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Channel: Cronaca – Cronache della Campania
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Calvizzano: Si indaga sulla vita privata di Pecchia. Il ricordo del figlio su facebook

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Si indaga sulla vita privata di Ferdinando Pellecchia per dare una spiegazione e un movente a un omicidio dalla tipica esecuzione camorristica ma che che ha lasciato tutti attoniti a Calvizzano dove la vittima, un artigiano incensurato era molto conosciuto. Un matrimonio finito con la moglie dalla quale ha avuto tre figli, un lavoro con una propria ditta e soprattutto tanta famiglia e lavoro. Questo era Ferdinando ucciso come un boss alle 20 di ieri sera da un killer solitario entrato con il volto coperto da un casco integrale nel bar Rumba di via Pietro Nenni. Quattro colpi tutti andati a segno verso Ferdinando che stav giocando alle slot machine e poi la fuga all’esterno in sella ad un motorino con alla guida un complice all’esterno che lo attendeva. Dovranno essere le immagini della video sorveglianza del bar a dare un impulso alle indagini dei carabinieri della compagnia di Giugliano.  Dal casco e dall’abbigliamento del killer si spera di ricavarne qualcosa di utile alle indagini. Ma si spera soprattutto che le immagini siano riusciti a riprendere bene la targa del motorino e il complice che era all’esterno.  Si stanno vagliando anche altri immagini di telecamere nei dintorni. nel frattempo sono stati già ascoltati i testimoni, parenti, l’ex moglie ed alcuni amici e si continuerà anche in mattinata. E’ un omicidio senza spiegazioni al momento. Si pensa alla vita privata o qualche inconsapevole sgarro compiuto dal 40 enne incensurato , anche in maniera inconsapevole nei confronti di qualche boss. Una relazione con una donna sbagliata? Si esclude invece la pista dell’errore di persona. Visto come si è messo i  maniera diretta e decisa il killer. Ieri a Calvizzano si stava celebrando il Corpus Domini e per un tragico scherzo del destino i genitori della vittima si trovavano in chiesa quando il prete dall’altare ha annunciato che  c’era stato un omicidio in paese. “Mi ricordo tutti momenti a memoria adesso li tengo tutti in mente per me non eri un padre ma un fratello maggiore mi manchi tanto babbo. Angelo Mio”. Così uno dei figli minori di Ferdinando Pecchia ha scritto su facebook poche dopo l’uccisione del padre.

(nella foto il luogo dell’ omicidio presidiato dai carabinieri e nel riquadro ferdinando pecchia)

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Casoria: pirata della strada investe e uccide una 20enne. Inseguito e arrestato ad Afragola

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Ha investito ed ucciso una ragazza di venti anni mentre stava attraversando la strada, a Casoria, ed è scappato ma i carabinieri dell’aliquota operativa di Casoria, agenti della squadra mobile di Napoli e del commissariato di Afragola sono riusciti ad arrestarlo. Il 23enne pirata della strada, già noto alle forze dell’ordine, molto probabilmente stava guidando a forte velocità. La ragazza di Crispano era insieme ad un’amica che, nell’impatto, è rimasta lievemente ferita. L’uomo non si è fermato per prestare soccorso ed è scappato via. Le indagini avviate immediatamente dopo hanno portato al rinvenimento dell’auto, trovata abbandonata a Cardito con il parabrezza infranto ed evidenti tracce di sangue. Nel giro di poco tempo è stato anche rintracciato il 23enne: era nella sua abitazione; è stato sottoposto ai domiciliari in attesa di convalida. La vittima si chiamava Anastasia Donadio, 21 anni, studentessa di Crispano, che era appena uscita da un locale, dove aveva trascorso la serata in compagnia di amici. Il pirata della strada alla guida di un’Alfa Romeo 156, è invece Francesco Mocerino, militare di carriera dell’aeronautica militare. La vittima, soccorsa da alcuni avventori del bar, è apparsa subito priva di vita e ai medici di un’ambulanza del 118, intervenuta sul posto, non è rimasto altro che constatare il decesso, nononstante i ripetuti tentativi di rianimarla. Un’ora dopo, i carabinieri della compagnia di Casoria, diretta dal capitano Pierangelo Iannicca, hanno arrestato l’aviere, nella sua abitazione, a qualche centinaia di metri dall’investimento mortale

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Auto in uso gratis: chiesto il giudizio per il Generale Minervini della Guardia di Finanza

