Arrestato il pusher della cocaina ai giovani della Napoli bene. Si tratta di Umberto Fioretti 53 anni noto come ‘o ninnillo con precedenti specifici che da abile ladro di appartamenti era diventato un conosciutissimo venditore e fornitore di droga soprattutto per i giovani del centro. E proprio a Chiaia, il salotto buono di Napoli, è stato arrestato l’altra sera. Gli agenti del commissariato San Ferdinando hanno visto lo spacciatore che era stato appena avvicinato da uno scooter privo di targa con due persone a cui ha ceduto della droga dopo aver ricevuto un banconota. Gli agenti sono subito intervenuti riuscendo a bloccare il 53enne mentre il motociclo è riuscito a fuggire. I poliziotti hanno rinvenuto nella bocca del Fioretti, alias “O Ninnillo”, un involucro di cocaina, mentre nella tasca del suo giubbotto alcuni grammi di hashish. Sequestrati anche dieci euro poco prima incassati dai due clienti in sella allo scooter fuggito. Tra i clienti del 53enne ci sarebbero diversi ragazzi della Napoli Bene ed ora gli agenti di polizia stanno cercando di capire la provenienza dello stupefacente e se l’attività di spaccio era gestita in proprio dal 53enne o per conto di qualche clan della zona. L’attività di spaccio nella zona di Chiaia e il Lungomare sta diventando un ghiotto business per le cosche in particolare per i tantissimi giovani che affollano la zona in particolare durante il week end.
Arrestato ‘o ninnillo il pusher della Napoli bene, nascondeva la cocaina in bocca
Torre Annunziata, arrestato pasticciere: tra un cornetto e un dolce vendeva anche droga ai clienti
Tra un bombolone alla crema e un cornetto vendeva anche droga ai clienti affezionati. E così i carabinieri di Torre Annunziata hanno arrestato il pasticciere Angelo De Simone, 37 anni con una pasticceria sul centralissima Corso Umberto I. L’uomo,c he ha precedenti specifici, è stato arrestato in flagranza di reato dopo aver appena ceduto 4 dosi di cocaina a un cliente dietro il pagamento di ben150 euro. Nel corso della perquisizione all’interno della pasticceria i militari hanno rinvenuto 3 confezioni di marijuana già pronte per essere vendute e 975 euro in contati. Soldi sequestrati perché ritenuti provento dell’attività illecita. De Simone è stato arrestato in attesa del rito direttisimo.
Pianura, non paga il debito: ferito gravemente alla testa con il “nunchaku” di Bruce Lee
Colpi in testa con un’arma orientale a un debitore che non aveva saldato un debito. E’ accaduto nel quartiere Pianura a Napoli dove i carabinieri hanno fermato un 26enne residente a Zagarolo in provincia di Roma. I militari dell’Arma sono intervenuti d’urgenza in via Provinciale a seguito di richiesta di aiuto al 112. Riverso a terra hanno rinvenuto un 52enne di Napoli che aveva una profonda ferita alla testa. L’uomo è stato trasportato presso l’ospedale San Paolo dove i medici gli hanno riscontrato un trauma cranico con ampia ferita lacero contusa e una vasta ferita alla fronte, ritenute guaribili in 21 giorni. Dai primi accertamenti è emerso che, insieme a un complice in via d’identificazione, il 26enne aveva aggredito la vittima per un prestito non restituito, colpendolo alla testa ripetutamente con un nunchaku, un’arma orientale tristemante famosa negli anni Settanta per l’uso indiscriminato grazie alle prodezze cinematografiche del famoso attore cinese Bruce Lee. Il fermato è stato condotto presso il carcere di Poggioreale e il gip di Napoli ha convalidato il provvedimento precautelare disponendo la custodia in carcere.
Il killer pentito Renato Cavaliere: “Gino Tommasino fu ucciso per l’affare parcheggi”
Il pentito del clan D’Alessandro, Renato Cavaliere fa riaprire il caso dell’omicidio del consigliere comunale del PD, Gino Tommasino, ucciso dalle stesso Renato Cavaliere nel febbraio del 2009. Il collaboratore di giustizia oggi in aula ha parlato per la prima volta alla prima udienza del processo in Corte di Assise d’Appello che lo vede imputato insieme con con Catello Romano, uno dei complici dell’agguato. Il consigliere comunale di Castellammare di Stabia sarebbe stato ucciso dalla camorra “per l’affare parcheggi”. Questa mattina, il procuratore generale ha presentato il verbale di interrogatorio con il quale ha ufficialmente chiesto la riapertura del dibattimento e i nuovi interrogatori anche per gli altri pentiti.Gino Tommasino fu ucciso nel pomeriggio del 3 febbraio 2009 mentre era in auto in compagnia del figlio minorenne. Pochi minuti dopo, secondo il pentito, avrebbe dovuto incontrare due imprenditori per discutere dell’affare parcheggi. Gli ergastoli comminati ai due killer Catello Romano e Renato Cavaliere erano stati annullati in Cassazione per mancanza del movente e rinviati in Appello per la rideterminazione della pena, mentre sono stati già condannati gli altri 2 killer che avevano confessato l’omicidio (i collaboratori di giustizia Salvatore Belviso e Raffaele Polito).
