1988, ivi residente in via Garigliano n. 55, coniugato, censurato;
VICIGLIONE MARCO, nato a Marcianise il 30.09.1985, ivi residente in via Ravanello n. 9, coniugato, censurato;
ZAMPELLA ALESSANDRO, nato a Maddaloni (CE) il 21.04.1993, ivi residente in via Feudo n. 54, celibe, in atto detenuto presso la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere;
BARCA GENNARO, nato a Caserta il 23.05.1984, residente a Marcianise in Parco Felice Snc, coniugato, censurato;
RUSSO PIETRO, nato a Capodrise il 30.04.1969, residente a Marcianise in via Mascagni n. 15, coniugato, censurato;

OBBLIGO DI PRESENTAZIONE ALLA PG

STELLATO FRANCESCO, nato a Caserta il 19.08.1993, residente a Marcianise in via Misericordia n. 20, celibe, censurato;
BUTTONE PASQUALE, nato a Marcianise il 02.01.1968, residente a Capodrise in via Arciprete Acconcia n. 69, coniugato, censurato;
COPPOLA SIMMACO, nato a Marcianise il 24.09.1991, ivi residente in via Cavour n. 1, celibe, censurato;
CORVINO RAFFAELE, nato a Marcianise il 06.12.1979, ivi residente in via Santoro n. 92, celibe, censurato;
DE BIASE ENRICO, nato a Marcianise il 30.09.1978, ivi residente in viale Manzoni n. 14, coniugato, censurato;
DI GIOVANNI NICOLA, nato a Marcianise il 12.09.1957, ivi residente in via Durante n. 4, di fatto domiciliato in via Ugo Foscolo n. 15, coniugato, censurato;
RAGOZZINO TOMMASO, nato a Marcianise il 22.12.1986, ivi residente in viale Manzoni n. 16, coniugato, censurato;
SMERAGLIUOLO TOMMASO, nato a Marcianise il 04.05.1984, ivi residente in via Treviso n. 26, coniugato, censurato;
ZARRILLO CARMINE, nato a Marcianise il 08.10.1994, ivi residente in via Guido Rossa n. 40, celibe, censurato;

Cronache della Campania@2018

Ischia, minaccia di farsi esplodere nel Castello Aragonese: bloccato malato psichico, due carabinieri feriti

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Momenti di paura a Ischia nella notte dove un uomo, Almerico Calise, 40enne ischitano da anni in cura al centro di igiene mentale, in preda all’ennesimo raptus di follia si è rinchiuso in una stanza del Castello Aragonse con due bombole di gas e ha minacciato di farsi saltare in aria. Solo quasi all’alba, dopo estenuanti trattative, i carabinieri hanno deciso di fare irruzione e nel trambusto due  militari sono rimasti feriti. L’uomo poi è stato prima sedato al pronto soccorso dell’ospedale Rizzoli e poi rinchiuso in cella di isolamento nel carcere di Poggioreale, con l’accusa di aver tentato di provocare una strage. Già in altre due circostanze era stato fermato per tentato omicidio: prima per aver ferito una persona con una katana e poi per aver cercato di appiccare il fuoco con della benzina al titolare di un negozio a Ischia Ponte. Ieri sera  poco prima della mezzanotte ha caricato a bordo di una Smart due bombole di gas ed è entrati all’interno del Castello Aragonese, rischiando tra l’altro di travolgere i passanti lungo il pontile di accesso. Ha bloccato con l’autovettura l’ingresso al Castello e poi si è barricato in un locale, urlando che si sarebbe fatto saltare in aria. Sono arrivati i carabinieri con il capitano Andrea Centrella. E’ iniziata una lunga trattativa che si è conclusa con la decisione di fare irruzione dopo che era stata messa in sicurezza tutta la zona. L’uomo, che e’ stato arrestato con l’accusa di strage e resistenza a pubblico ufficiale si e’ ‘giustificato’ dicendo che la sua era un’azione dimostrativa scaturita dalle eccessive segnalazioni nei suoi confronti alle Forze dell’Ordine da parte di alcuni abitanti di Ischia Ponte

Cronache della Campania@2018


Ferma una donna in auto di notte con la figlioletta, la palpeggia e poi la invita a fare sesso: ai domiciliari agente della Polstrada

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Nella mattinata odierna, la Polizia di Stato di Caserta ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, emessa il 29 maggio  dal GIP presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere nei confronti di Andrea Laracca, Assistente Capo della Polizia di Stato, in servizio presso il Distaccamento della Polizia Stradale di Cellole. La misura è stata emessa all’esito di indagini, scaturite a seguito della particolareggiata denuncia della vittima, coordinate da questa Procura della Repubblica, in esito alle quali il Laracca è stato ritenuto responsabile dei reati di violenza sessuale e concussione, aggravati, commessi in Mondragone l’8 marzo 2018. In particolare, le investigazioni hanno permesso di accertare che, in una circostanza, l’arrestato, durante l’espletamento del proprio servizio d’istituto, ha intimato l’alt a un’autovettura con a bordo una donna e la propria figlia di 8 anni. Nel corso del controllo documentale di rito, avendo rilevato infrazioni al codice della strada per le quali si è mostrato disposto a soprassedere, il Laracca ha usato violenza nei confronti della donna, palpeggiandola ripetutamente in più parti del corpo e tentando di convincerla ad avere ulteriori incontri con lui; il tutto in tempo di notte e alla presenza della figlia della vittima, dell’età di 8 anni. Terminati gli atti di rito, l’arrestato è stato associato agli arresti domiciliari presso la sua abitazione.