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La Procura di Bologna ha chiesto il rinvio a giudizio per il generale di corpo d’armata della Gdf Domenico Minervini, comandante interregionale dell’Italia centrale, per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, in concorso con il titolare di una concessionaria di Bologna. Minervini è accusato di aver indotto il gestore a concedergli in uso gratis tre auto: una Volkswagen Touareg, che poi acquistò a luglio 2012, e due Audi A6, una delle quali per circa due anni, fino a giugno 2014. Secondo l’accusa, coordinata dal Pm Rossella Poggioli, il generale, prima comandante regionale dell’Emilia-Romagna, poi comandante interregionale per l’Italia Sud Occidentale, sarebbe andato periodicamente nell’ufficio della concessionaria, anche in uniforme, mentre erano in corso le verifiche fiscali della polizia tributaria sulle società del titolare, manifestando interesse per la Touareg. Con l’imprenditore si sarebbe soffermato sui rilievi contestati e avrebbe riferito ai ‘verificatori’ dell’incontroL’indagine nacque da un controllo a Napoli da parte dei vigili urbani, che notarono un’auto parcheggiata con all’interno una paletta della Guardia di Finanza: dagli archivi risultava di proprietà di una concessionaria bolognese. Sempre per l’accusa Minervini, 65 anni, avrebbe ricevuto l’Audi nella primavera-estate 2012 e l’imprenditore, su richiesta del generale, continuò a concedergliene l’uso gratuito fino all’11 giugno 2014, quando decise di restituire il mezzo. “Confidiamo che la vicenda arrivi all’attenzione del giudice nel modo corretto, abbiamo molta fiducia”, ha detto l’avvocato Lorenzo Valgimigli, difensore del generale.

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Droga tra Napoli e Roma, arrestato a Orvieto l’uomo sfuggito all’operazione Bolero

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Roma/Napoli. Era uno dei 25 destinatari dei provvedimenti restrittivi, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, firmati lo scorso marzo dai gip di Roma e Rieti nell’ambito di un’inchiesta della Dda, un 39enne di origini italiane, ma nato in Germania, arrestato dalla polizia stradale di Orvieto lungo l’A1. L’uomo – in base a quanto riferito – è stato bloccato nei pressi del casello della cittadina umbra, a bordo di una Volkswagen con targa tedesca che procedeva in direzione sud. Era in compagnia di un’altra persona risultata estranea ai fatti contestati. Il 39enne – che si trova ora nel carcere di Terni – era riuscito a sottrarsi, insieme ad altre due persone, all’operazione “Bolero”, fatta scattare il 3 marzo scorso dai carabinieri di Poggio Mirteto (Roma). L’indagine, partita dalla zona della Sabina, ha fatto emergere la presenza di un’organizzazione ritenuta dedita al traffico e allo spaccio di ingenti quantità di hascisc e cocaina, con base nel quartiere romano di Tor Bella Monaca, che si sarebbe rifornita anche da esponenti del clan camorristico Lo Russo di Napoli.

Droga tra Napoli e Roma, arrestato a Orvieto l’uomo sfuggito all’operazione Bolero
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Alto impatto nel napoletano arrestate 3 persone, 15 i denunciati

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Napoli. Operazione “Alto Impatto” dei carabinieri oggi nel Napoletano, conclusa con 3 arresti e 15 denunce. In manette sono finiti una 30enne e una 35enne, a Giugliano in Campania, per evasione dagli arresti domiciliari e un 50enne che doveva espiare una pena. Altre 15 persone sono state denunciate, tra le quali il titolare di una autocarrozzeria, di 42 anni, accusato di stoccaggio e smaltimento illecito di rifiuti pericolosi e non, di scarichi industriali in fogna civile senza autorizzazione, di emissioni pericolose in atmosfera e di abusivismo edilizio. I militari hanno messo i sigilli al suo negozio. Tra i denunciati figurano anche 5 persone per furto di energia elettrica, 2 per evasione e una per interruzione di pubblico servizio, una per oltraggio a pubblico ufficiale e una per uso di atto falso, 2 per violazione a prescrizioni dell’obbligo di soggiorno e 2 per detenzione ai fini di vendita di tabacchi lavorati esteri di contrabbando. A Melito sono state trovate e sequestrate 24 cartucce calibro 9 e un caricatore per pistola semiautomatica. Contestate, infine, varie infrazioni al codice della strada, 16 delle quali per mancanza di copertura assicurativa.

Alto impatto nel napoletano arrestate 3 persone, 15 i denunciati
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ESCLUSIVA. Il racconto integrale dell’omicidio Tommasino. “Quel giorno dovevamo sparare anche al fratello di Pupetta Maresca”

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“Prima dell’omicidio di Tommasino, avevo parlato del parcheggio di Passarelli a Vico Equense con Liberato Paturzo il quale mi aveva detto che quelli di Pimonte (cioè i Di Martino) erano andati a cercare l’estorsione su quel parcheggio e che l’imprenditore si era lamentato con lui”. E’ Renato Cavaliere che parla. E’ il killer pentito del consigliere comunale del Pd di Castellammare di Stabia ucciso il pomeriggio del 3 febbraio del 2009. Parla con il pm Claudio Siragusa della Dda di Napoli titolare delle inchieste sul clan D’Alessandro e sulla camorra della zona stabiese. Le sue prime dichiarazioni (novanta pagine di verbali ricche di omissis) sono state depositate agli atti del processo bis in Corte d’Assise d’Appello iniziato la scorsa settimana dopo che  la Cassazione ha annullato l’ergastolo per lui e per l’altro killer Catello Romano (l’unico non pentito dei quattro del commando).