Aggredì giudice e cancelliera a Lodi: assolta per incapacità la 39enne di Nola
Nola. Sentenza di assoluzione dei giudici di Brescia per incapacità di intendere e volere per la 39enne di Nola che il 26 maggio dello scorso anno si era introdotta negli uffici della Procura della Repubblica di Lodi pretendendo un appuntamento e si era scagliata con calci e pugni contro il pm Alessia Rosanna Menegazzo e la sua cancelliera, rimaste lievemente contuse. L’intervento di un carabiniere impedì alla donna di armarsi con un coltello che nascondeva nella borsetta e che non era stato rilevato dal metal detector del palazzo di giustizia. La donna, insegnante precaria, era accusata di violenza a pubblico ufficiale ed è stata dichiarata tuttora pericolosa socialmente, anche se in modo attenuato, e sottoposta alla libertà vigilata in una comunità per persone con problemi psichici, dove già si trova da diversi mesi. La durata minima della misura è di un anno, con rivalutazione periodica della pericolosità.
Scafati: il pentito Loreto fece picchiare due volte il consigliere comunale Barchiesi. La tangente sui parcheggi
“Carlucciello è quella persona di cui vi ho parlato a proposito del primo pestaggio a Roberto Barchiesi consigliere comunale”: sfuggono agli ‘omissis’ particolari riguardo i rapporti e gli episodi che legano il clan Ridosso-Loreto e la politica scafatese. Quell’accenno, emerso nel secondo verbale riassuntivo stilato da Alfonsino Loreto, il 25 febbraio scorso fa capire come il neo pentito abbia illustrato all’antimafia i rapporti tra la camorra locale e i politici. Roberto Barchiesi, ex zio acquisito di Alfonso Loreto che aveva sposato la nipote dalla quale è divorziato, fu eletto nella lista ‘Grande Scafati’, nel 2013 in appoggio al sindaco Angelo Pasqualino Aliberti. Loreto racconta – ma questo è ancora oggetto di indagine – che il consigliere fu picchiato due volte. Episodi che potrebbero essere avvenuti proprio nel periodo in cui, improvvisamente Roberto Barchiesi decise di dimettersi. Il suo fu un vero e proprio ‘giallo’ sostenne che le dimissioni erano state consegnate dalla moglie per problemi di salute. Tanto che fece un ricorso al Tar per ritornare in consiglio e vinse. Un consigliere sempre fedelissimo di Pasquale Aliberti, fino a settembre scorso, quando – probabilmente liberatosi dalla pressione del clan Loreto-Ridosso (gli arresti degli uomini della cosca sono di settembre scorso, ndr) – fece scelte controcorrente facendo in modo che non andasse in porto l’operazione ‘decadenza’ del primo cittadino. Sul politico scafatese si sono appuntate le indagini – spronate dalle dichiarazioni di Loreto che parla di veri e propri pestaggi – sulle ingerenze della criminalità sulla politica locale.
Tutto avvolto dal segreto delle indagini, come altri episodi che il neo pentito narra nei suoi verbali e ‘omissati’ dalla Procura. Alfonso Loreto parla degli appalti ottenuti con le sue imprese ma anche di tangenti chieste da altri gruppi criminali per lavori pubblici in città. Sicuramente dopo l’estorsione fatta dal clan Loreto-Ridosso ai danni dell’Aipa per la gestione della sosta a pagamento e dei parcheggi, anche altri gruppi – dopo gli arresti di Alfonsino e dei suoi fedelissimi – hanno imposto o chiesto il pizzo sui parcheggi. A subentrare nelle estorsioni il clan Sorrentino, secondo il neo pentito, che a suon di ‘danneggiamenti e attentati’ avrebbe imposto tangenti alla società che aveva sostituito l’Aipa nella gestione dei parcheggi e delle strisce blu. Indica il nome del referente che starebbe gestendo l’affare, anch’egli un giovane rampollo dei Sorrentino.