 

Cronache della Campania@2018

Spaccio in Costiera Amalfitana: anche minacce armate per la gestione delle piazze

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L’indagine, condotta congiunta dal nucleo operativo della compagnia dei Carabinieri di Amalfi e dalla stazione di Maiori, che ha portato all’emissione di 22 ordinanze di custodia cautelare (di cui 4 in carcere, 13 ai domiciliari e 5 con obbligo di presentazione) nei confronti di altrettanti indagati della Costiera amalfitana e delle province di Salerno e Napoli, ha permesso di scoprire, spiegano i Carabinieri, “un preoccupante spaccato dell’universo giovanile della Costiera Amalfitana, fortemente condizionato dallo spaccio e dall’uso sistematico di sostanze stupefacenti anche fra i minori, nonché la forte contesa della ‘piazza’ costiera perfino con atti violenti”.L’inchiesta origina da una precedente attività investigativa denominata “Isola Felice” condotta nell’aprile 2016 dalla medesima Compagnia che portò all’arresto di 19 persone ed alla denuncia a piede libero di altri 15 indagati. Alcuni degli indagati in quel procedimento sono gli stessi oggi destinatari della misura cautelare nel nuovo procedimento penale.
Le indagini hanno avuto inizio nel settembre 2015, dopo un controllo da parte dei Carabinieri della Stazione di Maiori, durante il quale un minorenne fu trovato in possesso di una modica quantità di sostanza stupefacente per uso personale. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di identificare gli spacciatori, nonché un preoccupante diffuso consumo di sostanze stupefacenti da parte di giovani e giovanissimi. Merita di essere menzionato un episodio particolarmente violento, intercettato dai militari, accaduto a Maiori l’11 febbraio 2016, quando B.S., (indagato anche per estorsione) nottetempo e sulla pubblica via, minacciava un altro indagato, puntandogli una pistola al volto, intimandogli di non fargli concorrenza nello spaccio sulla piazza di Maiori. Nel corso delle indagini sono state ravvisate ipotesi di responsabilità penali in capo a 40 indagati nei confronti dei quali sono stati complessivamente contestati circa 500 episodi di cessione di sostanza stupefacenti del tipo marijuana hashish e cocaina. E’ stato sequestrato, in più occasioni, circa 1 kg (precisamente 965 gr.) di marijuana, 40 grammi di hashish e 8 grammi di cocaina. Sono stati altresì arrestati in flagranza del delitto di detenzione e cessione di stupefacenti 5 indagati (processati con rito direttissimo) due dei quali oggi nuovamente arrestati in esecuzione della ordinanza cautelare. Nella fase investigativa è stato attuato un efficace coordinamento tra la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni che ha già proceduto nei confronti dei 5 indagati minori degli anni diciotto.
Secondo quanto sottolinea il procuratore aggiunto di Salerno, Luca Masini, “in soli nove mesi abbiamo registrato in Costiera Amalfitana ben 500 casi di cessione di stupefacenti. Un dato elevatissimo e molto significativo. I consumatori erano anche minorenni. Questo e’ un fenomeno sicuramente preoccupante e ci auguriamo che operazioni come queste possano frenare tali episodi. Lo spaccio avveniva a cielo aperto. I canali di approvvigionamento delle sostanze stupefacenti sono molteplici ma sono ancora coperti da segreto di indagine”.

 

Cronache della Campania@2018

Processo con lo sconto di pena per il marito assassino di Mariarca Mennella

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Richiesta (e ammissione) del rito abbreviato da parte dei legali dell’omicida, che era in aula ma non ha profferito parola, e costituzione di parte civile di tutti quanti i familiari della vittima. Questi gli elementi principali emersi dall’udienza preliminare celebratasi quest’oggi, 4 giugno 2018, in Tribunale a Venezia, davanti al gip, dottor Massimo Vicinanza, in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio da parte del Pubblico Ministero della Procura veneziana, dottor Raffaele Incardona, nei confronti di Antonio Ascione, il 44enne pizzaiolo di Torre del Greco che il 23 luglio 2017 accoltellò a morte l’ex moglie Maria Archetta Mennella, 38 anni, nell’abitazione di Musile di Piave, nel Veneziano, dove la donna risiedeva.I capi d’imputazione a carico dell’assassino reo confesso sono pesanti: il Pm contesta ad Ascione, detenuto nel carcere veneziano di Santa Maria Maggiore, il reato di omicidio con diverse aggravanti: per aver commesso il fatto per futili motivi (la gelosia); per aver agito “con premeditazione, dopo aver reiteratamente minacciato di morte la moglie”; per aver perpetrato il crimine contro il proprio coniuge e madre dei suoi figli, e quindi aggravato dal vincolo di parentela; “per aver aggredito la moglie nelle prime ore del mattino quando la stessa era ancora distesa a letto e incapace di opporre una adeguata difesa”. Non solo. Ascione dovrà rispondere anche di minacce aggravate.