IL MOVENTE DELL’OMICIDIO

Racconta ancora Cavaliere: “Belviso Salvatore prima dell’omicidio di Luigi Tommasino mi aveva detto che con i parcheggi si guadagnava molto e io mi mettevo a ridere dicendogli che non dovevamo fare i parcheggiatori … il pomeriggio del giorno dell’omicidio di Luigi Tommasino, Belviso Salvatore mi ha detto che Liberato Cocò gli aveva riferito che Tommasino Luigi aveva un appuntamento alle ore 17 al parcheggio di Vico Equense per darlo in gestione all’imprenditore di Secondigliano che gestiva le strisce blu e i parcheggi di Castellammare di Stabia. Salvatore Belviso mi ha detto che non dovevamo fare arrivare Luigi Tommasino a quell’appuntamento perché il parcheggio ce lo dovevamo prendere noi tramite Liberato Liberato, che aveva i contatti con Passarelli (per il quale aveva realizzato in sub appalto i box del Viale Europa) e si sarebbe messo in mezzo per farci prendere il parcheggio…. Dopo l’omicidio, che è stato un delitto eclatante, avevamo le guardie addosso e ci siamo un po fermati. Non ho più parlato con Belviso Salvatore o con altri affiliati della gestione del parcheggio di Vico Equense. Penso che il progetto di prendere la gestione del parcheggio sia andato avanti… era Paturzo Liberato che doveva gestire questa cosa. Infatti Belviso Salvatore mi ha detto che si sarebbe visto tutto Paturzo Liberato”. Scenari inquietanti raccontati dal pentito che fanno capire come il clan D’Alessandro controlli tutta l’economia della zona in maniera militare mettendo propri uomini a gestire i business dove ci sono entrate di soldi e guadagni certi.

LA PREPARAZIONE DELL’OMICIDIO

Ecco nel dettaglio tutto il racconto sull’omicidio Tommasino: “…La mattina dell’omicidio Tommasino, noi (Polito Raffaele, Romano Catello, io e Belviso Salvatore) eravamo scesi da Scanzano per sparare alle gambe del fratello di Pupetta Maresca che gestiva un campo di calcetto e un ristorante nella stessa strada dove si trovava l’abitazione di Tommasino. Era stato Belviso a decidere quella gambizzazione perché l’uomo si era rifiutato di consegnare al clan la somma di sessantamila euro all’anno. Mentre io e Belviso aspettavamo che l’uomo uscisse dal campo di calcetto abbiamo visto arrivare la Lancia Musa dalla quale sono usciti un uomo e una donna. Belviso mi disse che l’uomo era Tommasino Luigi che stava facendo i soldi a Castellammare e che dovevamo ucciderlo prendendo due piccioni con una fava. Poichè erano usciti i bambini che frequentano le scuole ubicate in quella zona abbiamo deciso di rientrare a Scanzano. Dopo essere rientrati a Scanzano, Belviso Salvatore ci ha detto che doveva andare a Castellammare…quando è rientrato ci ha detto che Tommasino verso le 16,30 di quel giorno si doveva incontrare a Vico Equense per il parcheggio… Belviso Salvatore mi ha detto che l’omicidio di Tommasino doveva essere commesso da me personalmente e non da Polito Raffaele e Catello Romano (che invece dovevano gambizzare il fratello di Pupetta Maresca). Belviso ha detto che dovevo scaricare contro Tommasino tutta la pistola per rendere evidente che chi toccava i nostri interessi a Castellammare saltava in aria…Belviso  mi ha detto che dovevamo scendere da Scanzano e fare ‘una via due servizi’ cioè sparare al fratello di Pupetta Maresca sorprendendolo mentre veniva ad aprire i campi di calcetto ed uccidere Luigi Tommasino. Siamo quindi scesi io e Polito Raffaele in sella  ad una moto rubata, si trattava di un SH 150 di colore celestino metallizzato e aveva il parabrezza davanti… avevo una pistola Cz 750 calibro 9 che tenevo tra le gambe pronta all’uso e con la botta in canna… Belviso Salvatore aveva nella tasca del giubbotto la Glock 19 colpi mimetica che era diventata la sua pistola personale… Romano Catello aveva una pistola Cz 750 calibro 9 che teneva anche lui tra le gambe. Siamo scesi da Scanzano, abbiamo percorso il viale Europa e siamo andati verso le scuole e siamo arrivati vicino al campo di calcetto del fratello di Pupetta Maresca e ci siamo fermati un po più avanti prima del supermercato dove la mattina avevamo visto entrare Tommasino e la moglie… Polito si guardava intorno e dava nell’occhio. Io sono sceso dalla moto e ho messo la pistola sotto la cintura, Polito Raffaele si è spostato un po più avanti e io ho fumato una sigaretta insieme con Belviso. Gli ho chiesto di descrivermi Tommasino e lui ha detto che assomigliava a Ciccio ‘a bolla che era stempiato e aveva i capelli rossi e le orecchie un po a sventola. Belviso mi ha detto che quando sarebbe arrivata la Lancia Musa sarebbe passato vicino alla macchina e suonando il clacson della moto mi avrebbe segnalato la presenza di Tommasino…”