Alfonso Loreto spiega nei dettagli anche della tangente all’Aipa sulla quale ci fu una ‘cresta’. Pasquale Loreto, il padre, e Romolo Ridosso sapevano che la società con sede a Milano – per conto di Aurelio Voccia De Felice – ha pagato 30mila euro. Ma Alfonsino Loreto smentisce tutti e spiega come si arrivò a chiamare l’ingegnere scafatese, figlio dell’ex sindaco Dc di Scafati, Franchino Voccia. “Prendemmo 45mila euro – dice Alfonso Loreto – ma dicemmo a tutti che ce ne aveva dati 30. Gli altri 15mila li dividemmo noi”. Un altro capitolo, in parte ancora segreto, questo della tangente all’Aipa, nei quali i retroscena hanno ancora una volta implicazioni di tipo politico amministrativo. Un pezzo importante delle indagini che l’antimafia sta svolgendo sul Comune di Scafati, sulle infiltrazioni della camorra nell’amministrazione pubblica, sull’organizzazione del clan sul territorio è nelle parole di Alfonsino Loreto. E questa volta, un componente della famiglia Loreto pare sia disposto a tradire anche i ‘fratelli’ pur di uscire dal giro della malavita. Le sue rivelazioni sono dirompenti e fanno già parte di un’indagine, curata dal sostituto procuratore Vincenzo Montemurro, nella quale a settembre scorso sono finiti il sindaco Pasquale Aliberti, il fratello Nello, la moglie la consigliera Regionale Monica Paolino, la segretaria comunale dell’Ente Immacolata Di Saia e il factotum staffista Giovanni Cozzolino. La lista delle persone sottoposte ad indagini da settembre scorso ad oggi pare si sia allungata e le responsabilità circoscritte non solo dalle dichiarazioni di Alfonsino Loreto, ma anche di tanti testimoni che hanno deciso di vuotare il sacco.
Rosaria Federico
Nocera, scoperta ditta “fantasma” per intascare la cassa integrazione: perquisizioni a Salerno, Casal di Principe e Villa Literno
Falsi lavoratori e falsi cassintegrati con consulenti e sindacalisti nel mirino della Procura di Nocera Inferiore. Perquisizioni a tappeto, ieri mattina, ordinate dal sostituto procuratore Giuseppe Cacciapuoti, nell’ambito dell’inchiesta che riguarda un’azienda tessile con sede fittizia in via Fucilari, 39 che ha chiesto la Cassa integrazione guadagni alla Regione Campania per sopraggiunte difficoltà economiche per 33 addetti al settore tessile. L’indagine, partita alcuni mesi fa, ha portato i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria del Tribunale di Nocera Inferiore, in collaborazione con i carabinieri e gli ispettori dell’ispettorato del lavoro presso i sei ‘obiettivi’ indicati dal magistrato nel decreto di perquisizione. La sede legale della ditta Omnia, in via Fucilari, è risultata fittizia. Un cartello fittasi indica che il locale, adibito ad ufficio, è da tempo inutilizzato. Contemporaneamente, i militari – coordinati dal luogotenente Massimo Santaniello e dal maresciallo Nicola Montone – hanno acquisito documentazione presso altre sedi dichiarate dell’azienda a Casal di Principle, Villa Literno, presso il consulente che ha curato le pratiche di assunzione e cassa integrazione a Napoli, presso la Regione Campania per l’acquisizione del verbale di accordo sindacale che ha visto protagonista un sindacalista dell’Ugl di Salerno. Secondo quanto emerso nella fase delle indagini, l’impresa che ha come oggetto sociale la lavorazione di indumenti intimi, sarebbe stata creata ad hoc per l’assunzione di 33 persone. Sede legale a Nocera Inferiore e una serie di attività dichiarate prima della crisi aziendale e della richiesta di cassa integrazione guadagni. A insospettire gli inquirenti una serie di verbali, redatti dal responsabile Ugl con il titolare dell’impresa, per avviare l’iter che ha consentito ai dipendenti di aver il contributo. Secondo quanto emerso, il 26 novembre dello scorso anno le parti si incontrano a Nocera Inferiore dove viene stipulato il primo accordo, successivamente viene fatta una nuova verifica sull’azienda da parte del sindacato il 5 gennaio scorso sempre a Nocera Inferiore, in via Fucilari. Peccato che nell’ufficio riportato sulla documentazione non vi era alcuna sede legale. I carabinieri, con gli ispettori dell’ispettorato del lavoro e i carabinieri dell’Ente hanno verificato la parte della documentazione consultabile, sia presso l’Inps che presso gli enti interessati ipotizzando che vi fosse una possibile truffa aggravata ai danni dello Stato. Ieri mattina, il sostituto procuratore ha ordinato le perquisizioni di uffici, abitazioni e presso la Regione Campania per acquisire documenti, supporti informatici e tutto quanto attinente alla Omnia, la società finita nel mirino che potrebbe essere fittizia. Si indaga sul ruolo dell’amministratore della ditta, sindacalista, del consulente aziendale e dei dirigenti regionali che hanno dichiarato lo stato di crisi dell’azienda ed hanno erogato la cassa integrazione ai 33 dipendenti.