Com’era nell’aria, il suo legale, l’avvocato Giorgio Pietramala, per ottenere lo sconto di un terzo della pena, ha chiesto il rito abbreviato, che è stato ammesso. Per contro, i familiari della vittima, che invece non erano in aula data la lontananza (risiedono quasi tutti in Campania), attraverso il proprio penalista, l’avvocato Alberto Berardi, si sono costituiti tutti parte civile nel processo: l’anziana mamma, i fratelli, le sorelle e, soprattutto, i due figli minorenni rappresentati dalla zia materna Assunta, su autorizzazione del giudice tutelare. “Un segnale importante della ferma volontà da parte di tutta quanta la famiglia di far valere i propri diritti e di ottenere giustizia per la propria figlia, la propria sorella, la propria mamma, e una pena congrua per l’imputato” commenta l’Avvocato Berardi, con cui collabora anche Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che si fa carico gratuitamente di assistere la famiglia Mennella. Berardi e il consulente personale di Studio 3A, Riccardo Vizzi, peraltro, hanno dato un contributo fondamentale alle indagini portando alla luce i messaggi whatsapp che la figlia di Marciarca aveva scambiato pochi giorni prima del delitto con il padre, da cui emergeva che quest’ultimo aveva minacciato di morte l’ex moglie con un coltello: una circostanza cruciale per contestare ad Ascione la premeditazione e l’ulteriore reato di minacce aggravate.

Ha chiesto di costituirsi parte civile, e l’avvocato Berardi non ha avuto nulla in contrario, anche la onlus “Bon’t worry”, associazione che si batte contro le violenze di genere, in particolare quelle contro le donne e i bambini. L’udienza per la celebrazione del rito abbreviato è stata quindi rinviata al 27 settembre 2018, sempre in Tribunale a Venezia.

Cronache della Campania@2018

Napoletani scomparsi in Messico, la polemica dell’avvocato: ‘Forse non sono italiani?’

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“Abbiamo sentito gridare molte volte ‘viva gli italiani’ ma evidentemente i Russo e i Cimmino non lo sono per le nostre istituzioni”. Lo sostiene l’avvocato Claudio Falleti, legale delle famiglie dei tre napoletani scomparsi in Messico che rivolge al nuovo governo “la stessa preghiera che abbiamo rivolto a quello uscente: aiutateci a sapere che fine hanno fatto i nostri concittadini”. Di Raffaele e Antonio Russo e di Vincenzo Cimmino, non si hanno piu’ notizie dallo scorso 31 gennaio. “Adesso la politica si assuma le proprie responsabilita’ per tutelare i propri cittadini”, dice ancora Falleti. “E’ una storia triste quella dei Russo e dei Cimmino – ricorda l’avvocato – Scomparsi il 31 gennaio nel Paese centroamericano e dei quali non si hanno piu’ notizie. Una vicenda iniziata in piena campagna elettorale, quando nessun rappresentante del nostro Stato aveva abbastanza tempo per occuparsene seriamente. Poi ci sono state le elezioni e adesso il Governo”. “Dopo la promessa – ricorda Falleti – gia’ disattesa dallo staff del presidente Fico (ancora attendiamo un appuntamento), chiediamo ai ministri incaricati della questione di occuparsene veramente”.

 

Cronache della Campania@2018

Camorra, catturato nell’Avellinese il boss latitante Cirillo: nel rifugio anche l’angolo boxe

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Si nascondeva in una insospettabile villetta in provincia di Avellino, ma i carabinieri della sezione Catturandi del nucleo investigativo di Napoli lo hanno individuato e catturato. Si tratta di Guglielmo Cirillo, un 28enne affiliato al clan Polverino di Marano, con forti interessi economici in italia e all’estero. L’uomo era latitante dal 4 giugno 2013, ed e’ destinatario di due misure cautelari in carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso e traffico di stupefacenti. Per gli inquirenti, Cirillo si occupa per conto della cosca dell’importazione di hashish dalla Spagna e dal Marocco, contrattandone i prezzi e gestendo l’ingresso in Italia delle partite. Il primo provvedimento restrittivo a suo carico e’ stato emesso il 4 giugno 2013 dal gip di Napoli e lo vedeva indagato insieme ad altre 16 persone; gli sviluppi della stessa indagine hanno portato poi all’emissione della seconda ordinanza a carico suo e di altri 54 indagati.  Nel frattempo il processo di primo grado si è concluso con una condanna a 11 anni di carcere per Cirillo. Quando i carabinieri hanno fatto irruzione nell’appartamento di Domicella dove si nascondeva, Cirillo stava pranzando con riso e fagioli e non ha accennato resistenza. Durante la perquisizione nel nascondiglio, e’ stato scoperto un angolo boxe con sacco e guantoni.

 

 

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