TUTTE LE FASI DELL’OMICIDIO

“… ad un tratto è uscita la Lancia Musa e Belviso mi ha avvertito. Polito voleva partire ma io gli ho detto di fermarsi perché c’era una piccola galleria e noi a causa del traffico correvamo il rischio di rimanere bloccati nella galleria. Ho detto a Polito di aspettare. abbiamo aspettato che il traffico di sbloccasse e quando Tommasino è uscito dalla galleria ho fatto partire Polito. Belviso si era anticipato e quando siamo passati vicino al bar  Italia mi ha guardato per segnalarmi la presenza del fratello di Michele Omobono (che però non era una persona alla quale dovevamo sparare)Sul viale Europa ho detto a Polito di rallentare, mi era parso di vedere vicino al Tribunale un carabiniere ed inoltre pensavo che fuori al Tribunale ci fossero le telecamere. Ho detto a Polito che quando si sarebbe accostato alla Lancia Musa doveva rimanere ad una distanza dal veicolo di un paio di metri. Ho visto Salvatore Belviso che si è avvicinato all’auto e ha guardato all’interno. Ha suonato il clacson e mi ha segnalato la presenza di Tommasino. Ho detto a Polito di accostarsi alla macchina e avvicinandomi al veicolo, mi sono girato e ho visto che alla guida c’era una persona che assomigliava a Ciccio ‘a bolla. Ho quindi iniziato a sparare esplodendo in rapida successione tre colpi. Il primo alla testa e il secondo al collo. Dopo i primi due colpi Tommasino ha abbassato la testa e il terzo colpo ho attinto il vetro del finestrino lato passeggero che si è rotto. Infatti il finestrino del lato del guidatore era abbassato. Ho sparato altri due colpi al petto. Polito ha accelerato e abbiamo superato la Lancia Musa, io mi sono girato alzandomi sul poggiapiedi della motocicletta e ho sparato altri 7-8 colpi mirando al petto… Ritengo che Tommasino non si sia nemmeno accorto di quello che stava succedendo. Quando mi sono girato per sparare alzandomi sul poggiapiedi della moto ho visto che accanto a Tommasino c’era un’altra persona che aveva i capelli lunghi biondi ed era alta. Ho pensato fosse la moglie. Ho continuato a sparare anche perché dovevo scaricare tutta la pistola addosso all’obiettivo. Ho visto che la persona che era accanto a Tommasino ( e che soltanto successivamente ho saputo essere il figlio) lo ha preso per il braccio destro e ha iniziato a scuoterlo. Poi ha preso lo sterzo con le mani, l’auto ha iniziato a sbandare andando a toccare le altre auto. Quando ci siamo allontanati con la moto ho visto che che la macchina è andata a finire dentro la vetrina di Unieuro…”. Qui finisce il drammatico e cruento racconto delle fasi dell’omicidio e inizia quello della fuga a Scanzano,del cambio d’abiti, e del nascondiglio delle armi…

Rosaria Federico

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Striano: sequestrata una baita abusiva con vista sul Sarno

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baita abusiva striano

Aveva realizzato la sua residenza estiva con vista sul fiume Sarno, nel territorio del comune di Striano dove l’acqua che arriva da Foce non è ancora inquinata e quindi addirittura balneabile come accade appunto alla sorgente nei pressi del Parco Cinque Sensi. La struttura di cento metri quadrati in cemento e legno è stata sequestrata ieri dai carabinieri. L’opera tra l’altro era stata realizzata in un terreno agricolo che rientra nella fascia di rispetto prevista dalla legge ai lati del corso d’acqua.  I militari hanno denunciato la proprietaria, C.C., una donna di 57 anni residente a Striano. 

Striano: sequestrata una baita abusiva con vista sul Sarno
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Carcere duro per il boss del Vomero, Luigi Cimmino

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Carcere duro per il boss del Vomero, Luigi Cimmino. Lo ha chiesto e ottenuto la Dda di Napoli perchè ritiene il capoclan capace di impartire ordini ai suoi affiliati anche dal carcere. Cimmino è detenuto ora in isolamento nel carcere torinese di Opera per lui un solo colloquio al mese e contatti limitati anche all’interno del mondo carcerario.Il boss del Vomero fu arrestato il 5 marzo scorso a Chioggia nel Veneto dove si era nascosto in seguito alla clamorosa scarcerazione del mese di agosto del 2015 decisa dal Riesame dopo il blitz ai danni del suo clan per le estorsioni sui cantieri della Tangenziale e della ristrutturazione dell’ospedale Cardarelli.