Ercolano, Antonella Madonna in tv: “Io, pentita per amore e per le figlie, ora donna libera”
Ercolano. L’amore per le figlie e quello per un marittimo conosciuto al lido La Scala di Torre del Greco: Antonella Madonna la donna boss pentita si racconta a Sky Crime Investigation. A capo della cosca degli Ascione-Papale dopo l’arresto dell’allora marito, Natale Dantese rivela che si è sentita ‘libera’ solo quando è stata arrestata. Amore & camorra, i retroscena di una vita vissuta nella faida tra i Birra-Iacomino e gli Ascione-Papale, Antonella Madonna in oltre un’ora racconta il suo amore ‘criminale’ con Dantese, iniziato quando i due erano poco più che adolescenti e cresciuta a suon di colpi di pistola. Il matrimonio e poi l’arresto prima del marito poi dell’ex suocero la portano a capo del clan torrese, ma l’amore per un marittimo le cambia la vita.
Lui si chiama Raffaele Attanasio, uomo di mare, conosciuto al Lido La Scala di torre del Greco, durante un’estate. I due si frequentano, ma entrambi sanno che rischiano la vita. Gli uomini di Dantese scoprono la relazione e i due amanti vengono scoperti in un albergo di Terzigno. La ritorsione e il pestaggio di Antonella Madonna e del suo uomo, però, apre uno scenario diverso per la cosca di Natale Dantese. Attanasio, temendo per la sua vita, svela agli inuirenti i luoghi degli incontri e la relazione con la donna boss. La relazione amorosa tra i due apre un nuovo squarcio nelle fila del clan Ascione-Papale, con il blitz denominato Cupido, ordinato dalla Dda di Napoli, su richiesta del pm antimafia Pierpaolo Filippelli. Lo stesso magistrato, oggi procuratore aggiunto alla Procura di Torre Annunziata, con uno dei suoi uomini più fidati, il maresciallo dei carabinieri Angelo Di Santo, sono stati intervistati nella trasmissione Crime Investigation. Cupido porta in carcere Antonella Madonna che 180 giorni dopo decise di iniziare la collaborazione con lo Stato: “Mi hanno minacciata tante volte e io minacciavo loro – ha detto la collaboratrice ricordando la sua relazione con Attanasio -. Avevo detto di aver scritto una lettera, ma non era vero nulla. Quando mi hanno arrestata mi sentivo libera. Avevo perso tutto, ma ero libera”. Per il pestaggio alla donna boss e al suo uomo, in primo grado, sono stati condannati Salvatore e Giuseppe Suarino, Mario Oliviero, Ciro Esposito e Giuseppe Dantese, fratello del bos . “Le mie figlie sono state le base principale della mia collaborazione. Sapevo che andavo verso una condanna pesante e non potevo lasciarle sole”, ha detto la donna in tv.
Spaccio di droga: arresti domiciliari per Pasquale Vastarelli, nipote del boss della Sanità
Arrestato il nipote del boss della Sanità. Gli agenti della Squadra Giudiziaria del commissariato San Carlo Arena hanno Pasquale Vastarelli, figlio di Lucio Vastarella, che a sua volta è il cugino di Patrizio Vastarella, attuale reggente del clan e indicato, nei verbali che hanno portato agli arresti nelle scorse settimane del gruppo nemico dei “barbudos” (gli Esposito-Genidoni), come l’obiettivo principale della faida di camorra che ha portato alla strage delle Fontanelle. Pasquale Vastarelli, 54 anni è stato arrestato per spaccio di droga. I poliziotti sono intervenuti in vico Paradiso alla Salute, dove l’uomo vive all’interno di un appartamento terraneo. Nel corso della perquisizione domiliare, gli agenti hanno scoperto e sequestrato sei dosi di cocaina nascoste all’interno di un pensile, mentre altre 15 dosi di marijuana e due di hashish sono state trovate all’interno di un intercapedine posta nell’androne dello stabile di fianco al terraneo. L’uomo è stato arrestato e sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari.
Castellammare: rischiano il processo per truffa 20 operai Fincantieri e due imprenditori
Lavoravano alla Fincantieri di Piombino pur essendo in cassa integrazione e ora rischiano il processo per truffa ai danni dello stato venti dipendenti della Fincantieri e due imprenditori tutti di Castellammare e dei comuni limitrofi. La procura di Torre Annunziata, infatti, ha firmato un avviso di conclusione delle indagini nei loro confronti ipotizzando il reato di truffa aggravata in concorso finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche. Sono stati gli uomini della Guardia di Finanza del comando stabiese ha condurre le indagini e a scoprire il raggiro in cui guadagnavano tutti. Gli operai che pur essendo in cassa integrazione e quindi percepivano l’indennità mensile e lo stipendio e i titolari delle due ditte che li avevano assunti attraverso la falsificazione di documenti che naturalmente erogavano loro uno stipendio ridotto.
Giugliano: la Finanza confisca beni per 50 milioni di euro ai fratelli Ascione legati ai Mallardo
La Guardia di Finanza sta eseguendo un provvedimento di sequestro di beni per un valore complessivo di circa 50 milioni agli imprenditori Giuliano, Michele e Luigi Ascione: i tre fratelli sono ritenuti legati al clan Mallardo per conto del quale, secondo le indagini, avevano messo su quella che i finanzieri chiamano una “cellula economica” che operava prevalentemente nel basso Lazio. Al termine delle indagini, svolte dagli uomini del Gico del Nucleo di Polizia tributaria di Roma, sono stati sottoposti a confisca l’intero patrimonio di 3 società, due immobiliari e una concessionaria di auto di Napoli, le quote di una quarta società, 104 unità immobiliari sparse nelle province di Latina, Napoli e Coaenza, 15 tra auto e moto, un’imbarcazione e 27 rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 49 milioni. Il provvedimento di confisca è stato emesso dal tribunale di Latina e arriva a distanza di 3 anni dal sequestro di beni disposto nei confronti dei fratelli Ascione. Le indagini, partite nel 2012 e coordinate dalla Dda di Roma, hanno ricostruito l’ascesa dei tre imprenditori in provincia di Napoli e sopratutto in quella di Latina, dopo esser entrati in affari con esponenti di spicco del clan Mallardo. Il legame dei fratelli Ascione con il clan è stato riscontrato dagli elementi raccolti dal Gico del nucleo di polizia tributaria di Roma e anche da diversi collaboratori di giustizia che avevano fatto parte dell’organizzazione. Tutti e tre i fratelli, hanno detto questi ultimi, hanno intrattenuto e tuttora intrattengono “rapporti costanti” con i fratelli Dell’Aquila, con la famiglia Mallardo e con esponenti del loro clan con i quali realizzano affari di natura illecit
San Giovanni a Teduccio: arsenale scoperto dai carabinieri in via Pazzigno
I carabinieri del nucleo operativo della compagnia Napoli Poggioreale sono intervenuti nel quartiere san Giovanni, nell’area del complesso di edilizia popolare di via Pazzigno, dove hanno rinvenuto numerose armi. In particolare, un fucile automatico ak-47 con caricatore inserito e una pistola semiautomatica calibro 9 con il colpo in canna e 5 cartucce nel caricatore. Il piccolo arsenale di armi perfettamente oliate e pulite – spiega una nota dell’Arma – era avvolto in una coperta e nascosto sotto un cumulo di rifiuti. Luogo che, si presume, sia stato scelto come nascondiglio momentaneo o perché erano stati usati da poco o perché sarebbero serviti in un prossimo futuro. Dagli accertamenti eseguiti è risultato che la pistola è stata oggetto di una rapina compiuta a Giugliano in Campania il 14 dicembre 2014. Accanto al luogo del ritrovamento è stata recuperata anche una bottiglia di plastica con all’interno 48 colpi calibro 9 parabellum. Le armi sequestrate, risultate funzionanti, saranno inviate al Ra.c.i.s. di Roma per la comparazione e la verifica di un loro eventuale utilizzo in fatti di intimidazione o di sangue.