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Due piste per l’omicidio dell’idraulico incensurato: una relazione “sbagliata” con una 20enne e la frequentazione degli “Scissionisti”

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Relazioni pericolose. Si sintetizza così lo scenario dietro il quale si cela il movente del delitto dell’idraulico incensurato Ferdinando Pecchia, ucciso come un boss domenica sera dentro a un bar di Calvizzano mentre giocava alle slot machine. Due piste che si intrecciano l’uno con l’atra seguite dai carabinieri della compagni a di Giugliano e coordinati dalla Dda di Napoli. L’omicidio Pecchia potrebbe essere maturato in un contesto di guerra di camorra dell’Area Nord di Napoli nonostante la vittima fosse incensurata. Secondo le indiscrezioni raccolte in paese dagli investigatori Pecchia, (che era separato dalla moglie dalla quale aveva avuto tre figli) aveva una relazione con una ventenne imparentata con personaggi di spicco dei clan della vicina Marano. E non è tutto perché i alcune informative l’uomo risulta segnalato in compagnia di persone legate al clan degli Amato-Pagano. Persone probabilmente conosciute al bar o per motivi di lavoro. Addirittura il ras Mario Mariano Riccio, esponente di una fazione maranese scissionista degli Amato-Pagano arrestato il mese scorso insieme con una dozzina di fedelissimi. Ipotesi che fanno largo al contesto camorristico dell’omicidio, come del resto le stesse modalità dell’esecuzione, lo confermano. Gli investigatori da domenica sera hanno effettuato decine di interrogatori a tutti quelli che possono dare un impulso positivo alle indagini e il quadro che è venuto fuori è proprio questo. Ferdinando pecchia avrebbe pagato con la vita le sue relazioni pericolose nonostante non avesse niente a che fare con la criminalità organizzata.

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Castello di Cisterna: arrestati killer e mandanti dell’omicidio Nunneri

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I Carabinieri di Castello di Cisterna  hanno arrestato 3 persone ritenute responsabili di omicidio, porto abusivo di arma da fuoco, reati commessi con l’aggravante delle finalità mafiose. Le indagini si sono concentrate sull’omicidio di Corrado Nunneri, ritenuto vicino al clan Ianuale, ucciso a Castello di Cisterna il 22 gennaio 2011. La svolta nelle indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, è avvenuta solo a seguito delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, in particolare Marco Di Lorenzo, uno degli esecutori materiali, Maurizio Ferraiuolo, Mario Centanni e Gianluca Ianuale. Lo scenario nel quale collocare l’omicidio è quello della lotta per il controllo del territorio di Castello di Cisterna, in particolare il traffico di stupefacenti e la gestione delle piazze di spaccio. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, uccidendo Nunneri la fazione capeggiata da Salvatore Scappaticcio e Anna Libero, appoggiata all’epoca da frange del clan Lo Russo, intendeva colpire il gruppo avverso a sua volta appoggiato dal boss Maurizio Ferraiuolo, instaurando così nuovi equilibri criminali sul territorio. I Carabinieri della compagnia di Castello di Cisterna hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli su richiesta della Dda partenopea.

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ESCLUSIVO. Castellammare, il pentito Cavaliere: “Pupetta Maresca fece costosi regali al boss per evitare che sparassimo al fratello”

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Pupetta Maresca fece costosi regali al boss Vincenzo D’Alessandro per evitare che sparassero al fratello. E’ uno dei tanti episodi non coperti da omissis raccontati dal pentito del clan D’Alessandro, Renato Cavaliere e contenuto nelle 90 pagine di verbali depositate agli atti del processo bis in Corte di Assise d’Appello a Napoli per l’omicidio del consigliere comunale dl Pd stabiese, Gino Tommasino. Cavaliere ha parlato dell’episodio a margine del racconto fatto sull’omicidio Tommasino. Episodio che merita di essere raccontato per la particolarità dei personaggi coinvolti e per il gesto. Una dimostrazione di “sudditanza” nei confronti di chi ha sempre controllato la criminalità organizzata a Castellammare e dintorni. Ha spiegato Cavaliere: “…io e salvatore Belviso dopo aver deciso la gambizzazione del fratello di Pupetta Maresca ne abbiamo parlato con Vincenzo D’Alessandro, che peraltro non era in buoni rapporti con quell’uomo. Dopo l’omicidio Tommasino, Vincenzo D’Alessandro ha incontrato a casa di Nunzio Martone che abitava nello stesso palazzo di Pupetta Maresca, sia la stessa che il fratello. Durante quell’incontro D’Alessandro ha ricevuto un Rolex con un bracciale di diamanti…”. In precedenza lo stesso Cavaliere aveva spiegato che il giorno dell’omicidio Tommasino dovevano fare “una via, due servizi”. Ovvero sparare al fratello di Pupetta Maresca che gestisce dei campi di  calcetto e un ristorante vicino all’abitazione del consigliere ucciso e quindi eliminare Tommasino questo perché: “… Era stato Belviso a decidere quella gambizzazione perché l’uomo si era rifiutato di consegnare al clan la somma di sessantamila euro all’anno”. I racconti di Renato Cavaliere sono tutti al vaglio del pm Claudio Siragusa della Dda di Napoli. Il pentito il prossimo 22 giugno comparirà in video conferenza all’udienza in Corte d’Assise d’Appello. Udienza che darà il vero via al processo bis contro l’esecutore materiale dell’omicidio ovvero il pentito Renato Cavaliere e Catello Romano, l’unico non pentito dei quattro del commando di morte. Gli altri due sono Salvatore Belviso e Raffaele Polito (entrambi pentiti) e che hanno in cassato in abbreviato 18 anni e 10 anni di carcere.