Scafati, Il pentito Loreto racconta le estorsioni fatte in nome della “famiglia”
Non solo clan Ridosso-Loreto ma anche avversari, conoscenti, fatti recentissimi che sono un pezzo di storia criminale e non, di una città in cui la quiescenza criminale è solo semplice apparenza. Alfonso Loreto parla molto, conosce fatti e personaggi e in tre verbali getta le basi per inguaiare tutti. Verbali ricchi di omissis nei quali sono sfuggiti alle cancellature della Procura anche episodi sui quali le indagini sono incessanti. Si apre con le dichiarazioni di Alfonso Loreto uno squarcio sul capitolo bombe e attentati. L’estorsione al Bar Dodo? «Fu fatta da Marcello Adini e Carmine Alfano nel nome di Franchino Matrone – dice Alfonsino Loreto raccontando fatti noti alle cronache giudiziarie –. L’ho saputo perché gli operai della nostra ditta lavorano presso il Centro Plaza, coordinati da Cenatiempo (Roberto, ndr) che ha ricevuto delle confidenze da un ragazzo che lavora lì». Ma Alfonso Loreto descrive anche il panorama criminale venutosi a creare nella zona di San Pietro dove, sostengono gli inquirenti, vige ancora la legge di Franchino Matrone. In quella zona, comandano loro i Matrone con i quali sono alleati gli Alfano, in particolare Carmine, bim- bum-bam, recentemente arrestato per la detenzione di una pistola e proprio per l’estorsione al bar Dodo. «Posso aggiungere che Carmine Alfano e Marcello Adini volevano imporre il traffico dell’erba (marijuana, ndr) e di cocaina agendo in nome di Franchino Matrone e del figlio Michele». Rivelazioni che vanno provate, naturalmente, ma che vengono date per certe dal neo pentito che nel verbale del 25 febbraio scorso racconta, oltre agli episodi che lo riguardano, anche quelli dei gruppo criminali a Scafati. Alfonso parla di imposizioni e di minacce per imporre il monopolio dello spaccio della droga. In questo ambito si iscriverebbero anche una serie di attentati avvenuti in città ai danni di pregiudicati. Imposizioni che se non rispettate finivano a suon di “botte e di bombe”. A essere minacciato dal gruppo di Matrone-Alfano sarebbe stato anche una persona vicina ai Ridosso-Loreto, parente di Luigi Ridosso di Salvatore, che opera nell’ambito dello spaccio di stupefacenti. Alfonso spiega anche il movente di alcuni attentati come quello ai danni di Raffaele Sangermano, ’o ragno rosso, al quale spararono due anni fa fuori alla sua abitazione. «A sparare fu Dario Spinelli nostro affiliato, perché Vincenzo Nappo ’o nonno aveva avuto dei litigi con lui». E inoltre, facendo un salto nel passato ai rancori che il gruppo aveva nei confronti di Ferdinando Muollo, ’o dentista, per l’omicidio di Salvatore Ridosso, “piscitiello”, Alfonsino svela che l’imprenditore – cugino di Luigi e Vincenzo Muollo – doveva morire. Il gruppo aveva programmato un attentato per far saltare la barca di Muollo, ormeggiata nel porto a Castellammare. «Abbiamo saputo, nel 2011, che Ferdinando Muollo aveva una barca ormeggiata al porto Marina di Stabia. L’è andata a vedere Luigi Ridosso. Ma poi non se n’è fatto più nulla». Alfonso racconta anche quella delle barche era una passione che l’accomunava a Muollo: «Avevamo una barca uno Squalo 35 di proprietà mia, di Gennaro Ridosso e Luigi di Salvatore. Poi l’abbiamo venduta quando io sono entrato in carcere a un tale Remigio di Lettere che ci fece degli assegni che non andarono in porto e fu minacciato pure da Gennaro». Anche la barca dei Loreto-Ridosso era ormeggiata a Marina di Stabia e utilizzata dal gruppo. Bella vita fatta con i soldi di usura e estorsioni, o con il lavoro imposto attraverso le imprese di pulizia e manutenzione intestate a Loreto o a prestanome che tra il 2008 e il 2015 hanno ottenuto appalti in industrie private o in aziende pubbliche. (r. f.)
Legambiente: le spiagge di Castellammare, Pontecagnano e Mercatello di Salerno “maglia nera” per i rifiuti trovati
Non soltanto sole e bel mare: ad accomunare le spiagge campane ci sono anche i rifiuti spiaggiati, o gettati consapevolmente, di ogni forma, genere, dimensione e colore come bottiglie, mozziconi di sigarette, calcinacci, stoviglie usa e getta, e poi tante bastoncini di plastica colorata, ciò che rimane dei cotton fioc passati dal water per arrivare in mare e sulla spiaggia. E’ quanto emerge dall’indagine “Beach litter” realizzata per il terzo anno da Legambiente che ha monitorato nel mese di maggio 16 spiagge campane: un’area complessiva di circa 30600 mq, l’equivalente di 240 campi di beach volley dove sono stati rinvenuti 9184 rifiuti spiaggiati con una media di 574 rifiuti ogni 100 metri nelle aree monitorate. Anche quest’anno la regina indiscussa dei rifiuti spiaggiati sulle spiagge