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Torre del Greco, “Ti sto facendo un piacere, non un’estorsione”: preso uomo dei Falanga

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“Ti sto facendo un piacere, non un’estorsione”: con queste parole un uomo di 44 anni, fermato dagli agenti del commissariato Torre del Greco  guidati dal primo dirigente Davide Della Cioppa, si è rivolto a un negoziante della città, che più volte si era rifiutato di pagare il pizzo. L’uomo, soprannominato “bora bora”, è ritenuto dagli inquirenti affiliato al clan Falanga ed è accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso; ha tentato in più occasioni di farsi consegnare il denaro dal commerciante e le sue visite alla vittima sono state anche accompagnate da minacce e aggressioni fisiche. Di fronte alla resistenza del negoziante, il 44enne, che si è presentato come emissario di una persona “delle palazzine” (le cosiddette palazzine di San Antonio di Torre del Greco, ritenute roccaforte del clan Falanga, ndr) è diventato anche più aggressivo: “adesso mi sono scocciato, smetto di fare il muratore e faccio il malavitoso, ti faccio saltare il negozio”. Stamattina gli agenti lo hanno prelevato dalla sua abitazione e portato nel carcere di Secondigliano su disposizione del pm Francesco Valentini della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha emesso il provvedimento di fermo.

Torre del Greco, “Ti sto facendo un piacere, non un’estorsione”: preso uomo dei Falanga
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NapolI: continuavano a ritirare le pensioni dei parenti morti, 16 sequestri

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Sedici provvedimenti di sequestro, per oltre 200mila euro, sono stati notificati dalla Polizia a Napoli ad altrettante persone che continuavano a percepire pensioni e indennità di loro parenti malgrado fossero deceduti. Una truffa all’Inps interrotta dai decreti emessi dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica dopo accertamenti eseguiti dagli agenti del commissariato di Scampia e della Guardia di Finanza di Napoli. Le persone a cui è stato notificato il decreto di sequestro (riguardante conti correnti e libretti postali rintracciati a Scampia, Secondigliano, Miano, Piscinola, San Pietro a Patierno e Casoria, sono accusate di non avere notificato il decesso dei loro congiunti proprio per continuare a incassare i soldi. Durante gli accertamenti sono state passate al setaccio oltre cinquemila posizioni previdenziali.

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Il pentito Di Lorenzo legato ai Lo Russo e agli Stolder è anche l’assassino dell’ucraino eroe di Castello di Cisterna

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Ha aiutato gli inquirenti a fare luce su un cold case del 2011, ma e’ in carcere per essere uno dei due killer di Anatolij Korol, il 38enne operaio ucraino medaglia d’oro al valor civile che l’anno scorso perse la vita difendendo la cassiera di un supermercato di Castello di Cisterna, nel Napoletano, dalla violenza dei malviventi. Marco Di Lorenzo, 32 anni, in cella come il fratellastro 20enne Gianluca Ianuale, per quella rapina finita nel sangue nel settembre del 2015 si e’ pentito e, oltre a raccontarne gli scenari e la dinamica, si e’ autoaccusato di aver fatto parte del commando che il 22 gennaio 2011 ha ucciso Corrado Nunneri, affiliato a uno dei due gruppi camorristici che si contendevano gli affari di droga ed estorsioni a Castello di Cisterna legati a due diversi clan di NapoliDi Lorenzo non e’ l’unico collaboratore di giustizia che ha orientato le indagini dei carabinieri (ci sono infatti anche il fratellastro e il boss Maurizio Ferraiuolo, reggente del clan Stolder), ma le sue dichiarazioni ben si incastrano con intercettazioni ambientali e risultati delle prime indagini. Cosi’ il gip Giuliana Pollio ha potuto firmare una misura cautelare a carico di Salvatore Scappaticcio, leader di un gruppo locale legato alla cosca partenopea dei Lo Russo, Anna Libero, con lui mandante dell’esecuzione di Nunneri ma anche la donna che forni’ appoggio logistico ai sicari in casa della sorella Rosa, e Mario Ischero, l’uomo che giudava la Ford Focus utilizzata per l’agguato. Alle 19 di una sera di gennario di 5 anni fa, Scappaticcio e i suoi, compreso Di Lorenzo, attesero sotto casa sua, in via Madonna delle Stelle, Nunneri, che arrivo’ a bordo di una Fiat Punto insieme ad Antonio Mannala’, rimasto illeso perche’ i sicari ritennero non potesse individuarli. La vittima parcheggio’, ando’ nel suo appartamento e torno giu’ in pochi minuti, senza sapere che all’ingresso, come racconta Marco Di Lorenzo in due verbali del 5 e del 25 settembre 2015, lo attendevano Scappaticcio e un’altra persona (Rosario Guadagnolo) per ucciderlo. Una pistola si inceppo’ (quella di Guadagnolo) mentre lo feriva, e, quando Nunneri era in ginocchio, arrivo’ la gragnuola mortale di colpi sparata da Scappaticcio. Sul luogo del delitto, la Scientifica trovo’ 10 bossoli calibro 9×9 e due calibro 9×21. Corrado Nunneri era nel gruppo di Giuseppe D’Ambrosio, detto Peppe ‘a cacaglia, legato agli Stolder, che Scappaticcio voleva eliminare per prendere il controllo delle attivita’ illecite a Castello di Cisterna.

Il pentito Di Lorenzo legato ai Lo Russo e agli Stolder è anche l’assassino dell’ucraino eroe di Castello di Cisterna
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Chiedono lo sconto di pena i boss di Ercolano e di Miano per gli omicidi del “traditore” Di Giovanni e del suo guardaspalle

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Ercolano: per  gli omicidi della faida tra gli Ascione-Papale e i Birra -Iacomino aiutati dai killer in trasferta dei Lo Russo di Miano in dodici hanno scelto di essere processati rito abbreviato. Processo fissato per il 21 giugno prossimo. Si tratta dei boss Giovanni Birra, Stefano Zeno e Antonio Birra, e i “mianesi” Vincenzo Buonavolta, Raffaele Perfetto detto “lollo ‘o muss” esponente di primo piano del gruppo dei “capitoni”, e Carlo Serrano e ancora gli ercolanesi Felice Saccone, Ciro Savino, Giovanni Savino, Giuseppe Savino, Ciro Savino, Gerardo Sannino. Ad accusarli sono una decina di pentiti dei due clan Costantino Iacomino, Francesco Raimo, Gerardo Sannino, Ciro Savino, Giovanni Savino, Giuseppe Savino e Agostino Scarrone (clan Birra- Iacomino); Andrea Esposito (Ascione); il boss Salvatore Lo Russo dei “capitoni” e Mario Centanni (clan Lo Russo). Il gruppo che è coinvolto in numerosi omicidi della faida rispondono in questo processo del duplice omicidio di Lucio Di Giovanni detto “’o Lucio” e Raffaele Di Grazia, entrambi esponenti di spicco del clan che erano accusati di fare il doppio gioco con la cosca nemica degli Ascione approfittando della detenzione del capi dei Birra-Iacomino. Il duplice omicidio avvenne in maniera plateale la mattina del 6 febbraio del 2000 quando all’uscita della tenenza dei Carabinieri di Ercolano, intorno alle ore 08.40, dove il Di Giovanni era andato per l’obbligo di firma. Sulla strada del ritorno in via Venuti, nei pressi della statua di Padre Pio, i killer esplosero numerosi colpi di arma da fuoco uccidendo i due pregiudicati.

 

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L’assassino della piccola Fortuna ingerisce una lametta in carcere

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Raimondo Caputo, l’uomo arrestato per l’omicidio della piccola Fortuna Loffredo, ha tentato il suicidio nel carcere di Poggioreale a Napoli. Caputo avrebbe tentato di ingerire una lametta; curato nell’infermeria del carcere, non è in pericolo di vita. I familiari dell’uomo, che si erano recati questa mattina al carcere per incontrarlo nell’orario visite, hanno dovuto rinunciare al colloquio dopo aver appreso che Caputo si trovava in infermeria e hanno lasciato il penitenziario dopo aver avuto rassicurazioni sulle sue condizioni. Anche la sua compagna, Marianna Fabozzi, detenuta nel carcere femminile di Pozzuoli, lo scorso 19 maggio ha tentato il suicidio. La donna ha tentato di togliersi la vita poco dopo aver assistito all’incidente probatorio ad Aversa (Caserta) nel corso del quale sono state ascoltate le sue tre figlie, che hanno confermato le accuse rivolte a Caputo in merito all’omicidio di Fortuna e alle violenze sessuali nei loro confronti e nei confronti della bimba uccisa il 24 giugno 2014 nel Parco Verde di Caivano.