campane rimane la plastica con il 69%, per un totale di oltre 6300 rifiuti scovati durante l’indagine. Altro primato negativo: quasi la metà (il 45%) dei mozziconi di sigarette trovati nelle spiagge italiane sono stati scoperti in Campania. L’indagine “Beach litter” rientra nell’ambito della campagna “Spiagge e Fondali puliti – Clean-up the Med 2016” che si svolgerà in Campania in decine di spiagge il prossimo week end. L’indagine in Campania ha monitorato sedici spiagge: una nel casertano, a Castelvolturno (spiaggia libera in località Bagnara); cinque spiagge della provincia di Napoli a Pozzuoli la spiaggia delle Monachelle e la spiaggia della Riserva naturale Costa di Licola, l’arenile alla marina di Castellammare di Stabia, la spiaggia del Pezzolo alla Marina di Seiano di Vico Equense e la spiaggia di Cava dell’Isola a Forio sull’isola di Ischia; per Salerno c’è la spiaggia di Mercatello, mentre nel territorio provinciale la spiaggia di Pioppi, quella di Agnone Cilento a Montecorice, al Piano di Velia ad Ascea, la spiaggia di Trentova e il Lido Venere ad Agropoli, l’Oasi dunale Torre di Mare a Capaccio-Paestum, la spiaggia il località Magazzeno a Pontecagnano, la spiaggia libera a Battipaglia e l’area protetta dunale di Legambiente Silaris a Eboli. La situazione più critica è stata rilevata sull’arenile in località Magazzeno a Pontecagnano dove è stato trovato il più alto numero di rifiuti: oltre 1651 in 100 metri, il 76% riguardante materiale in plastica. Maglia nera anche per quella dell’arenile alla Marina di Castellammare di Stabia, con 1235 rifiuti in 100 metri di spiaggia, di cui 86% plastica. Segue la spiaggia di Mercatello di Salerno dove in 100 metri di spiaggia sono stati rinvenuti 985 rifiuti, il 35% mozziconi di sigarette. “Circa il 70% dei rifiuti che entra a contatto con l’ecosistema marino affonda e solo il 15% resta in superficie. Un fenomeno grave dal punto di vista ambientale, economico e turistico – commenta Mariateresa Imparato, della segreteria Legambiente Campania -. e’ inoltre assurdo che ancora oggi la stragrande maggioranza dei rifiuti deriva da un abbandono consapevole in loco (cicche, bottigliette e tappi ad esempio), testimoniando la totale indifferenza verso i notevoli impatti che questo comportamento ha sull’ambiente costiero e marino. Per questo centinaia di volontari di Legambiente nel fine settimana saranno protagonisti di una grande azione di volontariato in decine di spiagge campane, non solo per raccogliere rifiuti e ripulire i nostri litorali, ma per sensibilizzare i cittadini a prendersi cura dei loro territori e chiedere agli amministratori un significativo passo avanti su questo fronte”.
Ciro Nappo, latitante del clan Gionta, arrestato a Trecase
E’ stato catturato a Trecase Ciro Nappo, 43enne latitante considerato esponente del clan camorristico Gionta. I Carabinieri del Nucleo investigativo del gruppo di Torre Annunziata lo hanno rintracciato e catturato all’interno di un fondo agricolo. Nappo era latitante da maggio 2015 e dovrà scontare una condanna di 4 anni e 5 mesi di reclusione, residuo pena, per associazione di tipo mafioso. E’ inoltre destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare per inosservanza degli obblighi di sorveglianza speciale.
Torre Annunziata: tensione con i carabinieri da parte di familiari e amici del ras Nappo dopo la cattura.GUARDA IL VIDEO
Momenti di tensione al Comando Carabinieri di Torre Annunziata dove circa 20 persone tra amici e parenti di Ciro Nappo, il latitante considerato esponente del clan camorristico Gionta catturato oggi dai Carabinieri, hanno cercato di ostacolare l’ingresso dell’auto di servizio che trasportava l’arrestato. I militari presenti nella caserma sono intervenuti per permettere all’auto di fare il suo ingresso nel Comando. E’ al vaglio degli investigatori la posizione di un uomo portato con Ciro Nappo nella caserma dei Carabinieri di Torre Annunziata , che si ritiene sia il “vivandiere” del latitante catturato oggi dagli uomini dell’Arma a Trecase. Nappo è stato sorpreso in un casolare di campagna videosorvegliato e ha tentato la fuga a piedi nelle campagne, venendo però raggiunto e ammanettato dai militari. Il latitante, considerato esponente del clan camorristico Gionta, aveva in casa una pistola, custodita in un marsupio, un fucile e due parrucche; aveva inoltre a disposizione uno scooter, cosa che induce gli investigatori a ritenere che fosse “operativo” nonostante la latitanza. Già in passato fu difficile catturarlo: nel 2009 intervennero i carabinieri del GIS per stanarlo dal suo nascondiglio di fronte al famigerato palazzo Fienga di Torre Annunziata, roccaforte del clan Gionta.