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Torre Annunziata, minacciò la moglie sparando in aria: arrestato Ciro Ruocco

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ciro ruocco

I poliziotti del commissariato di Torre Annunziata, questa mattina, hanno arrestato Ciro Ruocco di 23anni, in esecuzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere emessa ieri dal tribunale di Torre Annunziata perché indagato per porto e detenzione di arma comune da sparo, minaccia grave e per aver violato il provvedimento di Daspo. Il provvedimento restrittivo è scattato a seguito di accurate indagini scaturite dalla denuncia della moglie che, qualche mese fa, era stata minacciata con l’esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco da parte del marito a scopo intimidatorio.Qualche giorno fa l’episodio si è ripetuto. La donna, tra l’altro con gravi problemi di salute, mentre era in compagnia di alcuni familiari è stata nuovamente minacciata dal marito che, a bordo di auto avvicinandosi, ha esploso in aria alcuni colpi di arma da fuoco. In quella circostanza, i poliziotti, nell’ambito di una continuativa attività di indagine per i comportamenti violenti e per le ripetute minacce anche nei confronti della loro figlia minore, trovavano nelle immediate vicinanze dell’auto dell’uomo, 28 proiettili calibro 45, Gli stessi proiettili sono poi risultati riconducibili alla pistola posseduta dall’uomo lo scorso 23 maggio e che consentiva allora di arrestarlo e di sottoporlo quindi, all’esito del giudizio direttissimo, alla misura degli arresti domiciliari. Pertanto questa mattina, gli agenti hanno notificato il provvedimento restrittivo della custodia in carcere al 23enne e lo hanno accompagnato al carcere di Poggioreale. Il ragazzo è stato condannato a un anno e otto mesi di carcere.

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Pagani, avevano chiesto il pizzo a due imprenditori di Mercato San Severino: in manette Desiderio e Arena

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Avevano chiesto la tangente a due imprenditori edili che stavano effettuando lavori a Mercato San Severino.Volevano anche un posto di lavoro dopo aver chiesto i soldi in cambi della protezione. Oggi dopo la coraggiosa denuncia di uno dei due imprenditori e meno di un mese di indagini i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Salerno hanno arrestato i due su disposizione della Dda di Salerno. Si tratta di Pietro Desiderio, 37enne pregiudicato paganese ed Emanuele Filiberto Arena 30enne di Nocera Superiore: entrambe devono rispondere di di “tentata estorsione” in concorso, aggravata dal “metodo mafioso”.

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Colpo di pistola contro il commissariato di polizia di Pianura: per la Questura non è un attacco allo Stato

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Un’ altra sfida allo Stato o un errore ? La polizia sta indagando su un colpo, molto probabilmente di pistola, ha colpito, forse di rimbalzo, il portone del commissariato del quartiere Pianura . L’ogiva, la cui corsa sarebbe stata rallentata dall’impatto contro un new jersey che si trova di fronte al commissariato, non si è conficcata nel portone. La polizia sta già passando al setaccio le immagini delle telecamere della struttura ma anche di tutte quelle private e pubbliche della zona per cercare di capire da dove è partito il colpo. E se soprattutto l”avvertimento” era diretto alle forze di polizia o si è trattato di un errore nel corso di una “stesa” dei clan della camorra della zona. Quella a ovest di Napoli e la zona flegrea sono attraversate in questi mesi da un cruenta faida tra l’alleanza di camorra composta dal cartello dei Soraniello-Lago-Romano- Giannelli e i Vigilia-Pesce -Marfella dall’altra. Scontro che ha già lasciato sul selciato sul campo una mezza dozzina di morti e numerosi feriti dall’inzio dell’anno ad oggi. Chi ha sparato lo ha fatto da lontano e non voleva colpire il commissariato: è quanto fa sapere la Questura di Napoli dopo i primi rilievi eseguiti sul ritrovamento a terra, davanti al commissariato del quartiere Pianura di Napoli di un colpo di pistola. L’ogiva non si è conficcata nel muro perimetrale del commissariato e questo sarebbe riconducibile, presumibilmente, al fatto che l’ogiva proveniva da molto lontano oppure perché qualcosa ha frenato la sua corsa, come l’impatto con qualche ostacolo. Nessuno, nella zona circostante, si apprende sempre dalla Polizia, avrebbe sentito il rumore dell’esplosione.

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Napoli: le sparano mentre è affacciata al balcone. Era agli arresti domiciliari

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S.GiovanniBosco

Una 25enne è stata ferita da un colpo di arma da fuoco a Napoli, in via della Bussola nel quartiere San Pietro a Patierno. La giovane, da poco uscita dal carcere e sottoposta ai domiciliari, è stata trasportata all’ospedale San Giovanni Bosco. Ai Carabinieri ha spiegato di essere stata raggiunta da un colpo sparato da un uomo in sella a un motorino mentre lei era affacciata al balcone. Indagano i Carabinieri.

Napoli: le sparano mentre è affacciata al balcone. Era agli arresti domiciliari
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