Torre Annunziata: rapinatori in trasferta a Napoli inseguiti e arrestati dalla polizia
Provvidenziale è stato l’intervento degli agenti del reparto prevenzione crimine Campania che, nella serata di ieri, hanno arrestato un 30enne e un 34enne, entrambi residenti in Torre Annunziata. I poliziotti, impegnati in un posto di controllo in corso Arnaldo Lucci, nella serata di ieri, hanno dapprima udito il suono caratteristico di quando s’infrange una bottiglia di vetro e, subito dopo, hanno notato sopraggiungere una ragazza, in evidente stato d’agitazione che chiedeva aiuto, seguita da due uomini. Due agenti sono subito corsi in soccorso della giovane donna, mentre i due uomini, alla vista della polizia, vanamente tentavano di dileguarsi. Grazie alle dichiarazioni della giovane vittima, una 19enne, a cui i due uomini, armati di cocci di bottiglia le stavano portando via il suo I-Phone 6, i poliziotti hanno arrestato Pacifico e Casale in quanto responsabili, in concorso tra loro, del reato di tentata rapina aggravata. I due arrestati sono stati portati nel carcere di Poggioreale.
La mamma di Fortuna: “Voglio andare via da Caivano”
Voglio andare via dal Parco Verde per i miei figli. Non voglio che vivano dove è stata uccisa la loro sorellina” ha detto Mimma Guardato, mamma della piccola Fortuna Loffredo, parlando con i giornalisti a margine di un convegno in corso a Caivano. “Al parco Verde ci sono tante persone buone che mi sono vicine” ha aggiunto. Parlando poi delle vicenda investigativa ha aggiunto: “Spero che le indagini si concludano presto. E’ vero: nessuno mi potrà ridare mia figlia ma voglio sapere come sono andati i fatti”.
Napoli: trovati nascosti in una stalla a Soccavo un Kalashnikov e 400 cartucce
Un fucile semiautomatico di fabbricazione turca, con due colpi in canna,un fucile mitragliatore AK47 Kalashnikov, completo di caricatore e munizioni inserite, oltre a 400 munizioni di vario calibro sono stati sequestrati dagli agenti della polizia di Stato in una stalla, nel quartiere Soccavo di Napoli. Le armi sono state trovate nel corso di una perquisizione della Squadra Mobile, in via Croce di Piperno. I poliziotti hanno sequestrato le armi dopo aver fatto irruzione in un vano in muratura, adibito a stalla per cavalli, di pertinenza dell’abitazione di Pietro Stefanelli, di 32 anni, con precedenti di polizia per reati inerenti gli stupefacenti. Il 32enne è stato arrestato accusato di detenzione illegale di armi comune e da guerra, nonché munizionamento comune e da guerra e per il reato di ricettazione delle stesse.
Napoli, fingono volantinaggio e rapinano agente in pensione: 2 in manette
Con il pretesto di offrirgli alcuni volantini pubblicitari, lo scorso primo aprile, tre individui immobilizzarono e rapinarono un uomo che aveva da poco prelevato la somma di 650 euro allo sportello bancomat, nei pressi di Corso Garibaldi, subito dopo esser sceso dalla Circumvesuviana. La vittima, un ispettore della polizia in pensione, dopo aver effettuato l’operazione allo sportello, s’incamminò per il Corso Umberto I, qui fu dapprima immobilizzato alle spalle e poi minacciato, sia verbalmente di morte che con un taglierino puntato al fianco. Uno dei rapinatori, avendo seguito i movimenti della vittima, s’impossessò della somma di danaro custodita nella tasca dei pantaloni. Il volto di quei rapinatori, era rimasto ben impresso nella mente dell’ex poliziotto che, dopo aver fatto denuncia di quanto accaduto, ha contribuito alle indagini svolte dagli agenti della VI^ Sezione -Falchi della Squadra Mobile. Qualche giorno dopo la rapina, infatti, la vittima, trovandosi a passare nuovamente per Corso Umberto I, notò due dei tre rapinatori. Nella circostanza, fermò una pattuglia dei Falchi in transito nella zona e raccontò i fatti. I due, di 37 e di 44 anni, entrambi con precedenti penali, furono trovati in possesso di una borsa contenente volantini pubblicitari ed un taglierino. Riconosciuto anche il terzo rapinatore attraverso individuazione fotografica, furono denunciati tutti, in stato di libertà, per il reato, in concorso tra loro, di rapina aggravata in concorso. Il gip, al termine delle indagini dei falchi, raccolti tutti gli indizi di colpevolezza, nella giornata di ieri, ha emesso nei confronti dei tre un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. I poliziotti, nel pomeriggio di oggi, hanno arrestato i due e li hanno portati nel carcere di Poggioreale.